venerdì 4 novembre 2011

Venezia, il jazz e gli ex sindaci-filosofi, di Franco Bergoglio



 
Cento colpi di spazzole e Cacciari

Venezia, il jazz e gli ex sindaci-filosofi


di Franco Bergoglio

Anni passati a studiare la semanticità della musica (cioè se le note abbiano un significato altro rispetto a quello acustico) e i rapporti tra il free jazz e la politica. A giudicare da quanto comparso in rete e sui giornali negli scorsi giorni, anni spesi male. Bastava leggersi una ordinanza del Comune di Venezia, vecchia di una decina d’anni -imputabile alla giunta Cacciari, come puntigliosamente nota Mario Gamba sul Manifesto del 21 settembre scorso  per rendersi conto dell’inutilità degli sforzi.
Riassumo la vicenda ad uso dei marziani capitati in Italia per diporto. Venezia notoriamente soffre dei problemi legati ad un ecosistema delicato. Il turismo di massa ne rappresenta la fonte di sopravvivenza, pur comportando una serie di disagi legati alla quotidiana invasione di orde fameliche di monumenti, di ponti, di fotografie, di gondole. Sarebbe bello avere i soldi dei turisti, risparmiandosi gli effetti collaterali: la loro presenza fisica, il vociare rumoroso, i rifiuti, i venditori ambulanti…Alt. Da quando gli effetti collaterali con i bombardamenti americani sono politically correct e Maroni ha previsto super poteri a super sindaci, tutto questo si può risolvere.

Ci teniamo i turisti ma con una ordinanza ad hoc spazziamo via quanto non sembra lucroso. Via i lavavetri da Firenze, il divieto di nomadismo ad Assisi, no al rovistare nei cassonetti a Roma. Niente ideologia: i sindaci sceriffi di destra sono più creativi, quelli del centrosinistra più burocrati, ma la fabbrica delle ordinanze gira a pieno regime (sic!). Alcune ordinanze avrebbero mosso a invidia un poeta surrealista: non si possono scavare buche nella sabbia sulla spiaggia di Eraclea o indossare zoccoli a Capri. Queste ordinanze puzzano di visione classista: i colpiti sono i migranti, i barboni, i poveri, gli artisti da strada, i giovani. Il leghista Tosi di Verona ha ordinato che agli accattoni vengano sequestrati i beni e inflitta una multa: non gli rimane che distribuire latte più e aizzargli contro la banda di Arancia Meccanica


In un paese che non riesce a mandare in galera i corrotti, a far pagare le tasse ai dentisti o a far rispettare una fila, i sindaci vorrebbero normare l’universo. Gobetti ci aveva avvertito: un po’ di fascismo ce lo portiamo nel dna; sommato a un aberrante conservatorismo straccione. Magari il vicino di casa dell’assessore di Forte dei Marmi deve fare la pennichella di sabato e spunta il veto dell’amministrazione: non si può usare il tagliaerba nei pomeriggi festivi. In uno stato dove il Presidente del Consiglio dispone di un corpus di leggi ad personam, perché negarsi una ordinanza sindacale? Il vanto occidentale della libertà individuale si sbriciola nel Lombardo-veneto leghista. Non si può mangiare il Kebab a Cittadella o giocare a cricket a Brescia.

Peccato che oggi il kebab si faccia anche con la carne di fassone piemontese e che il cricket, oltre a pachistani e indiani poveri piaccia anche a inglesi, sudafricani, e australiani. Torniamo a Venezia, dove una summa di divieti colpisce i “poveri” rei di voler cogliere le briciole del turismo. Divieto di elemosina, accattonaggio, portare borsoni (quelli dei venditori ambulanti) e fare pic nic. Sia il turista spartano che la famigliola borsafrigo devono farsi rapinare in un bar di Piazza San Marco.

E anche per il problema di inquinamento acustico la giunta Cacciari si era attivata. Il cruccio è reale, la soluzione trovata all’epoca una grottesca “ordinanza creativa” che regolamentava i generi musicali ammissibili in città, tanto che oggi, dopo una rivolta del web che ha rinfocolato lo sdegno per quel vecchio provvedimento mai decaduto, l’attuale assessore Tiziana Agostini ha promesso dalle pagine del settimanale La Nuova di Venezia di correggere il pasticcio: “La malattia era reale – l’inquinamento acustico – la medicina avvelenata: stiamo riscrivendo la delibera cancellando le prescrizioni di tipo culturale, figurarsi se mi sogno di proibire una musica rispetto ad un’altra”. Quali erano dunque le musiche proibite? Il rock, che non viene nominato tra i generi ammessi, cancellando con un colpo di spugna cinquant’anni di storia. Invece sotto la voce jazz/dixieland, accettato in via teorica, si legge:“E’ escluso il jazz sperimentale, quale il free jazz, che essendo dissonante potrebbe essere di disturbo” ...
 
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