venerdì 2 febbraio 2007

Foucault, Marx, marxismi

Il convegno di Bologna del 24 novembre 2005


Qual è stata l’incidenza di Marx e dei marxismi (il plurale è, per noi, d’obbligo) nella formazione di Foucault e nel percorso delle sue ricerche? E quanto il pensiero foucaultiano ha segnato lo sviluppo del marxismo occidentale?
Il convegno "Foucault, Marx , marxismi", organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici, ha cercato di rispondere a questi interrogativi attraverso il confronto tra una pluralità di interventi accomunati dall’esigenza di dar corpo e determinazioni alla complessità di questi rapporti, spesso riconosciuta almeno in linea di principio, ma – in particolare in Italia – raramente esplorata nelle sue molteplici articolazioni.

Manlio Iofrida ha esplorato uno dei periodi più trascurati dalla letteratura critica: il Foucault che, all’inizio degli anni ’50, si iscrive al PCF, e le cui posizioni filosofiche oscillano tra due poli : la psicologia esistenziale di Biswanger (di filiazione heideggeriana) e un marxismo ortodosso in cui trovano spazio elementi di osservanza sovietica (in particolare Pavlov). Due poli rappresentati da due opere del ’54: l’Introduzione a Malattia mentale ed esistenza di Biswanger e Maladie mentale et personnalité. Affrontando il nodo della coesistenza di questi poli, Iofrida ha messo in luce un retroterra comune, che attraversa molteplici marxismi dell’epoca: dalle ascendenze surrealiste, all’opera di Bataille e del Blanchot del dopoguerra, al poeta e resistente René Char; una “nebulosa” in cui diversi orientamenti legati a Marx intersecano riferimenti a Nietzsche e Heidegger. Iofrida ha poi riesaminato le questioni poste dal saggio di Pierre Macherey (in Critique, n. 471-472, 1986) sulle trasformazioni che, con la riedizione del ’64, Foucault ha apportato al testo della Maladie del ’54, e ha esplicitato un unico punto di dissenso da Macherey: nel ’64 Foucault non avrebbe sostituito Marx con Heidegger; quanto piuttosto sostituito a un marxismo di osservanza sovietica un marxismo “nietzscheano-heideggeriano”. Non un cancellazione di Marx, ma l’esordio di un diverso rapporto con Marx, non più soggetto all’ortodossia.

Partendo dal corso del 1976 (Bisogna difendere la società), Guglielmo Forni Rosa ha notato che i riferimenti di Foucault al marxismo non sono omogenei e sono riferibili a diversi marxismi. Foucault distingue il riconoscimento dell’importanza di Marx dalla critica del marxismo come istituzione ancorata ad apparati di potere (partito, Stato). In questo senso, il rifiuto del marxismo come scienza potrebbe essere inteso non tanto come contestazione della legittimità del marxismo a comparire tra le scienze sociali del XIX secolo, ma come critica degli effetti di potere propri a un discorso scientifico. Un punto di forte prossimità a Marx è la concezione foucaultiana dell’individuo come prodotto storico e sociale e non come un dato naturale, sottolineata nel ’76 dall’opposizione “barbaro”/“selvaggio”. Nel rifiuto della dialettica quale forma di pacificazione di un sapere storico-politico “bellicoso”, prevale l’impossibilità di una “uscita dalla storia” in termini di conciliazione.

Sviluppando una lettura del corso del ’76 che ne privilegia le dimensione autoreferenziale (Foucault problematizza riflessivamente la griglia della “battaglia perpetua” che percorre i suoi testi degli ani ’70), Rudy M. Leonelli – con una rielaborazione delle tesi proposte in un saggio pubblicato in Altreragioni (n. 9, 1999) – ha sottolineato che l’intensificazione della lettura interna conduce paradossalmente al suo oltrepassamento, aprendo il problema cruciale del rapporto con Marx, inteso come condizione storica di esistenza della ricerca foucaultiana. L’analisi di questo rapporto è ostacolata tanto dal “gioco” di Foucault che usa frequentemente Marx senza citarlo, quanto a diverse imprecisioni nelle citazioni. Il caso più importante è quello della conferenza del 1976 “Le maglie del potere”, in cui Foucault indica luoghi del Capitale come un punto di riferimento per un’uscita dalla concezione giuridica del potere. Con il riferimento (erroneo) al II libro del Capitale, Foucault si riferisce in realtà a brani del tomo 2 del primo libro, (IV sezione). Solo se si individua il Marx al quale si riferisce Foucault, diviene possibile leggere l’analisi delle tecnologie del potere in termini produttivi come una generalizzazione delle analisi marxiane.

Stefano Catucci ha ricordato che la rilevanza politica di Foucault si è affermata a partire dalle frasi del 1966 (Le parole e le cose) che contestavano la rottura epistemica di Marx in rapporto all’economia politica ricardiana. In seguito Foucault ha cercato non tanto di “ritrattare” questa tesi, ma di circoscriverne la portata, sottolineando la rottura imprescindibile costituita dagli scritti storici di Marx. Alla radice della critica foucaultiana del marxismo, stanno in primo luogo i deludenti esiti dell’esperienza sovietica. Il Foucault più recente, nel corso del 1978, Sicurezza, territorio, popolazione, ha individuato la deficienza fondamentale della cultura socialista nell’assenza di un’autonoma concezione della “governamentalità” – che si è manifestata nella riduzione delle esperienze di governo socialista nell’alternativa tra la subalternità al liberalismo (il socialismo come “antidoto” o “correttore” di quest’ultimo) e lo stato di polizia. Il fatto che la valutazione delle esperienze di socialismo al potere sia stata generalmente posta in termini di fedeltà ad un testo, è al tempo stesso l’indice della mancanza di una concezione autonoma, e un modo di evitare il problema attraverso l’esegesi accademica del testo, verso la quale Foucault ha costantemente mantenuto un atteggiamento critico.

Marco Enrico Giacomelli – riprendendo le tesi che ha proposto in un saggio pubblicato nel numero monografico “Marx et Foucault” di Actuel Marx (n. 36, 2004) – ha evidenziato diverse corrispondenze tra le ricerche dell’operaismo italiano e le genealogie di Foucault. L’inchiesta sul cremonese di Montaldi (1956) inaugura un atteggiamento “partecipante”, in opposizione alla pretesa “neutralità” del ricercatore. Consci dell’obsolescenza degli schemi interpretativi del movimento operaio, gli operaisti privilegiano il terreno dell’inchiesta, poi tradotto nel concetto di conricerca (elaborato da Guiducci, e sviluppato da Alquati). Esperienze accomunabili a Foucault per il primato della pratica, il riferimento al sottoproletariato e la percezione del carattere disseminato del potere (il tema della società-fabbrica nell’operaismo). In rapporto all’attualità, Giacomelli sottolinea la fecondità della pratica dell’inchiesta, oltre i limiti delle impostazioni che, insistendo unilateralmente sul passaggio “epocale” al lavoro immateriale, sottovalutano le dimensioni del comando capitalistico.

Alberto Burgio ha affermato la possibilità di leggere tanto Marx quanto Foucault come due diverse imprese fondamentalmente critiche: è nel segno della critica che può collocarsi il rapporto tra i due. L’esigenza di staccarsi dalla vulgata che vuole un Foucault senza (o contro) Marx, deve farci chiedere da dove proviene: in primo luogo da Foucault stesso che, contestando il ricorso rituale e intimidatorio a Marx, usa Marx senza citarlo, e spesso laddove Marx è per lui più importante. Identificare questo Marx non citato è decisivo in quanto ci permette non solo di capire meglio Foucault e il suo rapporto con Marx, ma anche Marx stesso. Foucault ha ricordato l’importanza di Marx per lo sviluppo del concetto produttivo di potere, riguardo sia al potere disciplinare che alla storia della sessualità. La derivazione marxiana è esplicita, così come è decisivo il ruolo dei rapporti capitalistici. Contro le ricorrenti letture economicistiche di Marx, Foucault ci ricorda che Marx è un eccezionale analista dei rapporti di potere. Di più, Foucault mette in campo un concetto di egemonia che rinvia chiaramente a Gramsci. Ma, precisate queste vicinanze, resta il limite dell’analisi molecolare del potere che, secondo Burgio, non riesce a rendere conto delle crescenti divaricazioni e gerarchizzazioni.

rudy m. leonelli, novembre 2005

Una versione abbreviata di questo resoconto è stata pubblicata dal quotidiano Liberazione, 26 novembre 2005, p. 3, con il titolo:
Foucault, contro Marx. Anzi con...
 
(ripubblicato dalla Rassegna stampa de l'ernesto, da Essere comunisti, dalla rassegna sull'operaismo curata dal sito Prc Pescara)

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