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venerdì 17 aprile 2015

Ecologia esistenza lavoro - Officine Filosofiche


Dopo aver lavorato sui temi dell’ecologia e della natura, il gruppo di ricerca di Officine Filosofiche ha rivolto la sua attenzione alla questione, oggi così attuale, del lavoro, ponendosi una serie di interrogativi: come si prospetta il problema del lavoro, di cui è stata dichiarata la “fine”, e che comunque, con l’avvento della rivoluzione informatica, si è così completamente trasformato, se lo consideriamo da un punto di vista “ecologico”? Che ne è oggi del rapporto sociale, della collettività, della “cooperazione” sulla base della nuova veste che ha assunto il lavoro? Qual è il profilo di una nuova soggettività lavoratrice che emerge dall’eredità di alcuni filoni portanti del pensiero novecentesco, dall’operaismo all’antropologia filosofica, da Walter Benjamin a Enrico Forni e Ferruccio Masini? Che posizione dobbiamo prendere rispetto all’idea di limite, così importante dal punto di vista ecologico? Cosa può significare applicare il paradigma ecologico di Gregory Bateson alla sociologia, sia in senso teorico che pratico, e come devono essere giudicate, da questo punto di vista, le tendenze attuali nel campo delle politiche di Welfare? Che ne è oggi del lavoro dell’artigiano, così legato alla corporeità del lavoratore, e assimilato da tutta una tradizione al lavoro dell’artista? Cosa emerge, sul rapporto fra tecnica, arte e natura, dal cinema di Jean Renoir? Come è da ripensare la politica nel nuovo mondo della tecnica globale? E cosa ne è del rapporto fra lavoro e gioco, su cui ha richiamato l’attenzione una grande tradizione, da Schiller alla Scuola di Francoforte a Huizinga?
Le ricerche di Tim Ingold, il grande antropologo scozzese, hanno investito il problema della tecnica nei suoi rapporti con la biologia evoluzionistica e l’ecologia; la sua lezione ha un’importanza decisiva per rispondere alle questioni sopra sollevate. Per questo motivo, il volume si apre con un’intervista a questo studioso intorno ai temi fondamentali delle sue indagini.
Con un'intervista a Tim Ingold a cura di Ivano Gorzanelli

Gli autori: Andrea Angelini, Stefano Berni, Rosella Corda, Ubaldo Fadini, Ivano Gorzanelli, Alfonso Maurizio Iacono, Tim Ingold, Manlio Iofrida, Francesco Marchesi, Igor Pelgreffi, Stefano Righetti, Elettra Stimilli, Matteo Villa.



lunedì 16 marzo 2015

Igor Pelgreffi. Slavoj Žižek presentazione giovedì 26 marzo, h.19 Modo Infoshop BO

Risultati immagini per Igor Pelgreffi. Slavoj Žižek



ne discutono:

Igor Pelgreffi
e

 Manlio Iofrida

  Se potessimo osservare dall’esterno le nostre vite, con ogni probabilità oggi le vedremmo percorse da due tensioni divergenti: una verso il globale e una verso il frammento. Il nostro tempo è global-frammentario, e il nostro mondo non è altro che la forma del tempo. I nostri corpi si trovano a vivere, per lo più, sospesi fra la grande sfera e il punto, fra l’iper-relazione e la solitudine. Ora, come elaborare una filosofia capace di rispondere a queste alterazioni nelle omeostasi che per secoli hanno accompagnato lo svolgersi delle nostre esistenze singolari e collettive? Come contrastare filosoficamente le narcosi singolari e collettive in cui le cosiddette società avanzate sembrano destinate a vivere (cioè a spegnersi)? Tutti percepiamo che global-frammentario è anche una struttura storico-materiale ed economica che ci condiziona nel profondo. E, dunque, come pensare una reale alternativa al modello di vita capitalistico? Come prendere consapevolezza delle strutture nascoste che ci pre-determinano? Detto in termini generali: quali sono, oggi, le condizioni di possibilità di una critica dell’ideologia?
Queste domande marcano i motivi di fondo della riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi public character del teatro culturale odierno, provocatore esperto, deciso anti-capitalista, «sfacciatamente marxista»1. Žižek, costantemente e su ogni cosa, critica le posizioni della Left, proponendo categorie inattuali, fra cui quella di lotta di classe. Un ciarlatano per alcuni, un nuovo maître à penser per altri. Ma Žižek non è uno che si limita a scrivere o a tenere conferenze. Lo troviamo agitarsi fra i manifestanti di Occupy Wall Street o serafico co-protagonista di una clamorosa video-intervista con Julian Assange, così come seduto sul water mentre disquisisce su Psycho di Hitchcock, per così dire, “dall’interno”.
Žižek è quasi ovunque, sovra-esposto negli spazi pubblico-mediali in cui si aggira senza sosta col suo look trasandato, gesticolante nervosamente e con la fronte sudata. Ricorda Socrate, col suo girovagare proto-flâneuristico per la polis: ambedue condividono quella medesima capacità magica, in fondo geniale, di compiere uno scatto immotivato dal vagare insensato alla precisione della domanda spiazzante. Come se la domanda filosofica dovesse essere preceduta, oggi, da una modalità antropologica, da un attraversamento concreto degli spazi e dei tempi storico-sociali. E dalla mancanza di senso del girovagare. Sarà un caso, ma c’è qualcosa, nella barba e nello sguardo di Žižek, che fa pensare a Socrate.
Critica dell’ideologia significa partire, ogni volta, ponendo il mondo in questione: perché le cose stanno così come stanno? Dunque non come sono: non è una domanda ontologica, sul loro essere, ma su come esse sono state predisposte, su quali strutture le predeterminano. Questa sembra essere la domanda di Žižek. Tuttavia si potrebbe ugualmente sostenere che quella di Žižek sia una riflessione intorno alla nostra soggettività, alla sua origine pulsionale, ai suoi desideri, auto-inganni e fantasmi costitutivi; ed anche questa potrebbe essere una buona definizione. Si potrebbe, del resto, cercare il nocciolo della filosofia di Žižek nell’idea che la scissione sia più fondamentale dell’unità, che l’auto-lacerazione animi tutto ciò che esiste (le cose, l’io, le relazioni, le rappresentazioni), in quanto è la contraddizione (e non l’essere o il divenire) il cuore della materia e della storia. Ed anche questa potrebbe essere una buona definizione.
Le tre domande indicano gli assi centrali del pensiero di Žižek, cioè Marx (critica dell’ideologia), Lacan (problema del soggetto e dell’ordine simbolico) e Hegel (contraddizione). Per chi ama le formule, ciò permetterebbe di caratterizzare la filosofia di Žižek come un materialismo dialettico psicoanalitico. Marx, Lacan e Hegel rappresentano gli assi xy e z di un vero e proprio sistema di riferimento cartesiano, che definisce quale sia lo spazio logico del discours žižekiano. In questo libro tenterò di darne conto. Ma per fare ciò occorre presupporre una quarta dimensione.
La quarta dimensione è quella dello stile.





                                              

                              
 via Mascarella 24/b - BO
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  Igor Pelgreffi, laureato in ingegneria e in filosofia, è dottore di ricerca in filosofia. Vive e lavora a Bologna, dove insegna nella scuola secondaria superiore. La sua ricerca verte sul rapporto fra morfologie testuali (in particolare la scrittura), teoresi e soggettività nel pensiero contemporaneo. Su questi temi ha pubblicato vari saggi su rivista e in volume, e ha curato Jacques Derrida, Nietzsche e la macchina (Milano, 2010) e Il pensiero e il suo schermo. Morfologie filosofiche fra cinema e nuovi media (Tricase, 2013).


martedì 8 luglio 2014

(in) memoria di William Michelini, partigiano 1922 -2014





Pubblicato il 11/giu/2014

Racconti di Resistenza dalla voce del partigiano "William" Michelini

Un film animato realizzato dalla classe 3^A deIla Scuola Secondaria di I grado "Fabrizio De André" di Bologna nell'Anno scolastico 2013-2014.
Gli studenti hanno incontrato il partigiano "William" Lino Michelini testimone diretto della battaglia di Porta Lame (Bologna) ed hanno interpretato le sue parole con il cinema di animazione.

Coordinamento didattico
Prof.ssa Maria Venticelli

Ideazione e conduzione del laboratorio di cinema di animazione:
Michela Donini e Roberto Paganelli per Associazione OTTOmani

Il progetto "perCorsi di Memoria" è ideato e gestito da Roberto Pasquali attraverso l'Associazione Interculturale Polo Interetnico A.I.P.I.
"perCorsi di Memoria" è finanziato dal Comune di Bologna, settore Area Affari istituzionali e Quartieri, nell'ambito del piano "Cittadinanza attiva" e si è realizzato nei Quartieri Porto e Saragozza.

Un grazie di cuore a "William", il partigiano Lino Michelini della 7a Brigata GAP.
Bologna, Giugno 2014
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                                                 vedi inoltre: Ciao, William

venerdì 21 marzo 2014

FACEVAMO QUELLO CHE DOVEVAMO - proiezione del film documentario sulla Volante Rossa:-23/3 all'Iqbal Masih - BO






Dalle ore 18:00 aperitivo

A seguire proiezione del film documentario sulla Volante Rossa:

FACEVAMO QUELLO CHE DOVEVAMO

Circolo Iqbal Masih,via dei Lapidari 13/L - Bologna

L’Iqbal è raggiungibile dal centro con l’autobus 11C direzione
Corticella, fermata Lapidari o da via di Corticella bus 27 o 62
notturno sempre direzione Corticella

martedì 11 febbraio 2014

Rassegna «Una società allo specchio: l'identità italiana nel cinema della Liberazione a oggi»

Francesco Cattaneo (Poetica e Retorica) e Manlio Iofrida (Filosofia
della Storia e Storia della Filosofia francese contemporanea)
dell’Università di Bologna, in collaborazione con la rivista
cinematografica “Rifrazioni. Dal cinema all’Oltre” e con la Biblioteca
Multimediale Roberto Ruffilli, presentano la rassegna
cinematografica:


Una società allo specchio: l’identità italiana nel cinema dalla Liberazione a oggi


Calendario degli incontri
:


Martedì 11 Febbraio 2014 ore 20.30
Roma, di Federico Fellini (1972) a cura di
Manlio Iofrida

 
Martedì 18 Febbraio 2014 ore 20.30
La grande bellezza, di Paolo Sorrentino (2013) a cura di
Igor Pelgreffi

 
Martedì 25 Febbraio 2014 ore 20.30
Reality, di Matteo Garrone (2012) a cura di
Francesco Cattaneo

 
Martedì 4 Marzo 2014 ore 20.30
Professione: reporter, di Michelangelo Antonioni (1975) a cura di
Jonny Costantino

 
Martedì 11 Marzo 2014 ore 20.30
Le quattro volte, di Michelangelo Frammartino (2010) a cura di
Daniela Vola

 
Martedì 25 Marzo 2014 ore 20.30
Segreti di Stato, di Paolo Benvenuti (2003) + 2 frammenti tratti dal
film Lucky Luciano, di Francesco Rosi (1973), a cura di
Laura Zardi

 
Martedì 1 Aprile 2014 ore 20.30
Sicilia!, di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet (1999)
serata conclusiva sintesi finale della rassegna



Tutte le proiezioni si terranno presso la Saletta Multimediale della Biblioteca Roberto Ruffilli (primo piano)
Vicolo Bolognetti 2 – Bologna. Per informazioni tel. 051/276112.
Ingresso gratuito (riservato agli studenti e ai docenti)

sabato 11 gennaio 2014

“Gli anni spezzati”, una monnezza chiamata fiction

                                   di , 9 gennaio 2014 

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici o chiunque approvi sul servizio pubblico operazioni di questo tipo dovrebbe chiedere il conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, gli anni Settanta viene smerdato da una roba coma la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni: un film non solo pessimo da un punto visto artistico e anche tecnico, ma risibile da quello documentario e storico. Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo.
Chi l’ha scritto, Graziano Diana (anche regista) con due autori alle prime armi – Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti – ha evidentemente ritenuto opportuno prescindere da qualunque serietà di documentazione storica, appoggiandosi a riduzioni da sussidiario copiato male – non dico Wikipedia (che in molti casi è fatta molto meglio). Nei titoli d’apertura non dichiara nemmeno un nome di un consulente storico, nei titoli di coda ne cita tre, nessuno dei quali storico di professione (Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post-fascismo tipo Nuove Idee o Ares). Nelle interviste Diana dice che ha ascoltato le voci dei parenti delle vittime della violenza politica anni ’70: non so chi abbia ascoltato né come l’abbia fatto, ma quello che ne ha tratto sono degli sloganucci stereotipati che farebbero passare un bignami per un saggio storico complesso. Nelle interviste Diana dice di aver voluto raccontare quella storia dalla parte di chi, le istituzioni incarnate nelle forze dell’ordine, cercava il dialogo tra rossi e neri: non so che libri abbia letto sulle forze dell’ordine e le istituzioni italiane di quegli anni, non so su quali testi si sia formato la sua idea sugli apparati dello Stato, i politici, i partiti, i vari movimenti, ma se l’avesse scritta Cossiga nel sonno o Claudio Cecchetto, per dire, questa fiction, ci avrebbe messo più complessità.
L’idea di Alessandro Jacchia di raccontare attraverso lo sguardo di un poliziotto romano (la sua voce off!) le vicende complicate che girano intorno a Piazza Fontana, l’autunno del ’69, e la vicenda di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista: non è un’idea. È la suggestione di poter prendere la poesia di Pasolini su Valle Giulia, ricavarne un’interpretazione puerile, e pensare di applicarla, a mo’ di pomata, agli eventi di quegli anni: come se fosse una scelta narrativa, fino a realizzare una specie di spottone con toni da soap-opera, colletti larghi, sguardi fissi in camera ...

                                                                       Leggi tutto su «minima&moralia»


 vedi inoltre: L’ultimo depistaggio

sabato 27 aprile 2013

... non un'immagine giusta, ma giusto un'immagine.



Giudicare è il mestiere di molta gente, e non è un buon mestiere, ma è anche l'uso che molti fanno della scrittura. Meglio essere uno spazzino che un giudice. Più uno si è ingannato nella vita, e più dà lezioni; non c'è che uno stalinista per dare lezioni di antistalinismo ed enunciare le “nuove regole”. Esiste una razza di giudici, e la storia del pensiero si confonde con quella del tribunale della Ragion pura, o della Fede pura. È per questo che la gente parla così facilmente in nome e al posto di altri, ed è per questo che ama tanto le domande, ed è tanto capace di porle e di rispondervi … La giustizia, la giustezza, sono cattive idee. Bisognerebbe opporvi la formula di Godard: non un'immagine giusta, ma giusto un'immagine. È la stessa cosa in filosofia, come in un film o una canzone: non delle idee giuste ma giusto delle idee. Giusto delle idee significa l'incontro, il divenire, il furto e le nozze, questo spazio intermedio fra due solitudini.



                                                                  Gilles Deluze   


in  G. Deleuze e C. Parnet, Dialogues, Flammairon, Paris 1977,

tr. it. Conversazioni, a c. d. G. Comolli, Feltrinelli, Milano 1980

sabato 12 gennaio 2013

in memoria Mariangela Melato: una lettura

Mariangela Melato
19 settembre 1941 - 11 gennaio 2013



M. Melato
 lettura:

"Le più belle poesie"
da: Alda Merini, Vuoto d'amore, 1991





Le più belle poesie
 si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le mani aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da agenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all'umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d'oro
e l'albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto perché
sei sceso nel limbo,
dove aspiri l'assenzio
di una sopravvivenza negata.

lunedì 17 dicembre 2012

Manifestoon: A spectre is haunting ...


The Communist Manifesto illustrated by Cartoons





                          vedi, nel sito MIA, le traduzioni: 
        
 

  &

domenica 27 maggio 2012

da Guy Debord, La société du spectacle

Estratti del film del 1973 ispirato a La société du spectacle di Guy Debord, con testi recitati dall'autore

venerdì 20 aprile 2012

N : Nessun [giudizio ideologico]

E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a
.
N
Nessun
[giudizio ideologico]


 Romanzo di una strage.

Mastandrea: nel mio Calabresi nessun giudizio ideologico ...”

 

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approfondimenti:
La strage della verità

giovedì 19 aprile 2012

La verità esiste, ma non è in questo film


Con le nuove condizioni attualmente predominanti nella società schiacciata sotto il tallone di ferro dello spettacolo, notiamo ad esempio che un assassinio politico  è visto in una luce diversa; in un certo modo smorzata. Ci sono molti più dementi di prima dappertutto, ma ciò che è infinitamente più comodo è che se ne può parlare in modo demenziale. E tali spiegazioni mediali non sono imposte da un qualsiasi terrore regnante. Al contrario, è l'esistenza pacifica di tali spiegazioni che deve suscitare il terrore.

Guy Debord, Commentari sulla Società dello spettacolo, XXV


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