giovedì 3 settembre 2009

Egidio Monferdin, il sorriso tenace della rivolta di classe


Il primo settembre Egidio Monferdin ci ha lasciati. È morto a Bologna, circondato dall’amore di Monica e dall’affetto di molte compagne e di molti compagni. Era nato in Istria nel 1946. Poco dopo la sua nascita, la sua famiglia si ritrovò esule in campo profughi nei pressi di Cremona. E a Cremona frequentò l’alta e informale scuola politica di Danilo Montaldi, dal cui metodo di lavoro imparò la straordinaria arte di ascoltare quelle che allora si chiamavano le classi subalterne.


Iscritto alla facoltà di medicina a Padova, si mise in contatto con Potere operaio, di cui divenne militante. Dopo la crisi di Potere operai, verso la metà degli anni ’70 fu attivo nell’Assemblea autonoma di Porto Marghera e nel giornale operaio «Lavoro Zero». Intanto, a Mestre, dedicava molto del suo tempo al centro di sostegno per adolescenti mentalmente disturbati, nonostante il magro salario. Erano gli anni in cui più si concedeva un po’ di tempo per le immersioni in apnea, sovente spinte al limite della temerarietà, nel suo mare Adriatico.


Arrestato il 21 dicembre 1979 nell’ambito dell’inchiesta 7 aprile, ha trascorso più di 7 anni in varie carceri della Penisola, pagando di persona la rivolta politica di una generazione e di una classe: in prigione però economizza l’investimento nella propria difesa legale per cercare di aiutare i comuni nella loro pratiche legali e nel loro desiderio di leggere e di apprendere.


Stabilitosi a Bologna verso la metà degli anni ’90, Egidio vive la nuova e ricca stagione che inizia con la campagna No-Ocse e la «Libera Università Contropiani». Attraversa per intero il momento tumultuoso che si inaugura a Genova nel 2001 impegnandosi nel Bologna Social Forum e nello spazio pubblico di XM24 e, fino a oggi, nella militanza nel Coordinamento Migranti Bologna. Lavora però anche allo sviluppo della tipografia interna al carcere della Dozza: un progetto che parla di libertà e si chiama «Il profumo delle parole». In questo decennio Egidio mostra, ancora una volta, una chiara intelligenza dei cambiamenti e delle occasioni che il movimento offre, ma anche una notevole tensione critica verso i limiti che maturano. È stato fino in fondo convinto della novità politica rappresentata dai migranti in Italia e in Europa. Centinaia di migranti l’hanno conosciuto nelle assemblee e nelle riunioni, l’hanno ascoltato, hanno discusso con lui, hanno condiviso con lui il lavoro di organizzazione di un movimento autonomo dei migranti.


Riservato e composto, Egidio Monferdin possedeva una calma suprema nelle situazioni difficili. Forse era questa la dote che molti gli invidiavano e che gli ha permesso di affrontare, sullo sfondo di un sorriso, brevi attimi fulminanti e lunghe riunioni complicate. Questo oggi ci resta di Egidio. Questo già ci manca di lui: la capacità di esserci sempre e al presente, senza nostalgie e senza retorica.


L’appuntamento per dare l’ultimo saluto a Egidio è oggi alle 12,30 alla camera mortuaria dell’ospedale Malpighi (via Pizzardi 1) e alle 14,45 davanti all’entrata principale del Cimitero della Certosa di Bologna.


Ferruccio Gambino

e Maurizio Bergamaschi

in il manifesto, 3 settembre 2009


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[immagine da: Coordinamento migranti Bologna]

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