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martedì 29 ottobre 2013

Valerio Romitelli: Che salvare dell’università?

A margine del libro di Valeria Pinto Valutare e punire, Ed. Cronopio, 2012

Oggi niente sembra più ovvio del credere che tutto è informazione, perché la vita stessa sarebbe al fondo comunicazione di informazioni. É così che si giustifica l’altra credenza attualmente imperante che sia finalmente giunta l’epoca di una “società della conoscenza”. Anche grazie alla diffusione di internet si suppone infatti che tutto il sapere globalmente esistente sia disponibile come molteplicità di informazioni fruibili e scambiabili in “tempo reale”, offrendo opportunità senza precedenti di cambiamento e sviluppo in ogni tipo di relazioni intersoggettive.
I presupposti biologici di questa credenza sono improntati a una visione più neo-darwinista che classicamente darwinista. L’”egoismo” supposto essere motore dell’evoluzione, infatti, non è tanto quello dell’individuo vivente, quanto quello del “gene” (secondo la formula che titola il noto libro di Dawkins). Ciò significa ritenere che i destini del genere umano non dipendono da personaggi eccellenti, ma da comunità di individui dotati di patrimoni genetici vincenti. Ma ciò significa anche ammettere che ogni individuo con tali qualità possa trovarsi in condizioni ambientali avverse, che gli impediscono di valorizzarsi come meriterebbe, con un conseguente danno per tutto il genere umano.
Di qui viene la necessità di una bio-politica volta, non solo a premiare i meritevoli, ma anche ad aiutare quelli che non riescono a farsi valere come tali, in quanto svantaggiati da un contesto avverso. In tal senso, il mezzo più indicato pare essere il mercato in quanto regime di scambio per eccellenza e quindi anche di comunicazione di informazioni tra contesti diversi. Tra gli ultimi rimedi per estendere al massimo le possibilità di inclusione dei meritevoli sfortunati resta poi la filantropia di cui la maggioranza degli individui e delle comunità vincenti si dimostrano particolarmente generosi.  Estensione ovunque possibile del mercato, della comunicazione e della filantropia sono in effetti tra le cifre più distintive di tutta quella parte maggioritaria della “Comunità internazionale” che segue il modello della “più grande democrazia del mondo”: ove “grande” è sinonimo di massima qualità, giustificata oggi soprattutto dal fatto di essere anche patria della società della conoscenza ...


 continua a leggere il testo completo su  inchiestaonline.it

 

giovedì 5 settembre 2013

Un giorno DI FEROCE TRISTEZZA: L'11 settembre '73 di Luis Sepulveda

 intervista di Filippo Fiorini - Santiago del Cile
                                il manifesto 2013.09.05



40 anni fa, lo scrittore era nelle forze di sicurezza socialiste che difesero Santiago dal golpe di Pinochet. «Quel giorno la mia gioventù finì violentemente. E da allora il Cile non è più uscito dalla dittatura»
Quarant'anni fa iniziò la dittatura militare in Cile. Possiamo dire che oggi tutto quello che prese il potere in quel momento è stato superato, o ci sono ancora dei resti del sistema nei posti di comando del paese e della società civile?Nessuno che conosca la storia può sostenere che tutto ciò sia stato superato. A partire dall'11 settembre '73 in Cile è stata installata una feroce dittatura che ha eliminato qualsiasi tradizione democratica. Per quanto imperfetta, la democrazia cilena aveva pur sempre distinto il paese come un esempio in tutto il continente americano. Inoltre, è stato imposto un modello economico ben preciso. Il Cile è stato il primo luogo in cui sono state messe in pratica le politiche neo-liberali teorizzate da Friedman e dalla Scuola di Chicago. Un esperimento che per poter funzionare aveva bisogno di una nazione governata da un despota, senza alcuna opposizione, senza partiti politici, senza sindacati, senza organizzazioni sociali e con un sistema dei media completamente asservito alla dittatura e al suo programma economico. Uno stato si governa attraverso l'ordinamento dettato dalla propria Costituzione e oggi, a quarant'anni di distanza dal golpe, il Cile ha ancora la stessa Costituzione che approvò la dittatura. Una carta che ha permesso l'esistenza non solo di una tirannia politica, ma anche di una tirannia economica, che emargina la maggioranza delle persone, che privatizza la sanità e l'educazione, che regala le risorse nazionali all'avidità delle multinazionali e lo fa impunemente, al di sopra di qualsiasi meccanismo di controllo statale, sia sul bilancio delle risorse, che sul bilancio fiscale. Ogni paese cambia, perché il mondo è in movimento, ma in Cile il movimento è stato circolare, ritornando inevitabilmente alla legalità imposta dalla dittatura.

I media cileni e diverse personalità pubbliche nazionali hanno usato frequentemente nelle ultime settimane la parola «perdono». Crede che le vittime della dittatura di Pinochet siano pronte a perdonare? La società è arrivata a una riconciliazione?Il perdono è una categoria morale, si perdona o meno solamente dopo che il colpevole ha chiesto scusa. In Cile sono stati commessi crimini di stato, in nome dello stato, uno stato che però non ha mai chiesto scusa a nessuno, tanto meno alle sue vittime. Neanche chi fu direttamente responsabile, ovvero i militari e i civili che misero in piedi la dittatura, ha mai chiesto scusa a chicchessia. Stiamo parlando di più di 3mila desaparecidos e i loro famigliari, delle centinaia di migliaia di persone torturate, delle migliaia che furono obbligate all'esilio, dei milioni che rimasero esclusi dal sistema quando il disegno economico della dittatura ha liquidato l'industria nazionale e quando il «libero mercato» ha sostituito tutto il sistema produttivo con le merci importate. Per nulla di tutto questo si è mai chiesto scusa. La società cilena non si è riconciliata perché solo una società malata potrebbe riappacificarsi con coloro che eliminarono un modo di essere, di vivere e avere un progetto di vita.

lunedì 12 agosto 2013

della ripresa degli studi marxiani nel mondo

Una geografia cangiante per il filosofo di Treviri




RIVISTE · L'ultimo numero del Ponte dedicato alla ripresa degli studi marxiani nel mond


Da Pechino a Parigi, da Brasilia a Mosca. Una raccolta di saggi sul rinnovato interesse per Marx «Il Ponte», una delle poche riviste militanti ancora esistenti nel nostro paese, ha dato alle stampe un numero speciale dedicato all'attualità di Marx, curato da Roberto Fineschi, Tommaso Redolfi Riva e Giovanni Sgro'.
Karl Marx 2013 - questo il titolo della raccolta (Il Ponte editore, pp. 288, euro 20) - si segnala come uno strumento importantissimo per comprendere l'odierna ricezione del pensiero marxiano. Il volume restituisce una mappa orientativa del marxismo globale, ripartita per aree geografiche, alcune di queste sconosciute a gran parte del dibattito italiano: possiamo leggervi, a titolo d'esempio, una sintesi dello stato degli studi marxiani in Russia (a firma di Alekcandr V. Buzgalin e Andrei I. Kolganov), una ricognizione interessante delle posizioni in campo nel marxismo accademico in Cina e del loro rapporto con la politica governativa (redatta da Hu Daping), un resoconto della riflessione su Marx prodotta in Brasile (secondo l'ottica di Joao Quartim Moraes). Non mancano le ricostruzioni del marxismo occidentale, con analisi relative alla situazione del marxismo in Giappone, Francia, Germania, Inghilterra e Italia, scritte da Sergio Cámara Izquierdo e Abelardo Mariña Flres, Guglielmo Carchedi, Frank Engster e Jan Hoff, Stéphane Haber, Reyuji Sasaki e Kohei Saito, oltre che dai tre curatori.

Tutti gli scritti, come nota Fineschi nelle pagine introduttive, dimostrano un interesse vivo per l'opera di Marx, specie in un momento storico contrassegnato dalla crisi del capitalismo e dall'inasprirsi delle lotte sociali. Alcuni motivi della tradizione marxista sembrano aver ritrovato cittadinanza nel dibattito odierno. All'interesse specificamente culturale per Marx non sembra però, almeno per il momento, accompagnarsi «un uso più esplicitamente politico del suo pensiero». E, in effetti, rileggendo le diverse ricognizioni proposte dal volume, è facile constatare come i diversi marxismi in campo risentano - come è giusto che sia - della propria appartenenza nazionale, che ovviamente ha conformato, secondo limitati aspetti e interessi, il dibattito e la discussione. Così, pare evidente constatare che almeno nei paesi europei la riflessione resta in qualche modo bloccata sul doppio crinale, spesso non convergente, di una considerazione storicistica dell'esperienza teorica-politica di Marx e di un'analisi logico-categoriale dei concetti messi in campo dalla sua opera; oppure risulta ferma allo scontro tra un marxismo dialettico, dunque sensibile a una logica della continuità tra Hegel e Marx, e un marxismo di stampo postoperaista, legato in qualche modo alle esperienze filosofiche franco-italiane.

Diverso, forse, il caso di paesi come la Cina, dove il perenne confronto con l'ortodossia ideologica del Partito si accompagna a una curiosità evidente per le sorti del marxismo occidentale più recente, che produce di certo curiose sinergie e letture inaspettate (la piega ontologico-esistenziale di certo marxismo cinese, ad esempio). E tutto ciò si colloca - nota ancora Fineschi - in un quadro storico che non può tener conto di una novità rilevante per gli studi marxiani: la pubblicazione della nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la cosiddetta seconda Mega , che ha, in alcuni casi, ribaltato molte delle acquisizioni consolidatesi in decenni di interpretazione e commento. Si pensi all'Ideologia tedesca - di cui, nel nostro poco informato paese, continuano a stamparsi edizioni «unitarie», anche di recente -, che «si è dimostrata non essere altro che una serie di articoli raccolti per un progetto di rivista poi mai realizzato e rimasti insieme, non una «opera».

La disomogeneità geografica delle ricezioni di Marx nel mondo riflette ovviamente la crisi del marxismo come strumento politico. Se ne restituisce la vitalità nei termini di approfondimento filologico e scientifico, il volume segnala però quest'inefficienza sul piano della pratica. C'è da chiedersi dunque se, in tempi di diffusione radicale della testualità e della cultura in tutti gli ambiti della realtà - con evidente svalutazione dell'una e dell'altra -, anche Marx e il marxismo siano diventati beni culturali da far rivivere solo nelle pagine di un'accademia separata dal mondo.

Esiste, forse, una deriva culturalista che rischia di rendere sterile il portato politico del marxismo, ed essa rappresenta una pericolosa forma d'integrazione nel sistema culturale del tardo capitalismo. È auspicabile, anche grazie ai nuovi strumenti bibliografici a nostra disposizione, che all'aggiornamento della teoria marxista si leghi un'autocoscienza critica della propria posizione e presenza nel mondo capitalistico: e ciò potrà essere possibile in un'ottica capace di tenere assieme le diverse realtà del marxismo, senza che queste si riducano a una sorta di corpo in frammenti incapace di ricostruire la sua originaria unità.
Marco Gatto, il manifesto, 10 agosto 2013  

giovedì 13 giugno 2013

L'anarchia selvaggia, di Pierre Clastres - presentazione 17/6, BO


http://nogods-nomasters.com/prestashop/268-large_default/a-sociedade-contra-o-estado-pierre-clastres.jpgNel discorso comune e in quello accademico, con poche eccezioni, viene continuamente rimarcata la convinzione che una società di liber* ed eguali sia sempre più inattuabile o addirittura impossibile. L'utopia, che precisamente significa “qualcosa che non ha luogo” e non “qualcosa di irrealizzabile”, è sepolta sotto i cumuli di macerie dell'etnocentrismo.

L'idea che un gruppo umano possa vivere e convivere in assenza di istituzioni di potere appare generalmente come qualcosa di inattuale, addirittura innaturale. Ed è qui che la ricerca antropologica agisce come meccanismo di disvelamento delle credenze e dei pregiudizi. Perché il potere, inteso nella sua forma di comando/oppressione e obbedienza, non è innato nell'umanità.

Pierre Clastres, antropologo eclettico e figlio intellettuale di Claude Levi-Strauss, ci racconta di comunità che vivono in una “favola”, la cui morale piomba vigorosa e differente: i personaggi non sono il braccio dello Stato, le catene delle istituzioni, il tintinnio delle monete, ma semplici individui privi di cravatta e muniti di un concetto dell'esistente diametralmente opposto a quello della società capitalista.

La loro vita non prevede alcun Dio, Stato, servi o padroni, né l'indigenza antropomorfizzata, ma solo un benessere reale e morale partorito dal rifiuto del dominio economico e politico.


Affinché la diversità non sia vittima di stereotipi e venga incorporata all'interno di una prospettiva sociale versatile,

il Collettivo Autorganizzato Volya presenta il libro 
L'anarchia selvaggia – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza re, edito da Eleuthera.


Di recentissima uscita, consiste in una raccolta di alcuni studi di Pierre Clastres che verranno presentati da Valerio Romitelli (Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà, Unibo) e Rudy Leonelli (Dipartimento di Filosofia, Unibo), con la partecipazione
di
 Nicola Turrini, Marco Tabacchini, Elia Verzegnassi,
 che hanno presentato il libro alla Biblioteca Domaschi - spazio     culturale anarchico di Verona.

      
      Lunedì 17 giugno, ore 17,00
     Facoltà di Scienze Politiche
      Strada Maggiore 45, Bologna




Collettivo autorganizzato Volya

 

giovedì 23 maggio 2013

Étienne Balibar: Lezione gramsciana 2013, Bologna 23 maggio h. 17 (reminder)

Europa, nazioni:

 il popolo mancante e la crisi di legittimità


Lezione Gramsciana 2013 Lezione gramsciana 2013 
giovedì 23 maggio
ore 17.00
Sala convegni
Fondazione Gramsci via Mentana 2
Bologna

Lezione di
Étienne Balibar
 Discussants
Nadia Urbinati, Columbia University
Sandro Mezzadra, Università di Bologna


____________
more info: qui
 

mercoledì 22 maggio 2013

Les clichés selon Alain Badiou, philosophe



pubblicato in data 24 aprile 2012   
 

«Il y a un cliché tenace qui m'insupporte , c'est que l'amour est quelque chose de magnifique à ses débuts, puis qu'une lassitude s'installe pour terminer enfin par une aigre séparation. »

Alain Badiou



Philosophe majeur de la scène intellectuelle française contemporaine, Alain Badiou a publié bon nombre d'essais, aussi bien consacrés à des questions ontologiques que politiques comme « La Théorie du sujet » ou encore « L' Etre et l'événement ».

La pensée politique de cet ancien militant maoïste s'inscrit dans un engagement à gauche, comme en témoignent plusieurs ouvrages pamphlétaires comme « De quoi Sarkozy est il le nom ? » et différentes réflexions autour de la réhabilitation du communisme dans des titres comme « L' Hypothèse communiste », paru en 2009. Ces prises de position radicales suscitent régulièrement la polémique et lui valent de recevoir de nombreuses critiques.

Intellectuel controversé, Alain Badiou n'en demeure pas moins un philosophe reconnu, écouté avec attention sur la scène internationale. Son dernier ouvrage « Le Réveil de l'Histoire ? » analyse les derniers mouvements de révolte dans le monde, d'Egypte en Syrie, d'Espagne en Angleterre dans lequel il salue « ce retour de la pensée et de l'action des politiques émancipatrices directement articulées à l'action et à l'organisation des masses populaires ».

Ce film est une production de l'agence Let's Pix pour le compte de l'Atelier Recherche et Développement de France Télévisions

mercoledì 27 marzo 2013

Karl Marx & Klassenkämpfen : Sometime they come back


TIME: Marx’s Revenge: How Class Struggle Is Shaping the World


La vendetta di Marx. Il Time lo rivaluta:
“È stato un profeta, le sue previsioni si sono avverate”

 

Un lungo articolo del TIME rivaluta Karl Marx. Teorizzò i rischi del capitalismo: impoverimento e conflitti sociali

Il settimanale statunitense dedica una lunga analisi alla rivalutazione delle teorie di Marx, da sempre osteggiate dagli Usa. “Se i politici non praticheranno nuovi metodi per garantire eque opportunità economiche a tutti, i lavoratori di tutto il mondo non potranno che unirsi. E Marx potrebbe avere la sua vendetta”…

                                                                          (leggi tutto  su Reset Italia)

martedì 19 marzo 2013

Le pape et les "années de plomb" en Argentine


"François Ier, Argentin et péroniste", sur une affiche à Buenos Aires, le 15 mars.

Le rôle de Jorge Mario Bergoglio, le pape François, pendant la dictature militaire (1976-1983) fait l'objet de controverse depuis plusieurs années à Buenos Aires. A l'origine, le directeur du quotidien progouvernemental Pagina 12, Horacio Verbitsky, avait publié, en 2005, un livre polémique, El Silencio (non traduit), où il dénonce la complicité de l'Eglise catholique argentine avec les militaires.



 Le journaliste accuse en particulier Jorge Bergoglio, qui était à l'époque responsable de la Compagnie de Jésus en Argentine, d'être impliqué dans l'enlèvement de deux jeunes prêtres jésuites qui travaillaient dans un bidonville, en 1976. Torturés pendant cinq mois, Orlando Yorio et Francisco Jalics avaient été remis en liberté et s'étaient exilés. Le premier est mort en 2000, le second vit en Allemagne. Dans un communiqué publié, vendredi 15 mars, sur le site Internet des jésuites en Allemagne, ce dernier déclare qu'il ne peut "prononcer sur le rôle du père Bergoglio dans ces événements". Il indique aussi avoir eu "l'occasion de discuter des événements avec le père Bergoglio qui était entre-temps devenu archevêque de Buenos Aires. Nous avons ensemble célébré une messe publique (...). Je considère l'histoire comme close", a-t-il précisé.

De son côté, le porte-parole du Vatican, le Père Federico Lombardi, a dénoncé "le caractère anticlérical de ces attaques, allant jusqu'à la calomnie et la diffamation des personnes". "La justice l'a entendu une fois et à simple titre de témoin et le père Bergoglio n'a jamais été suspecté ou accusé". "Dans l'élaboration de la demande de pardon, Mgr Bergoglio a déploré les défaillances de l'Eglise argentine face à la dictature", souligne le Vatican.


"TALENTS D'ACTEUR"

Dans un article publié au lendemain de l'élection du pape François, M. Verbitsky, qui est également directeur du Centre d'études légales et sociales, une organisation non gouvernementale de défense des droits de l'homme, a renouvelé ses attaques, qualifiant le nouveau pontife de "populiste conservateur", qui introduira "des changements cosmétiques" au Vatican, "avec ses talents d'acteur". Le même jour, M. Verbitsky publie un courrier électronique de Graciela Yorio dans lequel la sœur du prêtre décédé exprime "son angoisse et sa colère". Selon elle, il aurait "laissé sans protection" les deux prêtres, adeptes de la "théologie de la libération" ...


lire  l'article complet  sur Le Monde

domenica 3 febbraio 2013

Maria Turchetto: sulla a nuova edizione de «Il capitale finanziario»


Maria Turchetto:
Il valore sonante del potere

 Nuova edizione per Mimesis di un classico del pensiero critico novecentesco, «Il capitale finanziario» di Rudolf Hilferding. Un volume ancora utile alla conoscenza della realtà per poi trasformarla. (da il manifesto, 2012.01.13)




La nuova edizione di Il capitale finanziario di Rudolf Hilferding è una vera strenna, di cui sono grata alla casa editrice Mimesis (pp. 544, euro 28). Non certo per il gusto erudito e nostalgico di riavere un classico del marxismo ormai introvabile e citato di seconda e terza mano, ma perché la poderosa opera di Rudolf Hilferding merita davvero, più che una rilettura, una nuova lettura, come suggeriscono nell’introduzione Emiliano Brancaccio e Luigi Cavallaro, curatori di questa edizione. Una lettura - scrivono - che aiuti «a produrre un altro testo che (…) sposti di piano quello immediatamente pervenutoci da Hilferding, facendo apparire nuovi oggetti teorici su cui lavorare»
L’indicazione richiama esplicitamente la lezione di Louis Althusser (non a caso del resto il titolo dell’introduzione è «Leggere Il capitale finanziario»), cui i curatori si rifanno anche quando sostengono che il «nucleo del paradigma marxista», da cui oggi si può ben ripartire anche se non è in voga tra i bocconiani, consiste «nel titanico risultato di aver gettato le basi per una teoria scientifica della storia: una teoria che, si badi bene, non ha nulla a che vedere con la visione teleologica e destinale che afflisse certe sue volgarizzazioni dottrinali».
Per dirla tutta, la «visione teleologica e destinale» della storia è stata ben più che una vulgata ad uso delle accademie sovietiche e delle scuole di partito. Era lo «spirito del tempo» dell’Ottocento e di buona parte del Novecento, che Marx aveva faticosamente trasceso ma attraverso il quale veniva (e viene ancora) interpretato. L’idea che il destino del capitalismo sia predicibile permea perciò anche l’opera di Hilferding e ne costituisce la principale debolezza: è la sua predizione di un percorso spontaneo dall’anarchia all’organizzazione pianificata dell’accumulazione sotto la direzione di un «capitale unificato», preludio della transizione al socialismo. La stessa idea destinale permea anche le coeve teorie del crollo e la stessa visione di Lenin dello stadio monopolistico e finanziario come «fase suprema» - cioè ultima - di un capitalismo divenuto incapace di promuovere lo sviluppo delle forze produttive e perciò morto per la storia, anzi ormai «putrefatto». In Lenin la storia del capitalismo descrive una parabola di tipo organico (nascita, crescita, decadenza e morte) anziché un’evoluzione progressiva; lo schema teleologico prevede comunque la fine prossima e certa (nella forma del crollo, dell’abbattimento rivoluzionario o della metamorfosi riformista), indispensabile a conseguire il fine del comunismo.

Il virtuoso e il parassita
Ma non vorrei qui limitarmi a ribadire l’indicazione althusseriana di abbandonare le storie teleologiche (in quanto tali ideologiche, non scientifiche) orientate al/alla fine; quanto proporre una breve riflessione sul perché, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la fine del capitalismo venga declinata nelle forme antitetiche della decadenza e del crollo, da un lato, e dell’evoluzione virtuosa, dall’altro. In L’imperialismo, fase suprema del capitalismo Lenin impone una convivenza forzata a due rappresentanti delle declinazioni antitetiche in questione, Hilferding e Hobson. Riprende infatti, com’è noto, la definizione di Hilferding del «capitale finanziario» come «capitale unificato» («Capitale finanziario significa capitale unificato. I settori del capitale industriale, commerciale e bancario, un tempo divisi, vengono posti sotto la direzione comune dell’alta finanza»), associandovi tuttavia il giudizio negativo espresso da Hobson sulla finanza «parassitaria». Di fatto tradisce, in tal modo, il pensiero di entrambi gli autori: per Hilferding, in realtà, l’unificazione di capitale bancario, commerciale e industriale è un processo sostanzialmente virtuoso, foriero di crescita economica e di potenzialità regolatrici; in Hobson, per contro, il capitale finanziario non rappresenta affatto una forma unificata del capitale, ma una sua frangia degenerata che svolge il ruolo perverso di spostare altrove «la ricchezza della nazione» a scapito dello stesso capitale commerciale e produttivo (per inciso, Hobson non è l’unico, all’epoca, a teorizzare una contrapposizione forte tra industria e finanza: penso, ad esempio, a Thoestein Veblen). La convivenza forzata che Lenin impone alle tesi di Hilferding e di Hobson si basa, ancora una volta, su una metafora organica: il capitale cresce (diventa «più grosso» attraverso i processi di concentrazione e centralizzazione in cui il capitale finanziario ha un ruolo chiave, proprio come dice Hilferding), si espande (invade completamente il mondo, come sostengono entrambi gli autori), ma inesorabilmente invecchia (decade dalla sua funzione propulsiva dello sviluppo per diventare «parassitario», proprio come dice Hobson) ...

 leggi tutto su: CONTROLACRISI

venerdì 30 novembre 2012

L’energia dell’errore - Viktor Šklovskij



L’energia dell’errore. Libro sul soggetto
 

Meditare milioni di possibili associazioni
per sceglier tra di esse una su un milione,
è terribilmente difficile.
s
Lev Tolstoj, lettera a Fet, 17 novembre 1870.



Queste parole sono state inserite nel titolo con l’autorizzazione di Lev Nicolaievič Tolstoj.
Nell’aprile 1878 egli scriveva a N. N. Strachov di provare un senso di impreparazione al lavoro, alla tensione; la tensione è necessaria quando si è trovato e scelto.
Egli consola N. N. Strachov, che si lagna della difficoltà del lavoro:

«Conosco molto bene questa sensazione – addirittura, ora, negli ultimi tempi, la sto provando: tutto parrebbe pronto per scrivere – per compiere il proprio dovere terreno, ma manca la spinta della fede in se stessi, nell'importanza della causa, manca l’energia dell’errore; quella spontanea energia terrena che è impossibile inventare E non si può cominciare».

Tutto questo riguarda la spontaneità delle forze della natura, che operano in modi diversi e non immediati, e creano quella confusione che chiamiamo mondo.
Una volta, sorridendo, Majakovskij scrisse sulle «cose dell’altro mondo»:

Un vecchio disegno, non si sa di chi.
Un primo disegno non riuscito di una balena.

Niente riesce senza fatica. I fiori sbocciano e gli uccelli arrivano al momento giusto solo dopo molte ore di preparazione.

mercoledì 3 ottobre 2012

Eric Hobsbawm: ad Antonio Gramsci





«Caro Nino, tu sei morto da 70 anni ma io ti conosco bene, ti conosco bene dai tuoi ritratti, da tutto ciò che ho letto, dagli scrittori e dagli storici che hanno studiato la tua vita e soprattutto da tutte le tue parole.

mercoledì 27 giugno 2012

K : Karl Marx



E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a

 
K


Karl Marx
[l’incompatibile]


Un’organizzazione non governativa denominata “Madri bulgare contro la violenza” [sic!] chiede che il busto dell’economista e filosofo Karl Marx venga rimosso dai giardini del “campus”di Economia dell’Università  di Sofia.

Secondo la NGO “è scandaloso che la statua di una persona che predicò la rivoluzione comunista globale e l’abolizione forzata della proprietà privata continui ad esistere in una facoltà in cui si insegna l’economia nazionale e mondiale”.

Il monumento sarebbe “incompatibile con la speranza dei giovani di ricevere una moderna educazione europea ...”
[risic!]
___________



martedì 26 giugno 2012

Karl Marx: Vita nova





La seconda vita di Karl Marx
di Marcello Musto
da l'Unità, 24/6/2012 


Nuovi manoscritti smontano dogmatismi antichi e offrono analisi attuali sulla crisi. Dopo anni di lodi sperticate alla logica di mercato, è molto utile analizzare la sua opera e i suoi appunti

Se la perpetua giovinezza di un autore sta nella sua capacità di riuscire a stimolare sempre nuove idee, si può allora affermare che Karl Marx possiede, senz’altro, questa virtù.

Nonostante, dopo la caduta del Muro di Berlino, conservatori e progressisti, liberali ed ex-comunisti, ne avessero decretato, quasi all’unanimità, la definitiva scomparsa, con una velocità per molti versi sorprendente, le sue teorie sono ritornate di grande attualità. Di fronte alla recente crisi economica e alle profonde contraddizioni che dilaniano la società capitalistica, si è ripreso a interrogare il pensatore frettolosamente messo da parte dopo il 1989 e, negli ultimi anni, centinaia di quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, di tutto il mondo, hanno celebrato le analisi contenute ne Il capitale.


Nuovi sentieri per la ricerca 
Questa riscoperta è accompagnata, sul fronte accademico, dal proseguimento della nuova edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la MEGA². In essa, le numerose opere incompiute di Marx sono state ripubblicate rispettando lo stato originario dei manoscritti e non, come avvenuto in precedenza, sulla base degli interventi redazionali cui essi furono sottoposti. Grazie a questa importante novità e tramite la stampa dei quaderni di appunti di Marx (precedentemente quasi del tutto sconosciuti), emerge un pensatore per molti versi differente da quello rappresentato da tanti avversari e presunti seguaci. Alla statua dal profilo granitico che, nelle piazze di Mosca e Pechino, indicava il sol dell’avvenire con certezza dogmatica, si sostituisce l’immagine di un autore fortemente autocritico che, nel corso della sua esistenza, lasciò incompleta una parte significativa delle opere che si era proposto di scrivere, perché sentì l’esigenza di dedicare le sue energie a studi ulteriori che verificassero la validità delle proprie tesi.

domenica 27 maggio 2012

da Guy Debord, La société du spectacle

Estratti del film del 1973 ispirato a La société du spectacle di Guy Debord, con testi recitati dall'autore

venerdì 11 novembre 2011

Étienne Balibar, "Cittadinanza Europea: non finire così" - Bologna 16 nov.

 Dipartimento Politica Istituzioni Storia
  Università di Bologna

 

Étienne Balibar

Distinguished Professor of Humanities, University of California,
Professeur émérite  de Philosophie à l’Université de Paris X Nanterre

Seminario:

"Cittadinanza Europea: non finire così" 


16 novembre 2011, ore 15.00
Aula B,  S. Cristina P.tta Morandi 2, Bologna

 

Introduce e discute:

Sandro Mezzadra (Università di Bologna)

lunedì 10 ottobre 2011

G. Carotenuto su Steve Jobs & Apple: Oltre lo schermo del marketing funerario


Gennaro Carotenuto
Cinque cose fuori dai denti su Steve Jobs e la Apple

I lutti non sono il momento adatto per le puntigliosità ma per la celebrazione del caro estinto. Tuttavia la morte di Jobs si è trasformata nell’ennesimo evento globale. Così il segno encomiastico rischia di impedire una valutazione equanime, sul personaggio, sull’impresa a maggior capitalizzazione al mondo e su un’epopea dove non tutto luccica. Siamo di fronte ad un’operazione di marketing funerario sulla quale è bene riflettere brevemente.

1) Le invenzioni di Steve Jobs, spesso un passo avanti a tutti e a volte dei veri capolavori soprattutto dal punto di vista estetico, sono sempre stati dei prodotti di fascia alta per consumatori in grado di spendere (o svenarsi). Al dunque quel costo di un 20% in più rispetto ad un Sony Vaio o 30% in più rispetto ad un Toshiba Satellite, il surplus che ti garantisce lo status symbol per fare quasi sempre le stesse cose, te lo devi poter permettere.


2) I prodotti simbolo degli ultimi dieci anni, ipod, iphone, ipad, sono stati presentati come una rivoluzione universale. Nonostante le centinaia di milioni di pezzi venduti (e quindi un indiscutibile successo di marketing) la vera innovazione, quella che cambia davvero il mondo, non è quella per chi se la può permettere ma quella per tutti. Tra il notebook da 35$ annunciato dal governo indiano (il prossimo Steve Jobs verrà da lì) e il più fico degli ipad c’è la stessa relazione che c’è tra il vaccino anti-polio e un brevetto contro la caduta dei capelli.

domenica 11 settembre 2011

Como una ola de fuerza y luz. A un rivoluzionario cileno

Nel settembre 1971 “mi giunse dal Cile la notizia della morte accidentale di Lusiano Cruz, giovane dirigente del M.I.R (movimento di sinistra rivoluzionaria)… L’avevo conosciuto a Santiago in giugno dello stesso anno, di forte intelligenza: ne era sorta una amicizia solidale. La sua presenza-assenza mi determinò nella scelta della struttura sonora, del suo perché. Ampliai il primo progetto con l’inserimento della voce (soprano) su alcuni versi scelti da un poema del poeta argentino Julio Huasi… poema per Lusiano Cruz …

Luigi Nono

 Como una ola de fuerza y luz
Come un'onda di forza e di luce







Luciano!
  Luciano!
    Luciano!

nei venti avventurosi
di questa terra
continuerai
a gettare luce di fiamma
giovane come la rivoluzione
in ogni lotta del tuo popolo
sempre vivo
e vicino
come il dolore per la tua morte

come una – Luciano! – onda
di forza
giovane come la rivoluzione
sempre vivo
e continuerai a gettare luce di fiamma
luce
per vivere

voci di bambini
si uniscono
a dolci campane
per
la tua giovinezza.