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venerdì 14 febbraio 2014

«Cattive condotte», di Sandro Mezzadra

                                                                                        da il manifesto

La pub­bli­ca­zione dei corsi tenuti da Michel Fou­cault al Col­lège de France tra il 1970 e il 1984 ha ormai sedi­men­tato un secondo cor­pus di opere del filo­sofo fran­cese, accanto a quelle da lui pub­bli­cate. E non si può che rima­nere affa­sci­nati, anche sem­pli­ce­mente scor­rendo i volumi, dall’inquietudine e dal rigore con cui egli apriva con­ti­nua­mente nuovi can­tieri di ricerca, da quello sul neo­li­be­ra­li­smo (a cui è dedi­cato il corso del 1979) a quelli greci e tardo-antichi degli ultimi anni. Temi e con­cetti asso­ciati al lavoro di Fou­cault, ad esem­pio quelli di «gover­na­men­ta­lità» e «bio­po­li­tica», tro­vano nei corsi della seconda metà degli anni Set­tanta svi­luppi di straor­di­na­ria e tal­volta impre­vi­sta ric­chezza. E d’altro canto, ascol­tando «la parola pub­bli­ca­mente pro­fe­rita da Fou­cault» (a cui i cura­tori si atten­gono con scru­po­loso rigore), ne abbiamo impa­rato a cono­scere lo stile di inse­gnante, l’eleganza ma anche la capa­cità di affa­sci­nare e coin­vol­gere chi lo ascoltava.
Si capi­sce dun­que come l’uscita di un nuovo corso, men­tre l’edizione si avvia alla con­clu­sione, costi­tui­sca sem­pre un evento. Quello da poco pub­bli­cato in Fran­cia si inti­tola La societé puni­tive (a cura di Ber­nard E. Har­court, EHESS/Gallimard/Seuil, pp. 354, euro 26), ed è stato tenuto nel primo tri­me­stre del 1973. Si situa dun­que in uno dei momenti di più intensa mili­tanza poli­tica di Fou­cault, in par­ti­co­lare sui temi della pena­lità e della pri­gione, a fianco delle lotte e dell’organizzazione auto­noma dei dete­nuti. «Indi­gna­zione» e «col­lera», come giu­sta­mente sot­to­li­nea Har­court, danno il tono gene­rale a que­sto corso, e lo ren­dono tra le altre cose un docu­mento dell’appassionata ricerca di uno stile di lavoro intel­let­tuale capace di situarsi del tutto all’interno della lotta poli­tica. Sotto il pro­filo del metodo, poi, è un corso in qual­che modo di tran­si­zione, carat­te­riz­zato dalla ricerca e dalla spe­ri­men­ta­zione di un’articolazione tra «archeo­lo­gia» e «genea­lo­gia». Molti temi qui affron­tati sono ripresi da Fou­cault in con­fe­renze e testi dello stesso periodo (in par­ti­co­lare in La verità e le forme giu­ri­di­che, in La vita degli uomini infami e in Io, Pierre Rivière), non­ché natu­ral­mente nel grande libro dedi­cato nel 1975 alla nascita della pri­gione, Sor­ve­gliare e punire, di cui il corso del 1973 costi­tui­sce una sorta di prova generale.

Tat­ti­che penali

«Per­ché que­sta strana isti­tu­zione che è la pri­gione?». Que­sta domanda guida tanto Sor­ve­gliare e punire quanto La societé puni­tive. È tut­ta­via signi­fi­ca­tivo che nel corso del 1973 essa venga for­mu­lata in ter­mini espli­citi sol­tanto all’inizio dell’ultima lezione. Fou­cault, a quel punto, aveva già ampia­mente mostrato come la deten­zione e la reclu­sione si fos­sero instal­late al cen­tro dei sistemi penali euro­pei sol­tanto con le «grandi riforme avviate negli anni com­presi tra il 1780 e il 1820». La pri­gione era stata dun­que «de-naturalizzata», e poteva a buon diritto appa­rire come una «strana isti­tu­zione»: la sua emer­genza sto­rica era stata stu­diata nelle lezioni pre­ce­denti dall’interno di tra­sfor­ma­zioni pro­fonde della morale, delle tec­ni­che di governo e di poli­zia e delle «tat­ti­che penali». Pro­prio l’attenzione rivolta alla sua emer­genza sto­rica in qual­che modo «de-centra» la pri­gione rispetto all’analisi con­dotta in Sor­ve­gliare e punire: Fou­cault, in altri ter­mini, non guarda alla società a par­tire dalla pri­gione (come sem­bra avve­nire in alcuni capi­toli del libro del 1975), ma punta piut­to­sto a com­pren­dere quest’ultima a par­tire dalle tra­sfor­ma­zioni più gene­rali che segnano l’avvento del capi­ta­li­smo moderno.
La stessa cate­go­ria di «potere disci­pli­nare» (di «società a potere disci­pli­nare») appare nel corso del 1973 forse defi­nita in modo meno pre­ciso, ma più dut­tile e meno rigi­da­mente anco­rata alla pro­du­zione di una deter­mi­nata figura di sog­get­ti­vità (l’individuo) e a una spe­ci­fica forma di isti­tu­zione (sul cele­bre modello ben­tha­miano del panopticon).
Fou­cault comin­cia del resto il corso con una ser­rata cri­tica della cate­go­ria di «esclu­sione», che a suo avviso non con­sente di «ana­liz­zare le lotte, i rap­porti, le ope­ra­zioni spe­ci­fi­che del potere». In que­stione non è qui sol­tanto il rife­ri­mento alla natura «pro­dut­tiva» (e non sola­mente repres­siva) del potere e al nesso stret­tis­simo tra potere e sapere: La societé puni­tive stu­dia que­sto nesso sul ter­reno della pena­lità e lo con­trap­pone, in ter­mini teo­rici, allo «schema dell’ideologia», secondo cui «il potere non può pro­durre nell’ordine della cono­scenza che degli effetti appunto ideo­lo­gici», di coper­tura e di falsa coscienza. Sono temi noti ai let­tori di Fou­cault, così come – soprat­tutto negli scritti di que­sti anni – è ricor­rente l’enfasi posta sulla natura rela­zio­nale del potere, sul suo costi­tu­tivo nesso con le resi­stenze e con le lotte.
È tut­ta­via pro­prio a quest’ultimo riguardo che il corso del 1973 pre­senta ele­menti di indub­bia ori­gi­na­lità, a par­tire dalla scelta della «guerra civile» come schema teo­rico fon­da­men­tale per la com­pren­sione cri­tica del potere (la poli­tica, afferma Fou­cault, «è la pro­se­cu­zione della guerra civile»). Tanto lo svi­luppo dei sistemi morali, la cui rico­stru­zione prende avvio dallo stu­dio della dis­si­denza reli­giosa in Inghil­terra tra Sei e Set­te­cento, quanto le tra­sfor­ma­zioni dei regimi di governo e di con­trollo ven­gono ana­liz­zati sullo sfondo di una fitta trama di «ille­ga­li­smi popo­lari», che con­di­zio­nano in pro­fon­dità l’evoluzione dei regimi giu­ri­dici e delle tec­ni­che punitive.

domenica 29 settembre 2013

Bertolt Brecht, Questo voglio dir loro

Mi chiedevo: perché parlare con loro?
Comprano il sapere per venderlo.
Vogliono sentire dove c’è sapere a buon mercato
da vendere a caro prezzo. Perché
dovrebbero voler sapere ciò che
parla contro la compra e la vendita?

Vogliono vincere,
Contro la vittoria non vogliono saper nulla.
Non vogliono essere oppressi,
vogliono opprimere.
Non vogliono il progresso,
vogliono il vantaggio.

Sono obbedienti a chiunque
prometta loro il comando.
Si sacrificano affinché
resti la pietra sacrificale.

Che devo dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, decisi.


    [Das will ich sagen - Questo voglio dir loro]  trad it. a c. d. Cesare Cases
     in Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi Torino, 1960 

venerdì 14 giugno 2013

La radicalità, la funzione dell’intellettuale (M. Foucault)



 ... credo che qui si debba far intervenire il problema della funzione dell’intellettuale. È assolutamente vero che mi rifiuto – quando scrivo un libro – di prendere una posizione profetica, cioè quella di dire alla gente: ecco quello che dovete fare, e anche: questo è bene e questo non lo è. Io dico loro: mi sembra, grosso modo, che siano andate le cose, ma le descrivo in modo tale che le vie di attacco possibili siano delineate. Ma con questo non forzo, non costringo nessuno ad attaccare. Poi, è una questione che mi riguarda personalmente, se voglio, a proposito delle prigioni, degli asili psichiatrici, di questo o di quello, fare un certo numero di azioni; ma dico che l’azione politica appartiene ad un tipo d’intervento del tutto diverso da questi interventi scritti e libreschi, è un problema di gruppi, d’impegno personale e fisico; non si è pronunciata qualche parola, no, la radicalità è fisica, la radicalità è dell’esistenza.
Michel Foucault 
 


da: “Precisazioni sul potere. Risposta ad alcuni critici”
Intervista a cura di Pasquale Pasquino, effettuata Parigi nel febbraio 1978.in aut aut, n. 167-168, settembre-dicembre 1978.


lunedì 27 maggio 2013

I «Quaderni» al microscopio






L’opera di Gramsci all’esame dell’Istituto per il restauro

Al centro dell’indagine la questione della numerazione dei volumi e le incongruenze rilevate dagli storici


di Eleonora Lattanzi, l'Unità, 27.05.2013


 Il 13 maggio 2013 l’Istituto per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario (Icprcpal) ha concluso le analisi svolte sui manoscritti di 4 dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. Le indagini, riguardanti i quaderni 12 (XXIX), D 13 (XXXI) e 29 (XXI), erano state richieste dalla Fondazione Istituto Gramsci nel luglio 2012 allo scopo di chiarire le incongruenze presenti nella numerazione data ai Quaderni dalla cognata Tatiana Schucht.
   In seguito alla morte del dirigente comunista nell’aprile del 1937, Tatiana, prima di inviare i quaderni a Mosca, li numerò apponendovi delle etichette. Non tutti i quaderni risultano però etichettati, mentre su alcuni furono applicate etichette di fattura diversa. Inoltre, sulla copertina di 3 quaderni, dal XXIX al XXXI, le etichette attualmente visibili furono sovrapposte da Tatiana a etichette applicate da lei stessa.
   Anche in ragione di queste incongruenze, nel volume I due carceri di Gramsci (Donzelli 2011), il prof. Lo Piparo ha avanzato dei dubbi circa la reale consistenza del lascito gramsciano, ipotizzando l’esistenza di un ulteriore quaderno oltre ai 33 conosciuti, occultato dopo la consegna a Togliatti, avvenuta nell’aprile 1945, forse a causa di un suo contenuto «scomodo». Nel giugno 2012 egli quindi propose dalle pagine del Corriere della sera l’istituzione di una commissione di studiosi finalizzata ad analizzare i manoscritti e la documentazione relativa alla trasmissione dei Quaderni.
    La proposta venne accolta da dalla Fondazione Istituto Gramsci che chiamò a far parte del gruppo di lavoro Luciano Canfora, Giuseppe Cospito, Gianni Francioni, Fabio Frosini, Franco Lo Piparo e Giuseppe Vacca. In una prima riunione furono esposti i termini della questione e vennero fornite ai membri del gruppo di lavoro alcune lettere delle sorelle Schucht; ad essa fece seguito una seconda riunione, svoltasi il 20 settembre 2012, nella quale furono esaminati gli originali dei Quaderni.
   Nel corso degli incontri e in un nuovo volume (L’enigma del quaderno, Donzelli, 2013), il prof. Lo Piparo ha avanzato l’ipotesi che la presenza di doppie etichette su alcuni quaderni fosse dovuta all’intenzione di Tatiana di «lasciare traccia» del quaderno mancante. A tal proposito, ha sostenuto che «le etichette in chiaro usate da Tatiana si fermano a XXXI. Sotto l’etichetta XXIX si legge l’etichetta XXXII»; pertanto, ha aggiunto: «non mi stupirei se sotto l’etichetta in chiaro XXX ci fosse l’etichetta XXXIIII e, coperta dall’etichetta XXXI trovassimo l’etichetta XXXIV» (pag. 124).

mercoledì 22 maggio 2013

Les clichés selon Alain Badiou, philosophe



pubblicato in data 24 aprile 2012   
 

«Il y a un cliché tenace qui m'insupporte , c'est que l'amour est quelque chose de magnifique à ses débuts, puis qu'une lassitude s'installe pour terminer enfin par une aigre séparation. »

Alain Badiou



Philosophe majeur de la scène intellectuelle française contemporaine, Alain Badiou a publié bon nombre d'essais, aussi bien consacrés à des questions ontologiques que politiques comme « La Théorie du sujet » ou encore « L' Etre et l'événement ».

La pensée politique de cet ancien militant maoïste s'inscrit dans un engagement à gauche, comme en témoignent plusieurs ouvrages pamphlétaires comme « De quoi Sarkozy est il le nom ? » et différentes réflexions autour de la réhabilitation du communisme dans des titres comme « L' Hypothèse communiste », paru en 2009. Ces prises de position radicales suscitent régulièrement la polémique et lui valent de recevoir de nombreuses critiques.

Intellectuel controversé, Alain Badiou n'en demeure pas moins un philosophe reconnu, écouté avec attention sur la scène internationale. Son dernier ouvrage « Le Réveil de l'Histoire ? » analyse les derniers mouvements de révolte dans le monde, d'Egypte en Syrie, d'Espagne en Angleterre dans lequel il salue « ce retour de la pensée et de l'action des politiques émancipatrices directement articulées à l'action et à l'organisation des masses populaires ».

Ce film est une production de l'agence Let's Pix pour le compte de l'Atelier Recherche et Développement de France Télévisions

martedì 30 aprile 2013

Il rogo dei libri


Bertolt Brecht



Il  rogo dei libri

Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi

i libri di contenuto malefico e per ogni dove

furono i buoi costretti a trascinare

ai roghi carri di libri, un poeta scoprì

– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l'elenco

studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi

libri erano stati dimenticati. Corse

al suo scrittoio, alato d'ira,e scrisse ai potenti una lettera.

Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!

Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse

la verità non l'ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi

mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando:

bruciatemi!

giovedì 21 marzo 2013

Robert Castel, cinquante ans de pugnacité sociologique


castel

                              Robert Castel  1933 - 2013

Directeur d’études à l’Ecole des hautes études en sciences sociales (EHESS), Robert Castel, né à Brest en 1933, est mort à Paris, mardi 12 mars, des suites d’un cancer. A juste distance entre Michel Foucault et Pierre Bourdieu, dont il était l’ami, non sans bataille, son œuvre voulait être un diagnostic du temps présent.
Robert Castel, c’était d’abord une silhouette courbée sur sa cigarette, un regard caché sous ses longs sourcils, une présence discrète qui jaugeait longuement son interlocuteur. Il y avait chez lui quelque chose du vieux marin, légèrement méfiant, qui se manifestait par des silences, regard de travers, par une blague pour détendre le sérieux du milieu académique. Car ça le faisait rire, la pose des sociologues ou des historiens. Il devait alors penser à son certificat d’étude, passé à Brest, ou à sa mère lui disant : « A la maison, on manquera jamais de rien, il y aura toujours du vin. » Sous le manteau, il aimait brandir son diplôme d’ajusteur mécanicien, son orientation forcée dans une école technique, la rencontre d’un professeur de mathématique, surnommé Buchenwald, ancien rescapé du camp, qui le somma de quitter le collège fipour faire de la philosophie à Rennes.
…..
La fréquentation de Michel Foucault marque alors ses analyses transversales, notamment par cette démarche généalogique que l’on peut suivre dans Le psychanalysme, l’ordre psychanalytique et le pouvoir (Maspero, 1973) ; L’ordre psychiatrique (Minuit, 1977) ; La société psychiatrique avancée : le modèle américain (avec Françoise Castel et Anne Lovell, Grasset, 1979) ; La gestion des risques (Minuit, 1981).  Le traitement et la prise en charge des malades mentaux sont violemment passés au crible de la critique. Du coup, il entretenait un rapport assez particulier avec la sociologie, réintroduisant le passé « avec ses problèmes qui ne sont jamais dépassés ».
___________________
Tanks:  Clare O'Farrell

giovedì 14 marzo 2013

Guy Debord, da: Commentari sulla Società dello spettacolo, XXIV


 

. Ci si sbaglia ogni volta che si vuole spiegare qualcosa opponendo la mafia allo Stato: essi non sono mai in rivalità. La teoria verifica con facilità ciò che tutte le dicerie della vita pratica avevano dimostrato troppo facilmente. La mafia non è un'estranea in questo mondo: ci si trova perfettamente a suo agio. Nell'epoca dello spettacolare integrato, essa appare come il modello di tutte tutte le imprese commerciali avanzate.

mercoledì 13 marzo 2013

"Valutare e punire " e "Una storia italiana", due presentazioni a BO il 14 marzo



 Libreria delle Moline


Via delle Moline, 3/A
Bologna

tel.: 051 26 29 77


Segnaliamo due interessanti incontri fissati per  il 14 /3  ai quali la Libreria delle Moline collabora quale fornitrice dei volumi in presentazione.



Giovedì 14 marzo 2013
ore 17:00

Aula 4 (Facoltà di Scienze Politiche)
Strada Maggiore 45, Bologna


Valeria Pinto
Valutare e punire.

Una critica della cultura della valutazione
(Cronopio 2012)

interviene con l'autrice
Andrea Cavalletti

L’Università è in crisi ormai palese e forse irreversibile: una crisi avviata dalla Riforma Berlinguer del 1999 (che ha istituito la laurea breve e il sistema dei crediti formativi) e culminata con la devastante Riforma Gelmini, secondo un progetto di “modernizzazione” che, lungo quattordici anni, ha distrutto la didattica degli atenei e tagliato le risorse per la ricerca e per il diritto allo studio. Non si tratta di un fenomeno solo italiano, ma di un mutamento assai più vasto per cui le vecchie forme dello Stato si uniformano sempre più ai poteri privatistico-manageriali.

Di ideologia della valutazione e di critica della cultura della meritocrazia, dei dispositivi di controllo che agiscono nel ridisegnare la società della conoscenza, tratta il libro Valutare e punire.
Valeria Pinto, autrice del testo e docente dell’Università Federico II di Napoli.
Andrea Cavalletti, docente presso l’Università IUAV di Venezia.



*  *  *

Giovedì 14 marzo 2013
ore 17:30

Biblioteca dell'Archiginnasio
Piazza Galvani 1, Bologna

"Una storia italiana"
incontro con
Giambattista Scirè
per la presentazione del libro
Gli indipendenti di sinistra
(Ediesse 2012)

con l'autore sono presenti
Giancarla Codrignani, Raniero La Valle, Federico Stame

introduce: Alberto De Bernardi
coordina Michele Smargiassi

Il fenomeno degli Indipendenti di sinistra, una vicenda finora mai studiata, ma che si intreccia con gli avvenimenti più importanti della storia dell’Italia repubblicana, ha una sua assoluta originalità in Europa e forse nel mondo: non ci sono altri esempi, infatti, di un partito politico, nella fattispecie il Pci, che abbia messo a disposizione tra il 10 e il 15 per cento dei propri seggi per l’elezione di candidati indipendenti, permettendo la costituzione di un gruppo autonomo, scisso da vincoli di appartenenza ideologica e con pieno diritto di dissenso.
Dal Sessantotto a Tangentopoli la Sinistra indipendente rappresenta una pluralità di matrici culturali – socialista (come Lelio Basso, Stefano Rodotà, Gianfranco Pasquino), cattolica (come Mario Gozzini, Adriano Ossicini, Claudio Napoleoni), azionista (come Ferruccio Parri, Carlo Levi, Franco Antonicelli, Altiero Spinelli) – tentando di sintetizzarle in una terza forza alternativa, una sorta di riformismo «militante», che, da sinistra, rivendicava come valori irrinunciabili la libertà, la democrazia, il pluralismo, la laicità, rifiutando sia l’ideologismo e il centralismo democratico del movimento operaio, sia la stretta dipendenza dalla gerarchia ecclesiastica e l’interclassismo democristiano.
La storia della Sinistra indipendente funziona bene da cartina di tornasole della società e della politica italiana degli anni Settanta e Ottanta, ed è stata ricostruita utilizzando i documenti reperiti in importanti archivi storici italiani, le testimonianze scritte dei suoi protagonisti e i racconti di quelli ancora in vita. 

Evento in collaborazione con La Società di Lettura e Istituto Storico Parri Emilia - Romagna
Ingresso libero

venerdì 8 marzo 2013

StreetArt: elevazione di Gramsci


 

"StreetArt: Gramsci celebrato dai writers". Pubblicato in data 18/feb/2013
da 
UnitaOnline


Per il compleanno di Garbatella il sottopasso su via Ostiense è stato riqualificato da un gruppo di writers di fama internazionale come Ozmo, Moneyless, Martina Merlini, Andreco, 2501, Tellas, Gaia, per un'opera collettiva che ritrae anche Antonio Gramsci e Percy Shelley le cui ceneri sono sepolte nel vicino cimitero acattolico. L'iniziativa realizzata in collaborazione con XI Municipio presieduto da Andrea Catarci e con l'associazione culturale 999CONTEMPORARY.

mercoledì 6 febbraio 2013

Carmelo Bene: «La nuvola in calzoni» di Vladimir Majakovskij

Vladimir Majakovskij - La nuvola in calzoni (1915)



Carmelo Bene, 1974 Bene! Quattro diversi modi di morire in versi. Majakovskij-Blok-Esenin-Pasternak; adattamento testi di C.B. e R. Lerici; traduzioni di: I. Ambrogio, R. Poggioli, A. M. Ripellino, B. Carnevali; riduzione, adattamento, regia e voce recitante C.B.; scene M. Fiorespino; direttore della fotografia G. Abballe; musiche di V. Gelmetti; voce solista C:B.; assistente alla regia C. Tempestini; mixer video A. Lepore; operatori RVM: M: Nicoletti, E. Piccirilli; produzione RAI


domenica 27 gennaio 2013

Per il Giorno della Memoria. Ricordo di una grande


Rita Levi Montalcini
  22 aprile 1909 - 30 dicembre 2012
 La testimonianza, il racconto di studi e ricerche
durante la fuga per le leggi razziali.

domenica 28 ottobre 2012

"Gente che non ho mai visto": Mussolini (di V. M.)


Vladimir Majakovskij

GALLERIA MAJAKOVSKIJANA
Gente che non ho mai visto



Mussolini

Ovunque si getti lo sguardo,i giornali
son pieni
              del nome di Mussolini.
A quelli che non l’hanno mai visto
                                                   lo descrivo io, Mussolini.
Punto per punto,
                         tratto per tratto.
Genitori di Mussolini,
                                 non sforzatevi di criticarmi!
Non gli somiglia?
                           La copia più esatta
                                                       è la sua politica.
Mussolini
               ha un orribile
                                    aspetto.
Nude le estremità,
                            nera la camicia,
sulle braccia
                   e sulle gambe
                                        migliaia
di peli
         a ciuffi.
Le braccia
                arrivano ai calcagni
                                              e scopano per terra.
Nell’insieme
                   Mussolini
                                  ha l’aspetto di scimpanzé
Non ha faccia :
                       al suo posto
ha un enorme
                     marchio da brigante.
Quante narici
                     ha ogni uomo!
                                           È inutile!
Mussolini
               in tutto,
                           ne ha una sola,
e anche questa
                      gli è stata spaccata
                                                   esattamente in due
alla spartizione
                        del bottino.
Mussolini
               è tutto
uno scintillio di medaglie.
Con un simile
                     armamento
                                      come non sconfiggere il nemico?!
Senza pistola,
                     senza spada,
                                        ma armato di tutto punto :
al fianco
             un litro intero
                                  d’olio di ricino ;
se
   te lo rovesciano
                           in bocca,
                                        non puoi opporti
                                                                 a una squadra
                                                                                      di fascisti.
Per sentirsi dappertutto
                                    come a casa
                                                       Mussolini
nella zampaccia
                        stringe un mazzo
                                                  di grimaldelli e di ferri da scasso.

mercoledì 3 ottobre 2012

Eric Hobsbawm: ad Antonio Gramsci





«Caro Nino, tu sei morto da 70 anni ma io ti conosco bene, ti conosco bene dai tuoi ritratti, da tutto ciò che ho letto, dagli scrittori e dagli storici che hanno studiato la tua vita e soprattutto da tutte le tue parole.

martedì 18 settembre 2012

Roms : la commune humanité bafouée


Rom: la comune umanità schernita

Firmare una petizione e concorrere a farla circolare  è , come ha  sottolineato realisticamente Vincenza Perilli su Marginalia, un gesto limitato, ma  in casi come questo , vale comunque la pena di associarsi all'indignazione e alla protesta di fronte alla politica di espulsione dei "Rom stranieri" perseguita in Francia dal nuovo governo che ,su questi problemi cruciali, non ha rotto la continuità con il precedente governo di destra.
A cosa può servire cambiare Presidente se non a cambiare politica adoperandosi a sradicare e neutralizzare le condizioni del razzismo, del populismo, della xenofobia ?
 
Ho firmato ed invito a diffondere e firmare la petizione:
 Roms : la commune humanité bafouée,

domenica 16 settembre 2012

di - a Roberto Roversi. in memoria


Quel fischio sopra la pianura



testo: Roberto Roversi
musica: Gaetano Curreri
artista: Fabrizio Moro
album: Ancora Barabba, 2010

 


sabato 25 febbraio 2012

Salviamo la Grecia dai suoi salvatori: un appello agli intellettuali europei

Alain Badiou, Jean-Christophe Bailly, Étienne Balibar, Claire Denis, Jean-Luc Nancy, Jacques Ranciere, Avital Ronell. Salviamo la Grecia dai suoi salvatori: Un appello agli intellettuali europei. la Repubblica.it. February 22, 2012.

Traduzione in Italiano di Vicky Skoumbi, Dimitris Vergetis, Michel Surya
rispettivamente redattrice e direttore della rivista Aletheia di Atene e direttore della rivista Lignes, Parigi.




Nel momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l’immondizia nelle discariche pubbliche, i "salvatori" della Grecia, col pretesto che i Greci "non fanno abbastanza sforzi", impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie.
L’obiettivo non è il "salvataggio"della Grecia: su questo punto tutti gli economisti degni di questo nome concordano. Si tratta di guadagnare tempo per salvare i creditori, portando nel frattempo il Paese a un fallimento differito.Si tratta soprattutto di fare della Grecia il laboratorio di un cambiamento sociale che in un secondo momento verrà generalizzato a tutta l’Europa. Il modello sperimentato sulla pelle dei Greci è quello di una società senza servizi pubblici, in cui le scuole, gli ospedali e i dispensari cadono in rovina, la salute diventa privilegio dei ricchi e la parte più vulnerabile della popolazione è destinata a un’eliminazione programmata, mentre coloro che ancora lavorano sono condannati a forme estreme di impoverimento e di precarizzazione.
Ma perché questa offensiva neoliberista possa andare a segno, bisogna instaurare un regime che metta fra parentesi i diritti democratici più elementari. Su ingiunzione dei salvatori, vediamo quindi insediarsi in Europa dei governi di tecnocrati in spregio della sovranità popolare. Si tratta di una svolta nei regimi parlamentari, dove si vedono i "rappresentanti del popolo" dare carta bianca agli esperti e ai banchieri, abdicando dal loro supposto potere decisionale. Una sorta di colpo di stato parlamentare, che fa anche ricorso a un arsenale repressivo amplificato di fronte alle proteste popolari. Così, dal momento che i parlamentari avranno ratificato la Convenzione imposta dalla Troika (Ue, Bce, Fmi), diametralmente opposta al mandato che avevano ricevuto, un potere privo di legittimità democratica avrà ipotecato l’avvenire del Paese per 30 o 40 anni.
Parallelamente, l’Unione europea si appresta a istituire un conto bloccato dove verrà direttamente versato l’aiuto alla Grecia, perché venga impiegato unicamente al servizio del debito. Le entrate del Paese dovranno essere "in priorità assoluta" devolute al rimborso dei creditori e, se necessario, versate direttamente su questo conto gestito dalla Ue. La Convenzione stipula che ogni nuova obbligazione emessa in questo quadro sarà regolata dal diritto anglosassone, che implica garanzie materiali, mentre le vertenze verranno giudicate dai tribunali del Lussemburgo, avendo la Grecia rinunciato anticipatamente a qualsiasi diritto di ricorso contro sequestri e pignoramenti decisi dai creditori. Per completare il quadro, le privatizzazioni vengono affidate a una cassa gestita dalla Troika, dove saranno depositati i titoli di proprietà dei beni pubblici.. In altri termini, si tratta di un saccheggio generalizzato, caratteristica propria del capitalismo finanziario che si dà qui una bella consacrazione istituzionale.

mercoledì 30 novembre 2011

(Lucio in the sky) Continuons le combat


Valentino Parlato
Continuons le combat

Lucio Magri da molto tempo ci aveva comunicato la sua decisione di togliersi la vita. Avevamo discusso e cercato di dissuaderlo perché avevamo bisogno di lui, della sua intelligenza e del suo impegno. Non ci siamo riusciti. È stata una decisione di estrema razionalità. A quasi 80 anni, la perdita della compagna Mara era stata tremenda. La vita non era più vita. Anche la situazione generale non incoraggiava. Con razionalità addirittura estremistica Lucio prese la decisione (e quando decideva non cambiava idea) e attuò quel che aveva stabilito. Il suicidio è una fondamentale libertà della persona. Chi è padrone della propria vita, come ogni umano lo è, può legittimamente e moralmente decidere di mettere la parola fine.

 Lucio è stato anima e mente della nostra vita. Insieme abbiamo cominciato con la rivista e poi con il quotidiano. Ci fu una breve separazione ai tempi del Pdup, ma i legami sono rimasti forti, anche quando c'era polemica.

 L'interrogativo è: che cosa ci lascia, a che cosa ci incita Lucio con il suo suicidio. Provo a rispondere. Innanzitutto a criticare e combattere la società presente. La sua cultura, la sua politica e gli scritti ci danno stimoli e conoscenza. Il sarto di Ulm, che tentò anzitempo di volare si sfracellò, ma poi gli uomini cominciarono a volare. Questo il messaggio e il suo suicidio, ancorché dovuto ai sentimenti, è un atto di rifiuto, di combattimento. Tutto il contrario della passiva rassegnazione.

venerdì 25 novembre 2011

" Una sovranità chiamata debito" - di: Étienne Balibar

La messa in discussione delle politiche di austerità è la premessa per contrastare la governance dei tecnocrati di Bruxelles e Francoforte. E potere così rilanciare il processo di unificazione politica del vecchio continente
 
da il manifesto, 25 nov. 2011 *

Che cosa è accaduto in Europa, tra la caduta del governo greco e italiano, e il disastro della sinistra spagnola alle elezioni di domenica scorsa? Una peripezia nella piccola storia dei rimpasti politici che si estenuano a inseguire la crisi finanziaria? Oppure il superamento della soglia nello sviluppo di questa crisi che ha compromesso irreversibilmente le istituzioni e le loro modalità di legittimazione? A dispetto delle incognite, bisogna rischiare un bilancio.

Le peripezie elettorali (quelle che forse ci saranno anche in Francia tra sei mesi) non richiedono grandi commenti. Abbiamo capito che gli elettori giudicano i loro governi responsabili dell’insicurezza crescente nella quale vive oggi la maggioranza dei cittadini dei nostri paesi e non si fanno troppe illusioni sui loro successori. Bisogna però contestualizzare: dopo Berlusconi, si può capire che Mario Monti, almeno in questo momento, batta ogni record di popolarità. Il problema più serio riguarda però la svolta istituzionale. La congiuntura delle dimissioni avvenuta sotto la pressione dei mercati che fanno alzare o diminuire i tassi di interesse sul debito, l’affermazione del «direttorio» franco-tedesco nell’Unione Europea, e l’intronizzazione dei «tecnici» legati alla finanza internazionale, consigliati o sorvegliati dall’Fmi, non può evitare di provocare dibattiti, emozioni, inquietudini e giustificazioni.

Una strategia preventiva
Uno dei temi più frequenti è quello della «dittatura commissaria» che sospende la democrazia al fine di rifondarne la stessa possibilità, nozione definita da Jean Bodin all’alba dello Stato moderno e più tardi teorizzata da Carl Schmitt. Oggi i «commissari» non possono essere militari oppure giuristi, ma sono economisti. È quello che ha scritto l’editorialista de Le Figaro il 15 novembre scorso: «Il perimetro e la durata del mandato (di Monti e di Papademos) devono essere sufficientemente estesi per garantirgli l’efficacia. Ma entrambi devono essere limitati per assicurare, nelle migliori condizioni, il ritorno alla legittimità democratica. Non è concepibile pensare di fare l’Europa sulle spalle dei popoli».

A questa citazione, io ne preferisco un’altra: quello di una rivoluzione dall’alto che, sotto la frusta della necessità (il crollo annunciato della moneta unica), starebbe tentando i dirigenti delle nazioni dominanti e la «tecnostruttura» di Bruxelles e di Francoforte. Sappiamo che questa nozione, inventata da Bismarck, indica un cambiamento della struttura della «costituzione materiale», e quindi degli equilibri di potere tra la società e lo Stato, l’economia e la politica, ed è il risultato di una strategia preventiva delle classi dirigenti. Non è questo che sta accadendo con la neutralizzazione della democrazia parlamentare, l’istituzionalizzazione dei controlli sul bilancio e sulla fiscalità da parte dell’Unione Europea, la sacralizzazione degli interessi bancari in nome dell’ortodossia neo-liberista? Queste trasformazioni sono senz’altro in gestazione da molto tempo, ma esse non erano mai state rivendicate nei termini di una nuova configurazione del potere politico. Wolfgang Schäuble non ha quindi torto quando presenta come una «vera rivoluzione» l’elezione del Presidente del Consiglio Europeo a suffragio universale che conferirebbe al nuovo edificio un alone di democrazia. Salvo che questa rivoluzione è già in corso o, perlomeno, è già stata abbozzata.