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sabato 11 gennaio 2014

“Gli anni spezzati”, una monnezza chiamata fiction

                                   di , 9 gennaio 2014 

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici o chiunque approvi sul servizio pubblico operazioni di questo tipo dovrebbe chiedere il conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, gli anni Settanta viene smerdato da una roba coma la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni: un film non solo pessimo da un punto visto artistico e anche tecnico, ma risibile da quello documentario e storico. Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo.
Chi l’ha scritto, Graziano Diana (anche regista) con due autori alle prime armi – Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti – ha evidentemente ritenuto opportuno prescindere da qualunque serietà di documentazione storica, appoggiandosi a riduzioni da sussidiario copiato male – non dico Wikipedia (che in molti casi è fatta molto meglio). Nei titoli d’apertura non dichiara nemmeno un nome di un consulente storico, nei titoli di coda ne cita tre, nessuno dei quali storico di professione (Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post-fascismo tipo Nuove Idee o Ares). Nelle interviste Diana dice che ha ascoltato le voci dei parenti delle vittime della violenza politica anni ’70: non so chi abbia ascoltato né come l’abbia fatto, ma quello che ne ha tratto sono degli sloganucci stereotipati che farebbero passare un bignami per un saggio storico complesso. Nelle interviste Diana dice di aver voluto raccontare quella storia dalla parte di chi, le istituzioni incarnate nelle forze dell’ordine, cercava il dialogo tra rossi e neri: non so che libri abbia letto sulle forze dell’ordine e le istituzioni italiane di quegli anni, non so su quali testi si sia formato la sua idea sugli apparati dello Stato, i politici, i partiti, i vari movimenti, ma se l’avesse scritta Cossiga nel sonno o Claudio Cecchetto, per dire, questa fiction, ci avrebbe messo più complessità.
L’idea di Alessandro Jacchia di raccontare attraverso lo sguardo di un poliziotto romano (la sua voce off!) le vicende complicate che girano intorno a Piazza Fontana, l’autunno del ’69, e la vicenda di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista: non è un’idea. È la suggestione di poter prendere la poesia di Pasolini su Valle Giulia, ricavarne un’interpretazione puerile, e pensare di applicarla, a mo’ di pomata, agli eventi di quegli anni: come se fosse una scelta narrativa, fino a realizzare una specie di spottone con toni da soap-opera, colletti larghi, sguardi fissi in camera ...

                                                                       Leggi tutto su «minima&moralia»


 vedi inoltre: L’ultimo depistaggio

mercoledì 11 settembre 2013

La TV cilena del giorno 11 settembre 1973




Caricato in data 10/lug/2011


Por una sociedad libre y sin violencia ni delincuencia ,sin cadenas de drogadiccion ni alcoholismo,contra la ignorancia y la mediocridad.
Tengo un sueño ;que es ver a la gente por las calles disfrutando con su familia, en un mundo de oportunidades e igualdad para todos ,valores y principios que Dios nos regala para vivir bajo sus consejos....."recordar es un acto de justicia" ..........(el ladron no puede robar la luz de la luna en la ventana) gracias por visitar...chelo gonzalez

giovedì 5 settembre 2013

Un giorno DI FEROCE TRISTEZZA: L'11 settembre '73 di Luis Sepulveda

 intervista di Filippo Fiorini - Santiago del Cile
                                il manifesto 2013.09.05



40 anni fa, lo scrittore era nelle forze di sicurezza socialiste che difesero Santiago dal golpe di Pinochet. «Quel giorno la mia gioventù finì violentemente. E da allora il Cile non è più uscito dalla dittatura»
Quarant'anni fa iniziò la dittatura militare in Cile. Possiamo dire che oggi tutto quello che prese il potere in quel momento è stato superato, o ci sono ancora dei resti del sistema nei posti di comando del paese e della società civile?Nessuno che conosca la storia può sostenere che tutto ciò sia stato superato. A partire dall'11 settembre '73 in Cile è stata installata una feroce dittatura che ha eliminato qualsiasi tradizione democratica. Per quanto imperfetta, la democrazia cilena aveva pur sempre distinto il paese come un esempio in tutto il continente americano. Inoltre, è stato imposto un modello economico ben preciso. Il Cile è stato il primo luogo in cui sono state messe in pratica le politiche neo-liberali teorizzate da Friedman e dalla Scuola di Chicago. Un esperimento che per poter funzionare aveva bisogno di una nazione governata da un despota, senza alcuna opposizione, senza partiti politici, senza sindacati, senza organizzazioni sociali e con un sistema dei media completamente asservito alla dittatura e al suo programma economico. Uno stato si governa attraverso l'ordinamento dettato dalla propria Costituzione e oggi, a quarant'anni di distanza dal golpe, il Cile ha ancora la stessa Costituzione che approvò la dittatura. Una carta che ha permesso l'esistenza non solo di una tirannia politica, ma anche di una tirannia economica, che emargina la maggioranza delle persone, che privatizza la sanità e l'educazione, che regala le risorse nazionali all'avidità delle multinazionali e lo fa impunemente, al di sopra di qualsiasi meccanismo di controllo statale, sia sul bilancio delle risorse, che sul bilancio fiscale. Ogni paese cambia, perché il mondo è in movimento, ma in Cile il movimento è stato circolare, ritornando inevitabilmente alla legalità imposta dalla dittatura.

I media cileni e diverse personalità pubbliche nazionali hanno usato frequentemente nelle ultime settimane la parola «perdono». Crede che le vittime della dittatura di Pinochet siano pronte a perdonare? La società è arrivata a una riconciliazione?Il perdono è una categoria morale, si perdona o meno solamente dopo che il colpevole ha chiesto scusa. In Cile sono stati commessi crimini di stato, in nome dello stato, uno stato che però non ha mai chiesto scusa a nessuno, tanto meno alle sue vittime. Neanche chi fu direttamente responsabile, ovvero i militari e i civili che misero in piedi la dittatura, ha mai chiesto scusa a chicchessia. Stiamo parlando di più di 3mila desaparecidos e i loro famigliari, delle centinaia di migliaia di persone torturate, delle migliaia che furono obbligate all'esilio, dei milioni che rimasero esclusi dal sistema quando il disegno economico della dittatura ha liquidato l'industria nazionale e quando il «libero mercato» ha sostituito tutto il sistema produttivo con le merci importate. Per nulla di tutto questo si è mai chiesto scusa. La società cilena non si è riconciliata perché solo una società malata potrebbe riappacificarsi con coloro che eliminarono un modo di essere, di vivere e avere un progetto di vita.

sabato 8 giugno 2013

Mort d'un antifa [Libération, 7 juin 2013]

http://md0.libe.com/api/libe/v2/paperpage/193591/?size=x500&format=jpg

 

Portrait :

 Déjà leader lycéen et anarchiste à Brest, il était arrivé à Sciences-Po Paris en septembre, avait rejoint les antifascistes et s’était engagé contre l’homophobie.

 

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  leggi inoltre:


sabato 18 maggio 2013

L'insostenibile leggerezza del piombo del Carlino

"Forza Nuova e antifascisti schierati in corteo: la città ripiomba negli anni '70"

 

Viale Silvani bloccato per decine di minuti in entrambe le direzioni da carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa. E tra gli opposti gruppi sfila anche la Mille Miglia
da il Resto del Carlino, 18 maggio 2013



Bologna, 18 maggio 2013 - Non hanno fatto in tempo ad arrivare in via Saffi a Bologna, che gli esponenti di Forza Nuova, si sono ritrovati, a circa trecento metri, quelli di Bologna Antifascista. Su viale Silvani, bloccata in entrambe le direzioni da carabinieri e polizia in tenuta antisommossa per qualche decina di minuti, una quarantina di giovani di Bologna Antifascista ha acceso fumogeni colorati e lanciando slogan come “Siamo tutti antifascisti”.
Una ventina di attivisti di Forza Nuova ha allestito un banchetto a pochi metri da Porta San Felice, dove è stato organizzato il presidio contro Rom e abusivi inizialmente annunciato davanti all’ospedale Maggiore, ma spostato dopo il divieto della Questura. Nella stessa zona è stata dirottata anche la contromanifestazione di Bologna Antifascista (una cinquantina di persone, compresi esponenti di centri sociali cittadini), che le forze dell’ordine hanno tenuto a distanza, in via dello Scalo.
 

Tenuti lontano dagli esponenti di Forza Nuova da una decina di mezzi della forze dell’ordine e da cordoni di carabinieri e polizia i giovani dei gruppo antifascisti si sono diretti poi verso porta Lame, quindi dal lato opposto rispetto a quelli di Forza Nuova che, in numero molto minore, sono rimasti fermi all’imbocco di via dello Scalo. Anche qui non mancava un presidio della polizia in tenuta antisommossa. La polizia municipale, nel frattempo, ha deviato il traffico su via Saffi da un lato e su via Zanardi dall’altro.


constatiamo l'anacronismo del Carlino :
nato pompiere, finisce incendiario...

Zingari ad Auschwitz: Razza impura

                       

    
riprendo il video di Maura Crudeli
nel giorno del

presidio antifascista e antirazzista  
Bologna18/5 : ore 12

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per info e aggiornamenti vedi: staffetta

                                                       

giovedì 14 marzo 2013

Guy Debord, da: Commentari sulla Società dello spettacolo, XXIV


 

. Ci si sbaglia ogni volta che si vuole spiegare qualcosa opponendo la mafia allo Stato: essi non sono mai in rivalità. La teoria verifica con facilità ciò che tutte le dicerie della vita pratica avevano dimostrato troppo facilmente. La mafia non è un'estranea in questo mondo: ci si trova perfettamente a suo agio. Nell'epoca dello spettacolare integrato, essa appare come il modello di tutte tutte le imprese commerciali avanzate.

lunedì 18 febbraio 2013

"anche oggi si va a caritare" (per gli zingari a Bologna)

 dedichiamo  una canzone di Fabrizio De André agli zingari a Bologna

-  fatti bersaglio di una miserabile e strumentale "ronda" del leghista-avvocato (noto come fallito candidato sindaco di Bologna) Manes Bernardini

 -  e colpiti ripetutamente da sgomberi a raffica da sindaci democratici




Khorakhanè: tribù rom di provenienza serbo-montenegrina
 

 


Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento

porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane

sabato 26 gennaio 2013

Dall'imprenditore al prenditore. Le tangenti del terzo millennio

“Le tangenti erano per

 la segreteria di Alemanno”

Inchiesta sui Bus, così dice l'imprenditore ai Pm



I soldi della tangente ‘erano destinati alla segreteria di Alemanno’. E’ quanto ha detto al gip di Roma Stefano d’Aprile Edoardo D’Inca’ Levis, imprenditore italiano residente a Praga, arrestato circa un mese fa. Per l’accusa fu lui il mediatore per la tangente da 600 mila euro per una commessa di 45 bus per il Comune di Roma ...

                                                                          leggi tutto su Giornalettismo

 
*   *   *


Nel solco della tradizione...


lunedì 28 maggio 2012

Balibar, Löwy, Varikas: L'avvenire dell'Europa si gioca in Grecia



Étienne Balibar, Michael Löwy, Eleni Varikas 
 da Europe-Solidaire (traduzione di Gigi Viglino)


La situazione attuale della Grecia è senza precedenti dalla fine dell’occupazione tedesca nel 1944: riduzione brutale dei salari e delle pensioni. Disoccupazione giovanile al 50%. Imprese, piccolo commercio, giornali, case editrici in fallimento. Migliaia di mendicanti e senza tetto nelle strade. Imposte stravaganti e arbitrarie e tagli a ripetizione su salari e pensioni. Privatizzazioni in serie, distruzione dei servizi sociali (sanità, istruzione) e della sicurezza sociale. I suicidi si moltiplicano. La lista dei misfatti del «Memorandum» potrebbe continuare.
Al contrario, i banchieri, gli armatori e la Chiesa (il maggiore proprietario terriero), non sono tassati. Si decreta la riduzione di tutti i bilanci sociali ma non si tocca il gigantesco bilancio della «difesa»: si obbliga la Grecia a continuare ad acquistare materiale militare per miliardi di euro da quei fornitori europei che sono anche – pura coincidenza – quelli che esigono il pagamento del debito (Germania, Francia).
 
La Grecia è diventata un laboratorio per l’Europa. Si testano su cavie umane i metodi che saranno in seguito applicati al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, all’Italia, e così via. I responsabili di questo esperimento, la Troika (Commissione europea, Banca centrale europea, FMI) e i loro associati dei governi greci non erano preoccupati: si sono mai visti porcellini d’India, topi di laboratorio protestare contro un esperimento scientifico? Miracolo! Le cavie umane si sono rivoltate: malgrado la repressione feroce condotta da una polizia largamente infiltrata dai neonazisti, reclutati nel corso degli ultimi anni, gli scioperi generali, le occupazioni delle piazze, le manifestazioni e le proteste non si sono fermate da un anno. E ora, colmo dell’insolenza, i greci hanno votato contro la continuazione dell’«esperimento», dimezzando i voti dei partiti di governo (la destra e il centrosinistra che contro il suo programma ha firmato il memorandum) e moltiplicando per quattro il sostegno a Syriza (coalizione della sinistra radicale).

sabato 25 febbraio 2012

Salviamo la Grecia dai suoi salvatori: un appello agli intellettuali europei

Alain Badiou, Jean-Christophe Bailly, Étienne Balibar, Claire Denis, Jean-Luc Nancy, Jacques Ranciere, Avital Ronell. Salviamo la Grecia dai suoi salvatori: Un appello agli intellettuali europei. la Repubblica.it. February 22, 2012.

Traduzione in Italiano di Vicky Skoumbi, Dimitris Vergetis, Michel Surya
rispettivamente redattrice e direttore della rivista Aletheia di Atene e direttore della rivista Lignes, Parigi.




Nel momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l’immondizia nelle discariche pubbliche, i "salvatori" della Grecia, col pretesto che i Greci "non fanno abbastanza sforzi", impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie.
L’obiettivo non è il "salvataggio"della Grecia: su questo punto tutti gli economisti degni di questo nome concordano. Si tratta di guadagnare tempo per salvare i creditori, portando nel frattempo il Paese a un fallimento differito.Si tratta soprattutto di fare della Grecia il laboratorio di un cambiamento sociale che in un secondo momento verrà generalizzato a tutta l’Europa. Il modello sperimentato sulla pelle dei Greci è quello di una società senza servizi pubblici, in cui le scuole, gli ospedali e i dispensari cadono in rovina, la salute diventa privilegio dei ricchi e la parte più vulnerabile della popolazione è destinata a un’eliminazione programmata, mentre coloro che ancora lavorano sono condannati a forme estreme di impoverimento e di precarizzazione.
Ma perché questa offensiva neoliberista possa andare a segno, bisogna instaurare un regime che metta fra parentesi i diritti democratici più elementari. Su ingiunzione dei salvatori, vediamo quindi insediarsi in Europa dei governi di tecnocrati in spregio della sovranità popolare. Si tratta di una svolta nei regimi parlamentari, dove si vedono i "rappresentanti del popolo" dare carta bianca agli esperti e ai banchieri, abdicando dal loro supposto potere decisionale. Una sorta di colpo di stato parlamentare, che fa anche ricorso a un arsenale repressivo amplificato di fronte alle proteste popolari. Così, dal momento che i parlamentari avranno ratificato la Convenzione imposta dalla Troika (Ue, Bce, Fmi), diametralmente opposta al mandato che avevano ricevuto, un potere privo di legittimità democratica avrà ipotecato l’avvenire del Paese per 30 o 40 anni.
Parallelamente, l’Unione europea si appresta a istituire un conto bloccato dove verrà direttamente versato l’aiuto alla Grecia, perché venga impiegato unicamente al servizio del debito. Le entrate del Paese dovranno essere "in priorità assoluta" devolute al rimborso dei creditori e, se necessario, versate direttamente su questo conto gestito dalla Ue. La Convenzione stipula che ogni nuova obbligazione emessa in questo quadro sarà regolata dal diritto anglosassone, che implica garanzie materiali, mentre le vertenze verranno giudicate dai tribunali del Lussemburgo, avendo la Grecia rinunciato anticipatamente a qualsiasi diritto di ricorso contro sequestri e pignoramenti decisi dai creditori. Per completare il quadro, le privatizzazioni vengono affidate a una cassa gestita dalla Troika, dove saranno depositati i titoli di proprietà dei beni pubblici.. In altri termini, si tratta di un saccheggio generalizzato, caratteristica propria del capitalismo finanziario che si dà qui una bella consacrazione istituzionale.

venerdì 11 novembre 2011

Étienne Balibar, "Cittadinanza Europea: non finire così" - Bologna 16 nov.

 Dipartimento Politica Istituzioni Storia
  Università di Bologna

 

Étienne Balibar

Distinguished Professor of Humanities, University of California,
Professeur émérite  de Philosophie à l’Université de Paris X Nanterre

Seminario:

"Cittadinanza Europea: non finire così" 


16 novembre 2011, ore 15.00
Aula B,  S. Cristina P.tta Morandi 2, Bologna

 

Introduce e discute:

Sandro Mezzadra (Università di Bologna)

venerdì 4 novembre 2011

Venezia, il jazz e gli ex sindaci-filosofi, di Franco Bergoglio



 
Cento colpi di spazzole e Cacciari

Venezia, il jazz e gli ex sindaci-filosofi


di Franco Bergoglio

Anni passati a studiare la semanticità della musica (cioè se le note abbiano un significato altro rispetto a quello acustico) e i rapporti tra il free jazz e la politica. A giudicare da quanto comparso in rete e sui giornali negli scorsi giorni, anni spesi male. Bastava leggersi una ordinanza del Comune di Venezia, vecchia di una decina d’anni -imputabile alla giunta Cacciari, come puntigliosamente nota Mario Gamba sul Manifesto del 21 settembre scorso  per rendersi conto dell’inutilità degli sforzi.
Riassumo la vicenda ad uso dei marziani capitati in Italia per diporto. Venezia notoriamente soffre dei problemi legati ad un ecosistema delicato. Il turismo di massa ne rappresenta la fonte di sopravvivenza, pur comportando una serie di disagi legati alla quotidiana invasione di orde fameliche di monumenti, di ponti, di fotografie, di gondole. Sarebbe bello avere i soldi dei turisti, risparmiandosi gli effetti collaterali: la loro presenza fisica, il vociare rumoroso, i rifiuti, i venditori ambulanti…Alt. Da quando gli effetti collaterali con i bombardamenti americani sono politically correct e Maroni ha previsto super poteri a super sindaci, tutto questo si può risolvere.

Ci teniamo i turisti ma con una ordinanza ad hoc spazziamo via quanto non sembra lucroso. Via i lavavetri da Firenze, il divieto di nomadismo ad Assisi, no al rovistare nei cassonetti a Roma. Niente ideologia: i sindaci sceriffi di destra sono più creativi, quelli del centrosinistra più burocrati, ma la fabbrica delle ordinanze gira a pieno regime (sic!). Alcune ordinanze avrebbero mosso a invidia un poeta surrealista: non si possono scavare buche nella sabbia sulla spiaggia di Eraclea o indossare zoccoli a Capri. Queste ordinanze puzzano di visione classista: i colpiti sono i migranti, i barboni, i poveri, gli artisti da strada, i giovani. Il leghista Tosi di Verona ha ordinato che agli accattoni vengano sequestrati i beni e inflitta una multa: non gli rimane che distribuire latte più e aizzargli contro la banda di Arancia Meccanica


In un paese che non riesce a mandare in galera i corrotti, a far pagare le tasse ai dentisti o a far rispettare una fila, i sindaci vorrebbero normare l’universo. Gobetti ci aveva avvertito: un po’ di fascismo ce lo portiamo nel dna; sommato a un aberrante conservatorismo straccione. Magari il vicino di casa dell’assessore di Forte dei Marmi deve fare la pennichella di sabato e spunta il veto dell’amministrazione: non si può usare il tagliaerba nei pomeriggi festivi. In uno stato dove il Presidente del Consiglio dispone di un corpus di leggi ad personam, perché negarsi una ordinanza sindacale? Il vanto occidentale della libertà individuale si sbriciola nel Lombardo-veneto leghista. Non si può mangiare il Kebab a Cittadella o giocare a cricket a Brescia.

Peccato che oggi il kebab si faccia anche con la carne di fassone piemontese e che il cricket, oltre a pachistani e indiani poveri piaccia anche a inglesi, sudafricani, e australiani. Torniamo a Venezia, dove una summa di divieti colpisce i “poveri” rei di voler cogliere le briciole del turismo. Divieto di elemosina, accattonaggio, portare borsoni (quelli dei venditori ambulanti) e fare pic nic. Sia il turista spartano che la famigliola borsafrigo devono farsi rapinare in un bar di Piazza San Marco.

E anche per il problema di inquinamento acustico la giunta Cacciari si era attivata. Il cruccio è reale, la soluzione trovata all’epoca una grottesca “ordinanza creativa” che regolamentava i generi musicali ammissibili in città, tanto che oggi, dopo una rivolta del web che ha rinfocolato lo sdegno per quel vecchio provvedimento mai decaduto, l’attuale assessore Tiziana Agostini ha promesso dalle pagine del settimanale La Nuova di Venezia di correggere il pasticcio: “La malattia era reale – l’inquinamento acustico – la medicina avvelenata: stiamo riscrivendo la delibera cancellando le prescrizioni di tipo culturale, figurarsi se mi sogno di proibire una musica rispetto ad un’altra”. Quali erano dunque le musiche proibite? Il rock, che non viene nominato tra i generi ammessi, cancellando con un colpo di spugna cinquant’anni di storia. Invece sotto la voce jazz/dixieland, accettato in via teorica, si legge:“E’ escluso il jazz sperimentale, quale il free jazz, che essendo dissonante potrebbe essere di disturbo” ...
 
continua:  articolo completo su Nazione indiana

mercoledì 5 ottobre 2011

Il Tribunale Foucault Sullo Stato Della Psichiatria (1998)




Tra il primo ed il due di maggio 1998, la Libera università di Berlino, insieme all'Associazione Irren-Offensive (l'Offensiva dei Folli), organizza a Berlino, presso il teatro Volksbuhne, un Tribunale Internazionale sullo stato della psichiatria. Il Tribunale e' intitolato a Michel Foucault, il filosofo francese autore della Storia della follia nell'età classica. La difesa e l'accusa sono costituite da accademici ed esperti, la giuria da un "gruppo di svitati".

Con un Epilogo di Thomas Szasz.


Producer: Irren Offensive / Libera Universita' di Berlino
Sponsor: http://www.oism.info
Audio/Visual: sound, color
Language: IT (Italian)

giovedì 29 settembre 2011

ri - ecce Eccher

Non essendo riuscito a condurre in porto la sua proposta di eliminare dalla Costituzione la dodicesima disposizione transitoria e finale che vieta la la riorganizzazione del partito fascista, il senatore post-squadrista (oggi nel PdL, of course) Cristiano de Eccher,  ripiega provvisoriamente su una navigazione di più modesto corso:  "una crociera sul lago di Garda, su di un piroscafo dal nome evocativo, con tappa in quel di Salò", in compagnia di noti cervelli del calibro di un Maurizio Gasparri.


domenica 3 luglio 2011

Alemagnanimità



Cos’è che ha spinto Gaetano, Christian, Carmine, il gruppo del Rione Monti a picchiare in modo selvaggio Alberto Bonanni? Per il sindaco Alemanno «si tratta più correttamente di un problema di violenza da ultrà, da stadio». Come dire che i tatuaggi, il braccio alzato, le croci celtiche con l’aggressione di sabato scorso c’entrano poco. Il pestaggio avvenuto al Rione Monti obbedisce ad altre regole. A prescindere dalle fotografie che ritraggono i giovani arrestati nell’atto di fare il saluto fascista. Oppure - su facebook - dietro uno striscione con scritti slogan deliranti. Gli stessi che qualche giorno prima sfilavano dietro la statua della Madonna alla processione.

Perfeziona il concetto Alemanno: «A Roma ci sono delle bande attive più o meno colorate dal punto di vista politico, quindi dobbiamo essere molto attenti e molto vigili. Sappiamo che esistono delle sacche violente che devono essere attentamente vigilate e represse proprio per evitare quello che è successo a Monti».

da il Messaggero, domenica 3 luglio 2011

lunedì 16 maggio 2011

E : Elegante [uomo]

 

E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a
.
E
Elegante
 [uomo]

MILANO - «Sei una comunista di m...». Milly Moratti è stata insultata mentre stava salendo le scale nella scuola di via Spiga, nel pieno centro di Milano, sede del suo seggio elettorale. Candidata con una lista che sostiene Giuliano Pisapia, Milly Moratti è stata insultata da un uomo di mezza età, elegante, che s'è allontanato prima di essere identificato ...

[fonte: la Repubblica, 16 maggio 2011]

venerdì 13 maggio 2011

Alè! magno! Regalie nere nel terzo millennio

rassegna:

Alemanno si compra Casapound  > Giornalettismo
 

Alemanno regala i soldi a CasaPound > Liberazione


una provocazione gravissima”   > Circolo Prc “Renato Cristoffoli”

●  Inflazione di fascismo:12 milioni di euro per un Pound  > ilsimplicissimus


Nuova aggressione fascista. Alemanno vuole acquisire Casapound > Radio Città Aperta

Svelato l'arcano > militant


Casapound: loro fanno i fighetti in centro, e i romani gli pagano la casa > Radio Città Aperta

Un apologo sul neonazismo > Staffetta

lunedì 9 maggio 2011

«Sparate su chi protesta» - Mussolini: un documento inedito

Mussolini disse:
«Sparate su chi protesta»

di Pantaleone Sergi [*]
l'Unità - 7 maggio 2011


[*]  Pantaleone Sergi, giornalista, scrittore e storico, ha rintracciatonell'Archivio di Stato di Matera una direttiva finora sconosciuta.

Sparare su chi protesta. L'imperativo di Mussolini a un gruppo di neo prefetti non si prestava a equivoci. Era il dicembre 1926, la dittatura agli esordi, la lira svalutata, la stampa d'opposizione neutralizzata, le leggi fascistissime da poco in vigore, tribunali speciali e commissioni provinciali per il confino pronti all'opera per colpire ogni dissenso al neonato regime. «Vi devo dire parole chiare e precise», aveva iniziato il Duce incontrando i prefetti delle 17 nuove «province del Littorio»: «L'ordine pubblico deve essere mantenuto a qualunque costo, anche a costo di far fuoco sopra chi lo turbasse». Stesso trattamento alle gesta dello squadrismo alla Farinacci: per il Capo del fascismo e del Governo andavano represse.
  Nessun tentennamento, raccomandava: «Chi si rendesse colpevole deve essere arrestato e dovete pregare le autorità giudiziarie di procedere per direttissima e di condannare al massimo della pena». Fuoco sugli oppositori, dunque, e condanne esemplari per gli squadristi in ritardo. Il regime fascista è un regime autoritario, spiegò Mussolini, e si regge solo dando il senso della giustizia e dell'equità. Oltre che «della inviolabilità del pubblico danaro».