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giovedì 9 aprile 2015

L'eresia bolognese - Documenti di una generazione ribelle (1967 - 1990)





Documenti di una generazione ribelle

a cura di Paolo Brunetti

EDIZIONI  ANDROMEDA


Eresia bolognese perché a Bologna s'infranse per la prima volta,  in modo sociale e largamente diffuso, l'ordine consacrato della virtù del lavoro salariato come orizzonte di vita . . . a vita. il movimento movimento del rifiuto del lavoro risale ai tempi biblici Adamo nel giardino dell'Eden,  non lavorava), ma le lotte dei due secoli passati si erano scontrate con l'insufficiente sviluppo delle forze produttive. il grande progresso economico seguito alla Seconda Guerra Mondiale e i lunghi anni dal lungo dopoguerra avevano posto all'ordine del futuro il superamento della costrizione al lavoro. affermare tutto questo nella città capitale nella città capitale del comunismo euro-occidentale, fondato sull'ideologia del lavoro, fu un'autentica eresia portata avanti dal gruppo bolognese di Potere Operaio . . .

Se la nostra  è stata un'eresia, di fronte alla catastrofe sociale cui ha portato il partito del lavoro la medesima eresia è oggi diventata il Sol dell'avvenire.
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 Contenuti speciali allegati:
  (DVD con oltre 2000 pagine più numerosi video)
                     

sabato 28 febbraio 2015

Grecia: forzare i limiti del capitalismo per combattere l'austerity - di  Étienne Balibar, Sandro Mezzadra

 


E. BALIBAR - S.MEZZADRA

giovedì 26 febbraio 2015 15:04




È dunque vero che alla fine, come titolano molti giornali in Italia e in Europa, Atene ha ceduto all'Eurogruppo (la Repubblica), compiendo il primo passo verso il ritorno all'austerity (The Guardian)? È cominciata la «ritirata» di Syriza, come sostengono molti leader della stessa sinistra interna del partito greco?
È presto per formulare un giudizio complessivo e fondato sugli accordi definiti all'interno della riunione dell'Eurogruppo di venerdì [ndr: 20 febbraio 2015]: molti aspetti tecnici, ma di grande importanza politica, saranno resi noti soltanto nei prossimi giorni. Vorremmo tuttavia provare a suggerire un diverso metodo di analisi dello scontro che non ha soltanto contrapposto il governo greco alle istituzioni europee, ma ha anche mostrato più di una crepa all'interno di queste ultime. Sulla base di quali criteri dobbiamo giudicare l'azione di Tsipras e Varoufakis, misurandone l'efficacia? È questa la domanda che ci interessa porre.
Vale la pena di ripetere che lo scontro aperto dalla vittoria di Syriza alle elezioni greche si svolge in un momento di crisi acuta e drammatica in Europa. Le guerre che marcano a fuoco i confini dell'Unione Europea (a est, a sud, a sudest), le stragi di migranti nel Mediterraneo non sono che l'altra faccia dei processi in atto di scomposizione dello spazio europeo, che la crisi economica ha accelerato in questi anni e che destre più o meno nuove, più o meno razziste e fasciste cavalcano in molte parti del continente. In queste condizioni, le elezioni greche e la crescita di Podemos in Spagna hanno aperto una straordinaria occasione, quella di reinventare e riqualificare a livello europeo una politica radicale della libertà e dell'uguaglianza.

Forzare i limiti del capitalismo
Dietro l'apertura di questa occasione ci sono, tanto in Grecia quanto in Spagna, le formidabili lotte di massa contro l'austerity. Ma lo sviluppo di queste lotte, nella loro diffusione «orizzontale», si è trovato di fronte limiti altrettanto formidabili: la posizione di dominio del capitale finanziario all'interno del capitalismo contemporaneo e l'assetto dei poteri europei, modificato da quella che abbiamo definito una vera e propria «rivoluzione dall'alto» nella gestione della crisi.
Il punto è che, non appena Syriza è riuscita a innestare sull'orizzontalità delle lotte un asse «verticale», portandone le rivendicazioni e il linguaggio fin dentro i palazzi europei, si è immediatamente trovata di fronte quegli stessi limiti. Si è scontrata con l'assetto attuale dei poteri europei e con la violenza del capitale finanziario. Sarebbe davvero ingenuo pensare che il governo greco, che un singolo Paese europeo (anche di maggior peso demografico ed economico della Grecia) possa spezzare questi limiti.
Se ce ne fosse stato ancora bisogno, quanto è accaduto in questi giorni dimostra chiaramente che non è sulla base di una semplice rivendicazione di sovranità nazionale che una nuova politica della libertà e dell'uguaglianza può essere costruita. I «limiti» di cui si è detto, tuttavia, ci appaiono oggi in una luce diversa rispetto a qualche mese fa. Se le lotte ne avevano mostrato l'insostenibilità, la vittoria di Syriza, la crescita di Podemos e la stessa azione del governo greco cominciano ad alludere alla realistica possibilità di superarli. Era evidente, e lo aveva chiarito tra gli altri lo stesso Alexis Tsipras, che non sarebbe stata sufficiente una semplice affermazione elettorale per fare questo. Si tratta di aprire un processo politico nuovo, per costruire e affermare materialmente una nuova combinazione, una nuova correlazione di forze in Europa.
Diceva Lenin che ci sono situazioni in cui bisogna cedere spazio per guadagnare tempo. Se applichiamo questo principio, opportunamente modificato, alla valutazione degli «accordi» di venerdì scorso possiamo forse scommettere (con l'azzardo che è costitutivo di ogni politica radicale) sul fatto che il governo greco abbia ceduto «qualcosa» per guadagnare tempo e per guadagnare spazio. Ovvero, per distendere nel tempo l'occasione che si è aperta in Europa nella prospettiva, resa possibile anche dalle prossime scadenze elettorali in Europa (a partire dalla Spagna, ma non solo), che altri «spazi» vengano investiti e «conquistati» dal processo politico nuovo di cui si diceva.
Questo processo politico, per avere successo nei prossimi mesi, non potrà che articolarsi su una molteplicità di livelli, combinando lotte sociali e forze politiche, comportamenti e pratiche diffuse, azione di governo e costruzione di nuovi contropoteri in cui si esprima l'azione dei cittadini europei. In particolare, nel momento in cui riconosciamo l'importanza decisiva di un'iniziativa sul terreno istituzionale quale quella che Syriza ha cominciato a praticare e Podemos concretamente prefigura, dobbiamo anche essere consapevoli dei suoi limiti.
In un lungo articolo (a suo modo straordinario), pubblicato nei giorni scorsi dal Guardian («How I became an erratic Marxist»), Yanis Varoufakis ha mostrato di avere una consapevolezza molto precisa di questi limiti. Fondamentalmente, ha affermato, quel che un governo può fare oggi è cercare di «salvare il capitalismo europeo da se stesso», dalle tendenze auto-distruttive che lo attraversano e minacciano di aprire le porte al fascismo. Ciò che in questo modo è possibile è conquistare spazi per una riproduzione del lavoro, della cooperazione sociale meno segnata dalla violenza dell'austerity e della crisi - per una vita meno «misera, sgradevole, brutale e breve».
Non è un governo, insomma, a potersi far carico della materiale apertura di alternative oltre il capitalismo. Leggendo a modo nostro l'articolo di Varoufakis, possiamo concludere che quell'oltre (oltre il salvataggio del capitalismo europeo da se stesso, in primo luogo) indica il «continente» potenzialmente sconfinato di una lotta sociale e politica che non può che eccedere la stessa azione di governi come quello greco e ogni perimetrazione istituzionale. È all'interno di quel continente che va costruita la forza collettiva da cui dipende quello che sarà realisticamente possibile conquistare nei prossimi mesi e nei prossimi anni. E il terreno su cui questa forza deve essere organizzata ed esercitata non può che essere l'Europa stessa, nella prospettiva di contribuire a determinare una rottura costituente all'interno della sua storia.

Il blocco di Francoforte
La mobilitazione convocata dalla coalizione Blockupy a Francoforte per il 18 marzo, il giorno dell'inaugurazione della nuova sede della Bce, acquista da questo punto di vista una particolare importanza. È un'occasione per intervenire direttamente nello scontro in atto a livello europeo (e dunque per sostenere l'azione del governo greco), andando oltre una generica contestazione dei simboli del capitale finanziario, della Bce e delle tecnostrutture «post-democratiche» di cui ha parlato Jürgen Habermas.
Ma è anche un momento di verifica delle forze che si muovono in quell'«oltre» senza consolidare il quale (è uno dei paradossi del nostro tempo) la stessa azione di governi e partiti che si battono contro l'austerity è destinata all'impotenza.

(23 febbraio 2015)
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                                  da: globalist.it


lunedì 22 settembre 2014

Sandro Mezzadra, Brett Neilson: Confini e frontiere

Copertina Confini e frontiere 

La moltiplicazione del lavoro nel mondo globale



il Mulino, Bologna 2014

Edizione originale : 
Border as method, or, the Multiplcation, 
Durham, Duke University Press 2013
 

In Europa, in Asia, nel Pacifico, nelle Americhe, i confini e le terre che li circondano sono oggi scenario di forti tensioni, di lotte violente e di tragedie umanitarie. Basta pensare alle morti, spesso senza nome, dei migranti che vanno in cerca di un futuro sfidando le acque del Mediterraneo o il deserto tra Messico e Stati Uniti. I moderni processi di globalizzazione non hanno affatto creato un mondo senza barriere, e hanno anzi generato una vera moltiplicazione di confini. Il libro ne traccia l’intricata mappa, indagando gli effetti che tale dinamica produce sul lavoro, sui movimenti migratori e sulla vita politica. Sullo sfondo della crisi e della trasformazione dello Stato-nazione, sono i concetti stessi di cittadinanza e sovranità a essere ridefiniti.



Sandro Mezzadra è professore di Filosofia politica nell’Università di Bologna. Fra i suoi libri ricordiamo: «La condizione postcoloniale» (Ombre Corte, 2008). Per il Mulino ha già pubblicato «La costituzione del sociale» (1998) e «Il pensiero politico del Novecento» (con C. Galli e E. Greblo, nuova ed. 2009).

 Brett Neilson è professore all’Institute for Culture and Society della University of Western Sydney (Australia). È autore fra l’altro di «Free Trade in the Bermuda Triangle… and Other Tales of Counter-Globalization» (2004).

mercoledì 19 marzo 2014

L'amore della politica, di Valerio Romitelli

L'amore della politica

Pensiero , passioni e corpi nel disordine mondiale

 di
Valerio Romitelli 

 Mucchi editore, Modena 2014


Il lungo ciclo del materialismo storico, del socialismo, del comunismo e dei partiti di classe è finito. Ma non ha fallito. Ha sperimentato una singolare tendenza alla giustizia sociale. Quella culminata nel glorioso trentennio 1945/75: possibile solo perché in mezzo mondo c’erano regimi capaci di dimostrare, anche a costo di terribili sacrifici, che politiche egualitarie erano universalmente realizzabili. Sulla base di questi presupposti si offre un inedito taglio dei maggiori problemi del nostro tempo quale l’ incipiente crisi del capitalismo e delle democrazie improntate al modello americano, nonché il rapido dilatarsi di popolazioni che i governi abbandonano a un destino di sfruttamento e sofferenza sociale.
Al cuore del libro si trova una formulazione di un nuovo possibile orizzonte di sperimentazione politica: l’orizzonte di un materialismo politico, nel quale protagonisti siano il pensiero, anziché la coscienza, le passioni, anziché gli interessi, e a condizione che prendano corpo in nuove “particelle” organizzative, come quelle già sporadicamente operanti nel secolo scorso, specie attorno al ’68. L’amore della politica risulta così una vera e propria energia materiale, discontinua, come ogni grande passione, ma con conseguenze irreversibili. Un’energia oggi latitante, che va ripensata e riorganizzata.

 Valerio Romitelli

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lunedì 3 marzo 2014

Walter Benjamin, «Segnalatore d’incendio»



L’idea che ci si fa della lotta di classe può indurre in errore. Non si tratta, in essa, di una prova di forza in cui si decida la questione di chi vince e chi perde, né di uno scontro al cui termine al vincitore andrà bene e allo sconfitto male. Pensare così significa dare ai fatti un travestimento romantico. Perché la borghesia, sia che vinca o che soccomba nella lotta, è comunque condannata a perire dalle sue interne contraddizioni che le riusciranno fatali nel corso del suo sviluppo. La questione è soltanto se essa perirà per mano propria o per mano del proletariato. Durata o fine di un’evoluzione culturale tre volte millenaria saranno decise dalla risposta a questo punto. La storia nulla sa dell’infinito di bassa lega simboleggiato dai due gladiatori eternamente in lotta. Solo per scadenze fa i suoi calcoli il vero politico. E la liquidazione della borghesia non si sarà compiuta ad un punto quasi esattamente calcolabile (lo segnalano inflazione e guerra chimica) tutto sarà perduto. Prima che la scintilla raggiunga la dinamite, la miccia va tagliata. Intervento, rischio e rapidità del politico sono una questione di tecnica, non di cavalleria.

Segnalatore d’incendio” da: Walter Benjamin, Gesammelte Schriften, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1972 trad. it. in Walter Benjamin, Strada a senso unico. Scritti 1926-1927, a c. d. Giorgio Agamben,  Einaudi, Torino 1983.


mercoledì 22 gennaio 2014

Presentazione del volume di Dimitris Deliolanes “Alba dorata”, al Parri, BO 30 gennaio


                            
       
         presentazione del volume di Dimitri Deliolanes
                            

 Alba dorata : la Grecia nazista minaccia l'Europa
 
 Fandango libri, Roma 2013
                          



Giovedì 30 gennaio 2014 ore 18 
Sala dell’Ex- Refettorio, Via S. Isaia 20
Con il libro su Alba dorata, di Dimitris Deliolanes, l'Istituto per la storia e le memorie del '900 Parri-ER inaugura 900 storie, un nuovo ciclo di presentazioni di libri, film e altri materiali audiovisivi sulla storia del XX secolo e del tempo presente.

mercoledì 11 dicembre 2013

FN & CaPa: «Il giorno della rivoluzione» - di: Guido Caldiron

«Il giorno della rivoluzione», con Forza Nuova e Casa Pound

   il movimento. Militanti neri, produttori e "padroncini" 

   da il manifesto  -  10/12/2013


 «Saremo noi per primi a difen­derci da even­tuali infil­trati. Io per primo ho paura per­ché le infil­tra­zioni (…) non ci fanno bene, fanno un favore al sistema. Pur­troppo, però, ci sono». Era stato lo stesso lea­der del Movi­mento sici­liano dei For­coni, Mariano Ferro, ad ammet­tere che la mobi­li­ta­zione del 9 dicem­bre cor­reva il rischio di tra­sfor­marsi in una straor­di­na­ria vetrina per chi volesse cer­care visi­bi­lità. Come l’estrema destra che cerca oggi di spe­cu­lare sul males­sere ali­men­tato dalla crisi, nel ten­ta­tivo di ripo­si­zio­narsi in forme più radi­cali dopo il lungo flirt con la destra di governo berlusconiana.
Per­ciò, non deve sor­pren­dere più di tanto se tra gli esiti delle mani­fe­sta­zioni che si sono svolte ieri in molte città, dalla Sici­lia fino al Nor­dest, vi è anche quello di una rin­no­vata presenza dei neo­fa­sci­sti. Un dato da non enfa­tiz­zare, ma pur sem­pre reale.
Ultrà «neri» del cal­cio orga­niz­zati mili­tar­mente a Torino — anche se dai micro­foni di Radio Black Out, vicina ai cen­tri sociali, si invi­tava a una let­tura più arti­co­lata della com­po­si­zione della piazza -, mili­tanti di Casa Pound e Forza Nuova a Roma e in altre città del centro-sud, atti­vi­sti del Movi­mento Sociale Euro­peo, sigla di comodo in realtà legata ad alcuni diri­genti del par­tito La Destra di Sto­race a bloc­care qual­che strada sem­pre nella Capi­tale, men­tre qui e là si è visto anche qual­che espo­nente di Fra­telli d’Italia. Estre­mi­sti di destra con­fusi tra i mani­fe­stanti: una situa­zione resa pos­si­bile anche dal pro­filo poli­ti­ca­mente inde­fi­nito dell’iniziativa.

mercoledì 4 dicembre 2013

CaPa & Alba Dorata



 Casa Pound, dal Cavaliere ad Alba Dorata

    di  Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena 

                                                                        da MicroMega online
                                                                             (4 dicembre 2013)                                                                                  


Venerdì scorso i Fascisti del Terzo Millennio hanno ospitato nel loro quartier generale i neonazisti greci, un'evidente svolta a destra: l'intento è unire tutti i movimenti nazionalisti europei. Il guru di tale svolta pare l'evergreen Adinolfi il quale contro la crisi economica propone da tempo una "nuova alchimia movimentista peronista".
  
                      
                              

Né svastiche né celtiche. Nessuna testa rasata. L’immaginario naziskin assente. Come i saluti romani: i camerati tra loro si limitano a stringersi l’avambraccio destro nel saluto del legionario. Tanti giovani di Blocco Studentesco, ben vestiti e più figli di una borghesia annoiata che fascisti di borgata. Pochi giornalisti, Casa Pound non è più sulla cresta dell’onda. Le ultime batoste subite in diverse tornate elettorali ne hanno sancito un’evidente marginalità politica. Eppure venerdì scorso ospitavano i greci più temuti del Continente: i rappresentanti del movimento di estrema destra, ma la stampa ellenica non esita a chiamarli esplicitamente neonazisti, di Alba Dorata, venuti appositamente in Italia per confrontarsi con i “fascisti del Terzo Millennio”. Un evento annunciato da migliaia di manifesti su tutti i muri della Capitale.

Centocinquanta le persone accorse nel cuore del quartiere multietnico dell’Esquilino per l’iniziativa. Lo staff comunicazione del gruppo neofascista ad accogliere i cronisti e ad accompagnarli al sesto piano del palazzone, luogo del dibattito. Ovunque camerati impettiti a controllare e scrutare facce non conosciute: disciplina e ordine, di stampo militarista, la fanno da padroni. L’ambiente è ripulito. Sui muri decine di fanzine incorniciate di Casa Pound raccontano anni di iniziative. Nulla è lasciato al caso.

Apostolos Gkletsos, ex-deputato e componente del comitato centrale di Alba Dorata, e Konstantinos Boviatsos, Radio Bandiera Nera Hellas, entrano in sala accompagnati da uno scrosciante applauso. Andrea Antonini, vicepresidente di Casa Pound Italia, introduce il dibattito. Le sue parole suonano inequivocabili: «Condividiamo il programma politico di Alba Dorata, è un’unione anche umana contro la repressione giudiziaria e di sangue». Il riferimento è agli ultimi fatti accaduti in Grecia: la magistratura conduce un’inchiesta per specifici reati criminali che ha già portato in carcere diversi esponenti di primo piano del movimento, mentre due giovani militanti sono stati uccisi da un commando rimasto senza nome, anche se è arrivata una rivendicazione firmata da uno sconosciuto gruppo di estrema sinistra.

Si ha la sensazione di assistere ad un cambio di paradigma importante per Casa Pound che implica una svolta. A destra. Estrema destra.
In Italia Alba Dorata finora aveva stretto rapporti soprattutto con Forza Nuova, mentre i Fascisti del Terzo Millennio – nel loro tentativo di rinnovare il “campo” con nuovi slogan e un immaginario a metà strada tra le sottoculture giovanili, il futurismo e Terza Posizione –, avevano prediletto altri movimenti ellenici di stampo più laico e non nazionalsocialista.

Un libro, scritto dal giornalista Dimitri Deliolanes, ripercorre la storia e l’ascesa di Alba Dorata. Per lui si tratta dell’unico partito esplicitamente neonazista presente in un parlamento nazionale dell’Unione Europea. La costruzione politico-ideologica del gruppo risale all’inizio degli anni ’80. In un editoriale del numero 5 (maggio-giugno 1981) della loro omonima rivista, si legge:

Siamo nazisti, se ciò non disturba a livello espressivo, perché nel miracolo della Rivoluzione Tedesca del 1933 abbiamo visto la Potenza che libererà l’umanità dal marciume ebraico, abbiamo visto la Potenza che ci condurrà in un nuovo rinascimento europeo, abbiamo visto la splendida rinascita degli istinti ancestrali della razza, abbiamo visto una fuga possente dall’incubo dell’uomo massa industriale verso una nuova e nello stesso tempo antica ed eterna specie d’uomo, l’uomo degli dèi e dei semidei, il puro, ingenuo e violento uomo del mito e degli istinti.

Eppure Apostolos Gkletsos precisa subito: «Non siamo nazisti, il nostro è un movimento politico e ideologico. Un movimento nazionalista e popolare». Più volte le frasi dell’ospite greco sembrano mettere in imbarazzo i militanti di Casa Pound. Come quel costante richiamo alla «razza bianca europea» o alle radici cristiane dell’Europa e alla «Grecia (che) svolge da sempre un ruolo di scudo contro l’invasione islamica: prima i persiani, ora i turchi».

mercoledì 22 maggio 2013

Les clichés selon Alain Badiou, philosophe



pubblicato in data 24 aprile 2012   
 

«Il y a un cliché tenace qui m'insupporte , c'est que l'amour est quelque chose de magnifique à ses débuts, puis qu'une lassitude s'installe pour terminer enfin par une aigre séparation. »

Alain Badiou



Philosophe majeur de la scène intellectuelle française contemporaine, Alain Badiou a publié bon nombre d'essais, aussi bien consacrés à des questions ontologiques que politiques comme « La Théorie du sujet » ou encore « L' Etre et l'événement ».

La pensée politique de cet ancien militant maoïste s'inscrit dans un engagement à gauche, comme en témoignent plusieurs ouvrages pamphlétaires comme « De quoi Sarkozy est il le nom ? » et différentes réflexions autour de la réhabilitation du communisme dans des titres comme « L' Hypothèse communiste », paru en 2009. Ces prises de position radicales suscitent régulièrement la polémique et lui valent de recevoir de nombreuses critiques.

Intellectuel controversé, Alain Badiou n'en demeure pas moins un philosophe reconnu, écouté avec attention sur la scène internationale. Son dernier ouvrage « Le Réveil de l'Histoire ? » analyse les derniers mouvements de révolte dans le monde, d'Egypte en Syrie, d'Espagne en Angleterre dans lequel il salue « ce retour de la pensée et de l'action des politiques émancipatrices directement articulées à l'action et à l'organisation des masses populaires ».

Ce film est une production de l'agence Let's Pix pour le compte de l'Atelier Recherche et Développement de France Télévisions

mercoledì 27 marzo 2013

Karl Marx & Klassenkämpfen : Sometime they come back


TIME: Marx’s Revenge: How Class Struggle Is Shaping the World


La vendetta di Marx. Il Time lo rivaluta:
“È stato un profeta, le sue previsioni si sono avverate”

 

Un lungo articolo del TIME rivaluta Karl Marx. Teorizzò i rischi del capitalismo: impoverimento e conflitti sociali

Il settimanale statunitense dedica una lunga analisi alla rivalutazione delle teorie di Marx, da sempre osteggiate dagli Usa. “Se i politici non praticheranno nuovi metodi per garantire eque opportunità economiche a tutti, i lavoratori di tutto il mondo non potranno che unirsi. E Marx potrebbe avere la sua vendetta”…

                                                                          (leggi tutto  su Reset Italia)

mercoledì 13 marzo 2013

"Valutare e punire " e "Una storia italiana", due presentazioni a BO il 14 marzo



 Libreria delle Moline


Via delle Moline, 3/A
Bologna

tel.: 051 26 29 77


Segnaliamo due interessanti incontri fissati per  il 14 /3  ai quali la Libreria delle Moline collabora quale fornitrice dei volumi in presentazione.



Giovedì 14 marzo 2013
ore 17:00

Aula 4 (Facoltà di Scienze Politiche)
Strada Maggiore 45, Bologna


Valeria Pinto
Valutare e punire.

Una critica della cultura della valutazione
(Cronopio 2012)

interviene con l'autrice
Andrea Cavalletti

L’Università è in crisi ormai palese e forse irreversibile: una crisi avviata dalla Riforma Berlinguer del 1999 (che ha istituito la laurea breve e il sistema dei crediti formativi) e culminata con la devastante Riforma Gelmini, secondo un progetto di “modernizzazione” che, lungo quattordici anni, ha distrutto la didattica degli atenei e tagliato le risorse per la ricerca e per il diritto allo studio. Non si tratta di un fenomeno solo italiano, ma di un mutamento assai più vasto per cui le vecchie forme dello Stato si uniformano sempre più ai poteri privatistico-manageriali.

Di ideologia della valutazione e di critica della cultura della meritocrazia, dei dispositivi di controllo che agiscono nel ridisegnare la società della conoscenza, tratta il libro Valutare e punire.
Valeria Pinto, autrice del testo e docente dell’Università Federico II di Napoli.
Andrea Cavalletti, docente presso l’Università IUAV di Venezia.



*  *  *

Giovedì 14 marzo 2013
ore 17:30

Biblioteca dell'Archiginnasio
Piazza Galvani 1, Bologna

"Una storia italiana"
incontro con
Giambattista Scirè
per la presentazione del libro
Gli indipendenti di sinistra
(Ediesse 2012)

con l'autore sono presenti
Giancarla Codrignani, Raniero La Valle, Federico Stame

introduce: Alberto De Bernardi
coordina Michele Smargiassi

Il fenomeno degli Indipendenti di sinistra, una vicenda finora mai studiata, ma che si intreccia con gli avvenimenti più importanti della storia dell’Italia repubblicana, ha una sua assoluta originalità in Europa e forse nel mondo: non ci sono altri esempi, infatti, di un partito politico, nella fattispecie il Pci, che abbia messo a disposizione tra il 10 e il 15 per cento dei propri seggi per l’elezione di candidati indipendenti, permettendo la costituzione di un gruppo autonomo, scisso da vincoli di appartenenza ideologica e con pieno diritto di dissenso.
Dal Sessantotto a Tangentopoli la Sinistra indipendente rappresenta una pluralità di matrici culturali – socialista (come Lelio Basso, Stefano Rodotà, Gianfranco Pasquino), cattolica (come Mario Gozzini, Adriano Ossicini, Claudio Napoleoni), azionista (come Ferruccio Parri, Carlo Levi, Franco Antonicelli, Altiero Spinelli) – tentando di sintetizzarle in una terza forza alternativa, una sorta di riformismo «militante», che, da sinistra, rivendicava come valori irrinunciabili la libertà, la democrazia, il pluralismo, la laicità, rifiutando sia l’ideologismo e il centralismo democratico del movimento operaio, sia la stretta dipendenza dalla gerarchia ecclesiastica e l’interclassismo democristiano.
La storia della Sinistra indipendente funziona bene da cartina di tornasole della società e della politica italiana degli anni Settanta e Ottanta, ed è stata ricostruita utilizzando i documenti reperiti in importanti archivi storici italiani, le testimonianze scritte dei suoi protagonisti e i racconti di quelli ancora in vita. 

Evento in collaborazione con La Società di Lettura e Istituto Storico Parri Emilia - Romagna
Ingresso libero

martedì 19 febbraio 2013

Althusser, Foucault e la crisi del marxismo. BO 28/02/2013





 Seminario a partire dai libri di Cristian Lo Iacono, Althusser in Italia. Saggio bibliografico (1959-2009), Milano, Mimesis, 2012 e di Fabio Raimondi, Il custode del vuoto. Contingenza e ideologia nel materialismo radicale di Louis Althusser, Verona, Ombre Corte, 2011



  Introduce Manlio Iofrida


Parteciperanno Rudy Leonelli, Cristian Lo Iacono,
Diego Melegari, Fabio Raimondi, Valerio Romitelli.

mercoledì 10 ottobre 2012

La crisi - Gianfranco Manfredi '74



 La crisi è strutturale
 è nata col capitale
 sta dentro al meccanismo d'accumulazione
 il riformismo non sarà una soluzione.
 La crisi è già matura
 e Marx non si è sbagliato
 quando che ci ha insegnato
 a prendere lo Stato.

 Io la crisi la risolvo
 oh parbleu ma come fa!
 Sì la crisi, sì la crisi la risolvo là per là.
 Prendo un fucile
 lo faccio pulire,
 lo punto sulle masse,
 ci aggiungo un po' di tasse
 e il sin...dacato
 lo tiro da un lato
 gli dico in un orecchio
 non rompermi lo specchio!
 Sì ma il gioco non riesce
 tu così tiri a campar
 dalla crisi non si esce per di qua.

martedì 26 giugno 2012

Karl Marx: Vita nova





La seconda vita di Karl Marx
di Marcello Musto
da l'Unità, 24/6/2012 


Nuovi manoscritti smontano dogmatismi antichi e offrono analisi attuali sulla crisi. Dopo anni di lodi sperticate alla logica di mercato, è molto utile analizzare la sua opera e i suoi appunti

Se la perpetua giovinezza di un autore sta nella sua capacità di riuscire a stimolare sempre nuove idee, si può allora affermare che Karl Marx possiede, senz’altro, questa virtù.

Nonostante, dopo la caduta del Muro di Berlino, conservatori e progressisti, liberali ed ex-comunisti, ne avessero decretato, quasi all’unanimità, la definitiva scomparsa, con una velocità per molti versi sorprendente, le sue teorie sono ritornate di grande attualità. Di fronte alla recente crisi economica e alle profonde contraddizioni che dilaniano la società capitalistica, si è ripreso a interrogare il pensatore frettolosamente messo da parte dopo il 1989 e, negli ultimi anni, centinaia di quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, di tutto il mondo, hanno celebrato le analisi contenute ne Il capitale.


Nuovi sentieri per la ricerca 
Questa riscoperta è accompagnata, sul fronte accademico, dal proseguimento della nuova edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la MEGA². In essa, le numerose opere incompiute di Marx sono state ripubblicate rispettando lo stato originario dei manoscritti e non, come avvenuto in precedenza, sulla base degli interventi redazionali cui essi furono sottoposti. Grazie a questa importante novità e tramite la stampa dei quaderni di appunti di Marx (precedentemente quasi del tutto sconosciuti), emerge un pensatore per molti versi differente da quello rappresentato da tanti avversari e presunti seguaci. Alla statua dal profilo granitico che, nelle piazze di Mosca e Pechino, indicava il sol dell’avvenire con certezza dogmatica, si sostituisce l’immagine di un autore fortemente autocritico che, nel corso della sua esistenza, lasciò incompleta una parte significativa delle opere che si era proposto di scrivere, perché sentì l’esigenza di dedicare le sue energie a studi ulteriori che verificassero la validità delle proprie tesi.

giovedì 7 giugno 2012

Appello per un'Europa democratica: Sosteniamo la sinistra radicale greca



Sosteniamo la sinistra radicale greca 
Appello per un'Europa democratica
 Étienne Balibar, Rossana Rossanda, Michel Vakaloulis


Tutti sanno che, nell'evolversi degli avvenimenti che in tre anni hanno spinto la Grecia nell'abisso, le responsabilità dei partiti al potere dal 1974 sono schiaccianti. Nuova Democrazia e Pasok hanno perpetuato corruzione e privilegi, ne hanno beneficiato e fatto ampiamente beneficiare fornitori e creditori della Grecia, mentre le istituzioni comunitarie guardavano altrove. Potremmo stupirci del fatto che la Ue o l'Fmi, trasformati in baluardi di virtù e di rigore, si impegnino a riportare al potere questi stessi partiti che non hanno più nessun credito, denunciando il «pericolo rosso» incarnato da Syriza, minacciando di tagliare i viveri se le elezioni del 17 giugno confermeranno il rigetto del Memorandum come il 6 maggio scorso. Non soltanto questa ingerenza è in flagrante contraddizione con le regole democratiche più elementari, ma le sue conseguenze sarebbero drammatiche per il nostro avvenire comune. Ci sarebbe una ragione sufficiente per rifiutare, in quanto cittadini europei, di lasciar soffocare la volontà del popolo greco. Ma la situazione è ancora più grave. Da due anni i dirigenti dell'Unione europea, in stretta concertazione con l'Fmi, lavorano per spossessare il popolo greco della sovranità. Con il pretesto del risanamento delle finanze pubbliche e di modernizzare l'economia impongono un'austerità che soffoca l'attività economica, riduce alla miseria la maggioranza della popolazione, smantella il diritto del lavoro. Questo programma di risanamento sul modello neoliberista sfocia nella liquidazione dell'apparato produttivo e nella disoccupazione di massa. Per imporlo, c'è stato bisogno addirittura di uno stato d'emergenza senza equivalenti in Europa occidentale dalla fine della seconda guerra mondiale: il bilancio dello Stato è dettato dalla troika, il parlamento greco è ridotto a una camera di registrazione, la Costituzione più volte aggirata. La decadenza del principio di sovranità popolare va di pari passo con l'umiliazione di un intero paese. In Grecia è stato toccato il fondo, ma questa deriva non riguarda solo la Grecia. Sono tutti i popoli delle nazioni che la costituiscono ad essere considerati dall'Unione europea alla stregua di entità trascurabili, quando si tratta di imporre un'austerità contraria ad ogni razionalità economica, di combinare gli interventi dell'Fmi e della Bce a favore del sistema bancario, o di imporre dei governi di tecnocrati non eletti.