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giovedì 6 agosto 2009

Tutta un'altra strage. La strategia della destra per cancellare le proprie responsabilità (di Saverio Ferrari)



La strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, la più grave nell'Italia del dopoguerra, smentendo un luogo comune, non è stata l'unica conclusasi con una sentenza di condanna nei confronti di neofascisti. Altre due, infatti, pur con un cammino giudiziario assai tormentato, sono approdate a esiti analoghi: quella di Peteano, in provincia di Gorizia, del 31 maggio 1972, riguardante l'assassinio di tre carabinieri attirati in una trappola e fatti saltare in aria con un'autobomba, e quella del 17 maggio 1973 davanti alla Questura di Milano con il lancio, al termine dello scoprimento di un busto in onore del commissario Luigi Calabresi, di una bomba a mano che mancando l'obiettivo delle autorità esplose tra i passanti causando quattro morti e 45 feriti.

Per la prima furono condannati all'ergastolo due esponenti di Ordine nuovo, Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini, ancora oggi detenuti, per la seconda, invece, Gianfranco Bertoli fu arrestato in flagrante, risultando alla fine, come da sentenza di Cassazione, non un anarchico, ma un collaboratore dei servizi segreti in stretti rapporti con ambienti dell'eversione di destra.

Ma l'importanza di Bologna risiede in primo luogo nell'altissimo numero delle vittime, 85 morti e oltre 200 feriti, colpite indiscriminatamente tra la folla in attesa di partire per le vacanze. Un eccidio di gente comune. Non come a Peteano, dove si decise scientemente di fare strazio di rappresentati delle forze dell'ordine o, come a Milano, dove si cercò di eliminare un'alta carica governativa: l'allora ministro dell'Interno Mariano Rumor. Per questo la strage di Bologna, soprattutto per questo, è diventata una macchia infamante che il neofascismo italiano ha cercato di allontanare da sé, in ogni modo. Spesso maldestramente.
Per sostenere l'innocenza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari), ambedue condannati all'ergastolo nel novembre 1995 dalla Cassazione a sezioni penali unite, si è in un primo momento cercato di avvalorare la tesi dell'incomprensibilità del gesto, si disse e si sostiene ancora oggi, privo di una sensata collocazione all'interno di un reale disegno politico destabilizzante, omettendo di rilevare come in realtà la strage fosse attesa, che nell'ambiente della destra eversiva se ne parlasse con insistenza già da mesi. Diverse le testimonianze. Frenetica fu anche l'attività di recupero di grosse quantità di esplosivo. Addirittura un alto esponente di Ordine nuovo, Massimiliano Fachini, avvisò della tragedia imminente una sua amica, invitandola a lasciare Bologna. Va solo detto che tra i membri di Ordine nuovo e i Nar intercorrevano intensi rapporti. E' stato più volte dimostrato.
Non solo, in una relazione, del tutto sottovalutata, dei servizi informativi del giugno precedente si scrisse della «pericolosità del terrorismo di destra» in grado di realizzare «imprese con alta potenzialità distruttiva».
Ma c'è di più: il 10 settembre 1980 venne sequestrato a Carlo Battaglia, referente a Latina di Paolo Signorelli, uno dei massimi dirigenti di Ordine nuovo, un documento manoscritto in cui si parlava apertamente di «arrivare al punto che non solo gli aerei, ma le navi e i treni e le strade siano insicuri: bisogna ripristinare il terrore... Al di fuori di noi, con le nostre idee ci sono milioni di uomini… essi ci aspettano… Diamo un segno inequivocabile della nostra presenza... Occorre un'esplosione da cui non escano che fantasmi».
Questa idea del massacro indiscriminato mediante attentati apocalittici per provocare "la disintegrazione" del sistema non era affatto il parto della mente malata di qualche farneticante neofascista. Era il frutto di una visione che, per quanto disperante e insensata potesse apparire, attraversava davvero l'estrema destra eversiva di quegli anni. A riprova il ritrovamento solo un mese dopo la strage, il 31 agosto, di un altro e precedente documento di 26 fogli, proprio a Bologna, elaborato da Mario Tuti, già protagonista di tentate stragi, tra il dicembre 1974 e il gennaio 1975, sulla linea ferroviaria Chiusi-Arezzo. Una specie di risoluzione strategica indicante la necessità di «iniziare la lotta armata fondandosi su piccoli nuclei operativi», senza essere minimamente frenati «dalle norme della cosiddetta morale borghese», perseguendo «un terrorismo indiscriminato». «Con specifici attacchi» - concludeva il documento - «non necessariamente rivendicati dalla nostra parte si potranno aumentare sino a un limite insostenibile per il tessuto dello Stato le tensioni politiche… causando già di fatto uno scollamento irreparabile del tessuto sociale… in un clima di guerra civile».
Per tornare ai tentativi di depistaggio operati dalla Destra anche dopo la sentenza definitiva di Cassazione, si è in seguito anche sostenuta la tesi, avvalorata autorevolmente dall'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, dell'esplosione accidentale di una partita di esplosivo in fase di trasporto. Fatto già di per sé impossibile a realizzarsi, come confermato a più riprese da periti ed esperti, data la natura della bomba, 23 kg in prevalenza composti da T4, un tritolo militare, bisognoso necessariamente di un innesco, nella circostanza probabilmente chimico a tempo.
Va infine annotata la campagna ancora in corso, animata da alcuni ex esponenti di An, letteralmente inventata nell'ambito della commissione Mitrokhin durante il secondo governo Berlusconi, tendente a incolpare la resistenza palestinese, segnatamente il Fronte per la liberazione della Palestina (Fplp), in combutta con l'organizzazione Separat guidata dal terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos. All'origine «una ritorsione nei confronti dell'Italia» per la condanna ad alcuni anni di carcere di Abu Azeh Saleh, arrestato dalla polizia stradale a Bologna il 13 novembre 1979 per il trasporto, unitamente a Daniele Pifano e altri due esponenti dell'Autonomia romana, di due lanciamissili Strela di fabbricazione sovietica, destinati ad essere imbarcati al porto di Ortona a Mare e diretti in Libano.
Il tutto inizialmente sulla base di un'intervista rilasciata da Marco Affatigato nel settembre 1999 a Gian Paolo Pelizzaro, consulente della commissione Mitrokhin, pubblicata sul periodico Area , organo ufficiale in quegli anni della "Destra sociale", corrente di An capitanata da Alemanno e Storace. «Negli archivi di Stato della Germania è conservato un documento dell'ex-Stasi, mai arrivato in Italia» - così disse Affatigato - «in cui si fa cenno della presenza a Bologna del noto terrorista internazionale Carlos nei giorni precedenti la strage, a capo di una cellula palestinese. Su questo versante nessuno ha voluto mai indagare. Perché?».
Basti solo dire che presto si appurò che il documento della Stasi, citato da Affatigato, semplicemente non era mai esistito. Un grossolano tentativo di falsificazione della realtà da parte di un personaggio già membro di Ordine nuovo, condannato per ricostituzione del Partito fascista, per sua stessa ammissione fonte informativa della Cia, non nuovo a questo genere di cose. Fu, tra l'altro, già coinvolto in un precedente tentativo di inquinamento delle indagini, sia su Ustica che direttamente su Bologna.
Va oltretutto ricordato come Alfredo Mantovano, uno dei massimi dirigenti di Alleanza nazionale, già sottosegretario al Ministero degli interni, rispondendo ad un'interrogazione, il 16 ottobre 2003, sulla supposta presenza di Carlos a Bologna ufficialmente concludeva che: «l'ipotetica presenza negli anni Settanta e Ottanta a Bologna o in Italia del terrorista venezuelano Ilich Vladimir Ramirez Sanchez, detto Carlos, attualmente detenuto in Francia, non ha trovato alcun riscontro».
E' noto invece, citiamo l'ultimo cavallo di battaglia utilizzato per sostenere con piste alternative l'innocenza dei Nar, che il 2 agosto del 1980 a Bologna fosse presente un terrorista di nome Thomas Kram. Un esperto in falsificazione di documenti e non in esplosivi, componente delle Cellule rivoluzionarie (Rz), un gruppo che rivendicò 180 azioni terroristiche nella Repubblica federale tedesca dal 1973 al 1995, ma che non fece mai parte di Separat. Giunse a Bologna il primo agosto 1980. Al valico di frontiera fu fermato e identificato da agenti di polizia ai quali mostrò un documento di identità valido a suo nome. Pernottò nella notte, tra l'1 ed il 2 agosto, nella stanza 21 dell'albergo Centrale in via della Zecca, presentando la sua patente di guida, anch'essa non contraffatta e con i suoi estremi. La Questura di Bologna segnalò i suoi movimenti all'Ucigos, che già all'epoca era a conoscenza dei suoi spostamenti in città. Dunque nulla di nuovo, data la comprovata mancanza di legami tra Thomas Kram, che per altro non viaggiava in incognito e pernottava in alberghi con documenti regolari a proprio nome (un ben strano terrorista) e la strage.
Si evocano dunque complotti invisibili, scenari insondabili. Nei tempi in cui viviamo trovano terreno fertile. La Destra ha bisogno di liberarsi al più presto dello scheletro della strage alla stazione di Bologna posto nel suo armadio, il più ingombrante in assoluto. Dopo aver seminato dubbi e intossicato l'opinione pubblica, come sta accadendo, verrà poi anche il tempo, qualche accenno si scorge già, per sostenere che la strage di piazza Fontana fu in verità opera degli anarchici. La storia va riscritta.

Saverio Ferrari - Liberazione, 2 agosto 2009

venerdì 17 luglio 2009

La mitica ambiguità delle leggi che non possono essere "trasgredite" (Walter Benjamin)



Dove si stabiliscono confini, l'avversario non viene semplicemente distrutto; anzi, anche se il vincitore dispone della massima superiorità, gli vengono riconosciuti certi diritti. E cioè, in modo demonicamente ambiguo, pari diritti: è la stessa linea che non deve essere superata dai due contraenti. Dove appare, nella sua forma più temibile e originaria la stessa mitica ambiguità delle leggi che non possono essere "trasgredite", e di cui Anatole France dice satiricamente che vietano del pari ai ricchi e ai poveri di pernottare sotto i ponti.


Walter Benjamin, Zur Kritik der Gewalt (1920-1921),
trad. it. Per la critica della violenza
in Angelus Novus. Saggi e frammenti, a cura di Renato Solmi, Torino, Einaudi, 1962.




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immagine da Sucardrom

giovedì 16 aprile 2009

Bologna: un reprint della propaganda fascista e razzista


Riprendo integralmente un articolo da
Repubblica.

Lo pubblico così come l'ho trovato.
Non saprei commentare.

Comune nella bufera, manifesto fascista per un convegno sulla violenza contro le donne

Il Comune di Bologna promuove via email un convegno sulla violenza alle donne e per farlo usa una immagine d'epoca che risale al periodo del Fascismo. Proteste ai centralini di Palazzo d'Accursio. L'assessore Milli Virgilio si scusa: "E' stato un equivoco"

[di Carlo Gulotta]





Sulla locandina che accompagna un seminario organizzato dal Comune e dalla Casa delle Donne, sul tema «Femminicidi, ginocidi e violenze sulle donne», c'è un'immagine forte. E' un manifesto che risale al Ventennio fascista e che raffigura un uomo dalla pelle scura che aggredisce una donna con la scritta «Difendila, potrebbe essere tua moglie, tua sorella, tua figlia». E in città scoppia la bufera: intasata dalle proteste la posta elettronica del vicesindaco Giuseppe Paruolo e l'associazione Orlando, che gestisce il Centro delle Donne, dice che «se il messaggio è stato frainteso, vuol dire che è un messaggio sbagliato e bisogna ritirarlo». Critiche anche in seno al Pd: per i due consiglieri comunali Emilio Lonardo e Leonardo Barcelò quella «è una locandina razzista, il Comune tolga il patrocinio», e lancia accuse persino l'Ordine dei Giornalisti. L'assessore alla Scuola e alle Politiche delle Differenze Milli Virgilio, che quel manifesto l'ha scelto per illustrare il seminario di domani alle 16,30 in Santa Cristina, è costretta a una mezza marcia indietro.

«Un errore? Non dico questo, ma se dovessi rifare daccapo, credo che ci ripenserei. Ma l'ho fatto in buona fede, per dimostrare che in sessant'anni purtroppo niente è cambiato: tutte le novità legislative sono intitolate alla sicurezza pubblica, ma in sostanza sono riservate ai migranti e alle restrizioni nei loro confronti». L'invito con la locandina "razzista" è stato spedito a centinaia di soggetti, istituzioni, associazioni e singoli. Virgilio parla di un «equivoco», e oggi scriverà una mail al Centro delle donne e a tutti quelli che hanno protestato per spiegare le sue ragioni. Anche all'ex presidente della Consulta degli immigrati. «Quel manifesto — sta scritto nel messaggio del Centro delle donne — è edito dal Nucleo Propaganda fascista del 1944 e quel che fa riflettere è che purtroppo questo "reperto storico" è tornato oggi tremendamente attuale. Per realizzare l'obiettivo di tutelare le "nostre" donne è stato scelto l'approccio contro il migrante, cioè contro il "differente", costruito come "il nemico". Bisogna rimediare ad un errore di comunicazione». Paruolo, sulla richiesta di negare il patrocinio del Comune, è prudente. «Aspettiamo, prima di trarre delle conclusioni. Ma confermo che mi è arrivata la mail di un rappresentante della Consulta degli immigrati. Non era affatto contento».

mercoledì 4 marzo 2009

Mauro Raspanti: Lo spettacolo della violenza di fronte al dolore degli altri

COSE DI QUESTO MONDO 2009
Giovedì 5 marzo 2009 ‐ ore 20.30

Mauro Raspanti ‐ Centro Furio Jesi



LO SPETTACOLO DELLA VIOLENZA
DI FRONTE AL DOLORE DEGLI ALTRI

Biblioteca della Scuola di Pace - via Lombardia 36 - Bologna




Per informazioni e adesioni:
segreteria: 051491953

venerdì 16 maggio 2008

"Sappiamo ciò che non siamo, ciò che saremo dobbiamo inventarlo" - Verona 17 maggio


Comunicato dell'Assemblea aperta cittadina. Verona:


Si lotta e si crea anche per ricordare chi ci è stato affine.


Non ha importanza se Nicola si dichiarasse antifascista o meno.

In questi anni di ripensamenti e ricombinazioni
sociali, culturali, politiche, esistenziali,
abbiamo imparato a definirci
non per quello che siamo
ma per ciò che non siamo.

A differenza dei suoi assassini
Nicola non era nazista,
non era fascista,
non era razzista,
non era leghista,
non era un reazionario.

Sappiamo ciò che non siamo,
ciò che saremo dobbiamo inventarlo.

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