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venerdì 11 maggio 2012

M : Marcia [per la Vita]


E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a
.
M
Marcia
[per la Vita]




Domenica a Roma i pro-life tornano in piazza contro l’aborto, per una manifestazione che riunisce i cattolici oltranzisti e la destra radicale. Insieme a Militia Christi e Forza Nuova ci sarà anche la senatrice del Partito Democratico Maria Pia Garavaglia, che questa mattina ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione in Senato ...

martedì 3 maggio 2011

F : Futuro [parole del]

E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a
.
F
Futuro
[parole del]
 


”A me ... stupisce che su due questioni cruciali della crisi della civiltà occidentale, il lavoro e la coppia pace-guerra, questo Pontefice si sia pronunciato con le parole del futuro”.
Fausto Bertinotti 


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fonte: inforossa
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vedi inoltre:

sabato 31 gennaio 2009

Valerio Morucci, l'antifascismo non è un western (da il manifesto)


Valerio Morucci, l'antifascismo
non è un western

di Francesco Raparelli

[da il manifesto, 31 gennaio 2009]


Ci sono alcune pagine di Nietzsche sulla «cattiva coscienza» che più di altre ci aiutano a capire la «questione Morucci», ma i giganti vanno scomodati di fronte alle cose serie e il caso dell’ex-Br (che sarà ospite del centro sociale neofascista Casa Pound) di certo non rientra tra queste. A cercare meglio, dietro la rabbia che immagino abbia colpito molti, c’è una biografia che per i movimenti, quelli di massa, ha avuto poco amore. Meglio i western.

Sono passati solo pochi giorni, dal divieto di Frati, pochi giorni da una questione che ha visto protagonista la Sapienza, Morucci e, suo malgrado l’Onda. Durante le feste natalizie, infatti, un docente di Scienze umanistiche ha deciso di invitare Morucci per parlare degli anni di piombo. Puntuale la replica del Rettore: l’iniziativa è stata vietata e in compenso Rettore e sindaco Alemanno hanno pensato bene di attaccare l’Onda («i trecento criminali»), di riproporre la questione del Papa e della libertà di parola. Il professore si difese chiamando in causa il consiglio poliziesco, Morucci fece finta di nulla, l’Onda rispose al meglio (era il 5 gennaio!). Oggi la musica cambia, a parlare è Iannone che presenta l’iniziativa di Casa Pound (di cui è portavoce), «oasi» del libero pensiero e della democrazia. Casa Pound e Morucci, infatti, sono accomunati da un problema comune e dallo stesso desiderio: interdetti dall’università, il problema; farla finita con «l’antifascismo ideologico», il desiderio. Sul desiderio Casa Pound ha già lavorato sodo in questi anni, con tutti gli strumenti tecnici a sua disposizione: per chi ha la memoria corta basta ricordare le cinte e i bastoni tricolore di Piazza Navona (29 ottobre 2008), quelli che colpivano con forza (altro che ideologia!) studenti e studentesse di non più di sedici, diciassette anni. Parlano le foto, parlano le ricostruzioni più oneste (Curzio Maltese primo fra tutti), parla la verità.

Ma a Morucci interessa poco la verità, tanto che – ci racconta Iannone sul
Corriere della sera di ieri ‒ dopo i fatti del 29 ottobre ha chiamato proprio i giovani di Blocco studentesco e non certo gli studenti dell’Onda per esprimere la sua solidarietà. Sulla Stampa dello scorso maggio stessa cosa: nessuna difesa per gli studenti aggrediti in via De Lollis dai neofascisti di Forza nuova, piuttosto una condanna bipartisan. Verrebbe da diventare scortesi, fortunatamente la vita e la storia di Morucci non parlano più a nessuno. Ci spiace per le sue ambizioni pretesche (Ratzinger è interessato all’acquisto?) e per quanto riguarda i movimenti appartengono ad un’altra era, un’era in cui l’antifascismo è un fatto di realtà, non una patologia da nostalgici.
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vedi inoltre: Quegli esorcisti di CasaPound...

domenica 20 gennaio 2008

Marcello Cini. Le ragioni di un "cattivo maestro"

Lettera al Rettore della Sapienza

["Se la Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi", da il manifesto, 14 novembre 2007]



Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esimo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».

Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.

Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c’è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.

Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».

Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda (sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».

Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.

Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?

Non riesco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».

Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.

Marcello Cini



Marcello Cini: Giusta protesta

[a cura di Francesco Piccioni, da il manifesto, 17 gennaio 2008]

La verità dei fatti si oppone al “pensiero unico” menzognero, che sembra pervadere l’intero schieramento politico e mediatico italiano.


«Quello che mi indigna un po', francamente, è questa pressoché unanime valanga che si sta rovesciando - oltre che su di me - sui firmatari dell'appello, sugli studenti che hanno reagito da studenti, in un unico blocco di violenti, intolleranti che hanno impedito al papa di venire alla Sapienza a parlare. Io rispondo per quanto mi riguarda, perché la mia è stata un'iniziativa personale - con una lettera scritta il 14 novembre su il manifesto - in cui mi rivolgevo al mio rettore. E lo criticavo anche aspramente perché vedevo nell'invito a inaugurare l'anno accademico della Sapienza (di questo si trattava, anche se prima come lectio magistralis, poi camuffata all'italiana con un intervento nello stesso giorno, comunque)».Il giorno dopo il «gran rifiuto», Marcello Cini è amareggiato. Ma non contrito. Contesta il modo in cui quasi tutti i media hanno costruito il mancato evento e le ragioni sue e dei firmatari della lettera al rettore della Sapienza. «La sostanza era l'invito al papa a inaugurare l'anno accademico. A questa proposta io ho reagito, e reagirei ancora oggi, per due ragioni. La prima è di tipo formale, ma essenziale. L'inaugurazione dell'anno accademico è un atto pubblico, forse il più importante, che riafferma la natura e la funzione dell'università come istituzione di crescita della conoscenza, di formazione della cultura al più alto livello, di uno stato laico, democratico, moderno, sui principi della Rivoluzione francese, dell'illuminismo e della modernità. Un atto importante - un rito se si vuole - che riafferma il modo in cui è organizzato questo processo di crescita e trasmissione della conoscenza alle giovani generazioni. Invitare al centro di questo rito laico un'autorità come il papa è di fatto una contraddizione in termini, non può che generare conflitto. Il papa è a capo di un'istituzione come la Chiesa cattolica, fondata su pricipi totalmente diversi - come il carattere gerarchico-autoritario, detentore di una verità assoluta proveniente direttamente da dio, quindi dalla trascendenza. Si fonda perciò su criteri di verità, metodologici e epistemologici, completamente diversi. È questo contesto che non si vuol capire. Ossia la coesistenza e il conflitto tra due istituzioni di natura diversa e fondate su principi in antitesi fra loro». Un conflitto istituzionale che non implica affatto «censura», ma rispetto della diversità degli ambiti. «Ciò non vuol dire che il papa, come professor Ratzinger, non sia un professore universitario, un intellettuale fine, colto, ecc. Ma la confusione tra queste due figure che coesistono entro la stessa persona, ha permesso di generare - per esempio in occasione dell'invito a Ratisbona - un'interpretazione del suo discorso come una presa di posizione contro l'Islam, con tutte le polemiche che ne sono seguite». Luogo e occasione, insomma, con parecchie riserve su come è stata realizzata l'idea della visita papale. «Non sarebbe successo nulla se il rettore e il Vaticano avessero semplicemente spostato la visita in un'altra data. Anche altri papi l'hanno fatto, esponendo il proprio punto di vista. Nei contenuti sarebbe stato poi approvato, obiettato, contestato, ecc».Molte distinzioni «istituzionali» sembrano svanire nel dimenticatoio... «Tutto questo si colloca in un contesto in cui questo papato - in particolare nel nostro paese - sta perseguendo una politica concreta tesa a sgretolare sempre di più la separazione tra Stato e Chiesa, tra repubblica italiana e clero. Questo ha creato una situazione in cui una presa di posizione legittima - un professore che si rivolge pubblicamente al proprio rettore - e fondata sulla separazione delle sfere di competenza, viene classificata, bollata e demonizzata come un'intolleranza da parte mia, dei miei colleghi e degli studenti. L'intolleranza quotidiana è quella che arriva alle telefonate del cardinal Bertone ai deputati italiani di stretta osservanza cattolica perché non votino certe leggi».Sembra una scena da favola di Esopo (la volpe che accusa l'agnello)...«Se questa reazione è un'intolleranza o un 'divieto di parlare', siamo a un tale stravolgimento della realtà dei fatti che, da un lato, non può che indignarmi; dall'altro - vedendo che tutta la sinistra e il centrosinistra si accoda a questa mistificazione - deprimermi profondamente. C'è un'incapacità di reagire a questo pensiero unico per cui il depositario dei valori è la religione e i laici non hanno valori. Per acquietare le coscienze e orientarsi sul senso della vita, sul lecito e il non lecito, su tutte queste cose l'unico riferimento ritorna a essere la religione. È colpa nostra».


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venerdì 19 ottobre 2007

Giuseppe De Micheli: Cattolici beatificati e repubblicani ignorati

oggi il papa dei record beatifica 233 cristiani spagnoli uccisi durante la guerra civile, ovviamente dal terrore rosso.

lui tira acqua al suo mulino, permettete che anch'io ne tiri un po' al mio, poca perché non ho l'accesso ai mass media che ha lui.

vorrei solo ricordare i tanti massacrati in nome di Cristo ("viva cristo Re" era il grido di battaglia dei navarresi franchisti) :

- Federico Garcia Lorca, mai iscritto ad alcun partito politico, soltanto poeta.
Il suo corpo giace in una fossa comune in qualche parte della provincia di Granada. Non mi risulta che siano stati fatti tentativi per individuare la sua tomba, riconoscerne il corpo e dargli una decorosa sepoltura.

- i preti baschi incarcerati, privati dei loro beni, deportati in altre regioni della Spagna e infine fucilati questa volta a cura dei franchisti, e non dei comunisti. (a qualcuno risulta che siano stati
inclusi fra i beati? non e' una domanda retorica e' semplicemente una domanda, perche' non conosco la risposta). Si vedano Francois Mauriac e Jacques Maritain - manifesto in difesa dei baschi e Jacques Maritain - "Rebeldes Espanoles no hacen una Guera Santa" - Parigi 1937

- tutti i miliziani e civili repubblicani massacrati dai franchisti, di cui nessuno ha mai tenuto la contabilita' perche' morti dalla parte sbagliata: si veda Bahamonde y Sanchez de Castro, Antonio - Memoirs of a Spanish Nationalist, London 1939

Giuseppe De Micheli

"perche' tu giaci, Ignacio, come tutti i morti della terra" (a memoria da Garcia Lorca)

11 Mar 2001




In questi giorni, in cui ci si sta mobilitando contro la beatificazione di circa 500 franchisti prevista per il 28 ottobre, ho voluto ricordare l'operato del predecessore di Ratzinger, con le parole Giuseppe De Micheli.