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martedì 23 ottobre 2012

Vom Kriege


Premessa dell’Autore
Il concetto di “trattazione scientifica” non esige né esclusivamente, né principalmente che la trattazione si costruisca nell’edificio di un sistema conchiuso. Ciò non ha più bisogno, oggi, di essere dimostrato. 
In questo studio, non si troverà pertanto nulla di sistematico alla superficie. Invece di una dottrina compiuta, non abbiamo da offrire che frammenti.

La forma scientifica vi si esprime con la tendenza a scrutare l’essenza dei fenomeni bellici ed a mostrare la loro correlazione con la natura delle cose di cui si compongono. Non si è mai, qui, indietreggiato davanti alla consequenzialità filosofica. Ma dovunque il ragionamento si dipanava in un filo troppo esile, l’autore ha preferito romperlo per ricorrere invece alle prove fornite dall’esperienza dei fatti. Come molte piante non producono frutti se il loro fusto si slancia troppo in alto, così occorre che nelle arti pratiche le foglie e i fiori teorici non prendano soverchio sviluppo. Occorre non allontanarsi troppo dal terreno che loro conviene; e cioè dall’esperienza.

Sarebbe indubbiamente un errore voler dedurre dalla composizione chimica del chicco di frumento la forma della spiga che ne deve nascere, perché non si ha che da andare nei campi per vedere le spighe già formate.

L’investigazione e l’osservazione, la meditazione filosofica e l’esperienza non debbono mai spregiarsi o escludersi vicendevolmente. Si offrono, piuttosto, reciproca garanzia.

Le proposizioni di questo libro poggiano dunque la breve volta della propria perentoria consequenzialità logica o sull’esperienza o sulla definizione della guerra: ed entrambi questi pilastri sono loro indispensabili.

giovedì 19 agosto 2010

Del "senso dello Stato" [da Senza Soste]

Cossiga, quando la sovranità
non appartiene al popolo

...

È buffo che nei necrologi bipartisan dedicati a Cossiga si metta in evidenza soprattutto il suo senso dello Stato. Perché Cossiga, a differenza di tanti che oggi lo commemorano, non si è mai posto il problema di nascondere il suo disprezzo per lo Stato di diritto e ha sempre rivendicato apertamente il suo ruolo in quelle strategie occulte ed “eversive” (tecnicamente parlando) che dalla Liberazione in poi hanno costituito la vera struttura portante della Prima e della Seconda Repubblica ...

Strategie con un obiettivo chiaro e semplice: quello di impedire che in Italia la volontà popolare potesse mettere in pericolo gli equilibri politici voluti dai veri padroni del Paese e detentori della sovranità reale.

A Cossiga va dunque riconosciuto almeno un merito: quello di aver mostrato con chiarezza che nelle cosiddette democrazie occidentali i diritti civili e politici sono solo un simulacro che copre i reali rapporti di forza: “la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi”, scriveva Michel Foucault capovolgendo il famoso motto di Clausewitz.

I fatti di cui Cossiga è stato protagonista sono notissimi ...

leggi l'articolo completo in Senza Soste

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martedì 6 luglio 2010

Pierre Macherey : présentation de l’ouvrage d’Étienne Balibar “Violence et civilité”



Étienne Balibar – Violence et civilité
(éd. Galilée, 2010).

« Violence et Civilité » : cet intitulé est modelé selon une découpe dont le type peut être dit « moderne » - on n’en retrouverait aucun équivalent dans l’antiquité ou à l’époque classique –, dont l’un des premiers exemples, dans le domaine de la philosophie, serait peut-être fourni par le texte de Hegel « Foi et savoir » ; pour s’en tenir à ce domaine, on pourrait citer comme relevant de la même forme, entre autres, « Crainte et Tremblement » (Kierkegaard), « Humanisme et Terreur » (Merleau-Ponty), « Tyrannie et Sagesse » (Kojève), « Violence et Métaphysique » (Derrida), etc.. Ce genre de formulation consiste à associer deux notions par l’intermédiaire de la particule « et », qui invite à les confronter : on pourrait dire que ce « et » en constitue le terme clé, celui qui est le plus porteur d’enjeux, dont la signification reste à préciser. Il serait intéressant d’étudier, à partir d’une typologie de tels intitulés, les diverses fonctions que peut remplir « et » dans ce mode d’agencement. Dans le cas qui nous occupe, il semble clair que « et » remplit un double rôle de nouage et de disruption : violence et civilité ne peuvent être associées que sur la base de ce qui les oppose, donc les disjoint ; mais, en même temps, il apparaît que cette opposition recèle une nécessité qui rend le rapport des deux termes incontournable, ce qui oblige à les penser, non à part l’un de l’autre, mais ensemble, dans le cadre spéculatif installé par « et » qui incite à les relier. Nous partirons de l’hypothèse selon laquelle, dans l’intitulé « Violence et Civilité », « et » peut être interprété comme signifiant la relation entre question et réponse : « violence » serait l’énoncé de la question, et « civilité » serait l’énoncé de la réponse. Ce qui, puisqu’il s’agit d’un ouvrage relevant du domaine de la philosophie politique, suggère que, dans la perspective qui lui est propre telle qu’elle est annoncée dans son titre, la violence représente la question, précisons la question essentielle, principale, fondamentale, à laquelle la politique aurait à répondre ; et le propos de l’ouvrage serait de présenter la « civilité » comme réponse, du moins comme réponse possible, sinon la seule possible, à cette question. Ceci admis, nous pouvons fixer deux lignes d’interrogation à propos du contenu de l’ouvrage, qui vont permettre d’en guider la lecture : qu’est-ce qui conduit à considérer que la violence est la question politique par excellence ? et en quoi, la question de la politique étant ainsi posée, la civilité constitue-t-elle pour celle-ci une réponse acceptable ?

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