mercoledì 14 ottobre 2009

Antonio Gramsci [Introduzione allo studio della filosofia] Appunti



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I. Alcuni punti preliminari di riferimento

Occorre distruggere il pregiudizio molto diffuso che la filosofia sia un alcunché di molto difficile per il fatto che essa è l’attività intellettuale propria di una determinata categoria di scienziati specialisti o di filosofi professionali e sistematici. Occorre pertanto dimostrare preliminarmente che tutti gli uomini sono «filosofi», definendo i limiti e i caratteri di questa «filosofia spontanea», propria di « tutto il mondo », e cioè della filosofia che è contenuta: I) nel linguaggio stesso, che è un insieme di nozioni e di concetti determinati e non già e solo di parole grammaticalmente vuote di contenuto; 2) nel senso comune e buon senso; 3) nella religione popolare e anche quindi in tutto il sistema di credenze, superstizioni,opinioni, modi di vedere e di operare che si affacciano in quello che generalmente si chiama «folklore».
Avendo dimostrato che tutti sono filosofi, sia pure a modo loro, inconsapevolmente, perché anche solo nella minima manifestazione intellettuale, il «linguaggio», è contenuta una determinata concezione del mondo, si passa al secondo momento, al momento della critica e della consapevolezza, cioè alla quistione: è preferibile «pensare» senza averne consapevolezza critica, in modo disgregato e occasionale, cioè «partecipare» a una concezione del mondo «imposta» meccanicamente dall’ambiente esterno, e cioè da uno dei tanti gruppi sociali nei quali ognuno è automaticamente coinvolto fin dalla sua entrata nel mondo cosciente (e che può essere il proprio villaggio o la provincia, può avere origine nella parrocchia e nell’« attività intellettuale» del curato o del vecchione patriarcale la cui «saggezza» detta legge, nella donnetta che ha ereditato la sapienza delle streghe o nel piccolo intellettuale inacidito nella propria stupidaggine e impotenza a operare) o è preferibile elaborare la propria concezione del mondo consapevolmente e criticamente e quindi, in connessione con tale lavorio del proprio cervello, scegliere la propria sfera di attività, partecipare attivamente alla storia del mondo, essere guida di se stessi e non già accettare passivamente e supinamente dall’esterno l’impronta alla propria personalità?

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Antonio Gramsci
in Quaderno 11, XVIII, 1932-1933 [Introduzione allo studio della filosofia],
“Appunti per una introduzione e un avviamento allo studio della filosofia e della storia della cultura”, § 12. Quaderni del carcere, a c. d. V. Gerratana, Einaudi, Torino, (1975, 1977),
vol. II, p. 1375-1376.
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3 commenti:

riccardo uccheddu ha detto...

In attesa di inviarti, Rudy, un commento giustamente e doverosamente dettagliato, vorrei dire almeno questo.
Vorrei insomma richiamare l'attenzione su un fatto che considero rivoluzionario.
Mi riferisco al fatto che il concetto di filosofia (e di marxismo) elaborato da Gramsci, per me ha in linea sia di fatto che di diritto liberato gli esseri umani dal falso mito dello specialismo filosofico e del dogmatismo.
Benchè Gramsci non abbia mai promosso una sorta di dilettantismo filosofico-politico (era un ragionatore sottile, forse anche spietato), ha però sempre esortato alla RICERCA.
Per lui, motore del pensiero umano è la DIALETTICA.
Non una dialettica hegelianamente autoriposantesi su sintesi quasi preconfezionate o in ogni caso "previste", bensì estremamente inquieta.
Ecco perchè il centro del suo pensiero consiste nel "materialismo STORICO", non su un materialismo dialettico (di tipo staliniano o meccanicista) che come tale, neutralizza quel potentissimo, decisivo fattore che è la VOLONTA' umana, col ridurre tutte la nostra esistenza ad un "rispecchiamento" di stampo tipicamente positivista.
A presto!

Unknown ha detto...

In questa discussione "nomade", che si snoda tra i commenti qui e in Facebook, inizio a risponderti qui, Riccardo. A te per ultimo: forse perché so che, su Gramsci, ci hai lavorato e che, per te, è un autore fondamentale.

Nei limiti della mia esperienza, posso dire che, da quando, anni fa, ho per così dire incrociato con sorpresa Gramsci, seguendo il filo di problemi che che avevo incontrato altrove, non ho smesso di (ri)trovarlo su molteplici punti (o "quistioni"), un pensatore di straordinariamente "avanzato" (non soltanto in senso strettamente politico) che ha - tra l'altro(c'è molto altro)- contribuito fortemente alla trasformazione della filosofia, del modo in cui pensiamo e LA pensiamo.
Mi colpisce particolarmente che, nel tuo commento, usi l'aggettivo "inquieta", lo stesso termine che ricorre nel frammento che ho messo in esergo, in alto nella banda laterale di Incidenze: "... una filosofia presente, inquieta, mobile ...". E' tratto dalla conclusione della lezione inaugurale di Foucault al Collège de France, in cui Foucault, complicando il suo (e nostro) rapporto con Hegel, esplicita il proprio debito verso uno dei suoi maestri: Jean Hippolyte.
Sono, infine profondamente d'accordo sull'importanza della volontà in Gramsci, che sottolinei.
Mi sembra - per tornare al brano sulla filosofia - che il problema della volontà, della scelta, sia fortemente legato ai temi della consapevolezza critica, dell'autonomia, della "partecipazione attiva alla storia del mondo".

Anonimo ha detto...

Dal valore dato alla volontà deriva il concentrarsi sul concetto di egemonia.
I due concetti di volontà e di egemonia (culurale) spiegano il motivo per cui non si sia avverata la profezia marxiana, cioè come mai ad un certo punto dello sviluppo dell'econimia capitalista, nonostante si siano create le condizioni economiche, il proletaiato non sia venuto in possesso dei mezzi culturali che potevano consentire la sua autorganizzazione in classe rivoluzionaria delle condizioni del loro sfruttamento.
Il grande "buco nero" del marxismo occidentale.