sabato 18 gennaio 2014

Bertolt Brecht: Da leggere il mattino e la sera




Da leggere il mattino e la sera

Quello che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.

 
Per questo
ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia

mi possa uccidere.

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Morgens und abends zu lesen
 
Der, den ich liebe
hat mir gegagt
Daß er mich braucht.


Darum
Gebe ich auf mich acht
sehe auf meinen Weg und
Fürchte von jedem Regentropfen
Daß er mich erschlagen Könnte 




tr. it di Roberto Fertoniani in Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi Torino 1960 
 

sabato 11 gennaio 2014

“Gli anni spezzati”, una monnezza chiamata fiction

                                   di , 9 gennaio 2014 

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici o chiunque approvi sul servizio pubblico operazioni di questo tipo dovrebbe chiedere il conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, gli anni Settanta viene smerdato da una roba coma la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni: un film non solo pessimo da un punto visto artistico e anche tecnico, ma risibile da quello documentario e storico. Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo.
Chi l’ha scritto, Graziano Diana (anche regista) con due autori alle prime armi – Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti – ha evidentemente ritenuto opportuno prescindere da qualunque serietà di documentazione storica, appoggiandosi a riduzioni da sussidiario copiato male – non dico Wikipedia (che in molti casi è fatta molto meglio). Nei titoli d’apertura non dichiara nemmeno un nome di un consulente storico, nei titoli di coda ne cita tre, nessuno dei quali storico di professione (Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post-fascismo tipo Nuove Idee o Ares). Nelle interviste Diana dice che ha ascoltato le voci dei parenti delle vittime della violenza politica anni ’70: non so chi abbia ascoltato né come l’abbia fatto, ma quello che ne ha tratto sono degli sloganucci stereotipati che farebbero passare un bignami per un saggio storico complesso. Nelle interviste Diana dice di aver voluto raccontare quella storia dalla parte di chi, le istituzioni incarnate nelle forze dell’ordine, cercava il dialogo tra rossi e neri: non so che libri abbia letto sulle forze dell’ordine e le istituzioni italiane di quegli anni, non so su quali testi si sia formato la sua idea sugli apparati dello Stato, i politici, i partiti, i vari movimenti, ma se l’avesse scritta Cossiga nel sonno o Claudio Cecchetto, per dire, questa fiction, ci avrebbe messo più complessità.
L’idea di Alessandro Jacchia di raccontare attraverso lo sguardo di un poliziotto romano (la sua voce off!) le vicende complicate che girano intorno a Piazza Fontana, l’autunno del ’69, e la vicenda di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista: non è un’idea. È la suggestione di poter prendere la poesia di Pasolini su Valle Giulia, ricavarne un’interpretazione puerile, e pensare di applicarla, a mo’ di pomata, agli eventi di quegli anni: come se fosse una scelta narrativa, fino a realizzare una specie di spottone con toni da soap-opera, colletti larghi, sguardi fissi in camera ...

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 vedi inoltre: L’ultimo depistaggio

sabato 14 dicembre 2013

Foucault, La société punitive. Cours au collège de France 1972-1973. Now published [info da: FOUCAULT NEWS]




Michel Foucault (2013) La société punitive. Cours au collège de France 1972-1973, Paris: Gallimard Seuil. 05 Décembre 2013, 356 pages.
 


Frédéric Gros
Foucault et « la société punitive »
Compte rendu sur le site Cairn.info

Résumé
Foucault prononce en 1973 un cours au Collège de France intitulé « La société punitive ». Ce cours, encore inédit, offre les premières grandes propositions théoriques de Foucault sur la naissance de la prison. Elles seront reprises, infléchies, reproblématisées dans Surveiller et Punir. Mais, en 1973, elles sont données avec une netteté conceptuelle et un tranchant polémique qu’elles ne retrouveront plus par la suite. Trois grandes notions sont définies : le « pénitentiaire », le « carcéral » et le « coercitif ». C’est le nouage de ces trois dimensions qui rend compte de l’invention de la prison.
” L’organisation d’une pénalité d’enfermement n’est pas simplement récente, elle est énigmatique. Qu’est-ce qui pénètre dans la prison ? En tout cas, pas la loi. Que fabrique-t-elle ? Une communauté d’ennemis intérieurs. ” C’est en ces termes que Michel Foucault dénonce, dans ce cours prononcé en 1973 – et que viendra compléter, en 1975, son ouvrage Surveiller et punir – le ” cercle carcéral “. La Société punitive étudie ainsi comment les sociétés traitent les individus ou les groupes dont elles souhaitent se débarrasser, c’est-à-dire les tactiques punitives, mais aussi la prise de pouvoir sur le corps et sur le temps et l’instauration du couple pénalité-délinquance. Michel Foucault retrace l’histoire des ” tactiques fines de la sanction ” dont il distingue quatre modalités : exiler ; imposer un rachat ; marquer ; enfermer. C’est dans la seconde moitié du XVIIIe siècle que se développe une ” science des prisons ” à fonction corrective et que se construit un discours sur le criminel et son traitement possible, donnant naissance à un schéma de société qui vise à l’absolu du contrôle et de la surveillance. L’ajustement entre le système judiciaire et le mécanisme de surveillance (l’organisation d’une police), entre l’émergence de la richesse et la pratique des illégalismes, entre la force corporelle de l’ouvrier et l’appareil de production s’accomplit ensuite au tournant du XIXe siècle. Foucault démontre donc que ce sont les instances de contrôle para-pénal du XVIIe et du XVIIIe siècle qui ont abouti, in fine, au fonctionnement de la prison, visant à l’élimination du désordre, au contrôle de la distribution spatiale des individus, de leur emplacement par rapport à l’appareil productif. La Société punitive finit par poser la question, cruciale aux yeux du philosophe, de la validité intrinsèque de la loi pénale. A-t-elle vocation universelle ou se limite-t-elle à la douteuse applicabilité d’une somme de décrets ?

mercoledì 11 dicembre 2013

FN & CaPa: «Il giorno della rivoluzione» - di: Guido Caldiron

«Il giorno della rivoluzione», con Forza Nuova e Casa Pound

   il movimento. Militanti neri, produttori e "padroncini" 

   da il manifesto  -  10/12/2013


 «Saremo noi per primi a difen­derci da even­tuali infil­trati. Io per primo ho paura per­ché le infil­tra­zioni (…) non ci fanno bene, fanno un favore al sistema. Pur­troppo, però, ci sono». Era stato lo stesso lea­der del Movi­mento sici­liano dei For­coni, Mariano Ferro, ad ammet­tere che la mobi­li­ta­zione del 9 dicem­bre cor­reva il rischio di tra­sfor­marsi in una straor­di­na­ria vetrina per chi volesse cer­care visi­bi­lità. Come l’estrema destra che cerca oggi di spe­cu­lare sul males­sere ali­men­tato dalla crisi, nel ten­ta­tivo di ripo­si­zio­narsi in forme più radi­cali dopo il lungo flirt con la destra di governo berlusconiana.
Per­ciò, non deve sor­pren­dere più di tanto se tra gli esiti delle mani­fe­sta­zioni che si sono svolte ieri in molte città, dalla Sici­lia fino al Nor­dest, vi è anche quello di una rin­no­vata presenza dei neo­fa­sci­sti. Un dato da non enfa­tiz­zare, ma pur sem­pre reale.
Ultrà «neri» del cal­cio orga­niz­zati mili­tar­mente a Torino — anche se dai micro­foni di Radio Black Out, vicina ai cen­tri sociali, si invi­tava a una let­tura più arti­co­lata della com­po­si­zione della piazza -, mili­tanti di Casa Pound e Forza Nuova a Roma e in altre città del centro-sud, atti­vi­sti del Movi­mento Sociale Euro­peo, sigla di comodo in realtà legata ad alcuni diri­genti del par­tito La Destra di Sto­race a bloc­care qual­che strada sem­pre nella Capi­tale, men­tre qui e là si è visto anche qual­che espo­nente di Fra­telli d’Italia. Estre­mi­sti di destra con­fusi tra i mani­fe­stanti: una situa­zione resa pos­si­bile anche dal pro­filo poli­ti­ca­mente inde­fi­nito dell’iniziativa.

mercoledì 4 dicembre 2013

CaPa & Alba Dorata



 Casa Pound, dal Cavaliere ad Alba Dorata

    di  Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena 

                                                                        da MicroMega online
                                                                             (4 dicembre 2013)                                                                                  


Venerdì scorso i Fascisti del Terzo Millennio hanno ospitato nel loro quartier generale i neonazisti greci, un'evidente svolta a destra: l'intento è unire tutti i movimenti nazionalisti europei. Il guru di tale svolta pare l'evergreen Adinolfi il quale contro la crisi economica propone da tempo una "nuova alchimia movimentista peronista".
  
                      
                              

Né svastiche né celtiche. Nessuna testa rasata. L’immaginario naziskin assente. Come i saluti romani: i camerati tra loro si limitano a stringersi l’avambraccio destro nel saluto del legionario. Tanti giovani di Blocco Studentesco, ben vestiti e più figli di una borghesia annoiata che fascisti di borgata. Pochi giornalisti, Casa Pound non è più sulla cresta dell’onda. Le ultime batoste subite in diverse tornate elettorali ne hanno sancito un’evidente marginalità politica. Eppure venerdì scorso ospitavano i greci più temuti del Continente: i rappresentanti del movimento di estrema destra, ma la stampa ellenica non esita a chiamarli esplicitamente neonazisti, di Alba Dorata, venuti appositamente in Italia per confrontarsi con i “fascisti del Terzo Millennio”. Un evento annunciato da migliaia di manifesti su tutti i muri della Capitale.

Centocinquanta le persone accorse nel cuore del quartiere multietnico dell’Esquilino per l’iniziativa. Lo staff comunicazione del gruppo neofascista ad accogliere i cronisti e ad accompagnarli al sesto piano del palazzone, luogo del dibattito. Ovunque camerati impettiti a controllare e scrutare facce non conosciute: disciplina e ordine, di stampo militarista, la fanno da padroni. L’ambiente è ripulito. Sui muri decine di fanzine incorniciate di Casa Pound raccontano anni di iniziative. Nulla è lasciato al caso.

Apostolos Gkletsos, ex-deputato e componente del comitato centrale di Alba Dorata, e Konstantinos Boviatsos, Radio Bandiera Nera Hellas, entrano in sala accompagnati da uno scrosciante applauso. Andrea Antonini, vicepresidente di Casa Pound Italia, introduce il dibattito. Le sue parole suonano inequivocabili: «Condividiamo il programma politico di Alba Dorata, è un’unione anche umana contro la repressione giudiziaria e di sangue». Il riferimento è agli ultimi fatti accaduti in Grecia: la magistratura conduce un’inchiesta per specifici reati criminali che ha già portato in carcere diversi esponenti di primo piano del movimento, mentre due giovani militanti sono stati uccisi da un commando rimasto senza nome, anche se è arrivata una rivendicazione firmata da uno sconosciuto gruppo di estrema sinistra.

Si ha la sensazione di assistere ad un cambio di paradigma importante per Casa Pound che implica una svolta. A destra. Estrema destra.
In Italia Alba Dorata finora aveva stretto rapporti soprattutto con Forza Nuova, mentre i Fascisti del Terzo Millennio – nel loro tentativo di rinnovare il “campo” con nuovi slogan e un immaginario a metà strada tra le sottoculture giovanili, il futurismo e Terza Posizione –, avevano prediletto altri movimenti ellenici di stampo più laico e non nazionalsocialista.

Un libro, scritto dal giornalista Dimitri Deliolanes, ripercorre la storia e l’ascesa di Alba Dorata. Per lui si tratta dell’unico partito esplicitamente neonazista presente in un parlamento nazionale dell’Unione Europea. La costruzione politico-ideologica del gruppo risale all’inizio degli anni ’80. In un editoriale del numero 5 (maggio-giugno 1981) della loro omonima rivista, si legge:

Siamo nazisti, se ciò non disturba a livello espressivo, perché nel miracolo della Rivoluzione Tedesca del 1933 abbiamo visto la Potenza che libererà l’umanità dal marciume ebraico, abbiamo visto la Potenza che ci condurrà in un nuovo rinascimento europeo, abbiamo visto la splendida rinascita degli istinti ancestrali della razza, abbiamo visto una fuga possente dall’incubo dell’uomo massa industriale verso una nuova e nello stesso tempo antica ed eterna specie d’uomo, l’uomo degli dèi e dei semidei, il puro, ingenuo e violento uomo del mito e degli istinti.

Eppure Apostolos Gkletsos precisa subito: «Non siamo nazisti, il nostro è un movimento politico e ideologico. Un movimento nazionalista e popolare». Più volte le frasi dell’ospite greco sembrano mettere in imbarazzo i militanti di Casa Pound. Come quel costante richiamo alla «razza bianca europea» o alle radici cristiane dell’Europa e alla «Grecia (che) svolge da sempre un ruolo di scudo contro l’invasione islamica: prima i persiani, ora i turchi».