Visualizzazione post con etichetta strategia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta strategia. Mostra tutti i post

martedì 21 aprile 2015

con le armi strappate al nemico fu nella insurrezione e all'avanguardia alla riconquista della sua libertà. 1943-1945


città partigiana

il 21 aprile 1945
i partigiani liberano Bologna





Piazza Nettuno

   Risultati immagini per lapide ai caduti per la libertà bologna

 settembre 1943  -  aprile 1945
 _____________________________________________



Sacrario ai Caduti per la Libertà


giovedì 13 novembre 2014

notarella sul vano espediente del "Pugno duro" e/o "Muso duro" invocato dal sindaco di Bologna

 


03/06/14 - Scuola, Merola a muso duro con Sel e sindacati: "Basta   ...

 30/06/14 - Merola invoca il pugno duro sulle manifestazioni 

 12/11/14 - Anche Merola vuole chiudere l’Aula C. La difesa degli attivisti

                                                                                             
                        *
fotomontaggio
da: entilocali.usb.it

martedì 8 luglio 2014

(in) memoria di William Michelini, partigiano 1922 -2014





Pubblicato il 11/giu/2014

Racconti di Resistenza dalla voce del partigiano "William" Michelini

Un film animato realizzato dalla classe 3^A deIla Scuola Secondaria di I grado "Fabrizio De André" di Bologna nell'Anno scolastico 2013-2014.
Gli studenti hanno incontrato il partigiano "William" Lino Michelini testimone diretto della battaglia di Porta Lame (Bologna) ed hanno interpretato le sue parole con il cinema di animazione.

Coordinamento didattico
Prof.ssa Maria Venticelli

Ideazione e conduzione del laboratorio di cinema di animazione:
Michela Donini e Roberto Paganelli per Associazione OTTOmani

Il progetto "perCorsi di Memoria" è ideato e gestito da Roberto Pasquali attraverso l'Associazione Interculturale Polo Interetnico A.I.P.I.
"perCorsi di Memoria" è finanziato dal Comune di Bologna, settore Area Affari istituzionali e Quartieri, nell'ambito del piano "Cittadinanza attiva" e si è realizzato nei Quartieri Porto e Saragozza.

Un grazie di cuore a "William", il partigiano Lino Michelini della 7a Brigata GAP.
Bologna, Giugno 2014
_____________________________

                                                 vedi inoltre: Ciao, William

venerdì 16 maggio 2014

Testa per Dente, una mostra sull'occupazione italiana dei Balcani - BO 16 maggio


Venerdì 16 maggio, alle ore 20,30, le Sezioni Anpi Corticella, Lame, Pratello, San Donato
 organizzano e presentano:

“Testa per Dente, crimini dell’occupazione italiana nei Balcani, occupazione nazi-fascista e campi di internamento"

 alle Caserme Rosse, via di Corticella 147, Bologna: una mostra volta ad illustrare i temi dell'occupazione italiana dei Balcani, dei crimini commessi e della impunità di cui hanno goduto i responsabili degli stessi crimini nel dopoguerra


Si potrà inoltre assistere a una conferenza che traccerà un quadro della problematica dei tantissimi campi di internamento istituiti sotto il fascismo. Saranno presenti:
 
Alessandra Kersevan, storica e saggista, autrice dei libri "Lager italiani" e "Un campo di concentramento fascista" , Davide Conti, storico, collaboratore della Fondazione Lelio Basso, autore tra l'altro dei llibri:"Criminali di guerra italiani"  e "L'occupazione italiana dei Balcani",  Luca Alessandrini - Istituto Storico Parri Emilia-Romagna   Jadranka Bentini, Testimone, figlia di Vinka, Capitana Partigiana croata.

 
 _______________________________________________________
                      thanks per la comunicazione:  mailing list di Storie in Movimento


lunedì 3 marzo 2014

Walter Benjamin, «Segnalatore d’incendio»



L’idea che ci si fa della lotta di classe può indurre in errore. Non si tratta, in essa, di una prova di forza in cui si decida la questione di chi vince e chi perde, né di uno scontro al cui termine al vincitore andrà bene e allo sconfitto male. Pensare così significa dare ai fatti un travestimento romantico. Perché la borghesia, sia che vinca o che soccomba nella lotta, è comunque condannata a perire dalle sue interne contraddizioni che le riusciranno fatali nel corso del suo sviluppo. La questione è soltanto se essa perirà per mano propria o per mano del proletariato. Durata o fine di un’evoluzione culturale tre volte millenaria saranno decise dalla risposta a questo punto. La storia nulla sa dell’infinito di bassa lega simboleggiato dai due gladiatori eternamente in lotta. Solo per scadenze fa i suoi calcoli il vero politico. E la liquidazione della borghesia non si sarà compiuta ad un punto quasi esattamente calcolabile (lo segnalano inflazione e guerra chimica) tutto sarà perduto. Prima che la scintilla raggiunga la dinamite, la miccia va tagliata. Intervento, rischio e rapidità del politico sono una questione di tecnica, non di cavalleria.

Segnalatore d’incendio” da: Walter Benjamin, Gesammelte Schriften, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1972 trad. it. in Walter Benjamin, Strada a senso unico. Scritti 1926-1927, a c. d. Giorgio Agamben,  Einaudi, Torino 1983.


lunedì 10 febbraio 2014

locandine marxicce di Casapound? No grazie! Preferiamo John Heartfield



 CaPa marxoide?

 NO GRAZIE! 






Alla barba posticcia di Marx esibita da Casapound
opponiamo la verità storica illustrata dal genio di
  John Heartfield:

sabato 11 gennaio 2014

“Gli anni spezzati”, una monnezza chiamata fiction

                                   di , 9 gennaio 2014 

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici o chiunque approvi sul servizio pubblico operazioni di questo tipo dovrebbe chiedere il conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, gli anni Settanta viene smerdato da una roba coma la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni: un film non solo pessimo da un punto visto artistico e anche tecnico, ma risibile da quello documentario e storico. Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo.
Chi l’ha scritto, Graziano Diana (anche regista) con due autori alle prime armi – Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti – ha evidentemente ritenuto opportuno prescindere da qualunque serietà di documentazione storica, appoggiandosi a riduzioni da sussidiario copiato male – non dico Wikipedia (che in molti casi è fatta molto meglio). Nei titoli d’apertura non dichiara nemmeno un nome di un consulente storico, nei titoli di coda ne cita tre, nessuno dei quali storico di professione (Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post-fascismo tipo Nuove Idee o Ares). Nelle interviste Diana dice che ha ascoltato le voci dei parenti delle vittime della violenza politica anni ’70: non so chi abbia ascoltato né come l’abbia fatto, ma quello che ne ha tratto sono degli sloganucci stereotipati che farebbero passare un bignami per un saggio storico complesso. Nelle interviste Diana dice di aver voluto raccontare quella storia dalla parte di chi, le istituzioni incarnate nelle forze dell’ordine, cercava il dialogo tra rossi e neri: non so che libri abbia letto sulle forze dell’ordine e le istituzioni italiane di quegli anni, non so su quali testi si sia formato la sua idea sugli apparati dello Stato, i politici, i partiti, i vari movimenti, ma se l’avesse scritta Cossiga nel sonno o Claudio Cecchetto, per dire, questa fiction, ci avrebbe messo più complessità.
L’idea di Alessandro Jacchia di raccontare attraverso lo sguardo di un poliziotto romano (la sua voce off!) le vicende complicate che girano intorno a Piazza Fontana, l’autunno del ’69, e la vicenda di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista: non è un’idea. È la suggestione di poter prendere la poesia di Pasolini su Valle Giulia, ricavarne un’interpretazione puerile, e pensare di applicarla, a mo’ di pomata, agli eventi di quegli anni: come se fosse una scelta narrativa, fino a realizzare una specie di spottone con toni da soap-opera, colletti larghi, sguardi fissi in camera ...

                                                                       Leggi tutto su «minima&moralia»


 vedi inoltre: L’ultimo depistaggio

sabato 14 dicembre 2013

Foucault, La société punitive. Cours au collège de France 1972-1973. Now published [info da: FOUCAULT NEWS]




Michel Foucault (2013) La société punitive. Cours au collège de France 1972-1973, Paris: Gallimard Seuil. 05 Décembre 2013, 356 pages.
 


Frédéric Gros
Foucault et « la société punitive »
Compte rendu sur le site Cairn.info

Résumé
Foucault prononce en 1973 un cours au Collège de France intitulé « La société punitive ». Ce cours, encore inédit, offre les premières grandes propositions théoriques de Foucault sur la naissance de la prison. Elles seront reprises, infléchies, reproblématisées dans Surveiller et Punir. Mais, en 1973, elles sont données avec une netteté conceptuelle et un tranchant polémique qu’elles ne retrouveront plus par la suite. Trois grandes notions sont définies : le « pénitentiaire », le « carcéral » et le « coercitif ». C’est le nouage de ces trois dimensions qui rend compte de l’invention de la prison.
” L’organisation d’une pénalité d’enfermement n’est pas simplement récente, elle est énigmatique. Qu’est-ce qui pénètre dans la prison ? En tout cas, pas la loi. Que fabrique-t-elle ? Une communauté d’ennemis intérieurs. ” C’est en ces termes que Michel Foucault dénonce, dans ce cours prononcé en 1973 – et que viendra compléter, en 1975, son ouvrage Surveiller et punir – le ” cercle carcéral “. La Société punitive étudie ainsi comment les sociétés traitent les individus ou les groupes dont elles souhaitent se débarrasser, c’est-à-dire les tactiques punitives, mais aussi la prise de pouvoir sur le corps et sur le temps et l’instauration du couple pénalité-délinquance. Michel Foucault retrace l’histoire des ” tactiques fines de la sanction ” dont il distingue quatre modalités : exiler ; imposer un rachat ; marquer ; enfermer. C’est dans la seconde moitié du XVIIIe siècle que se développe une ” science des prisons ” à fonction corrective et que se construit un discours sur le criminel et son traitement possible, donnant naissance à un schéma de société qui vise à l’absolu du contrôle et de la surveillance. L’ajustement entre le système judiciaire et le mécanisme de surveillance (l’organisation d’une police), entre l’émergence de la richesse et la pratique des illégalismes, entre la force corporelle de l’ouvrier et l’appareil de production s’accomplit ensuite au tournant du XIXe siècle. Foucault démontre donc que ce sont les instances de contrôle para-pénal du XVIIe et du XVIIIe siècle qui ont abouti, in fine, au fonctionnement de la prison, visant à l’élimination du désordre, au contrôle de la distribution spatiale des individus, de leur emplacement par rapport à l’appareil productif. La Société punitive finit par poser la question, cruciale aux yeux du philosophe, de la validité intrinsèque de la loi pénale. A-t-elle vocation universelle ou se limite-t-elle à la douteuse applicabilité d’une somme de décrets ?

giovedì 7 novembre 2013

Banalizzare e sminuire. Elementi della martellante campagna revisionista di Mr. Berlusconi

L'ennesima boutade di Mister B : "I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso" 
 ha suscitato il ricercato clamore, seguito da  una  rettifica  pro forma a mo' di autoassoluzione del provocatore di Arcore.

Ora  -  e questa volta si levano numerose voci di condanna  -  che si erano sinora abitualmente attenute ad una prudente e "diplomatica"  fin de non recevoir. 

E, ancora oggi, non mancano reti  TV  e giornali che, per servilismo, o per opportunismo, o pavidità, si dilettano  nell'arte dell'eufemismo, definendo "benevolmente" le violente provocazioni  Berlusconi, come semplici "gaffes" o  "sfoghi".

Da diversi anni, questo blog ha segnalato alcune tessere ([inequivocabili] del puzzle montato dal solito  Mr. B.


Nella convinzione che
chi non ha memoria non ha futuro,
 incidenze  rinvia  per memoria il breve elenco dei post che ha pubblicato nel corso del tempo sul "caso":

humor nero: "La sapete quella del campo di concentramento?"

Humor nero: MinCulPop del Terzo millennio

humor nero: la grande scelta finale...

Consuete facezie di Berlusconi su lager, sterminio, fascismo, etc. 

giovedì 24 ottobre 2013

« se non con le opere, con le parole, se non con le parole, con i cenni »


 Niccolò Machiavelli


... in questo voglio essere caparbio come nelle altre oppinioni mie. Et perché io non mancai mai a quella repubblica, dove io ho possuto giovarle, che io non l'habbi fatto, se non con le opere, con le parole, se non con le parole, con i cenni, io non intendo mancarle anco in questo ...

  a Francesco Guicciardini  17 maggio 1521

giovedì 12 settembre 2013

Intervista ad Anselm Jappe: Che cosa rimane di Guy Debord



a cura di Riccardo Antonucci

A margine del convegno dal titolo “I situazionisti: teoria, arte e politica”, tenutosi all’Università di Roma 3 lo scorso 30 maggio, abbiamo intervistato Anselm Jappe, tra i relatori di questa giornata insieme, tra gli altri, a Mario Perniola (1). Si è parlato della recente mostra degli archivi Debord alla Bibliothèque Nationale de France e dell’attualità, o meglio della feconda inattualità, dell’opera del pensatore francese.



Dopo aver partecipato al collettivo tedesco Krisis, Anselm Jappe insegna attualmente estetica all’EHESS di Parigi, e all’Accademie d’Arte di Frosinone e di Tours. Ha studiato a fondo la corrente situazionista, ed è autore di numerosi articoli e volumi, in francese, tedesco e italiano, tra cui spiccano: Crédit à mort (Paris 2011), Contro il denaro (Milano 2012) e i due importanti volumi Guy Debord (Paris 2001, ried. Roma 2013) e L’avant garde inacceptable (Paris 2004).
La prima domanda è d’obbligo: non si può parlare di Guy Debord oggi senza menzionare la grande mostra a lui dedicata alla BNF (“Guy Debord, un art de la guerre”), in cui sono esposti i suoi archivi recentemente dichiarati “tesoro nazionale”. All’annuncio dell’evento, si è subito sviluppato un dibattito tra i lettori di Debord, divisi tra chi ha salutato positivamente la scelta e chi, invece, ha denunciato come reazionaria la scelta di mettere Debord “in mostra”, in contraddizione con il principio di marginalità dell’opera debordiana. Lei come si colloca rispetto a questo evento?


Anselm Jappe – Mi sembra una grande opportunità il fatto che gli archivi di Debord siano ora a disposizione del pubblico. Molto peggio se fossero stati dispersi tra diverse mani, o venduti a un collezionista privato: solo in questo modo si poteva garantire una reale disponibilità di questo fondo. Inoltre, penso sia un bene che lo Stato francese, invece di finanziare un altro carro armato, abbia usato i suoi soldi per acquisire questi archivi. Per questo mi risulta difficile comprendere il dibattito sulla cosiddetta récupération di Debord, dal momento che ormai oggi, a vent’anni dalla sua morte, egli è senz’altro diventato un classico, e sarebbe molto artificiale volerlo tenere ancora in una zona di marginalità. Quel che conta sono i contenuti della sua opera, non il modo in cui essa viene proposta.
Del resto, Debord stesso ha sempre ricordato quanto sia stato importante per lui, da giovane, leggere certi autori, come Baudelaire, Apollinaire o Lautréamont. Anche questi autori erano ormai dei classici, negli anni ’50. Non è certo questo statuto a impedire un eventuale effetto sovversivo di un’opera.
Quale interesse può avere la mostra alla BNF per un ricercatore o per lo studioso dell’opera di Debord? Si aprono nuove prospettive di studio o spunti per l’attualizzazione del suo pensiero?
A. J. –
La mostra offre molto materiale già noto, ma anche molte cose inedite e nuove per il ricercatore. Per esempio, una buona parte delle migliaia di schede di lettura di Debord, che ho consultato. Queste schede confermano, intanto, un dato già noto, e cioè che Debord fosse un accanito lettore, ma mostrano anche un vero e proprio lavoro certosino di ricopiatura di lunghi estratti dei libri letti, che francamente si ignorava. Inoltre, si possono trovare negli archivi molti cartoncini con note e osservazioni di vario tipo, dall’Internazionale Situazionista alla sua vita privata.
L’interesse principale per il ricercatore è senz’altro costituito da questa miriade di schede di lettura, in quanto esse permettono di sapere con certezza che cosa ha letto Debord e a che cosa si è interessato nei vari periodi della sua vita. A volte le schede sono commentate, soprattutto quelle stilate in vista della redazione de La società dello spettacolo, l’opera principale di Debord, uscita nel 1967. Per esempio, per me è stata una sorpresa scoprire che Debord lesse con molta attenzione Il dispotismo orientale di Karl August Wittfogel, sinologo e storico tedesco-americano. Su questo libro Debord aveva effettivamente scritto una breve nota di lettura nella rivista «Internationale Situationniste», ma soltanto leggendo le schede di lettura mi sono potuto rendere conto di quanto l’opera di Wittfogel abbia inciso nell’elaborazione del concetto di “spettacolo”. In particolare per quanto riguarda l’identificazione degli amministratori cibernetici e burocratici della società dello spettacolo con l’antica casta di ingegneri e preti che governavano l’Egitto e la Mesopotamia. E penso che ci saranno molte alte sorprese in questo archivio, di cui ho soltanto cominciato il lavoro di vagliatura.

mercoledì 11 settembre 2013

La TV cilena del giorno 11 settembre 1973




Caricato in data 10/lug/2011


Por una sociedad libre y sin violencia ni delincuencia ,sin cadenas de drogadiccion ni alcoholismo,contra la ignorancia y la mediocridad.
Tengo un sueño ;que es ver a la gente por las calles disfrutando con su familia, en un mundo de oportunidades e igualdad para todos ,valores y principios que Dios nos regala para vivir bajo sus consejos....."recordar es un acto de justicia" ..........(el ladron no puede robar la luz de la luna en la ventana) gracias por visitar...chelo gonzalez

giovedì 5 settembre 2013

Un giorno DI FEROCE TRISTEZZA: L'11 settembre '73 di Luis Sepulveda

 intervista di Filippo Fiorini - Santiago del Cile
                                il manifesto 2013.09.05



40 anni fa, lo scrittore era nelle forze di sicurezza socialiste che difesero Santiago dal golpe di Pinochet. «Quel giorno la mia gioventù finì violentemente. E da allora il Cile non è più uscito dalla dittatura»
Quarant'anni fa iniziò la dittatura militare in Cile. Possiamo dire che oggi tutto quello che prese il potere in quel momento è stato superato, o ci sono ancora dei resti del sistema nei posti di comando del paese e della società civile?Nessuno che conosca la storia può sostenere che tutto ciò sia stato superato. A partire dall'11 settembre '73 in Cile è stata installata una feroce dittatura che ha eliminato qualsiasi tradizione democratica. Per quanto imperfetta, la democrazia cilena aveva pur sempre distinto il paese come un esempio in tutto il continente americano. Inoltre, è stato imposto un modello economico ben preciso. Il Cile è stato il primo luogo in cui sono state messe in pratica le politiche neo-liberali teorizzate da Friedman e dalla Scuola di Chicago. Un esperimento che per poter funzionare aveva bisogno di una nazione governata da un despota, senza alcuna opposizione, senza partiti politici, senza sindacati, senza organizzazioni sociali e con un sistema dei media completamente asservito alla dittatura e al suo programma economico. Uno stato si governa attraverso l'ordinamento dettato dalla propria Costituzione e oggi, a quarant'anni di distanza dal golpe, il Cile ha ancora la stessa Costituzione che approvò la dittatura. Una carta che ha permesso l'esistenza non solo di una tirannia politica, ma anche di una tirannia economica, che emargina la maggioranza delle persone, che privatizza la sanità e l'educazione, che regala le risorse nazionali all'avidità delle multinazionali e lo fa impunemente, al di sopra di qualsiasi meccanismo di controllo statale, sia sul bilancio delle risorse, che sul bilancio fiscale. Ogni paese cambia, perché il mondo è in movimento, ma in Cile il movimento è stato circolare, ritornando inevitabilmente alla legalità imposta dalla dittatura.

I media cileni e diverse personalità pubbliche nazionali hanno usato frequentemente nelle ultime settimane la parola «perdono». Crede che le vittime della dittatura di Pinochet siano pronte a perdonare? La società è arrivata a una riconciliazione?Il perdono è una categoria morale, si perdona o meno solamente dopo che il colpevole ha chiesto scusa. In Cile sono stati commessi crimini di stato, in nome dello stato, uno stato che però non ha mai chiesto scusa a nessuno, tanto meno alle sue vittime. Neanche chi fu direttamente responsabile, ovvero i militari e i civili che misero in piedi la dittatura, ha mai chiesto scusa a chicchessia. Stiamo parlando di più di 3mila desaparecidos e i loro famigliari, delle centinaia di migliaia di persone torturate, delle migliaia che furono obbligate all'esilio, dei milioni che rimasero esclusi dal sistema quando il disegno economico della dittatura ha liquidato l'industria nazionale e quando il «libero mercato» ha sostituito tutto il sistema produttivo con le merci importate. Per nulla di tutto questo si è mai chiesto scusa. La società cilena non si è riconciliata perché solo una società malata potrebbe riappacificarsi con coloro che eliminarono un modo di essere, di vivere e avere un progetto di vita.

mercoledì 24 luglio 2013

incontro: A partire da “Classe” di Andrea Cavalletti, 27 luglio - Magione (Perugia)

nel quadro  del

Magione (Perugia)



 Sabato 27 luglio

h. 15:30-19:00


 A partire da un libro:

http://www.italica.rai.it/immagini/libri/cavalletti_classe/copertina.jpg

 “Classe” di Andrea Cavalletti
 (Bollati Boringhieri 2009)


Coordina: Andrea Brazzoduro   



Dialogano:
              Andrea CavallettiChristian De Vito
              Rudy Leonelli e   Franco Milanesi

martedì 19 febbraio 2013

Althusser, Foucault e la crisi del marxismo. BO 28/02/2013





 Seminario a partire dai libri di Cristian Lo Iacono, Althusser in Italia. Saggio bibliografico (1959-2009), Milano, Mimesis, 2012 e di Fabio Raimondi, Il custode del vuoto. Contingenza e ideologia nel materialismo radicale di Louis Althusser, Verona, Ombre Corte, 2011



  Introduce Manlio Iofrida


Parteciperanno Rudy Leonelli, Cristian Lo Iacono,
Diego Melegari, Fabio Raimondi, Valerio Romitelli.

martedì 29 gennaio 2013

«Duce, Duce», «Silvio, Silvio»



Berlusconi, a noi!


di Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena
da MicroMega 2/2011


Dopo la svolta ‘badogliana’ di Fini, per l’estrema destra Berlusconi è diventato l’assoluto punto di riferimento. In lui i moderni camerati vedono il nuovo Mussolini, l’atteso ‘capo carismatico’ capace di scardinare le regole democratiche e costituzionali. Il razzismo del Cavaliere, il suo revisionismo storico e la sua ‘antipolitica’ li affascinano. E oggi puntano sul Pdl.

«Duce, Duce», «Silvio, Silvio». «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal 1945 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione». «Il nostro presidente Berlusconi ancora una volta si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi». «Berlusconi? Mai stato antifascista». «Per chi vuole incentivare politiche nazionaliste è necessario sostenere il centro-destra che si regge intorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi».
In queste parole ci sono più di tre generazioni di neofascisti che, divisi su tutto, si ritrovano da tempo uniti nel considerare la figura di Berlusconi come quella di un «nuovo Duce». Come è accaduto? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo le tappe di questa attrazione fatale.

lunedì 17 dicembre 2012

Manifestoon: A spectre is haunting ...


The Communist Manifesto illustrated by Cartoons





                          vedi, nel sito MIA, le traduzioni: 
        
 

  &

sabato 3 novembre 2012

Fino Rauti


 Camera oscura





(ASCA) - Roma, Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, esprime il più profondo cordoglio per la scomparsa dell'on. Pino Rauti, ''uomo politico che ha rappresentato una parte di rilievo nella storia della Destra italiana. Parlamentare rigoroso, intellettuale di profonda cultura, Rauti ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società che appartengono alla storia politica del nostro Paese. Ai familiari esprimo i sentimenti della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati''. E' quanto si legge in un comunicato.

Rauti: Fini, testimone degli ideali della nazione

martedì 23 ottobre 2012

Vom Kriege


Premessa dell’Autore
Il concetto di “trattazione scientifica” non esige né esclusivamente, né principalmente che la trattazione si costruisca nell’edificio di un sistema conchiuso. Ciò non ha più bisogno, oggi, di essere dimostrato. 
In questo studio, non si troverà pertanto nulla di sistematico alla superficie. Invece di una dottrina compiuta, non abbiamo da offrire che frammenti.

La forma scientifica vi si esprime con la tendenza a scrutare l’essenza dei fenomeni bellici ed a mostrare la loro correlazione con la natura delle cose di cui si compongono. Non si è mai, qui, indietreggiato davanti alla consequenzialità filosofica. Ma dovunque il ragionamento si dipanava in un filo troppo esile, l’autore ha preferito romperlo per ricorrere invece alle prove fornite dall’esperienza dei fatti. Come molte piante non producono frutti se il loro fusto si slancia troppo in alto, così occorre che nelle arti pratiche le foglie e i fiori teorici non prendano soverchio sviluppo. Occorre non allontanarsi troppo dal terreno che loro conviene; e cioè dall’esperienza.

Sarebbe indubbiamente un errore voler dedurre dalla composizione chimica del chicco di frumento la forma della spiga che ne deve nascere, perché non si ha che da andare nei campi per vedere le spighe già formate.

L’investigazione e l’osservazione, la meditazione filosofica e l’esperienza non debbono mai spregiarsi o escludersi vicendevolmente. Si offrono, piuttosto, reciproca garanzia.

Le proposizioni di questo libro poggiano dunque la breve volta della propria perentoria consequenzialità logica o sull’esperienza o sulla definizione della guerra: ed entrambi questi pilastri sono loro indispensabili.