lunedì 29 giugno 2009

I guanti di Maroni (di Luca Lenzini)


1. Nel 1781 il capitano Luke Collingwood, al comando della nave negriera Zong, ordinò di gettare a mare, al largo dei Caraibi, 132 africani vivi e incatenati ai loro ceppi. Motivo della decisione: la nave era fuori rotta, a corto di cibo e d’acqua, e il suo carico umano – più precisamente, la merce – sempre più avariato, sarebbe perito prima di giungere a destinazione, ragion per cui l’assicurazione non avrebbe pagato lo spettante ai padroni della nave. Ad essere pagata era infatti solo la quota per le “perdite in mare”1. Ciò che portò alla ribalta il caso fu il processo che seguì, a Londra, rifiutandosi appunto l’assicurazione di pagare le “perdite” dello Zong.
Dell’episodio esist
ono resoconti e documenti di archivio; ad esso si riferiscono saggi assai rilevanti nella storia dell’abolizione della schiavitù (1838 in Inghilterra). Ma la storia dello Zong è nota anche perché ispirò a Turner uno dei suoi quadri più famosi, Slavers Throwing. Overboard the Dead and Dying – Typhoon Coming On, comunemente conosciuto come The Slave Ship, esposto per la prima volta a Londra nel 1840, nel pieno della campagna abolizionista (allora la tratta degli schiavi era ancora fiorente negli Stati Uniti e negli imperi coloniali portoghese e spagnolo). Probabilmente, secondo Simon Schama, oltre che dalla storia dello Zong, all’epoca riproposta in racconti e pamphlets, Turner fu influenzato anche da cronache più recenti, come quelle relative all’African Squadron, la flottiglia della marina britannica impiegata per la caccia alle navi negriere: «si era saputo» - scrive Schama - «che, incalzati dalle navi britanniche, gli schiavisti, sia per guadagnare velocità e sfuggire all’inseguimento, sia per sbarazzarsi delle prove che, se raggiunti, li avrebbero incriminati, gettavano a mare il loro carico di schiavi»2. Al quadro di Turner dedicò una pagina celebre John Ruskin, che nel primo volume dei Modern Painters lo definisce «la più nobile opera» del pittore inglese, ed anzi «la più nobile marina mai dipinta da un pittore»3. Ruskin puntò tuttavia l’attenzione sulla tecnica con cui Turner riusciva a rendere, mirabilmente, gli effetti di luce e movimento della scena rappresentata, ed erano perciò soprattutto il mare e la natura, non la tragica fine degli schiavi, al centro del suo commento: alla nave negriera ed alla sua truce storia a Modern Painters dedica solo una breve nota a piè di pagina
2. Qualche anno fa, una fotografia che per un po’ di tempo suscitò qualche scandalo ritraeva la spiaggia di Lampedusa, a mezzavia tra Africa e Italia: vi si vedevano alcuni villeggianti intenti ad abbronzarsi e, un po’ discosto, il cadavere di un “migrante”…

Leggi l'articolo completo in L'ospite ingrato


venerdì 26 giugno 2009

Culture razziste e politiche sessuali dall'impero alla postcolonia




In occasione dell'uscita del volume di Nicoletta Poidimani


Difendere la “razza”.
Identità razziale e politiche sessuali nel progetto imperiale di Mussolini
(ed. Sensibili alle Foglie, 2009)

una riflessione sul riattivarsi odierno di nuovi stereotipi razzisti e sessisti a partire dalle analisi delle politiche sessuali e razziali applicate dal regime fascista nelle sue colonie africane (a cura del Seminario itinerante antisessista e antirazzista) Intervengono:
Nicoletta Poidimani (autrice di Difendere la "razza"), Najat Achak (Coordinamento migranti Bologna), Kaha Mohamed Aden (scrittrice)


Introducono:
Liliana Ellena e Vincenza Perilli
Al termine dell'incontro proiezione del documentario di
Chiara Ronchini e Lucia Squeglia

GOOD MORNING ABISSINIA


SABATO 27 GIUGNO ORE 15.00
CENTRO INTERCULTURALE ZONARELLI
via Sacco 14 - Bologna


Promuovono: Ass. Sopra i ponti, Anpi Bolognina, Centro Zonarelli, Laboratorio femminista Kebedech Seyoum
____________ 
da: Marginalia

lunedì 22 giugno 2009

Louis Althusser - Viaggio a Mosca, 1974

Ovviamente trovai a in Urss un vero e proprio deserto filosofico. I miei libri erano stati tradotti, come tutto ciò che si pubblica all’estero, ma sistemati nel «perfetto inferno» delle biblioteche, soltanto per ultraspecialisti politicamente sicuri. E quando il Preside della Facoltà di filosofia mi accompagnò all’aeroporto di Mosca, tutto ciò che seppe dirmi fu: «Saluta le da parte mia le donnine di Parigi!!!»


«L’avenir dure longtemps», suivi de «Les faits», Éditions Stock/Imec, Paris 1992

tr. it. a c. d. F. Bruno «L’avvenire dura a lungo», seguito da «I fatti», Guanda, Parma 1992, p. 201

martedì 16 giugno 2009

Ivan Della Mea

non è un'Internazionale
che si presta
a essere cantata in coro

è
un'Internazionale
che
rimanda
a tutto un processo
di riflessione
di presa di coscienza

è
l'espressione
di una soggettività
fortemente antagonista
ma che
ne deve fare ancora
per diventare
un fatto collettivo


Ivan Della Mea







martedì 9 giugno 2009

Alcide Cervi - e d'improvviso il canto dell'Internazionale




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Una mattina viene una staffetta a dirci che un aviatore americano è sceso col paracadute in campagna, verso Rio Saliceto. Aldo e altri partono subito con la staffetta e lo trovano l’americano. Stava in mezzo al paracadute bianco come in un letto matrimoniale e perdeva sangue da una gamba. Quando vede i nostri pensa che siano fascisti e mostra la ferita, che lo fa gridare, ma i miei dicono, partigiani, e allora l’americano ride contento. Lo prendono a braccia, avvoltolano il paracadute e con la macchina tornano a casa.
L’americano è un tipo a suo modo, bacia Genoveffa come sua mamma, quando vede il letto comodo e pulito che lo aspetta, riesce a gridacchiare urrà e ci si sdraia. I figli gli mettono la gamba sulla spalliera e Ferdinando, che aveva organizzato una infermeria, pulisce la ferita e la fascia con la tela migliore, quella che filava la madre. Poi a pranzo gli portano il pollo lesso, per rimetterlo s che è magro, e lui mangia la carne e sputa la pelle. – Ah – dice con la pelle fra le dita e fa un ghignaccio con la bocca e indica lo stomaco. Non gli piace la pelle al putino, e io mi arrabbio perché il pollo era come oro, allora, e nessuno di noi ne mangiava. Eppure pollo ne ebbe poi sempre, e Genoveffa ne faceva comprare, quando non potevamo ammazzare i nostri. Ma la pelle non ha imparato mai a mangiarla, così la toglievamo e la mangiavamo noi. Il ragazzo rifaceva sangue e si cambiava giorno per giorni nel viso, così si alzò presto, voleva cominciare a impalare l’italiano. Veniva giù in cucina e con le donne chiedeva come si chiama questo e quello, così metteva insieme le parole e faceva discorsi buffi. Aveva capito che eravamo comunisti ma faceva finta di niente, chissà prima cosa pensava lui che fossero i comunisti. Poi venne da noi anche un russi, pure lui in cerca di imparare qualche parola d’italiano, e l’americano qualche parola di russo, e il russo qualche parola di americano. Il russo lavorava molto nei campi e quando passava qualcuno nella strada si nascondeva dietro le siepi. Poi vennero neozelandesi e canadesi, c’erano tutti gli alleati. Una sera dopo cena, ci mettiamo a cantare canzoni ognuna del proprio paese e d’improvviso viene fuori il canto dell’Internazionale. La sapevano tutti e la cantavano nella loro lingua, ma quella sera c’era una lingua sola e un cuore solo: l’Internazionale.

Alcide Cervi, I miei sette figli; a cura di Renato Nicolai,
Editori Riuniti, IX edizione – marzo 1956, p. 69-70


mercoledì 3 giugno 2009

Bologna si riscopre rossa, resistente e antirazzista (da il manifesto)

Grande successo per il festival delle culture antifasciste. Insieme centri sociali e Anpi. Un esperimento da ripetere
Bologna si riscopre rossa, resistente e antirazzista
(di Giusi Marcante, il manifesto, 2 giugno 2009)


Chiude oggi a Bologna il Festival sociale delle culture antifasciste e in giro per il parco delle Caserme Rosse, il lager della città che funzionò come centro di smistamento e deportazione verso la Germania tra il '43 e il '44, c'è già chi parla della prima edizione pensando ad un futuro per questa cinque giorni che ha tentato (e il risultato è decisamente lusinghiero) più di un esperimento.
Il primo è stato quello di allargare il concetto di antifascismo a partire dalla convinzione che il fascismo del nostro tempo si declina in modi diversi.
Come nel razzismo delle leggi contro gli immigrati o in quel conformismo già biasimato da Pier Paolo Pasolini nel 1962: «L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è ora il fascismo». C'è questa frase alla base dell'appello lanciato da un gruppo di persone trasversali ai centri sociali della città che hanno preferito fare un passo indietro rispetto alle identità degli spazi per presentarsi come rete informale.
E qui arriva l'altro esperimento: nella Bologna medaglia rossa della Resistenza l'Anpi e i centri sociali si sono sempre guardati a distanza ma dal 2006, quando è stata data la possibilità di iscriversi all'associazione anche a chi non ha fatto la lotta partigiana, molti giovani si sono iscritti.
Nel quartiere della Bolognina il presidente della sezione Anpi si chiama Armando Sarti, anche lui non è stato un partigiano ma il suo lavoro di ricerca sulle Caserme Rosse ha contribuito a svelare una storia ancora poco conosciuta su quel luogo. Sarti ha accettato il confronto e la proposta dei centri sociali e il festival ha preso vita con un lunghissimo programma che in cinque giorni ha proposto più di 90 eventi tra dibattiti, presentazioni di libri, spettacoli e concerti. Uno su tutti il concerto delle "bande partigiane" ( dalla Banda Roncati di Bologna agli Ottoni a scoppio di Milano ai Fiati Sprecati di Firenze) che ieri pomeriggio ha attraversato assieme a 200 persone il centro della città fino al sacrario dei caduti della Resistenza.
E se al presidente provinciale dell'Anpi William Michelini, che pure ha dato il patrocinio, non piace sentir parlare di centri sociali, sono stati diversi gli ex partigiani e gli ex deportati che hanno partecipato alle iniziative. Insomma una dialettica normale anche in un'associazione come quella degli ex partigiani. Il festival è stato totalmente autogestito e autofinanziato, nel parco ha funzionato un campeggio e una cucina che ha distribuito centinaia di pasti.
Questa mattina nell'assemblea conclusiva si deciderà quale percorso dare all'esperienza del Festival sociale delle culture antifasciste che potrebbe diventare una scadenza annuale. Il percorso è stato in parte tracciato in questi giorni e tutte le iniziative e le persone che sono state coinvolte costituiscono la prima parte della scatola degli attrezzi per affrontare il fascismo dei nostri tempi.

lunedì 1 giugno 2009

Festival culture antifasciste : sul corteo di oggi - un documento da Armando Sarti (presidente ANPI Bolognina)

Sulla serenità e il carattere produttivo ed aperto degli incontri che si svolgono al Festival delle culture antifasciste in corso dal 29 maggio al 2 giugno al parco delle Caserme Rosse di Bologna (quartiere Bolognina) ieri è planata l'ombra di un articolo di particolare rozzezza.
Mi riferisco al pezzo pubblicato ieri sulle pagine bolognesi del quotidiano la Repubblica, a firma Eleonora Capelli, dal titolo: "I centri sociali alla festa antifascista - l'Anpi si divide".
Per dare un'idea del pezzo cito le prime righe:
"I ragazzi dei centri sociali e i 'nonni' dell'Anpi: la strana coppia che 'scavalca' i partiti al Festival sociale delle culture antifasciste in corso alle Caserme Rosse divide l'Associazione nazionale partigiani d'Italia ... "
E più oltre il brano viene al sodo, per mezzo di questa frase breve ma eloquente:
"Comunque, quelli delle Caserme Rosse sono giovani troppo radicali per il Pd".
E il segretario bolognese del Pd, De Maria (del resto molto più giovane di me e tant* altri che - oltre a molt* giovani - alle Caserme Rosse ci vanno e partecipano al Festival), rincara la dose...
Ma stendiamo un pietoso velo. Non intendo annoiare ulteriormente chi legge, ricopiando questa prosa, di cui si sarà già colto il succo.

Oggi, visto il polverone giornalistico scagliato sul Festival, ho interpellato Armando Sarti, presidente dell'Anpi Bolognina, il quale mi ha trasmesso alcuni documenti relativi al Festival, autorizzandomi a pubblicare quel che volevo.
Ho scelto il documento relativo alla manifestazione di oggi. Che pubblico integralmente di seguito:


A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Sezione Bolognina - Via Corticella 145 - 40129 Bologna
Bologna, 27 maggio 2009
Al Signor Questore di Bologna
Al Signor Sindaco di Bologna
Al Signor Presidente del Q.re Navile
All’Ufficio Traffico Comune di Bologna
Al Comando Polizia Munic.le di Bologna
Alla Polizia Municipale Reparto Navile
All’U.R.P. Q.re Navile Via Tibaldi 17
e p.c. Al Signor Presidente Atc
Oggetto: LUNEDI’ 1° GIUGNO 2009 ORGANIZZAZIONE DI UN CORTEO DI BANDE MUSICALI, NELL’AMBITO DEL “FESTIVAL SOCIALE DELLE CULTURE ANTIFASCISTE” - MEETING DI MAGGIO A CASERME ROSSE, IN PROGRAMMA DAL 29/5 AL 2/6/2009.- INTEGRAZIONE RICHIESTA DEL 17/05/09.
La presente viene inviata quale integrazione alla richiesta in precedenza trasmessa datata 17 c.m. per chiedere l’autorizzazione all’organizzazione, nell’ambito del “Meeting di maggio” che si terrà a Caserme Rosse, via Corticella 147 - Bologna, dal 29 c.m. al 2 giugno p.v., di un corteo di bande musicali nella giornata di lunedì 1° giugno.
Per ridurre i disagi al traffico la partenza non avverrà più da Caserme Rosse, come in precedenza indicato, ma da piazza dell’Unità (dell’Unità d’Italia e luogo della battaglia della Bolognina del 15 novembre 1944), con concentramento alle ore 15, musica e lettura di poesie, partenza alle ore 15,30 in direzione centro città, percorrendo via Matteotti e via dell’Indipendenza.

Il corteo (di 70 musicanti - formato da 7 gruppi, provenienti anche dall’estero - e di circa 200 persone, dato presunto) giungerà in piazza Nettuno alle ore 17 circa per la deposizione di alcune corone di alloro al Sacrario delle Vittime della Resistenza, alle lapidi a ricordo dei deportati militari e civili nei lager nazisti, alla lapide che ricorda l’assassinio del giovinetto Anteo Zamboni, vittima innocente del fascismo, alla lapide che ricorda la Brigata Partigiana Garibaldi in Iugoslavia ed infine - nel primo cortile di Palazzo D’Accursio- alla lapide che ricorda le vittime dell’assalto fascista all’istituzione Comune ed alla Sala del Consiglio comunale del 21 novembre del 1920, assalto che provocò 10 morti ed almeno 50 feriti. Secondo nuove interpretazioni storiche è in quell’atto - di assalto al Comune - il momento di nascita del regime e della dittatura fascista e non già nella marcia su Roma dell’ottobre 1922.