martedì 1 giugno 2010

Repertori della sessualità e politiche razziste

Repertori della sessualità e politiche razziste nelle società multiculturali:
derive a destra dei movimenti di liberazione?


Martedì 1 giugno, H. 17

Festival sociale delle culture antifasciste 2010
Bologna, Parco di viale Togliatti, spazio Alì

intervengono:Tavolo LGBTQ* Trento e Vincenza Perilli,
coordina
Titti Castiello.


Il dibattito vuole affrontare gli effetti delle politiche razziste sui movimenti di liberazione delle donne e delle minoranze sessuali. Sesso e razza sono stati sempre due discorsi intrecciati alle politiche di dominio. La costruzione del soggetto coloniale da parte dei colonizzatori si è sempre avvalsa di retoriche che attingevano a un repertorio di significati relativi alla sessualità, ora esotizzata, ora, al contrario, degradata. Quanto è avvenuto negli ultimi anni in relazione alle politiche securitarie dimostra che le retoriche coloniali sopravvivono ai processi di decolonizzazione mettendosi in circolo nelle metropoli dell’occidente. In un mondo multiculturale le politiche sessuali si articolano ancora una volta come discorso di dominio sui soggetti migranti e i soggetti minoritari (donne, lesbiche, trans, gay) sono chiamati a sostenere questi programmi politici razzisti Se da una parte questi programmi politici razzisti hanno tentato strenuamente di “arruolare” le donne, che ne è stato di lesbiche gay e trans, in un paese in cui non si è neppure compiuto il processo di riconoscimento dei diritti civili? Ci sono segnali che anche le lesbiche, i gay e i/le trans possano fare la loro parte dentro il paradigma securitario razzista? Possiamo dire che anche in Italia si è assistito a un effettivo spostamento a destra dei movimenti di liberazione delle donne e delle minoranze sessuali così come è successo in altre parti d’Europa? A questo proposito vorremmo analizzare in che modo il movimento delle donne da una parte il movimento LGBTQ dall’altra e ha risposto e sta rispondendo a questo tentativo di strumentalizzazione razzista contro i/le migranti.

[da: marginalia]
.

lunedì 31 maggio 2010

Psichiatria / fascismo - razzismo: due dibattiti al Festival culture antifa



Due incontri per la critica della psichiatria

Festival sociale delle culture antifasciste 2010

Bologna, lunedì 31 maggio


h. 11-13

Psichiatria e fascismo



Il Fascismo si rapportò in modo inequivocabilmente autoritario con tutto il mondo della cultura italiano. Cercheremo di ricostruire quale fu l'impatto che ebbe sugli gli ambienti psichiatrici, nella ridefinizione delle competenze del sapere medico in relazione al potere poliziesco e giudiziario, ma anche al conflitto tra la corrente fisiologista di lombrosiana memoria e quella più interessata alle categorie psicologiche e psicanalitiche, laddove il fascismo stesso tentò di farne tesoro per pianificare anche un apparato comunicativo e "pedagogico" imponente. Obiettivo è quello di riuscire a ricomporre l'insieme attraverso i "frammenti della memoria": cercare di affrontare la questione declinandola nei diversi campi in cui ha avuto attuazione. La dimensione femminile, con la ridefinizione marcata della figura della donna e del suo ruolo in seno alla società fascista, maschile ed eterosessista, e la marginalizzazione di tutte le individualità e ed esperienze che non vi rispondevano; la repressione e manicomializzazione del disordine e di ogni sensibilità non allineata (e non allineabile); l'esperienza ancora forte del primo conflitto mondiale, con il suo portato di nuove definizioni di nevrosi e sindromi sviluppate dai combattenti, a cui una medicina "mobilitata" troppo spesso non seppe dare che diagnosi più simili a condanne, e sulle quali si costruirà anche l'idea combattentistica del sacrificio e dell'eroismo; la questione razziale e l'incontro con l'altro/a, soprattutto nell'esperienza coloniale, e il ruolo che di nuovo la "normalizzazione" e la standardizzazione delle categorie mentali cui sembrava chiamata la scienza psichiatrica assunse ... [continua qui]


Dibattito con:

Paolo Peloso, medico psichiatra, GenovaPaolo Giovannini, storico, Università di Camerino Luigi Benevelli, medico psichiatra, Mantova - Università di Brescia

______________________

h: 17-18,30

Psichiatria e razzismo

Dibattito intorno alle vittime della repressione psichiatrica come controllo sociale e discriminazione con la presentazione del caso Francesco Mastrogiovanni
(partecipazione familiari di Francesco in attesa di conferma)

Dibattito con:
Giorgio Antonucci, che nel 1969 ha lavorato nell'ospedale psichiatrico di Gorizia con Franco Basaglia e dal 1973 al 1996 lavora a Imola per smantellare gli ospedali psichiatrici Osservanza e Luigi Lolli
Collettivo 'Irren Offensive', cioè Follia Militante, da Berlino
Osservatorio antiproibizionista Pisa

Collettivo Antipsichiatrico Artaud
Pisa

Centro di relazioni umane Bologna

.

sabato 29 maggio 2010

Tonino Bucci: Foucault, ovvero l'anti-Marx. Una leggenda da smontare

Tonino Bucci

Foucault, ovvero l'anti-Marx
Una leggenda da smontare


Una raccolta di saggi sul rapporto tra i due filosofi, a cura di Rudy M. Leonelli.
E con un'intervista di Balibar



Si è diffusa una vulgata che contrappone i due pensatori: l'uno visto come un teorico del collettivismo, l'altro come un profeta della rivolta individuale e del micropolitico. Semmai Foucault contestava il marxismo come sistema di potere

da: Liberazione, 28 maggio 2010



«Io cito Marx senza dirlo, senza mettere le virgolette, e poiché la gente non è capace di riconoscere i testi di Marx, passo per essere colui che non lo cita. Un fisico, quando lavora in fisica, prova forse il bisogno di citare Newton o Einstein? Li usa, ma non ha bisogno di virgolette, di note a pie' di pagina o di un'approvazione elogiativa che provi fino a che punto è fedele al pensiero del Maestro».

Queste poche righe portano la firma di Michel Foucault e sono riprodotte in una delle opere che più ha contribuito a far conoscere in Italia gli aspetti militanti del suo pensiero. Parliamo di
Microfisica del potere, sottotitolo Interventi politici, più che un'opera sistematica, una raccolta di testi, brevi scritti, dibattiti e interviste, uscita non a caso qui da noi nel 1977. Anno cruciale, durante il quale si registra nel campo della sinistra (soprattutto in Italia e in Francia) il massimo di rottura tra movimento operaio e partiti comunisti, da un lato, e i movimenti studenteschi dall'altro. Movimenti che dall'interno delle università cominciano a guardare a nuovi soggetti al di fuori di quelle che vengono definite strutture burocratiche e di potere, dai sindacati ai partiti. Da qui si spiega l'attenzione del Settantasette verso i non garantiti e il proletariato metropolitano, verso gli esclusi e il sottoproletariato, verso i malati mentali e verso un'intera costellazione di soggetti che per la prima volta cade al fuori della "classe operaia". Di questi soggetti si mette in evidenza non un'azione di resistenza al potere riconducibile, in qualche modo, a una strategia politica complessiva. I nuovi soggetti "desideranti" del '77 sono semmai protagonisti di pratiche quotidiane di resistenza. E' la disseminazione, l'assenza di gerarchie interne - il carattere "rizomatico" diranno Deleuze e Guattari - a distinguere le azioni contro il potere. E non a caso, è questo il periodo di massima fortuna politica di Foucault, artefice di una teoria del potere come qualcosa di capillare e diffuso nella trama dei rapporti sociali, dalla fabbrica al carcere, dalla scuola all'ospedale psichiatrico.

Forse per questo il rapporto teorico di Foucault con Marx (e il marxismo, che però è altra cosa) diventa una questione sensibile, lo specchio cioè in cui si riflette lo scontro tra partiti e movimento che non si risparmiano scomuniche reciproche - da una parte l'accusa di radicalismo piccolo-borghese e individualismo anarchico, dall'altra quella di burocratismo e difesa corporativa dell'aristocrazia operaia. Sennonché il clima rovente di quello scontro politico è forse all'origine della vulgata di un Foucault senza Marx o, addirittura, contro Marx, e proprio per questo "organico" al Settantasette.

L'impressione che invece si ricava dalla lettura di una raccolta di saggi pubblicata di recente,
Foucault-Marx (a cura di Rudy M. Leonelli, Bulzoni Editore, pp. 146, euro 13) è ben diversa. A cominciare dall'intervista a Balibar che mette in guardia da un dibattito «che mi sembra riduttivo», non solo rispetto alla complessità di due pensatori come Marx e Foucault, ma anche «per quelli che ancora oggi - e bisognerebbe interrogarsi sulla ragione per cui ne hanno talmente bisogno - continuano a battere il chiodo, spiegando come, con Foucault, sarebbe stato definitivamente trovato l'antidoto al marxismo». Non regge, ad esempio, la vulgata di un Marx collettivista contro un Foucault più attento, invece, al micropolitico e alla costituzione del soggetto individuale. Anche perché la critica di Marx all'individualismo - ancora parole di Balibar - è essenzialmente «la critica delle forme borghesi dell'individualismo», cioè dell'astrazione giuridica dell'individuo proprietario che è alla base della società del mercato. «Considerare il comunismo non come l'annientamento dell'individuo nella massa, ma come l'emergenza di possibilità di individualizzazione schiacciate dalla società borghese, è un aspetto molto profondo del pensiero di Marx».

Anche se si guarda alla nozione centrale, che dovrebbe registrare la massima distanza tra Foucault e Marx, ossia l'idea di potere , la presunta incompatibilità tra i due pensieri comincia a vacillare. Anzi, proprio i testi foucaultiani sul potere potrebbero insegnare a leggere correttamente Marx. Per entrambi i filosofi, infatti, il potere è una funzione che si esercita all'interno della società come sistema .

Foucault non intende sbarazzarsi di Marx - come scrivono Alberto Burgio e Guglielmo Forni Rosa nei rispettivi interventi - ma del marxismo quando diventa una scienza legata a un sistema di potere, indifferentemente che si tratti delle università, di un partito o di uno Stato (per averne un'idea basta leggere il contributo di Manlio Iofrida sul marxismo francese degli anni 50). L'idea del potere che ha in mente Foucault come un meccanismo che produce i soggetti coinvolti, quindi come «relazione», come «rapporto di direzione che suppone anche il consenso del destinatario del flusso di potere» (Burgio) è tutt'altro che assente in Marx.

E', in breve, colpa di una lettura economicistica se si è affermata la vulgata di un Marx che si disinteressa della politica e del potere che si esercita al di fuori della fabbrica, nel grande campo dell'ideologia. Da questo punto di vista la funzione di potere come immaginata da Foucault assomiglia alla funzione intellettuale di Gramsci, pervasiva non solo sul terreno della cultura e della comunicazione di massa, «ma anche in tutti gli snodi del rapporto sociale, a cominciare dal processo di produzione e dall'epifania della merce». Questo non significa far scomparire gli scarti che in Foucault si producono rispetto a Marx, ad esempio quando nega che nel flusso di potere ci sia una direzione verticale dall'alto verso il basso, dalla classe dominata ai dominati. Il potere foucaultiano resta un sistema orizzontale che distribuisce in modo equo e imparziale i propri effetti. Forse la tesi meno adeguata a spiegare il reale funzionamento del meccanismo capitalistico che dispensa costi e benefici in modi tutt'altro che simmetrici.


R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista


Sabato 29 maggio, ore 16.00

Renato Busarello, Luki Massa e Vincenza Perilli
presentano il libro
R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista
(Ombre corte, Verona, 2010 )
a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi
Saranno presenti le curatrici


In un contesto in cui la ricerca storica europea appare ancora fortemente condizionata da istanze maschili-bianche e le reti accademiche non sembrano certo distinguersi nell'investire sensibilità ed energie sulla storia dei soggetti "altri", quali le lesbiche sono indubbiamente, i lavori qui presentati assumono sicuramente una rilevanza particolare nel panorama storiografico.
Frutto di un lavoro corale sulle poche fonti e testimonianze di cui ancora si dispone, il volume si avvale dei contributi di alcune note storiche del lesbismo che si occupano di esistenze e resistenze lesbiche nell'Europa dei nazifascismi, includendo anche il franchismo spagnolo. La barra che si è scelto di apporre su "r/esistenze" sta infatti a indicare come per le lesbiche la stessa esistenza possa essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), ancor più in periodi di forzata "normalizzazione" di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei del Novecento. Ma la "resistenza" che trova spazio in questo libro è anche quella di lesbiche politicamente consapevoli, che fronteggiarono e combatterono con determinazione e coraggio le dittature di Mussolini, di Hitler e di Franco.
Nel volume vengono inoltre affrontate anche le questioni, spesso rimosse, relative alla "zona grigia" della sopravvivenza durante l'internamento e ai rapporti fra "asociali" e "politiche" nei Lager.

.

venerdì 28 maggio 2010

I tedeschi che si opposero al nazismo: una mostra al Festival delle culture antifasciste


Ha inizio oggi a Bologna il Festival sociale delle culture antifasciste 2010: un evento autonomo e autogestito, promosso da centri sociali, collettivi, associazioni, singoli che hanno a cuore la difesa dei valori dell'antifascismo. Come la prima edizione (2009), il Festival 2010 è caratterizzato da una programmazione di eventi culturali, presentazioni di libri e film, spettacoli teatrali e musicali, tavoli di discussioni, e momenti assembleari.

Già in questa prima giornata, il programma delle iniziative - consultabile online per data, per temi o per tipologie - è talmente ricco che spesso si ha l'imbarazzo della scelta.

Per questo, oltre a ricordare la presentazione (oggi,
h. 17-19) del formidabile libro di Luigi Fabbri, La controrivoluzione preventiva - al quale incidenze ha dedicato numerosi post -, tra i tanti eventi di notevole interesse, desidero salutare il Festival segnalando una mostra a mio avviso imperdibile:

I tedeschi che si opposero al nazismo

Nella mostra si ricordano i ragazzi antinazisti della “Rosa Bianca”, il padre gesuita Rupert Mayer che proteggeva gli omosessuali ricercati dai nazisti e altri antinazisti.

Mostra fotografica permanente e materiale documentario a cura del CIPES – Centro di Iniziativa Politica e Sociale (Milano)

Oggi, ven. 28 maggio, dalle h. 15


Informazioni sulla "Rosa Bianca"

La Rosa Bianca è il nome di un gruppo di studenti tedeschi che pagarono con la vita la loro opposizione al regime nazista. La Weiße Rose era composta da Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf, tutti poco più che ventenni, cui si unì successivamente il professor Kurt Huber ...

LA RESISTENZA ANTINAZISTA IN GERMANIA
Lezione di Enrico Peyretti

Della resistenza al nazismo interna alla Germania, in genere ne sappiamo poco. «Non si può dire che la resistenza tedesca (...) abbia (...) finora suscitato grande interesse fra il pubblico colto, in Italia come in quasi tutto il mondo (...). In questa opera di rimozione ha certamente pesato, specialmente nei primi anni del dopoguerra, il cliché della "colpa collettiva". (...) Questo schema nefando (...) escludeva per definizione l'esistenza di un' "altra Germania". Oggi una storiografia più avvertita e critica sta scoprendo il fenomeno resistenziale, nelle sue diverse stratificazioni e componenti» .
Forse ne sanno ancora meno i tedeschi stessi: un sondaggio serio eseguito nella Repubblica Federale Tedesca nell’aprile 1970 rilevava che, tra i 16 e i 29 anni di età, il 47% non era in grado di citare alcun fatto relativo all’attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Nel 1984, 14 anni dopo, questo dato era salito al 63%! Nel gruppo di età 16-19 anni, fra coloro che sapevano qualcosa del 20 luglio, solo il 14% nel 1970 e la metà, il 7%, nel 1984, era in grado di riferire correttamente nomi di preti, pastori, sindacalisti, socialisti, comunisti, che avevano preso parte alla resistenza ...

Leggi i testi completi qui
.