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sabato 24 ottobre 2015

“Danger” sul manganello, ecco chi hanno mandato a sgomberare l’ex Telecom [foto+video]


Ecco l’adesivo che un funzionario della polizia ha voluto applicare sul suo bastone di servizio. Le immagini si riferiscono sia all’intervento in via Fioravanti che a quello contro gli occupanti di villa Aldini, lo scorso giugno.

23 ottobre 2015 - 12:45

Danger - ex Telecom (foto Zic)Un adesivo con la scritta “danger”, cioè “pericolo”, vicino all’impugnatura: eccolo il manganello personalizzato di uno dei poliziotti che martedì ha partecipato allo sgombero dell’ex Telecom, lo stabile di via Fioravanti dove a dicembre del 2014 avevano trovato casa quasi 300 persone tra le quali un centinaio di minori.E non si tratta di un agente del reparto mobile tra i tanti, bensì del funzionario in borghese che durante la giornata ha comandato i cordoni schierati in strada contro il presidio radunatosi in solidarietà con gli occupanti. Per due volte proprio questi cordoni sono intervenuti contro i manifestanti, anche se- per esplicita ammissione- il “pericolo” stava evidentemente dall’altra parte.
Il manganello personalizzato lo avevamo già segnalato nell’editoriale pubblicato all’indomani dello sgombero: oggi diffondiamo le immagini che testimoniano quanto scritto e sottolineiamo che non si tratta di un caso isolato. Il video in questa pagina, il frame che ne è stato ricavato per il dettaglio in cima all’articolo e la prima delle foto  pubblicate qui sotto (materiale inviatoci da lettori) risalgono infatti alla giornata dell’ex Telecom ma la seconda immagine, invece, è stata scattata durante lo sgombero di un’altra occupazione abitativa, quella di villa Adelante, avvenuto a giugno (anche in quell’occasione, per la cronaca, i manifestanti furono manganellati). Quello di esaltare un oggetto pensato per la violenza e lanciare messaggi provocatori nel bel mezzo di situazioni già molto tese, evidentemente, non è il vezzo di un giorno ma un’abitudine bella e buona. E sono questi, ricordiamolo, i poliziotti che il giorno dopo dello sgombero dell’ex Telecom la Procura ha voluto pubblicamente lodare, esprimendo “apprezzamento per la professionalità” dimostrata.
A tal proposito, dopo lo sgombero Social Log e gli occupanti hanno sollevato il tema dell’atteggiamento violento tenuto dalle forze dell’ordine all’interno dell’ex Telecom. Tema che non sembra interessare molto al sindaco Virginio Merola, che ieri sull’argomento ha detto: “Noi ci siamo occupati della parte dei servizi sociali, se ci sono iniziative in questo senso (le azioni legali annunciate dall’avvocato degli occupanti, NdR) saranno verificate direttamente dalla magistratura e noi collaboreremo”. Il Comune ha ricevuto informazioni su questo punto da parte delle famiglie? “No, non era nostro compito raccogliere testimonianze. Ci sono la magistratura e la Polizia”.
  Il video:





  &Le foto:
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giovedì 1 ottobre 2015

Valerio Marchi: La morte in piazza


Libro Red Star Press

Indagini, processi e informazione sulla strage di Brescia
A cura di Silvia Boffelli. Postfazione di Saverio Ferrari

La mattina del 28 maggio del 1974, alle ore 10 e 02, una bomba collocata in un cestino dei rifiuti e azionata da un comando a distanza esplode a Brescia sotto i portici di piazza della Loggia mentre è in corso una manifestazione contro il terrorismo di destra organizzata dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Il bilancio dell’attentato, rivendicato da un'organizzazione neofascista, è drammatico: otto morti, centodue feriti e una città destinata per sempre a fare i conti con una ferita aperta nella sua storia e nella sua memoria.
Ricostruendo la dinamica di quello che resta un evento centrale nella strategia della tensione, con la quale vennero represse le istanze di cambiamento provenienti dalla società italiana, Valerio Marchi affronta con coraggio il modo in cui la tragedia è andata incontro a strumentalizzazioni politiche di comodo ed ad altrettanto interessati fenomeni di oblio mentre, con il loro contributo, Silvia Boffelli e Saverio Ferrari portano la narrazione nel cuore della contemporaneità, affrontando il nodo dello stragismo fascista, perennemente al servizio di ambigui comitati d'affari. Un libro indispensabile per comprendere le dinamiche del terrore e gli strumenti con cui diventa possibile utilizzare la paura per consolidare interessi sporchi e scandalosi giochi di potere.

Collana: Unaltrastoria
Pagine: 360
Formato: 13x20
Isbn: 9788867180813
Prezzo: 22 Euro

venerdì 30 gennaio 2015

La vera natura di CasaPound


 Saverio Ferrari  -  il manifesto   21/01/2015



 CasaPound Cre­mona, la sezione dell’organizzazione nell’ambito lom­bardo pro­ba­bil­mente più con­si­stente, fin dalla sua nascita nel mag­gio 2013, seguendo una regola interna che a ogni sede cor­ri­sponda un’intestazione pro­pria, si è scelta il nome di «Stoc­ca­fisso». Appa­ren­te­mente un gioco. Nella città che fu del Ras Roberto Fari­nacci, gran orga­niz­za­tore di squa­dracce, que­sto par­ti­co­lare è tutt’altro che inno­cuo. La sto­ria rac­conta che sul finire del «bien­nio rosso», quando i fasci­sti della bassa val Padana si videro reca­pi­tare da alcune pre­fet­ture il divieto di dete­nere i man­ga­nelli, ricor­sero all’uso di pezzi di bac­calà, stec­che dure lun­ghe più di un metro e mezzo da uti­liz­zare come bastoni. Da qui la scelta del nome, indi­ca­tivo della natura di CasaPound, che ispi­ran­dosi al primo movi­mento fasci­sta, quello degli esordi, esalta osten­ta­ta­mente l’epopea delle aggres­sioni ai diri­genti e ai mili­tanti socia­li­sti e comu­ni­sti come degli assalti alle sedi delle camere del lavoro e delle leghe con­ta­dine. L’attacco pre­or­di­nato di dome­nica sera al cen­tro sociale Dor­doni di Cre­mona, non a caso, è stato con­dotto seguendo gli anti­chi inse­gna­menti, con­cen­trando gruppi di pic­chia­tori, anche pro­ve­nienti da altre città (Parma e Bre­scia), per col­pire in forte supe­rio­rità nume­rica, senza problemi.
Più volte CasaPound ha anche «mimato» in cor­tei per le vie di Roma le «spe­di­zioni puni­tive» del 1920–1921 sfi­lando su camion sco­perti con a bordo mili­tanti agghin­dati con tanto di Fez. Le stesse deno­mi­na­zioni con cui ha mar­chiato i pro­pri punti di ritrovo o i pro­pri siti di rife­ri­mento, dalla libre­ria La Testa di Ferro (in ricordo del gior­nale fon­dato nel 1919 da Gabriele D’annunzio al tempo dell’impresa fiu­mana) al forum inter­net Viva­ma­farka (dal romanzo-scandalo di Mari­netti del 1909, Mafarka il futu­ri­sta, sot­to­po­sto in que­gli anni a pro­cesso per oltrag­gio al pudore, in cui si decan­ta­vano le gesta imma­gi­na­rie di un re nero che amava la guerra e odiava le donne), dicono di que­sta identificazione.
Non siamo di fronte a sem­plici sug­ge­stioni cul­tu­rali. Dalle sue fila, ana­liz­zando i fatti acca­duti, solo negli ultimi tre anni, pro­ven­gono Gian­luca Cas­seri che a Firenze nel dicem­bre 2011 ha assas­si­nato a colpi di pistola due ambu­lanti sene­ga­lesi, feren­done gra­ve­mente un terzo, e Gio­vanni Ceniti, ex respon­sa­bile di Casa Pound Novara, uno dei kil­ler di Sil­vio Fanella ucciso a Roma nell’estate scorsa. Un’organizzazione che la Cas­sa­zione, il 27 set­tem­bre 2013, nell’ambito di un pro­ce­di­mento a Napoli con­tro il suoi diri­genti locali ha giu­di­cato «ideo­lo­gi­ca­mente orien­tata alla sov­ver­sione del fon­da­mento demo­cra­tico del sistema».
Prima dell’aggressione di Cre­mona, solo qual­che set­ti­mana fa, a fine dicem­bre, se ne era veri­fi­cata un’altra, con le stesse moda­lità, a Magliano Romano, dove una ven­tina di squa­dri­sti di Casa Pound con i pas­sa­mon­ta­gna, armati di spran­ghe e bastoni, ave­vano aggre­dito i tifosi dell’Ardita, un club di sup­por­ter della squa­dra romana di cal­cio del quar­tiere San Paolo. Sette i feriti, con frat­ture, esco­ria­zioni ed ecchimosi.
L’incredibile impu­nità di cui gode Casa Pound è sotto gli occhi di tutti. È tempo di porre il problema.