lunedì 7 settembre 2009

Mussolini, per ipotesi: «Incidere nella toponomastica». Piazzale Loreto: « una occasione irripetibile», forse impossibile


anche i morti
non saranno al si
curo dal nemico,
se egli vince.

Walter Benjamin





Ho letto con fastidio, ma senza sorpresa, le agenzie di domenica 6 settembre, che riferivano:
 

«penso che sia una occasione irripetibile per modificare la denominazione di Piazzale Loreto a Milano in Piazza dell'Unità d'Italia'. Alessandra Mussolini, deputata del Pdl, «suggerisce di dare il nome di Piazza Unità d'Italia a Piazzale Loreto a Milano. La proposta è stata avanzata a seguito dell'ipotesi del cambio della denominazione di Piazza Venezia a Roma. "Se per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia si è deciso di incidere nella toponomastica" - afferma ».

L' «ipotesi di Mussolini » (junior) non brilla per originalità: di fatto non è altro che la riedizione, riadattata , in occasione delle celebrazioni dell'unità d'Italia, di una «idea » lanciata senza esito, nella tarda primavera del 2005 da Stefano Zecchi , assessore
alla Cultura di Milano, il quale  aveva proposto di cambiare il nome di Piazzale Loreto in Piazza della Concordia:


«L'idea può sembrare stramba, ma è di quelle interessanti. L'assessore alla Cultura del Comune di Milano, Stefano Zecchi, propone di cambiare il nome di
Piazzale Loreto in Piazzale della Concordia. Sarebbe un buon segnale di una volontà di superare la storia senza dimenticarla, di costruire un futuro condiviso sulla base di un passato comunemente riconosciuto. Le ragioni per dubitare, purtroppo, ci sono: e sono tutte legate al valore della memoria antifascista, elemento su cui la sinistra, impregnata di un comunismo che si ostina a non voler sottoporre al processo che la storia gli riserva, insiste da 60 anni per avocare a sé le ragioni della democrazia. L'esposizione da macelleria che il 29 aprile 1945 ebbe luogo in Piazzale Loreto segna uno spartiacque nella storia italiana, e purtroppo nel segno dell'inconciliabilità delle fazioni protagoniste della lotta di quegli anni decisivi a tutto vantaggio della resistenza di marca comunista ... Coloro che si autoproclamavano migliori di quelli che combattevano non si dimostrarono poi così diversi: preferirono una giustizia sommaria, una strage, al posto di una cattura con un conseguente regolare processo a carico del Duce e dei suoi sodali. Piazzale Loreto divenne così lo sconcio altare dell'ostensione dei macellati, luogo del rito macabro con cui si illudevano gli italiani della fine delle violenze e dei soprusi».



E', questa, una prosa ormai talmente ricorrente da risultare monotona, con i suoi luoghi fissi, la sua retorica mesta e vittimistica e malcelatamente pretenziosa e offensiva, da non meritare altro commento che il rinvio a quanto sulla pacificazione, i revisionismi, il fascismo è stato pubblicato su incidenze. L'unico tratto notevole del brano citato è il titolo: « Piazzale Loreto: la concordia impossibile». Come se il consueto vittimismo fascista facesse capolino un briciolo di realismo.

Ma torniamo alla «ipotesi di Mussolini ». In base a quanto ha dichiarato quest'anno la deputata fascista in un'intervista a la Repubblica a ridosso del 25 aprile, il senso della sua [riedizione della] proposta di cancellare il nome di Piazzale Loreto ricalca la "fliosofia" di chi (con minori speranze) l'aveva preceduta:
«finché l'Italia non riconosce lo scempio di piazzale Loreto - ha sentenziato - non possiamo parlare di alcuna pacificazione, questa n
on potrà mai esserci. Altro che invocare la memoria condivisa. Quale esempio può esserci da lì per i giovani e per le generazioni future...»

Venendo al titolo dell'intervista alla Mussolini, esordiva con la frase «Piazzale Loreto: ferita aperta».
E qui sta il punto: per la Mussolini, la ferita aperta consiste nell'esposizione a Piazzale Loreto, dei corpi appesi per i piedi (al fine di esporli evitando il possibile scatenarsi sui cadaveri della furia della folla) di Mussolini, della sua amante Petacci e di alcuni gerarchi fascisti il 29 aprile 1945. Questa immagine, che ha avuto per anni un valore simbolico di monito e segno della disfatta e del la condanna irreversibile fascismo, diffusamente identificata nella memoria collettiva con Piazzale Loreto, ha iniziato, in epoca revisionistica, a essere riciclata nella vittimologia fascista (ben esemplificata dai brani sopra citati). Si spazia in un campo che va da "i partigiani non erano migliori dei loro nemici" (i repubblichini e, chissà, anche dei nazisti...) fino al "Mussolini martire - partigiani assassini"...

Ma così (re)interpretata, staccata, isolata dal contesto storico, l'immagine del Duce appeso per i piedi - per quanto vera - falsa il senso di Piazzale Loreto.

Perché, per chi conosce la storia della Resistenza, quell'episodio è soltanto l'epilogo, la storia di Piazzale Loreto non comincia lì.


Il 10 agosto del 1944, per rappresaglia contro un attentato a un camion nazista attribuito ai partigiani (un'attribuzione che Giovanni Pesce ha sempre contestato), 15 tra partigiani e antifascisti, prelevati dal carcere di san Vittore, vengono fucilati a Piazzale Loreto, e i loro corpi ammassati ed esposti in pubblico, con cartelli offensivi e sottoposti agli oltraggi dei fascisti.
Piazzale Loreto è innanzi tutto questo.
È questo - iscritto nella memoria e impresso nel cuore di migliaia di milanesi, di milioni di antifascisti - che si vorrebbe cancellare, cancellando il nome di un Piazzale che è un cardine della nostra storia.
E su questo, con gli eredi e gli epigoni del nazifascismo non abbiamo nessuna storia da condividere.
E nulla da spartire, niente da dimenticare.

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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sarà facile per il fascisti. Questa è la presa di posizione di Pizzinato, uscita sul Giorno di ieri.

Antonio Pizzinato, presidente regionale dell’Anpi: "Credo che semplicemente pensare una cosa del genere, voglia dire offendere la Storia. In piazzale Loreto, furono i repubblichini su ordine dei nazisti ad assassinare 15 combattenti che organizzavano scioperi nelle fabbriche e si battevano per la libertà. Non si possono parificare dei martiri con degli assassini". A proposito del cambiamento del nome della piazza a Roma, aggiunge: "È un’altra cosa. Lì c’è l’Altare della Patria e chiamarla dell’Unità d’Italia è un completamento".

In piazzale Loreto, il 29 aprile del ’45, vennero esposti i cadaveri di Benito Mussolini e Claretta Petacci, con altri esponenti della Repubblica Sociale. Il Duce e la Petacci furono uccisi a Giulino di Mezzegra il giorno prima, assieme ad Achille Bombacci. Fu scelto piazzale Loreto, perché il 10 agosto del 1944, i tedeschi avevano fatto uccidere 15 partigiani, dai fascisti per rappresaglia.

L’8 agosto, in viale Abruzzi alle 8.15, c’era stato un attentato a un autocarro della Wermacht. Nessun tedesco perse la vita, i sei morti e i 10 feriti erano tutti italiani. I quindici partigiani scelti a caso — non c’entravano con l’attentato — erano a San Vittore.

GL

riccardo uccheddu ha detto...

Certe persone dovrebbero riflettere su questi fatti:

1) già durante la guerra, le 3 Venezie appartenevano di fatto e di “diritto” al Reich nazista (di cui sarebbero diventate parte integrante in caso di vittoria dell’Asse); l’Unità del Paese non esisteva quindi già più allora, né sarebbe esistita in seguito;

2) Salò era uno stato-fantoccio, riconosciuto solo dai suoi burattinai tedeschi;

3) i repubblichini rappresentavano la degenerazione ultima, ma in effetti naturale, del fascismo italiano. Infatti, esistettero addirittura delle SS italiane (alcune migliaia) al diretto comando tedesco;

4) i repubblichini ed i fascisti (fin dal sorgere del loro movimento) si diedero a torture fisiche e psicologiche, stupri di gruppo, fucilazioni sommarie, rapine, saccheggi, umiliazioni varie ecc.

E tutto questo era la diretta e logica conseguenza dell’essere entrata, l’Italia fascista, in guerra insieme alla Germania nazista. Hitler riconosceva inoltre una filiazione (per così dire) da Mussolini; il rapporto tra i 2 regimi era quindi organico e direi, genetico.
La + grande tragedia della storia mondiale (oltre 50 milioni di morti) vide i fascisti schierati con la parte sbagliata e molti di loro, fino all’ultimo.
Non si stanchino perciò i loro eredi politico-culturali di chiedere scusa agli italiani per aver trascinato il Paese nella + grande catastrofe di sempre e desistano dall’avanzare assurde ed insultanti proposte.
P.s.: a propòs di antifascismo: oggi ho scritto una cosetta su Gramsci.
A presto

Unknown ha detto...

@ GL: la netta e tempestiva presa di posizione di Pizzinato (grazie per averla riportata qui) lascia ben sperare, sulle capacità di resistenza alla canea revisionista e/o fascista. E - certo, come scrivi - non sarà facile fascisti.
Ma non dobbiamo dimenticare che, nell'aprile scorso, proprio a Milano, malgrado le forti e partecipate contestazioni, il Comune ha tollerato l'osceno raduno internazionale di movimenti fascisti, neonazisti, razzisti e xenofobi promosso da Forza Nuova. Occorre dunque mantenere alta l'attenzione.

* * *

@ Riccardo: uno sguardo storico d'insieme è indispensabile, per capire. Non a caso l'uso di frammenti isolati dai contenti è una delle tattiche privilegiate del revisionismo.
PS: ho letto con interesse il bel resoconto critico sul convegno gramsciano che hai pubblicato nel tuo blog.

ester pellizzari ha detto...

Sou brasileira e curiosa no que diz respeito aos fatos da segunda guerra mundial,e se me permitem comentar,acho que o nome da praça não deve ser mudada. Assim como membros da resitência foram fuzilados ali,mais tarde chegou a vez dos fascistas.Não foi em um lugar aleatório,mas sim num local provido de significado.O que não podemos esquecer além da história em si,é como o homem pode ser cruel,seja o vilão ou o herói.Meu filho esteve em Milão,neste mês e fez questão de conhecer esta praça.

Senza Soste ha detto...

In occasione del 25 aprile la Repubblica, nota testata anticomunista, distribuiva compiti e cariche per il futuro spirito della festa della liberazione. Ce n'era per tutti: comprensione per gli ex missini che si sono dissociati dal fascismo a causa delle leggi razziali, uso del 25 aprile Monti style come occasione di coesione nazionale propedeutica ai sacrifici del neoliberismo. Figuriamoci se poteva poi mancare il 25 aprile dei lamenti di Napolitano a difesa di un ceto politico inguardabile e indifendibile.
C'è però un 25 aprile che oggi è stato, quanto possibile, occultato. Quello che è sfociato nel 28 aprile, nell'esecuzione del tiranno.
Ed è quando c'è l'esecuzione del tiranno che i popoli riacquistano pienamente la propria libertà. Ricordiamo quindi volentieri, rammentando l'anniversario della fucilazione del tiranno Mussolini a Dongo, le parole di Robespierre a giustificazione della condanna a morte di Luigi XVI.

"Quando una nazione è stata costretta a ricorrere al diritto di insurrezione, essa rientra nello stato di natura nei confronti del tiranno. [...]
Il processo al tiranno è l'insurrezione; il suo giudizio è la caduta della sua potenza, la sua pena è quella richiesta dalla libertà del popolo. [...]
I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze: lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla".

Altro che 25 aprile di Ezio Mauro e Napolitano, il 28 aprile ci ricorda che la festa della liberazione è quando il popolo si libera del tiranno. Chiunque sia, per come si manifesti e per sempre.