lunedì 29 settembre 2008

Triangoli rossi a Marzabotto: "Fascismo pericolo attuale"


Nei lager nazisti, i prigionieri politici erano contrassegnati da un triangolo rosso.

Dopo la Liberazione, quel marchio un tempo imposto è divenuto per gli ex deportati politici un simbolo della memoria, un segno della continuità di una lotta
.



Il XVI congresso dell'Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) che si è svolto a Marzabotto il 26-27 settembre non ha avuto le prime pagine nei quotidiani, né paginoni di interviste. In breve (a differenza - ad esempio - del pensiero di una Donna Assunta, che disserta nei giornali e in TV sui più disparati argomenti di politica e costume e varie amenità) la voce dei deportati politici, oggi, in Italia, non sembra fare notizia.

Eppure, pare proprio che a Marzabotto, in questi giorni, i triangoli rossi non siano mancati.


E diversi intervenuti al congresso hanno detto cose che meritano di essere conosciute e non vengono divulgate dai "grandi" media.
Ma, lasciando questa specie di "Repubblica di Salotto" mediatica e i suoi "bei nomi", cerchiamo un po' nella cronaca locale, troviamo - a pagina IV dell'Unità-Bologna del 27 settembre - oltre ad una testimonianza di Osvaldo Corazza, ex deportato a Mauthausen, troviamo alcune dichiarazioni degli intervenuti: Gianfranco Maris (presidente nazionale dell'Aned, confermato con voto unanime al Cogresso), Enzo Collotti, e Moni Ovadia.

giovedì 25 settembre 2008

Marzabotto ricorda l'eccidio e non crede all' "antifascismo" di Fini


A 64 anni dall'eccidio nazifascista, Walter Cardi, presidente dei familiari delle vittime della strage, diffida dell'antifascismo dichiarato da Fini - che vorrebbe fare da garante di un partito i cui uomini collocati in posti s
trategici (La Russa, Alemanno...) nei giorni scorsi hanno tentato di legittimare la Repubblica di Salò.
Come riferisce un articolo dell'Unità - Bologna , Cardi (10 familiari uccisi nell'eccidio) ha dichiarato che è difficile credere alle dichiarazioni di Fini, in quanto la sua "è solo un'apertura che fa a con obiettivi politici, per legittimarsi c
ome uomo di governo. La realtà è che nessuno di loro ha mostrato pentimento, nessuno di loro è mai venuto a chiederci scusa [...] Noi come familiari non potremo mai condividere alcuna forma di revisionismo, e su queste vicende c'è una verità acclarata dalla magistratura. e in An non c'è mai stata una discussione sul fascismo" [l'Unità - Bologna , 26/9/08, p. 1].


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A molti di noi, 29 settembre non ricorda tanto il titolo di una celebre canzone di Mogol-Battisti: è in primo luogo la data di inizio, nel 1944, di una delle più grandi e atroci stragi di civili perpetrate dai nazisti, con il supporto attivo (e informativo) dei cosiddetti "ragazzi" di Salò.
E le parole di Walter Cardi sono perfettamente comprensibili, cosi come si comprende il perché di questa sua presa di posizione proprio nel giorno della presentazione del vasto programma delle celebrazioni che si svolgeranno a partire dal 29 settembre, pubblicato nel sito dell'Associazione vittime degli eccidi nazifascisti nei comuni di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe -1943-1944. Il programma prevede il 4 Ottobre, due iniziative di rilevante carattere storico, politico e simbolico: l'intitolazione di un parco di Marzabotto a Peppino Impastato e il gemellaggio dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi con il comune di Sant'Anna di Stazzema (in provincia di Lucca).

E la lunga striscia di sangue lasciata delle stragi di civili perpetrate dai nazisti (e dai loro complici "locali") conduce proprio da Sant'Anna di Stazzema a Marzabotto.

Al termine questo breve percorso a ritroso nel tempo, ci ritroviamo nel pieno grigiore della "nostra" attualità e, nel punto più grigio del
le quotidiane notti e nebbie, ci imbattiamo di nuovo in Alleanza Nazionale: il partito che, per bocca di Fini, sarebbe divenuto "antifascista".
In questi giorni, un'esponente di AN, Manuela Clerici, presidentessa della Versilia Viareggio Congressi, secondo diverse testimonianze, avrebbe ordinato di rimuovere la lapide che ricorda i 650 morti della strage di Sant'Anna di Stazzema, incontrando la resistenza dei lavoratori, che si sono
rifiutati di eseguire l'ordine [nella foto tratta da un articolo pubblicato da Cani sciolti, la lapide da cui sono state asportete tre borchie, che una dipendente dichiara di aver visto sulla scrivania della burocrate di AN].
Altre notizie (continuamente
aggiornate sugli sviluppi del caso di Viareggio) sono pubblicate da Officina21, (che ho conosciuto grazie alla segnalazione di Samanta in un commento al mio post sulla soppressione Via Gramsci a Cento di Ferrara).

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... una scheda.


A integrazione del programma delle celebrazioni, linkato più sopra, traggo dal programma più dettagliato inviatomi dall'Associazione Familiari delle Vittime degli eccidi nazifascisti di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe, riproduco questa scheda:


Domenica 5 ottobre, ore 16
 Monte Sole - Scuola di pace


Presentazione dello spettacolo
Soluzione finale
Tratto da “In quelle tenebre” di Gitta SerenyConsulenza drammaturgica di Giovanna GuaitoliCon Roberta Biagiarelli e Filippo PlancherProduzione SS9teatro





Soluzione finale è la messa in scena dell’intervista di Gitta Sereny a Franz Stangl, sovrintendente di polizia dell’istituto di eutanasia dal 1940 al 1942, tratta d a In quelle tenebre della stessa autrice.
Franz Stangl fu comandante di Treblinka nel 1942-43. Nei mesi di aprile e giugno del 1971 acconsentì a farsi intervistare da Gitta Sereny per conto del Daily Telegraph Magazine nel carcere giudiziario di Dusseldorf dove era in attesa della sentenza di appello contro la condanna all’ergastolo. Sessantatre anni, alto, ben piantato, rilassato e controllato insieme, in prigione da quattro anni, trascorsi per quasi tutto il tempo in isolamento, poiché il Direttore del carcere temeva ritorsioni degli altri prigionieri nei suoi confronti. Era stato arrestato in Brasile dove viveva tranquillamente con la sua famiglia. Il lungo racconto ‘In quelle tenebre’ raccoglie integralmente lintervista condotta dalla giornalista di origine viennese all’uomo di cui Simon Wiesenthal, il “cacciatore dei nazisti” diceva: “Se non avessi fatto altro nella mia vita che quello di catturare quest’uomo malvagio, non sarei vissuto invano”. Da questa drammatica testimonianza il regista Franco Brambilla ha tratto un dialogo denso e serrato, su una scena volutamente essenziale, che ricostruisce l’intera vicenda di Franz Stangl e dei tragici avvenimenti di cui fu artefice e protagonista, eventi e fatti circo stanziati che rivivono nelle domande incalzanti di Gitta Sereny e nelle sue dolenti riflessioni.
Franz Stangl morì per un attacco di cuore diciannove ore dopo la fine dell’intervista.
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Un appuntamento domenica 5 ottobre a Marzabotto


Alcuni compagni dell’AAP (Assemblea Antifascista Permanente) Bologna si troveranno poco prima delle 10.30 presso il Sacrario


L'unico treno utile da Bologna è alle ore 9.01

sabato 20 settembre 2008

Via Gramsci? Piazza pulita! La controrivoluzione toponomastica dalla par condicio alla caccia agli spettri

Cento cancella Gramsci dalle strade

« Dopo il tentativo di intitolare una via al gerarca fascista Igino Ghisellini [*], ora il centrodestra centese ci riprova dall’altra parte. Niente vie che richiamino al comunismo tout court. È passato in consiglio comunale un ordine del giorno della Lega che inibisce la denominazione di strade e piazze di Cento a persone che fanno riferimento al comunismo. In base a questa delibera rischia di sparire l’unica via di Cento che ricadrebbe in tale “casistica”, cioè via Gramsci» [da estense.com, 17/9/08].

« La giunta di centrodestra - riferisce il manifesto del 20/9, p. 4 - vieta "l'inserimento di persone che fanno riferimento al comunismo". Peccato che l'unica a rientrare in questa categoria sia la piccola via Gramsci, che a breve verrà cancellata dalle mappe ferrraresi. "Nella Costituzione manca una condanna del comunismo. Non vorrei una via intitolata a Ciano, ma neanche un a Lenin". Il parallelismo è di Gianluca Panzacchi, uno dei due Consiglieri del Carroccio che ha presentato il testo approvato da Lega, AN e Alleanza per Cento, lista civica di destra
».



Come avrebbe potuto la Costituzione italiana (scritta, come sappiamo, dai partiti che aveano combattuto vittoriosamente il nazifafascismo, dunque anche dal Pci che nella Resistenza aveva svolto un ruolo decisivo) includere una condanna del comunismo, il signor Panzacchi ha dimenticato di spiegarlo, emozionato, forse, per l'importanza "storica" della sua iniziativa che (se non fosse per l'increscioso fatto che si iscrive nel solco del programma del regime fascista di far tacere ed eliminare Gramsci) potrebbe forse apparire "originale".

Correva un tempo il detto "siamo nani sulle spalle dei giganti". Nell'epoca novella della "fine delle ideologie", assistiamo allo spettacolo di nani - o delle truppe di un nano - che i giganti li vorrebbero demolire, inavvertiti del rischio di restare schiacciati dalla modesta e inoffensiva lapide che ricorda un gigante

...e, chissà perché, in questa situazione, mi è tornata in mente una stranissima canzone:




Quello lì (compagno Gramsci)
di Claudio Lolli

Il giorno che arrivò in città fresco dalla Sardegna, per fare l'università c'aveva già lui la faccia di chi c'insegna, aveva già la sua strana testa grossa e l'aria di uno che ha freddo fin nelle ossa.

Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non sarebbe andato avanti molto.

Che tipo strano e riservato, che aria da sbandato. E non sempre una gobba porta fortuna e oggi si vede che non mi ero sbagliato. E poi di sardi qui ce n'è già abbastanza, dissi a quel pazzo che gli affittò la stanza.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto mai molta strada.

Era capace di star dei giorni chiuso nella sua stanza, forse a studiare non so a che fare, io non gli ho dato mai troppa importanza. Certo non era allegro come goliardo, ma non ci dimentichiamo che era gobbo e sardo.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto una bella fine.

Cosa facesse oltre a studiare, non l'ho saputo mai. Ma avevo capito che fin dall'nizio che quello lì andava in cerca di guai, avevo capito che era un socialista, quelli li riconosco a prima vista.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, avrebbe avuto quello che meritava.

Dopo un po' d'anni e chi ci pensava, ho appreso con sgomento, che quello lì, quel sardo lì, era finito eletto in parlamento, vabbene che il parlamento non conta niente, però non è proprio il posto per certa gente.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, che avrebbe cercato di farla franca.

Ma ieri ho saputo, che finalmente, si son decisi a farlo, l'han messo dentro, avrà vent'anni, abbiam risparmiato il tempo di ammazzarlo, perchè è malato ed è una cosa vera, che non uscirà vivo dalla galera.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, non poteva finire altro che così.

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[*] Il gerarca Ghisellini - come ricorda en. ml. nell'articolo del manifesto sopra ricordato -, morì in un'imboscata nel '43, "per vendicarne l'uccisione vennero fucilati 11 antifascisti. La magistratura ha dimostrato che la morte di Ghisellini avvenne per una faida interna al fascismo ferrarese".


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Per le ("retrattili") avances di "par condicio" viaria, vedi:

Almirante, per esempio

e

Strade pericolose (di Franco Bergoglio)

domenica 14 settembre 2008

Fascisti: Lo sberleffo di La Russa (di G. De Luna)

Fascisti
Lo sberleffo di La Russa

di Giovanni De Luna

da il manifesto, 10 settembre 2008



Sono passati più di dieci anni e i ragazzi di Salò sono diventati i paracadutisti veterani del Battaglione Nembo. Era ovvio il tentativo di Ignazio La Russa di legittimare il suo discorso invocando l'autorevole precedente di Luciano Violante nel suo discorso di insediamento a presidente della Camera. Ma è altrettanto ovvio che questa volta lo strappo è molto più radicale e violento. Con quella espressione, nel 1996, Violante lasciava aleggiare sulla repubblica di Salò una sorta di irresponsabilità adolescenziale, o meglio di deresponsabilizzazione.
Spalancando così la strada a una visione assolutoria di quell'esperienza e facendo precipitare in una sorta di fanciullesca ingenuità gli eventi tragici che scandirono il percorso della militanza nella Repubblica sociale italiana (la complicità nella deportazione degli ebrei, la partecipazione diretta alle stragi dei civili, la ferocia della repressione antipartigiana). Era comunque - quello di Violante - un riferimento ai singoli, alle motivazioni soggettive, ai percorsi individuali di quelli che preferirono allearsi con i tedeschi e misero la propria giovinezza al servizio dello sterminio nazista. Questa volta c'è qualcosa di più e di ben peggiore. La Russa ha citato un reparto militarmente organizzato della Repubblica di Salò, consentendosi un'affermazione che mai si era sentita all'interno dei nostri recinti istituzionali e della nostra memoria «ufficiale» in sessanta anni di storia repubblicana. Il battaglione Nembo non era fatto di «ragazzi»; era una unità regolare che - tanto per togliere ogni dubbio sulla sovranità del governo fantoccio della repubblica di Mussolini - si schierò sul fronte di Anzio inserito organicamente nei quadri della Whermacht. I 350 paracadutisti comandati dal capitano Corradino Alvino, furono infatti utilizzati nell'ambito dei reggimenti 10˚ e 11˚ d'assalto della 4˚ Divisione Paracadutisti germanica. Altro che difesa della patria italiana! Quei militari funzionarono come ausiliari dell'esercito tedesco, obbedirono a una strategia che mirava a fare del nostro territorio nazionale un immenso e sanguinoso campo di battaglia nell'intento di ritardare il più possibile l'avanzata degli anglo-americani verso i «sacri» confini del Terzo Reich. Fu una guerra con i tedeschi e per i tedeschi quella combattuta dai paracadutisti del battaglione Nembo. Fu una scelta riassunta nella tragica parola d'ordine «onore e fedeltà al camerata tedesco». Ignazio La Russa sembra rivendicarla ancora oggi, quando è ormai accertato che quello slogan significò il prolungarsi delle sofferenze del nostro popolo, la possibilità per i nazisti di completare le loro razzìe contro gli ebrei e i partigiani, il protrarsi dell'incubo delle rappresaglie e delle stragi che causarono la morte di quindicimila civili italiani. Il fatto che La Russa abbia scelto per il suo strappo la celebrazione dell'8 settembre e il ricordo dello scontro sostenuto a Porta San Paolo da patrioti italiani contro le truppe tedesche configura poi un paradosso che segnala anche un sinistro corto circuito tra la memoria storica di questo paese e le istituzioni che lo rappresentano. Un ministro della Repubblica celebra le vittime di quello scontro, considerato la data d'inizio della resistenza, elogiando quelli che si schierarono con i loro carnefici! Sembra quasi un tragico sberleffo.

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giovedì 11 settembre 2008

S : Soggettivamente

E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a

.
S
Soggettivamente
(dal loro punto di vista, credendo)



«Farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia».



Dichiarazione del ministro della Difesa, 8 settembre 2008