Visualizzazione post con etichetta pensiero. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pensiero. Mostra tutti i post

lunedì 16 marzo 2015

Igor Pelgreffi. Slavoj Žižek presentazione giovedì 26 marzo, h.19 Modo Infoshop BO

Risultati immagini per Igor Pelgreffi. Slavoj Žižek



ne discutono:

Igor Pelgreffi
e

 Manlio Iofrida

  Se potessimo osservare dall’esterno le nostre vite, con ogni probabilità oggi le vedremmo percorse da due tensioni divergenti: una verso il globale e una verso il frammento. Il nostro tempo è global-frammentario, e il nostro mondo non è altro che la forma del tempo. I nostri corpi si trovano a vivere, per lo più, sospesi fra la grande sfera e il punto, fra l’iper-relazione e la solitudine. Ora, come elaborare una filosofia capace di rispondere a queste alterazioni nelle omeostasi che per secoli hanno accompagnato lo svolgersi delle nostre esistenze singolari e collettive? Come contrastare filosoficamente le narcosi singolari e collettive in cui le cosiddette società avanzate sembrano destinate a vivere (cioè a spegnersi)? Tutti percepiamo che global-frammentario è anche una struttura storico-materiale ed economica che ci condiziona nel profondo. E, dunque, come pensare una reale alternativa al modello di vita capitalistico? Come prendere consapevolezza delle strutture nascoste che ci pre-determinano? Detto in termini generali: quali sono, oggi, le condizioni di possibilità di una critica dell’ideologia?
Queste domande marcano i motivi di fondo della riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi public character del teatro culturale odierno, provocatore esperto, deciso anti-capitalista, «sfacciatamente marxista»1. Žižek, costantemente e su ogni cosa, critica le posizioni della Left, proponendo categorie inattuali, fra cui quella di lotta di classe. Un ciarlatano per alcuni, un nuovo maître à penser per altri. Ma Žižek non è uno che si limita a scrivere o a tenere conferenze. Lo troviamo agitarsi fra i manifestanti di Occupy Wall Street o serafico co-protagonista di una clamorosa video-intervista con Julian Assange, così come seduto sul water mentre disquisisce su Psycho di Hitchcock, per così dire, “dall’interno”.
Žižek è quasi ovunque, sovra-esposto negli spazi pubblico-mediali in cui si aggira senza sosta col suo look trasandato, gesticolante nervosamente e con la fronte sudata. Ricorda Socrate, col suo girovagare proto-flâneuristico per la polis: ambedue condividono quella medesima capacità magica, in fondo geniale, di compiere uno scatto immotivato dal vagare insensato alla precisione della domanda spiazzante. Come se la domanda filosofica dovesse essere preceduta, oggi, da una modalità antropologica, da un attraversamento concreto degli spazi e dei tempi storico-sociali. E dalla mancanza di senso del girovagare. Sarà un caso, ma c’è qualcosa, nella barba e nello sguardo di Žižek, che fa pensare a Socrate.
Critica dell’ideologia significa partire, ogni volta, ponendo il mondo in questione: perché le cose stanno così come stanno? Dunque non come sono: non è una domanda ontologica, sul loro essere, ma su come esse sono state predisposte, su quali strutture le predeterminano. Questa sembra essere la domanda di Žižek. Tuttavia si potrebbe ugualmente sostenere che quella di Žižek sia una riflessione intorno alla nostra soggettività, alla sua origine pulsionale, ai suoi desideri, auto-inganni e fantasmi costitutivi; ed anche questa potrebbe essere una buona definizione. Si potrebbe, del resto, cercare il nocciolo della filosofia di Žižek nell’idea che la scissione sia più fondamentale dell’unità, che l’auto-lacerazione animi tutto ciò che esiste (le cose, l’io, le relazioni, le rappresentazioni), in quanto è la contraddizione (e non l’essere o il divenire) il cuore della materia e della storia. Ed anche questa potrebbe essere una buona definizione.
Le tre domande indicano gli assi centrali del pensiero di Žižek, cioè Marx (critica dell’ideologia), Lacan (problema del soggetto e dell’ordine simbolico) e Hegel (contraddizione). Per chi ama le formule, ciò permetterebbe di caratterizzare la filosofia di Žižek come un materialismo dialettico psicoanalitico. Marx, Lacan e Hegel rappresentano gli assi xy e z di un vero e proprio sistema di riferimento cartesiano, che definisce quale sia lo spazio logico del discours žižekiano. In questo libro tenterò di darne conto. Ma per fare ciò occorre presupporre una quarta dimensione.
La quarta dimensione è quella dello stile.





                                              

                              
 via Mascarella 24/b - BO
 ____________
  Igor Pelgreffi, laureato in ingegneria e in filosofia, è dottore di ricerca in filosofia. Vive e lavora a Bologna, dove insegna nella scuola secondaria superiore. La sua ricerca verte sul rapporto fra morfologie testuali (in particolare la scrittura), teoresi e soggettività nel pensiero contemporaneo. Su questi temi ha pubblicato vari saggi su rivista e in volume, e ha curato Jacques Derrida, Nietzsche e la macchina (Milano, 2010) e Il pensiero e il suo schermo. Morfologie filosofiche fra cinema e nuovi media (Tricase, 2013).


lunedì 12 maggio 2014

Étienne Balibar : Du marxisme althussérien aux philosophies de Marx

Postface à l’édition allemande de "La Philosophie de Marx"

http://extranet.editis.com/it-yonixweb/IMAGES/DEC/P3/9782707133892.jpg

Etienne Balibar, Marx’s Philosophie, Mit einem Nachwort des Autors zur neuen Ausgabe, übersetzt und eingeleitet von Frieder Otto Wolf, b_books, Berlin 2013. Il s’agit de la traduction de La Philosophie de Marx, collection « Repères », Editions La Découverte, 1993 (nouvelle édition 2001). 



C’est pour moi une heureuse surprise, mais aussi un très grand plaisir, de voir paraître en allemand mon petit livre de 1993 sur « La philosophie de Marx », traduit et préfacé par mon vieil ami Frieder Wolf, dont j’admire le travail et avec qui je dialogue depuis si longtemps. Je l’avais écrit à la demande de François Gèze, Directeur des Editions La Découverte, et d’un collègue aujourd’hui disparu, Jean-Paul Piriou, économiste et syndicaliste, qui avaient fondé la collection « Repères » pour servir à la formation des étudiants en sciences humaines dans un esprit de critique des orthodoxies dominantes et d’ouverture des frontières entre les disciplines. Bien entendu, l’idée de l’éditeur était aussi que ces ouvrages, écrits autant que possible dans un style accessible, sans jargon mais sans simplification exagérée, pourraient être utiles à un lectorat plus large. Vingt ans plus tard, je crois pouvoir dire sans prétention que ces différents objectifs ont été raisonnablement atteints, aussi bien dans l’espace francophone (où le volume a été réédité plusieurs fois) qu’à l’étranger (où plusieurs traductions sont toujours en circulation). Je ne regrette donc pas l’effort que j’avais fourni en quelques semaines de travail intensif pour rassembler et résumer, dans un espace strictement limité a priori, ce que je pensais avoir appris au cours des trente années précédentes à propos des « objets » de la pensée philosophique de Marx, de ses modalités et des problèmes qu’elle recouvre. Cet effort a permis, semble-t-il, à différents groupes de lecteurs, débutants ou non, d’entrer dans l’univers intellectuel de Marx par une porte déterminée, en leur donnant les moyens d’en discuter la pertinence. Et il m’a permis à moi de formuler les clés d’interprétation que j’avais longtemps recherchées, en les confrontant à celles d’autres lecteurs de mon époque.
Mais vingt ans c’est une longue période. Le monde a changé - ce monde social que la fameuse Onzième Thèse de Marx sur Feuerbach demandait de « transformer », et pas simplement d’ « interpréter ». J’ai moi-même changé (pour ne rien dire des autres philosophes de ma génération). Est-ce que j’écrirais aujourd’hui ce petit livre de la même façon ? Telle est en somme la question que me pose Frieder Wolf au nom des lecteurs à venir de ce livre dans l’espace germanophone, en même temps qu’il propose une magistrale contextualisation de mes intentions et de mes propositions.
La réponse est évidemment non. Je ne l’écrirais plus ainsi. Mais la réponse est aussi que je ne suis pas certain d’être capable, aujourd’hui, de produire une synthèse de ce genre, alors même que, depuis les années 90, je n’ai jamais cessé de revenir aux textes de Marx : pour éprouver leur efficacité dans le traitement de diverses questions philosophiques et politiques (citons sans ordre : l’économie de la violence et l’ambivalence de ses effets, les transformations de la subjectivité et de la puissance d’agir induites par la mondialisation capitaliste, les conflits internes de l’universalisme, la fonction administrative et idéologique des frontières, les perspectives de la citoyenneté transnationale, la crise du sécularisme européen et de sa variante française, la laïcité…) ; et pour chercher, en retour, quelles virtualités ces questions d’actualité peuvent nous faire découvrir dans la pensée de l’auteur du Manifeste communiste et du Capital … Sans doute, je pourrais procéder à de nombreux enrichissements et rectifications, mais il est probable que l’effet produit serait une bien plus grande dissémination des thèmes et des problèmes, et que je ne réussirais plus aujourd’hui à inventer, comme je l’avais fait en 1993, un fil conducteur permettant de les relier entre eux au service d’une question unique ...

                                   
                                              leggi il testo completo nel sito del CIEPFC
  
                                    
                                                  

                                                              post correlati: Metamorfosi di Marx 


mercoledì 19 marzo 2014

L'amore della politica, di Valerio Romitelli

L'amore della politica

Pensiero , passioni e corpi nel disordine mondiale

 di
Valerio Romitelli 

 Mucchi editore, Modena 2014


Il lungo ciclo del materialismo storico, del socialismo, del comunismo e dei partiti di classe è finito. Ma non ha fallito. Ha sperimentato una singolare tendenza alla giustizia sociale. Quella culminata nel glorioso trentennio 1945/75: possibile solo perché in mezzo mondo c’erano regimi capaci di dimostrare, anche a costo di terribili sacrifici, che politiche egualitarie erano universalmente realizzabili. Sulla base di questi presupposti si offre un inedito taglio dei maggiori problemi del nostro tempo quale l’ incipiente crisi del capitalismo e delle democrazie improntate al modello americano, nonché il rapido dilatarsi di popolazioni che i governi abbandonano a un destino di sfruttamento e sofferenza sociale.
Al cuore del libro si trova una formulazione di un nuovo possibile orizzonte di sperimentazione politica: l’orizzonte di un materialismo politico, nel quale protagonisti siano il pensiero, anziché la coscienza, le passioni, anziché gli interessi, e a condizione che prendano corpo in nuove “particelle” organizzative, come quelle già sporadicamente operanti nel secolo scorso, specie attorno al ’68. L’amore della politica risulta così una vera e propria energia materiale, discontinua, come ogni grande passione, ma con conseguenze irreversibili. Un’energia oggi latitante, che va ripensata e riorganizzata.

 Valerio Romitelli

 ______________