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domenica 17 maggio 2015

[Gorizia] sab 23 mag h.15: manifestazione antifascista


Riceviamo e condividiamo:

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Sabato 23 maggio i fascisti di CasaPound saranno in corteo nazionale (!) a Gorizia con lo slogan «risorgi combatti vinci» per ricordare in modo orrido il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia.
Le antifasciste e gli antifascisti rispondono con la mobilitazione di una manifestazione promossa dall’Osservatorio Regionale Antifascista del Friuli Venezia Giulia
e dunque
SABATO 23 MAGGIO 2015
MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA a GORIZIA
con concentramento in Piazzale della Stazione Ferroviaria
alle ORE 15.00

mercoledì 11 febbraio 2015

Martiri delle foibe: un po' di chiarezza Quando a celebrare le tragedie della storia sono quelli che le hanno causate.




Ormai ogni anno si dedicano celebrazioni a questo argomento sempre più di matrice neofascista con parate inquietanti in Lombardia come in altre parti d’Italia. Interveniamo oggi per dire la nostra opinione critica. E crediamo che sia il caso di tornare ad affrontare in maniera un po’ più approfondita questo tema.
Nel 2004 il governo di centrodestra, con l’avallo del centrosinistra, stabilì di celebrare il 10 febbraio (anniversario del Trattato di pace che nel 1947 aveva fissato i nuovi confini con la Jugoslavia) una “Giornata del Ricordo” per celebrare “i martiri delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata”. Una ricorrenza situata a dieci giorni dalla “Giornata della Memoria” (istituita nel 2000 per il ricordo dalla Shoah e di tutte le vittime e i perseguitati del nazifascismo). In questi anni il senso comune ha portato a fare di tutto un polverone, cosicché si parla correntemente di “foibe” come “olocausto degli italiani”.
Noi riteniamo che in tutto questo ci sia un’operazione di confusione e di ribaltamento dei fatti. L’obiettivo di raggiungere una “memoria condivisa” attraverso una specie di “par condicio della storia”, per la quale ricordiamo “tutte le vittime”, nasconde i giudizi di valore sulle responsabilità storiche specifiche, in particolare quelle del regime fascista italiano in collaborazione con il nazismo tedesco. Chi ha provocato le tragedie della seconda guerra mondiale e chi, dopo averle subite, ha reagito, diventano la stessa cosa.
Oggi, correntemente, con il nome di “foibe” ci si riferisce a due periodi distinti: in Istria dopo l’8 settembre del 1943, fino all’inizio dell’ottobre dello stesso anno, e a Trieste nel maggio 1945, dopo la liberazione da parte delle truppe partigiane jugoslave (ufficialmente alleate del fronte antinazista) e durante i 42 giorni di amministrazione civile della città. In questi due periodi, secondo la vulgata corrente, un numero imprecisato di persone, comunque “molte migliaia”, sarebbero state uccise solo perché erano di nazionalità italiana e poi “infoibate”, ossia gettate nelle cavità naturali presenti in quelle zone. Si tratterebbe di una “pulizia etnica”, di un “genocidio nazionale”. La responsabilità principale viene in genere attribuita ai “titini”, ossia ai partigiani jugoslavi comunisti. Chi propone un esame critico di questa versione viene chiamato “negazionista” o, ben che vada, “riduzionista” (usando quindi le stesse categorie utilizzate per chi nega o sminuisce la Shoah).

lunedì 17 marzo 2014

25/2/1992. BO: mobilitazione contro il revisionismo di Ernst Nolte

                                                           

 da: staffetta

 A fine febbraio del 1992 alcune centinaia di studenti dell’Università di Bologna occupavano pacificamente l’aula in cui avrebbe dovuto parlare lo storico Ernst Nolte per contrapporsi alla tesi semplificante della «guerra civile europea» che equiparava nazifascismo e bolscevismo relativizzando lo sterminio ebraico e minimizzando i tratti specifici del razzismo di Stato del Novecento. Quella protesta, che allora ebbe una risonanza addirittura europea, fu un piccolo evento di vita universitaria, ma tanti di coloro che vi presero parte con entusiasmo vi sentirono un impegno ulteriore di approfondimento critico, di militanza antifascista e di memoria civile. Leggi il resto su Magma.

lunedì 10 febbraio 2014

locandine marxicce di Casapound? No grazie! Preferiamo John Heartfield



 CaPa marxoide?

 NO GRAZIE! 






Alla barba posticcia di Marx esibita da Casapound
opponiamo la verità storica illustrata dal genio di
  John Heartfield:

sabato 11 gennaio 2014

“Gli anni spezzati”, una monnezza chiamata fiction

                                   di , 9 gennaio 2014 

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici o chiunque approvi sul servizio pubblico operazioni di questo tipo dovrebbe chiedere il conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, gli anni Settanta viene smerdato da una roba coma la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni: un film non solo pessimo da un punto visto artistico e anche tecnico, ma risibile da quello documentario e storico. Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo.
Chi l’ha scritto, Graziano Diana (anche regista) con due autori alle prime armi – Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti – ha evidentemente ritenuto opportuno prescindere da qualunque serietà di documentazione storica, appoggiandosi a riduzioni da sussidiario copiato male – non dico Wikipedia (che in molti casi è fatta molto meglio). Nei titoli d’apertura non dichiara nemmeno un nome di un consulente storico, nei titoli di coda ne cita tre, nessuno dei quali storico di professione (Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post-fascismo tipo Nuove Idee o Ares). Nelle interviste Diana dice che ha ascoltato le voci dei parenti delle vittime della violenza politica anni ’70: non so chi abbia ascoltato né come l’abbia fatto, ma quello che ne ha tratto sono degli sloganucci stereotipati che farebbero passare un bignami per un saggio storico complesso. Nelle interviste Diana dice di aver voluto raccontare quella storia dalla parte di chi, le istituzioni incarnate nelle forze dell’ordine, cercava il dialogo tra rossi e neri: non so che libri abbia letto sulle forze dell’ordine e le istituzioni italiane di quegli anni, non so su quali testi si sia formato la sua idea sugli apparati dello Stato, i politici, i partiti, i vari movimenti, ma se l’avesse scritta Cossiga nel sonno o Claudio Cecchetto, per dire, questa fiction, ci avrebbe messo più complessità.
L’idea di Alessandro Jacchia di raccontare attraverso lo sguardo di un poliziotto romano (la sua voce off!) le vicende complicate che girano intorno a Piazza Fontana, l’autunno del ’69, e la vicenda di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista: non è un’idea. È la suggestione di poter prendere la poesia di Pasolini su Valle Giulia, ricavarne un’interpretazione puerile, e pensare di applicarla, a mo’ di pomata, agli eventi di quegli anni: come se fosse una scelta narrativa, fino a realizzare una specie di spottone con toni da soap-opera, colletti larghi, sguardi fissi in camera ...

                                                                       Leggi tutto su «minima&moralia»


 vedi inoltre: L’ultimo depistaggio

giovedì 7 novembre 2013

Banalizzare e sminuire. Elementi della martellante campagna revisionista di Mr. Berlusconi

L'ennesima boutade di Mister B : "I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso" 
 ha suscitato il ricercato clamore, seguito da  una  rettifica  pro forma a mo' di autoassoluzione del provocatore di Arcore.

Ora  -  e questa volta si levano numerose voci di condanna  -  che si erano sinora abitualmente attenute ad una prudente e "diplomatica"  fin de non recevoir. 

E, ancora oggi, non mancano reti  TV  e giornali che, per servilismo, o per opportunismo, o pavidità, si dilettano  nell'arte dell'eufemismo, definendo "benevolmente" le violente provocazioni  Berlusconi, come semplici "gaffes" o  "sfoghi".

Da diversi anni, questo blog ha segnalato alcune tessere ([inequivocabili] del puzzle montato dal solito  Mr. B.


Nella convinzione che
chi non ha memoria non ha futuro,
 incidenze  rinvia  per memoria il breve elenco dei post che ha pubblicato nel corso del tempo sul "caso":

humor nero: "La sapete quella del campo di concentramento?"

Humor nero: MinCulPop del Terzo millennio

humor nero: la grande scelta finale...

Consuete facezie di Berlusconi su lager, sterminio, fascismo, etc. 

venerdì 26 aprile 2013

La Resistenza (s) piegata



ROMA - 25 aprile 2013:
 La Resistenza insegna che «nei momenti cruciali»
 servono «coraggio, fermezza e
... senso di unità»






Lo ha spiegato Giorgio Napolitano dopo la visita al museo della Liberazione [da il Messaggero, 26 aprile 2013]



... ehm ehm:






mercoledì 27 febbraio 2013

BO: Le donne dell'ANPI contro l'intitolazione a Rachele Mussolini

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Coordinamento delle donne


''Donna Rachele come riconosciuto da tutti è stata una grandissima figura di donna italiana, è sempre rimasta fuori dalla politica, ha sempre cresciuto e difeso i figli con una grande umiltà e onestà in momenti difficilissimi dedicando tutta la sua vita a loro''.

Queste sono le motivazioni in base alle quali il consigliere di quartiere Michele Laganà ritiene che la nostra città dovrebbe intitolare una sala pubblica alla moglie di Mussolini.
Noi donne dell’ANPI non identifichiamo affatto nel rimaner fuori dalla politica un titolo di merito. Anzi, notiamo come questo non sia propriamente il modello di cittadina e di cittadino che la nostra Costituzione promuove quando, nell’articolo 4, dichiara che

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

martedì 29 gennaio 2013

«Duce, Duce», «Silvio, Silvio»



Berlusconi, a noi!


di Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena
da MicroMega 2/2011


Dopo la svolta ‘badogliana’ di Fini, per l’estrema destra Berlusconi è diventato l’assoluto punto di riferimento. In lui i moderni camerati vedono il nuovo Mussolini, l’atteso ‘capo carismatico’ capace di scardinare le regole democratiche e costituzionali. Il razzismo del Cavaliere, il suo revisionismo storico e la sua ‘antipolitica’ li affascinano. E oggi puntano sul Pdl.

«Duce, Duce», «Silvio, Silvio». «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal 1945 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione». «Il nostro presidente Berlusconi ancora una volta si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi». «Berlusconi? Mai stato antifascista». «Per chi vuole incentivare politiche nazionaliste è necessario sostenere il centro-destra che si regge intorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi».
In queste parole ci sono più di tre generazioni di neofascisti che, divisi su tutto, si ritrovano da tempo uniti nel considerare la figura di Berlusconi come quella di un «nuovo Duce». Come è accaduto? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo le tappe di questa attrazione fatale.

domenica 27 gennaio 2013

Consuete facezie di Berlusconi su lager, sterminio, fascismo, etc.

Riemerso fresco fresco come una salma su schermi e "cartaceo", l'invadente piazzista virtuale di Arcore, con mossa a ben guardare non propriamente sorprendente..., ha riversato sui media un'appendice al repertorio delle consuete banalizzazioni del fascismo, del nazismo, dei campi di sterminio, etc., nel cui campo si diletta, come un caricaturale "specialista"...




   Avendo da qualche anno segnalato con una certa attenzione il particolare hobby del soggetto in questione, incidenze rinuncia a commentare l'ennesima rifrittura dell'abituale paccottiglia "storica" smerciata dal pupillo di Licio Gelli.

  Del resto, ormai, il gioco è stantio, come pure il suo cascante "animatore".

sabato 19 gennaio 2013

Storapace

Per ingannare il mondo, assumi il suo aspetto, abbi il benvenuto nell'occhio, nella mano, nella lingua, appari come il fiore innocente ma sii la serpe che vi si cela sotto.

                                                     Macbeth, I,1









[Lazio] Hit degli impresentabili: accordo tra Storace e Pannella


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immagine da: Giù la Testa

sabato 3 novembre 2012

Fino Rauti


 Camera oscura





(ASCA) - Roma, Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, esprime il più profondo cordoglio per la scomparsa dell'on. Pino Rauti, ''uomo politico che ha rappresentato una parte di rilievo nella storia della Destra italiana. Parlamentare rigoroso, intellettuale di profonda cultura, Rauti ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società che appartengono alla storia politica del nostro Paese. Ai familiari esprimo i sentimenti della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati''. E' quanto si legge in un comunicato.

Rauti: Fini, testimone degli ideali della nazione

lunedì 3 settembre 2012

L'antifascista (di: nique la police)


Pensare che le dichiarazioni di Pierluigi Bersani sul fascismo di Grillo appartengano esclusivamente ad un catalogo, oltretutto piuttosto ristretto, di banalità non significa solo trascurare l’importanza che ha la produzione di parole sui media. Anche se già qui sarebbe come pensare che Facebook è uno strumento banale, e non una complessa infrastruttura di reti sociali, solo perché non è raro trovarci delle banalità. Bisogna piuttosto leggere le dichiarazioni di Bersani come una modalità di funzionamento della politica istituzionale. Un dispositivo da smontare piuttosto che qualcosa da ignorare o da insultare.

In questo senso l’accusa di “fascismo”, poi vedremo in che modo, lanciata da Bersani sostanzialmente contro Grillo e Di Pietro è qualcosa che merita un livello minimo di analisi. Facciamo un passo indietro: da tempo circola un video, commentato da Grillo e Di Pietro, dove Bersani, assieme ad altri protagonisti della politica istituzionale, è raffigurato come uno zombie. E qui bisogna vincere la voglia di affermare la verità, e cioè che Bersani e gli altri non sono solo dei morti viventi ma ne rappresentano l’epifania, e guardare alle reazioni del segretario del Pd.  Bersani ha infatti accusato chi dà dello zombie ai dirigenti del Pd di essere un “fascista”, anzi un “fascista del web” che sta cercando di riproporre al paese una nuova stagione diciannovista. Tutte la categorie usate meritano attenzione. Vediamo come.

L’uso dell’accusa di fascismo all’interno della sinistra, e poi del centrosinistra, è vecchio più o meno quanto le camice nere. A lungo, entro modi e linguaggi molto diversi, l’accusa di fascismo è servita per indicare un pericolo esterno (il fascismo, appunto, in molteplici forme) ma anche quello di un forte autoritarismo interno alla sinistra (ed è qui che l’accusa di fascismo è stata scambiata, poi sostituita, con quella di stalinismo). La novità storica, preceduta da significative censure contro singole lotte all’epoca dell’occupazione delle terre in Sicilia, irrompe con il ’77 quando il Pci costruisce l’accusa di “diciannovismo” nei confronti del movimento. E’ la prima volta in cui un movimento di sinistra viene accusato, dal maggior partito della sinistra, di contribuire a generare il fascismo. Accusa, quella di diciannovismo, che non è di poco conto nella cultura antifascista ma, cosa spesso dimenticata, ricavata da un concetto che nasce da un libro di Pietro Nenni (“Il diciannovismo”, uscito nel quarantennale della marcia su Roma). Le tesi di Nenni sono piuttosto chiare: l’ascesa del fascismo è stata favorita dall’estremismo di destra e dal massimalismo di sinistra, e anche da ibridazioni tra questi due estremi, che hanno delegittimato il parlamento, isolato la sinistra riformista, spaccato in due la classe operaia. Nenni scrive all’epoca dell’accordo storico tra Dc e Psi ed è evidente l’uso politico, proprio perché Nenni aveva anche la stoffa dello storico, di queste concezioni: mentre il Psi va al governo con la Dc, chi lo critica rischia di guardare oggettivamente al massimalismo genere 1919, facendo il gioco delle destre. Un modo, all’epoca elegante, per pararsi a sinistra mentre ci si alleava con la Dc, un partito che pochissimi anni prima, proprio grazie all’intesa con le destre, aveva costituito il governo Tambroni. L’accusa di diciannovismo rivolta dal Pci, all’epoca nell’area di governo della Dc di Andreotti, nei confronti del movimento del’77 non sarà però una polemica politica nascosta sotto le pieghe di significato costruite dalla storiografia. Si tratterà di una accusa, diretta, sul campo contro un’area politica ed una generazione. L’accusa di preparare il fascismo, grazie alla quale il Pci si comportò di conseguenza con una stagione di leggi speciali “a difesa della democrazia”. E che il lessico e i riti di quella stagione siano ancora celebrati oggi dalle  istituzioni deve essere oggetto di riflessione ...

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sabato 23 giugno 2012

Via via Almirante!


 

Roma, 21 giugno 2012

"Vergogna" così la partigiana Luciana Romoli interviene nell'aula del consiglio del Municipio II a Roma, dove è in discussione un odg de la Destra per intitolare viale Liegi a Giorgio Almirante. "Ho avuto due zii torturati e uccisi dai fascisti e voi volete intestare la strada a un mascalzone?"
Le immagini girate con il cellulare dal consigliere Luca Sappino (Sel)




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approfondimenti:
Almirante, per esempio

venerdì 20 aprile 2012

N : Nessun [giudizio ideologico]

E n c i c l o p e d i a
d e l l a
n e o l i n g u a
.
N
Nessun
[giudizio ideologico]


 Romanzo di una strage.

Mastandrea: nel mio Calabresi nessun giudizio ideologico ...”

 

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approfondimenti:
La strage della verità

giovedì 19 aprile 2012

La verità esiste, ma non è in questo film


Con le nuove condizioni attualmente predominanti nella società schiacciata sotto il tallone di ferro dello spettacolo, notiamo ad esempio che un assassinio politico  è visto in una luce diversa; in un certo modo smorzata. Ci sono molti più dementi di prima dappertutto, ma ciò che è infinitamente più comodo è che se ne può parlare in modo demenziale. E tali spiegazioni mediali non sono imposte da un qualsiasi terrore regnante. Al contrario, è l'esistenza pacifica di tali spiegazioni che deve suscitare il terrore.

Guy Debord, Commentari sulla Società dello spettacolo, XXV


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giovedì 12 gennaio 2012

Riccardo Bonavita, Spettri dell'altro (recensione di Giorgio Forni)

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Riccardo Bonavita
Spettri dellaltro. 
Letteratura e razzismo nellItalia contemporanea,
a cura di Giuliana Benvenuti e Michele Nani
Bologna, il Mulino/Ricerca, 2010, 227 pp.

*     *     *

  Giorgio Forni, in “Lettere italiane”, LXIII, 2011, n. 1, pp. 163-168
 
Nel febbraio del 1992 alcune centinaia di studenti dell’Università di Bologna occupavano pacificamente l’aula in cui avrebbe dovuto parlare lo storico Ernst Nolte per protesta contro la tesi semplificante della “guerra civile europea” che equiparava nazifascismo e bolscevismo relativizzando lo sterminio ebraico e minimizzando i tratti specifici del razzismo di stato del Novecento. Quella giornata, che allora ebbe una risonanza addirittura europea, fu un piccolo evento di vita universitaria, ma alcuni fra coloro che vi presero parte con più entusiasmo vi sentirono forse un impegno ulteriore di approfondimento critico e di memoria civile. Vero è che, a uno sguardo retrospettivo, quell’atto di dissenso giovanile segna l’avvio di una pluralità di ricerche e di iniziative che hanno attraversato la cultura bolognese e italiana per quasi vent’anni: nel novembre del 1994 esordiva la mostra La menzogna della razza: documenti e immagini del razzismo e dellantisemitismo fascista, realizzata con il patrocinio dell’Istituto regionale per i Beni Culturali diretto da Ezio Raimondi; seguirono poi le attività del “Seminario permanente per la storia del razzismo italiano” coordinate da Alberto Burgio; gli studi di Rudy M. Leonelli sul revisionismo storico e sulla genealogia foucaultiana della “guerra delle razze” (ora nuovamente dibattuta negli atti del convegno Foucault-Marx. Paralleli e paradossi, a cura di R.M. Leonelli, Roma, Bulzoni, 2010); il volume collettaneo Nel nome della razza. Il razzismo nella storia dItalia 1870-1945 (Bologna, il Mulino, 2000); fino ad arrivare, per esempio, alla mostra recente Lestraneo tra noi: la figura dello zingaro nellimmaginario italiano, allestita da Mauro Raspanti nel 2008. Ed è una volontà di indagare criticamente gli angoli oscuri del nostro passato cui potrebbe ascriversi, ma forse con meno limpidezza di pensiero, anche un romanzo come Asce di guerra di Wu Ming. In breve, una filologia filosofica applicata alla storia, ai detriti del rimosso, alle ombre inquietanti della nostra identità collettiva.
Non a caso in quella mattinata del 1992, con un frusciare di gentilezza sorridente, Riccardo Bonavita distribuiva un volantino in cui campeggiava un aforisma delle Tesi di filosofia della storia di Walter Benjamin, su cui in quegli anni aveva ragionato a lezione pure il Raimondi: “In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. [...] Anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”. E di lì a poco il Bonavita avrebbe messo alla prova quel concetto alto di tradizione con i suoi studi sul primo Ottocento, sul Leopardi del Discorso giovanile e poi dei Paralipomeni, sulla poesia di Franco Fortini: dal “Proteggete i miei padri” della Cassandra foscoliana dei Sepolcri al classicismo anticonformista e ironico del Leopardi fino agli ultimi versi del Fortini di Composita solvantur uscito proprio nel 1994: “Non per l’onore degli antichi dèi, / né per il nostro ma difendeteci. / [...] / Rivolgo col bastone le foglie dei viali. / Quei due ragazzi mesti scalciano una bottiglia. / Proteggete le nostre verità”. Nell’operazione poetica e intellettuale del Fortini il giovane Bonavita aveva trovato insieme un tramando di memoria e un’utopia critica, quella della Poesia delle rose: “Chi siamo stati / sapremo e senza dolore”. Così oggi, leggendo la raccolta postuma di saggi intitolata Spettri dellaltro. Letteratura e razzismo nellItalia contemporanea, viene da dire che nella sua generazione di universitari bolognesi il Bonavita fu colui che sentì con più passione e più rigore l’esigenza di coniugare l’impegno civile della coscienza critica con gli strumenti dell’analisi letteraria e filologica, anche e soprattutto esplorando i margini lividi e feroci della storia culturale del Novecento.

sabato 26 novembre 2011

I bronzi di... Storace

Bronzi di Mussolini e Vittorio Emanuele. La Destra chiede di ricollocarli
 
Facce di bronzo
 

«La Destra Cesenatico ha ritrovato "due bellissimi [sic!] busti di bronzo, uno di Benito
Mussolini e l'altro del Re Vittorio Emanuele, un tempo esposti all'ingresso dell'ospedale di Cesenatico. Si trovano conservati nel vano sottotetto di una clinica di Cesena". L'intento dei militanti del partito di Storace è quello di chiedere al sindaco Buda di attivarsi presso l'Azienda Sanitaria, al fine di riportare a Cesenatico le due opere, magari nella biblioteca comunale.