]. Su questo sfondo animato, c'è un particolare che ha attirato la mia attenzione e mi ha condotto a decidermi di rieditare qualche pagina di un bel libro di Luigi Fabbri. In quella calda giornata di novembre in consiglio comunale, dai banchi del centrodestra è partito - per voce di tal Patrizio Gattuso (PdL) - un sonoro "basta coi comunisti!" che ha suscitato la comprensibilissima indignazione ed ira del consigliere di sinistra Valerio Monteventi.
Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
domenica 30 novembre 2008
Bologna culla del fascismo - I. Autunno 1920
]. Su questo sfondo animato, c'è un particolare che ha attirato la mia attenzione e mi ha condotto a decidermi di rieditare qualche pagina di un bel libro di Luigi Fabbri. In quella calda giornata di novembre in consiglio comunale, dai banchi del centrodestra è partito - per voce di tal Patrizio Gattuso (PdL) - un sonoro "basta coi comunisti!" che ha suscitato la comprensibilissima indignazione ed ira del consigliere di sinistra Valerio Monteventi.
giovedì 13 novembre 2008
Scusi, ma quello non è il capitalismo? (di Alberto Burgio e Vladimiro Giacché)
In questi giorni è di gran moda tributare onori al vecchio Marx. La crisi del capitalismo incoraggia le palinodie. Ancora ieri era un reperto fossile, oggi è la mascotte di banchieri e economisti di radicata (e in realtà incrollabile) fede liberista. Lasciamo andare ogni considerazione sulla scarsa decenza di tanti improvvisi ripensamenti. Proviamo piuttosto a divertirci un po’ immaginando lo spasso che procurerebbero a Marx tutti questi discorsi e quanto sta accadendo in queste turbolente settimane. A Marx e non soltanto a lui. C’è un altro grande vecchio, di cui nessuno parla, che si sta godendo una tardiva ma non imprevista rivincita. Un vecchio molto caro all’autore del Capitale. Insomma, questa crisi è un momento di riscatto anche per Hegel, il grande maestro di Marx. Attenti a quei due. La rappresentazione prevalente descrive un movimento che va dalla crisi finanziaria («originata - recita la vulgata - dalla caduta dei mutui subprime») all’economia reale.
Le implicazioni di questa narrazione ideologica sono principalmente due. La prima è che l’«economia reale» (in sostanza, il capitalismo) sarebbe di per sé sana; la seconda, che ne consegue, è che si tratta in definitiva di un problema di «assenza di regole e controlli» in grado di prevenire (e adeguatamente reprimere) i comportamenti «devianti» degli speculatori troppo ingordi.
Tale descrizione omette il dato essenziale. Prima del movimento descritto, ne opera uno opposto (dall’economia reale alla finanza) che si fa di tutto per occultare. Si capisce perché.
In realtà è il modo in cui funzionano la produzione e la riproduzione (cioè il rapporto capitale-lavoro) a decidere il ruolo della finanza e le forme concrete del suo funzionamento. Nella fattispecie, è l’ipersfruttamento del lavoro (a mezzo di precarizzazioni, delocalizzazioni, bassi salari e tagli del welfare) a far sì che all’indebitamento di massa sia affidato il ruolo di fondamentale volano della crescita. Non stupisce allora che su questo si cerchi di instaurare un tabù. Non si può dire chiaramente - pena l’esplicita delegittimazione del sistema - che all’origine della crisi è la crescente povertà imposta alle classi lavoratrici da trent’anni a questa parte.
Ma che c’entra Marx con questo e cosa c’entra soprattutto Hegel? Proviamo a vederla così. Se è vero che l’economia reale è sia il luogo originario del processo di crisi, sia il terreno del suo compiuto dispiegarsi, allora si può dire che la produzione si serve della finanza per sopravvivere. Nel concreto, la speculazione finanziaria fondata sull’indebitamento è il mezzo che il capitale usa per svilupparsi in costanza del vincolo-base del neoliberismo: la deflazione salariale a tutela del saggio di profitto.
Leggi l'articolo completo in Bellaciao
venerdì 7 novembre 2008
Noi facemmo della rivoluzione russa la nostra stella polare...
Rivoluzione d'ottobre.
Incidenze ricorda questo evento con le parole di un grande anarchico italiano:
-->
.…
“uscito nel 1925, semiclandestino in Francia e ignorato in Italia"].
lunedì 3 novembre 2008
Perché ancora Marx (di Marcello Musto)
Alcuni di questi hanno sostituito il viso della Statua della libertà con un profilo soddisfatto di Marx, mentre l’Economist di due settimane fa raffigurava il presidente francese François Sarkozy, in visita a New York, intento a leggere avidamente una copia de Il capitale mentre, sullo sfondo, i palazzi di Wall Street crollavano inesorabilmente. In tutte le descrizioni e le immagini in cui ho visto ritratto Marx durante queste settimane, egli appariva sempre sorridente e, nonostante il passar degli anni, mi è sembrato piuttosto in forma, anche quando a fare i conti con le sue analisi erano giornalisti che non possono certo essere definiti suoi seguaci.
[leggi l'articolo completo in Bellaciao]
___________
Post correlati:
Scusi, ma quello non è il capitalismo? (di Alberto Burgio e Vladimiro Giacché)
.
sabato 1 novembre 2008
Il lavoro nero di Blocco studentesco. Dietro le versioni ripulite di CasaPou...belle.
Incidenze ne ripubblica velocemente due, rinviando per la serie completa e le relative didascalie alla serie completa originale.
Una lettera
Con questa prima carica Blocco si assicura la postazione migliore per governare la manifestazione, noi ragazzi siamo confusi, spaventati, il morale è a terra, ci si conta per vedere se un amico è rimasto ferito. Quelle bestie di blocco intonano ironicamente un coro: "siamo tutti studenti", i più temerari rispondono;"siamo tutti anti-fascisti" e di nuovo parte un'altra carica più feroce che ci sposta ancora più lontano dal centro di piazza navona, ancora feriti, ancora manganellate, ancora quella noncuranza da parte delle forze dell'ordine che mi sconvolge, mi atterrisce, perché in un paese democratico non posso essere difeso? E' una sensazione stranissima, di smarrimento, lo Stato che avevo sempre creduto dalla mia parte se ne fotte se prendo delle manganellate.
PS. sono venuto a sapere che il governo ha dichiarato che siamo stati noi studenti di sinistra ad aggredire Blocco, bene o noi siamo dei deficienti a non esserci accorti che un gruppo che massacra di botte dei ragazzi innocenti che avevano la colpa di trovarsi lì, lo fa per legittima difesa oppure forse siete voi che tentate di vendere ancora una volta la vostra vergognosa verità al punto di difendere anche lo squadrismo fascista.
venerdì 31 ottobre 2008
L'antifascismo dei fascisti (da Umanità Nova)
Per questo può essere utile chiedere soccorso alla storia recente.
In qualche archivio della Rai è sicuramente conservata la registrazione di una vecchia Tribuna Politica, se il ricordo non inganna, risalente al 1972 in cui l'allora segretario del Movimento Sociale Italiano, Giorgio Almirante, rispose polemicamente ad un giornalista affermando di essere "antifascista" ed anzi "il primo antifascista d'Italia". Giorgio Almirante, al quale oggi s'intitolano persino strade, aveva alle spalle una significativa carriera sotto il segno del fascio, contrassegnata in particolare dal suo impegno come segretario di redazione de La difesa della razza su cui, tra l'altro, ebbe a scrivere che "in fatto di razzismo e antigiudaismo gli italiani non hanno avuto né avranno bisogno di andare a scuola da chicchessia". Firmatario quindi nel 1938 del Manifesto del Razzismo Italiano, durante la Repubblica di Salò fu capo di gabinetto del Ministero della cultura popolare e nel 1944 si rese responsabile di un bando repubblichino in cui si prometteva la fucilazione per "gli sbandati e gli appartenenti alle bande". Nel dopoguerra, era stato uno dei principali artefici della ripresa delle attività squadriste e della riorganizzazione neofascista (formalmente vietata dalla Costituzione), tanto da essere stato quasi ininterrottamente per un quarantennio il segretario del principale partito erede del ventennio mussoliniano e della Repubblica Sociale, l'Msi (1).
La sua dichiarazione di "antifascismo" provocò all'epoca un certo scalpore, ma anche ovvie proteste tra i nostalgici del littorio e i più oltranzisti dell'estrema destra. Da allora la tesi della "pacificazione nazionale" e dell'equiparazione morale dei partigiani e dei militi fascisti come ugualmente patrioti è stata portata avanti dalla destra in modo pressoché corale, proprio sulla falsariga almirantiana. Simile processo è stato comunque possibile anche grazie alla costante criminalizzazione della Resistenza e alla parallela indulgenza verso i crimini nazifascisti: operazione questa a cui si è perfettamente adattata la storia romanzata di Giampaolo Pansa. Questa pagina di storia serve per meglio inquadrare e comprendere le recenti professioni di "antifascismo" recitate da Gianfranco Fini che, tra l'altro, proprio Almirante designò come successore alla guida del Msi, poi divenuto Alleanza Nazionale e quindi oggi componente del PdL.
mercoledì 29 ottobre 2008
Bertolt Brecht: Molti pensano - Viele sehen es so
[Viele sehen es so]
giovedì 23 ottobre 2008
Un premio da Marginalia
E' stata invece una gradita sorpresa il premio che Marginalia ha scelto di assegnare (tra gli altri) ad incidenze, che si trova così in buona compagnia, in una lista di blog scelti con perizia da Vincenza Perilli.
E adesso, stando alle regole del gioco, tocca me.
Il premio Brillante weblog live specifica:
1) nel ricevere il premio, devi scrivere un post mostrando il premio e citando il nome di chi ti ha premiato, e il link del suo bloglive;
2) scegli un minimo di 7 bloglive (o di più) che credi siano brillanti
nei loro temi o nei loro design.
Esibisci il loro nome e il loro link.
Quindi avvisali di aver ottenuto il premio
"brillante WEBLOGLIVE".
Assegno il premio al blog di Alessandro Portelli che, conosciuto per i suoi testi, saggi, interventi e per il suo insegnamento di letteratura americana alla Sapienza, non ha bisogno di presentazione. Un blog (e un intellettuale) che hanno saputo esercitare con stile ed intelligenza una ininterrotta attenzione critica alla recrudescenza del razzismo, del neofascismo e dei revisionismi, per incidenze, sta senza dubbio nei primi posti.
E [un po' come ha fatto Paola Guazzo ne la nuova towanda, "rubando" una citazione da incidenze] "rubo" a mia volta al blog di Portelli una citazione da aggiungere al mio "arsenale":
Il lavoro culturale è spinto così dalla logica della non integrazione a costruirsi le armi per difendere la possibilità di sopravvivere; il lavoro culturale non può che trasformarsi in lotta politica per propria difesa e perché la lotta politica diventa il livello più alto di ogni lavoro culturale.
Ancora sul filo tra lavoro letterario e critica dei revisionismi e dei rinfocolati razzismi, assegno il premio a letturalenta, di Luca Tassinari, una testata spiegata da questa frase programmatica (di Nietzsche, se la mia labirintica memoria non m'inganna): Non scrivere più nulla che non porti alla disperazione ogni genere di gente frettolosa.
A letturalenta devo la conoscenza del terzo blog che voglio premiare. Ha un bel nome, tra storia, memoria e attualità: Rosalucsemblog. Cito soltanto un post di non comune lucidità critica: memoria per dimenticare, ma amo anche certi suoi post graffianti o e/o tagienti sul nostro tempo e sulla vita quotidiana.
E, in tema di lucidità critica, non posso non ricordare un post breve che, nel tempo, continua a riaffiorarmi alla memoria: Meglio Vladimir che Mussolini, e una sua postilla, sulle ... quote (di fascismo) rosa...
Tra memoria e attualità, un premio al blog Carlo (chissà - detto per inciso - se il "carlo-carlo" dell'indirizzo web evoca Marx, o Cafiero, o Giuliani, o tutti e tre...). E' un blog sobrio, con una bella cura delle immagini, con testi e canzoni (da "deandriano" della prima ora - e irriducibile - ho apprezzato il rilancio de La domenica delle salme, un capolavoro della maturità, una diagnosi formidabile e implacabile della "nuova era"). E come perdesi un gioiellino come La Zekka Komunista? Negli ultimi bagliori dei movimenti degli anni Settanta -il fin troppo celebrato e svuotato '77, in particolare bolognese - quando ancora ci si incontrava spesso, ci si conosceva un po' tutti, si condividevano esperienze, correva, scritto sui muri, uno slogan, che recitava più o meno:
Un premio ad una mia "scoperta" recente: il blog Tic (Talk is cheap), che lo meriterebbe anche soltanto per il post Il sangue dei nonni.
E (ritornando all'intersezione tra letteratura, e più in generale scrittura, e antifascismo oggi, con cui ha preso inizio questo "catalogo" delle mie scelte) premio senza indugi il blog di Riccardo Uccheddu. Guardando le ruote.
Riccardo - per ora, una conoscenza in rete - ha tra l'altro curato un'edizione delle Lettere dal carcere di Antonio Gramsci. Devo ad un commento di Riccardo la riscoperta della forza attuale del termine controrivoluzione. Un concetto che incontravo nelle mie ricerche, che, ora che ci penso, ho iniziato a riutilizzare - in rapporto all'attualità - proprio qui, a proposito del revisionismo toponomastico, appunto, a proposito di Gramsci...
Inoltre - anche in ricordo di Dodi, che è stato fino alla fine il principale animatore - premio il blog del Circolo Iqbal Masih di Bologna, dal quale riprendo una frase del testamento di Iqbal:
Ma chi avrà interesse a conoscere altri blog interessanti, ne troverà tanti altri nelle diverse rubriche nella barra laterale di incidenze.
Citarli tutti, sarebbe stato come non citarne nessuno, e ho dovuto scegliere, sicuramente rinunciando ad altri, che ho volta a volta linkato, convinto che meritino di essere conosciuti, visitati, letti...
martedì 7 ottobre 2008
CasaPound Superstar (da marginalia)
Ma caso vuole che, da un bel po' di tempo, gli "esaltati" sono stati (e restano) gli appartenenti alla cosiddetta "destra radicale" nella cui galassia si colloca CasaPound e relativo sito, "esaltati" che sono passati dalle "parole ai fatti" contro migranti, rom e sinti, compagni e compagne (o semplicemente persone reputate , per il loro aspetto, "irregolari" o "di sinistra"), omosessuali, trans, donne e lesbiche vittime di "stupri punitivi" ...
mercoledì 1 ottobre 2008
Didala Ghilarducci: Lettera aperta a Spike Lee
9 novembre 2007 (a: Anpi Barona, Milano)
Cari amici di Milano permettetemi di farvi conoscere quello che ho scritto al regista americano circa le scene girate da lui a sant'Anna di Stazzema per un film sulla Buffalo. Come forse saprete anche dalla stampa c'è il dubbio che per "esigenze di copione" il regista abbia creato nella sceneggiatura qualche aggiustamento alla ricostruzione storica della strage ormai appurata anche dal tribunale militare, riprendendo suggestioni che in qualche modo attribuivano alla presenza di partigiani in paese la spinta a compiere il criminale gesto del massacro di tanti innocenti.Un saluto da amica.
al regista Spike Lee
Anpi: "Il film di di Spike Lee è un falso storico e una grave offesa alla Resistenza"
Sconcertante l’indifferenza con cui il problema è stato affrontato da soggetti, che, a vario titolo, dovrebbero essere sensibili a queste tematiche e che hanno dato prova di un antifascismo di maniera, ipocrita e superficiale, addirittura più interessato al “ritorno di immagine” che alla verità.
Grave è il comportamento del Sindaco di Stazzema Michele Silicani, che ha accolto a “scatola chiusa” il progetto del film, definendolo un’importante occasione per la conoscenza degli eventi e per la promozione turistica e, addirittura, un omaggio al sacrificio dei partigiani.
Disarmante quello dell’Associazione Martiri di Sant’Anna e del Comitato per le Onoranze (a quest’ultimo è affidato, per legge, il compito di valorizzare il patrimonio storico e morale della Lotta di Liberazione) che con il loro “assordante silenzio” hanno avallato l’offesa recata alla Resistenza. Pericolosa la superficialità di enti e Stato che hanno sostenuto, magari anche economicamente, il film, attirati dal miraggio del grande regista.
Lo ripetiamo l’ANPI non ce l’ha con Spike Lee che può dire e fare ciò che vuole, ma ce l’ha con un antifascismo istituzionale e di facciata che è pronto a sacrificare anche la verità sia per vanità, sia per presunti vantaggi che ne verrebbero al territorio, sacrificando la coerenza a vantaggio dell’apparenza e dell’utile.
Fare dei distinguo su un film dedicato a Sant’Anna e denunciare che attraverso esso passa con grande clamore mediatico l’avallo ad una valutazione revisionista della Antifascismo non vuol dire essere vecchi o tanto meno veteri, anzi all’opposto significa avere coscienza e lucidità del grave momento che sta attraversando la nostra società, proprio nel vedere venir meno valori fondamentali che sostanziano la democrazia. Esiste infatti nel nostro paese un clima sociale, politico e culturale che guida le forze al governo del paese, per il quale non si avverte nelle sostanza una distinzione reale e profonda fra i valori del ventennio fascista e quelli democratici
BASTA CON LE ACCUSE FALSE E TENDENZIOSE AI PARTIGIANI E CON LE OFFESE ALLA MEMORIA DEI CADUTI DELLA RESISTENZA
lunedì 29 settembre 2008
Triangoli rossi a Marzabotto: "Fascismo pericolo attuale"
Nei lager nazisti, i prigionieri politici erano contrassegnati da un triangolo rosso.
Dopo la Liberazione, quel marchio un tempo imposto è divenuto per gli ex deportati politici un simbolo della memoria, un segno della continuità di una lotta.
Eppure, pare proprio che a Marzabotto, in questi giorni, i triangoli rossi non siano mancati.
E diversi intervenuti al congresso hanno detto cose che meritano di essere conosciute e non vengono divulgate dai "grandi" media.
Ma, lasciando questa specie di "Repubblica di Salotto" mediatica e i suoi "bei nomi", cerchiamo un po' nella cronaca locale, troviamo - a pagina IV dell'Unità-Bologna del 27 settembre - oltre ad una testimonianza di Osvaldo Corazza, ex deportato a Mauthausen, troviamo alcune dichiarazioni degli intervenuti: Gianfranco Maris (presidente nazionale dell'Aned, confermato con voto unanime al Cogresso), Enzo Collotti, e Moni Ovadia.
giovedì 25 settembre 2008
Marzabotto ricorda l'eccidio e non crede all' "antifascismo" di Fini
A 64 anni dall'eccidio nazifascista, Walter Cardi, presidente dei familiari delle vittime della strage, diffida dell'antifascismo dichiarato da Fini - che vorrebbe fare da garante di un partito i cui uomini collocati in posti strategici (La Russa, Alemanno...) nei giorni scorsi hanno tentato di legittimare la Repubblica di Salò.
Come riferisce un articolo dell'Unità - Bologna , Cardi (10 familiari uccisi nell'eccidio) ha dichiarato che è difficile credere alle dichiarazioni di Fini, in quanto la sua "è solo un'apertura che fa a con obiettivi politici, per legittimarsi come uomo di governo. La realtà è che nessuno di loro ha mostrato pentimento, nessuno di loro è mai venuto a chiederci scusa [...] Noi come familiari non potremo mai condividere alcuna forma di revisionismo, e su queste vicende c'è una verità acclarata dalla magistratura. e in An non c'è mai stata una discussione sul fascismo" [l'Unità - Bologna , 26/9/08, p. 1].
E le parole di Walter Cardi sono perfettamente comprensibili, cosi come si comprende il perché di questa sua presa di posizione proprio nel giorno della presentazione del vasto programma delle celebrazioni che si svolgeranno a partire dal 29 settembre, pubblicato nel sito dell'Associazione vittime degli eccidi nazifascisti nei comuni di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe -1943-1944. Il programma prevede il 4 Ottobre, due iniziative di rilevante carattere storico, politico e simbolico: l'intitolazione di un parco di Marzabotto a Peppino Impastato e il gemellaggio dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi con il comune di Sant'Anna di Stazzema (in provincia di Lucca).
E la lunga striscia di sangue lasciata delle stragi di civili perpetrate dai nazisti (e dai loro complici "locali") conduce proprio da Sant'Anna di Stazzema a Marzabotto.
Al termine questo breve percorso a ritroso nel tempo, ci ritroviamo nel pieno grigiore della "nostra" attualità e, nel punto più grigio delle quotidiane notti e nebbie, ci imbattiamo di nuovo in Alleanza Nazionale: il partito che, per bocca di Fini, sarebbe divenuto "antifascista".
In questi giorni, un'esponente di AN, Manuela Clerici, presidentessa della Versilia Viareggio Congressi, secondo diverse testimonianze, avrebbe ordinato di rimuovere la lapide che ricorda i 650 morti della strage di Sant'Anna di Stazzema, incontrando la resistenza dei lavoratori, che si sono rifiutati di eseguire l'ordine [nella foto tratta da un articolo pubblicato da Cani sciolti, la lapide da cui sono state asportete tre borchie, che una dipendente dichiara di aver visto sulla scrivania della burocrate di AN].
Altre notizie (continuamente aggiornate sugli sviluppi del caso di Viareggio) sono pubblicate da Officina21, (che ho conosciuto grazie alla segnalazione di Samanta in un commento al mio post sulla soppressione Via Gramsci a Cento di Ferrara).
_______________
... una scheda.
Soluzione finale
Franz Stangl fu comandante di Treblinka nel 1942-43. Nei mesi di aprile e giugno del 1971 acconsentì a farsi intervistare da Gitta Sereny per conto del Daily Telegraph Magazine nel carcere giudiziario di Dusseldorf dove era in attesa della sentenza di appello contro la condanna all’ergastolo. Sessantatre anni, alto, ben piantato, rilassato e controllato insieme, in prigione da quattro anni, trascorsi per quasi tutto il tempo in isolamento, poiché il Direttore del carcere temeva ritorsioni degli altri prigionieri nei suoi confronti. Era stato arrestato in Brasile dove viveva tranquillamente con la sua famiglia. Il lungo racconto ‘In quelle tenebre’ raccoglie integralmente l’intervista condotta dalla giornalista di origine viennese all’uomo di cui Simon Wiesenthal, il “cacciatore dei nazisti” diceva: “Se non avessi fatto altro nella mia vita che quello di catturare quest’uomo malvagio, non sarei vissuto invano”. Da questa drammatica testimonianza il regista Franco Brambilla ha tratto un dialogo denso e serrato, su una scena volutamente essenziale, che ricostruisce l’intera vicenda di Franz Stangl e dei tragici avvenimenti di cui fu artefice e protagonista, eventi e fatti circo stanziati che rivivono nelle domande incalzanti di Gitta Sereny e nelle sue dolenti riflessioni.
Franz Stangl morì per un attacco di cuore diciannove ore dopo la fine dell’intervista.
sabato 20 settembre 2008
Via Gramsci? Piazza pulita! La controrivoluzione toponomastica dalla par condicio alla caccia agli spettri
« La giunta di centrodestra - riferisce il manifesto del 20/9, p. 4 - vieta "l'inserimento di persone che fanno riferimento al comunismo". Peccato che l'unica a rientrare in questa categoria sia la piccola via Gramsci, che a breve verrà cancellata dalle mappe ferrraresi. "Nella Costituzione manca una condanna del comunismo. Non vorrei una via intitolata a Ciano, ma neanche un a Lenin". Il parallelismo è di Gianluca Panzacchi, uno dei due Consiglieri del Carroccio che ha presentato il testo approvato da Lega, AN e Alleanza per Cento, lista civica di destra».
Come avrebbe potuto la Costituzione italiana (scritta, come sappiamo, dai partiti che aveano combattuto vittoriosamente il nazifafascismo, dunque anche dal Pci che nella Resistenza aveva svolto un ruolo decisivo) includere una condanna del comunismo, il signor Panzacchi ha dimenticato di spiegarlo, emozionato, forse, per l'importanza "storica" della sua iniziativa che (se non fosse per l'increscioso fatto che si iscrive nel solco del programma del regime fascista di far tacere ed eliminare Gramsci) potrebbe forse apparire "originale".
Correva un tempo il detto "siamo nani sulle spalle dei giganti". Nell'epoca novella della "fine delle ideologie", assistiamo allo spettacolo di nani - o delle truppe di un nano - che i giganti li vorrebbero demolire, inavvertiti del rischio di restare schiacciati dalla modesta e inoffensiva lapide che ricorda un gigante
...e, chissà perché, in questa situazione, mi è tornata in mente una stranissima canzone:
Il giorno che arrivò in città fresco dalla Sardegna, per fare l'università c'aveva già lui la faccia di chi c'insegna, aveva già la sua strana testa grossa e l'aria di uno che ha freddo fin nelle ossa.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non sarebbe andato avanti molto.
Che tipo strano e riservato, che aria da sbandato. E non sempre una gobba porta fortuna e oggi si vede che non mi ero sbagliato. E poi di sardi qui ce n'è già abbastanza, dissi a quel pazzo che gli affittò la stanza.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto mai molta strada.
Era capace di star dei giorni chiuso nella sua stanza, forse a studiare non so a che fare, io non gli ho dato mai troppa importanza. Certo non era allegro come goliardo, ma non ci dimentichiamo che era gobbo e sardo.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto una bella fine.
Cosa facesse oltre a studiare, non l'ho saputo mai. Ma avevo capito che fin dall'nizio che quello lì andava in cerca di guai, avevo capito che era un socialista, quelli li riconosco a prima vista.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, avrebbe avuto quello che meritava.
Dopo un po' d'anni e chi ci pensava, ho appreso con sgomento, che quello lì, quel sardo lì, era finito eletto in parlamento, vabbene che il parlamento non conta niente, però non è proprio il posto per certa gente.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, che avrebbe cercato di farla franca.
Ma ieri ho saputo, che finalmente, si son decisi a farlo, l'han messo dentro, avrà vent'anni, abbiam risparmiato il tempo di ammazzarlo, perchè è malato ed è una cosa vera, che non uscirà vivo dalla galera.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, non poteva finire altro che così.