Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
venerdì 19 ottobre 2007
Giuseppe De Micheli: Cattolici beatificati e repubblicani ignorati
lui tira acqua al suo mulino, permettete che anch'io ne tiri un po' al mio, poca perché non ho l'accesso ai mass media che ha lui.
vorrei solo ricordare i tanti massacrati in nome di Cristo ("viva cristo Re" era il grido di battaglia dei navarresi franchisti) :
- Federico Garcia Lorca, mai iscritto ad alcun partito politico, soltanto poeta.
Il suo corpo giace in una fossa comune in qualche parte della provincia di Granada. Non mi risulta che siano stati fatti tentativi per individuare la sua tomba, riconoscerne il corpo e dargli una decorosa sepoltura.
- i preti baschi incarcerati, privati dei loro beni, deportati in altre regioni della Spagna e infine fucilati questa volta a cura dei franchisti, e non dei comunisti. (a qualcuno risulta che siano stati
inclusi fra i beati? non e' una domanda retorica e' semplicemente una domanda, perche' non conosco la risposta). Si vedano Francois Mauriac e Jacques Maritain - manifesto in difesa dei baschi e Jacques Maritain - "Rebeldes Espanoles no hacen una Guera Santa" - Parigi 1937
- tutti i miliziani e civili repubblicani massacrati dai franchisti, di cui nessuno ha mai tenuto la contabilita' perche' morti dalla parte sbagliata: si veda Bahamonde y Sanchez de Castro, Antonio - Memoirs of a Spanish Nationalist, London 1939
Giuseppe De Micheli
"perche' tu giaci, Ignacio, come tutti i morti della terra" (a memoria da Garcia Lorca)
11 Mar 2001
In questi giorni, in cui ci si sta mobilitando contro la beatificazione di circa 500 franchisti prevista per il 28 ottobre, ho voluto ricordare l'operato del predecessore di Ratzinger, con le parole Giuseppe De Micheli.
martedì 11 settembre 2007
Nuovo? No, lavato con Perlana...
Nuovo? No, lavato con Perlana.
in Invarianti, n. 35, 2001
in Italia negli ultimi anni è stata fortemente auspicata una “conciliazione nazionale”, considerata un elemento fondamentale per una società “postfascista”. Il “superamento” del passato fascista da parte di una presunta società postfascista presuppone però l’offuscamento dei lati negativi di questo passato[8].
domenica 15 luglio 2007
Agnolo Poliziano: Fabula di Orfeo, regia di Stefano Armati (1986)
Vorrei salutare questo rilancio rievocando un primo (forse il primo) tentativo non poliziesco (e riuscito) di sgomberare il terreno dei Giardini dalle siringhe e dall'incuria, era l'ormai lontano '86, e fu un incrociarsi di persone, di opere, di idee, di percorsi, saperi, esperienze. Tra le cose per me indimenticabili - e non dimenticate - la realizzazione della Fabula di Orfeo curata dal multiforme ingegno di Stefano Armati [qui, in foto(copia...), nei panni di Orfeo]. Ripubblico qualcosa dalla presentazione e dal libretto della serata del quale avevo curato la redazione e la realizzazione grafica.
Mercurio annunziatore della festa:
figliuol d’Apollo, chiamato Aristeo:
costui amò con sì sfrenato ardore
Euridice che moglie fu di Orfeo
che seguendola un giorno per amore
fu cagion del suo caso acerbo e reo
perché fuggendo lei vicina all’acque,
una biscia la punse e morta giacque.
Orfeo cantando all’inferno la tolse,
ma non poté servar la legge data,
che ‘l poverel tra via drieto si volse;
sì che di nuovo ella gli fu rubata;
però mai più amar donna non volse.
e dalle donne gli fu morte data."
intense e produttive della nostra vita, felicità e
tormento sono la stessa cosa: l’uomo creativo.
Ma molto tempo prima di lui una creatura umana,
che amava, ha già teso le mani verso una stella
senza sapere se chiedeva piacere o sofferenza.”
Lou Andreas-Salomé
Nietzsche: si può essere “superficiali, per profondità!”
Mercurio……...….annunziatore della festa…….….Roberto Sabattini
Il pastore Schiavone…………………….…………….Roberta Casadei
Mopso…………..….vecchio preveggente…..……....Paolo Franceschi
Aristeo…,,,,,..giovane pastore innamorato di Euridice…..Claudio Cavina
Tirsi……………………..servo di Aristeo………..…Antonio Obino
Euridice………….infa sposa di Orfeo…….…Ilaria Sala
Orfeo…………..mitico cantore……..Stefano Armati
Plutone………….Re degli Inferi…….Pino Bianchini
Minosse …………massimo giudice infernale………………Maurizio Babini
Proserpina…….Regina degli Inferi…..Annamaria Pierfederici
Le Furie…..spiriti infernali:
Gianna Beduschi, Tania Pizzuti, Francesca Campanaro, Roberta Raimondi
Le Baccanti……seguaci di Bacco:
voci recitanti……………………………Patrizia Piccinini, Roberta Casadei
danzatrici……Susanna Quaranta, G. Beduschi, T. Pizzuti, F. Campanaro, R. Raimondi, P. Piccinini
Cerbero…..cane infernale…..Anna Batoli, P.Piccinini, S. Quaranta
Arpista…………………………………………………Emanuela Degli Esposti
Violoncellista…………………..Nicola Baroni
Interventi scenografici…..Giano Castagnoli, Maja Becheret, Eleonora Straub
Adattamento scenico e regia……………………..Stefano Armati
Assistenti alla regia……….A. Pierfederici, G. Beduschi
Suono…………………………Guido Tabone
Luci……………Mario Chemello
Sartoria………..Pamela e Luisa Muratori
Decorazioni in metallo……..Maurizio Sterchele
Progetto grafico e realizzazione libretto di sala……….Rudy M. Leonelli
giovedì 17 maggio 2007
Negazionismo virtuale: prove tecniche di trasmissione (1998)
Negazionismo virtuale: prove tecniche di trasmissione, altreragioni, n. 7, 1998, pp. 175-181 *
"tutti i punti di vista si equivalgono, non c'è più criterio che permetta di distinguere chiaramente il vero dal falso, il reale dall'illusorio, il bene dal male; a ciascuno forgiarsi la sua opinione, e d'altronde tutte le opinioni sono accettabili quando sono sincere. Questa assenza di criteri è del resto celebrata dall'ideologia postmodernista come una liberazione, come l'accesso a un mondo in cui l'individuo può moltiplicare i punti di vista, simultaneamente o successivamente: intrecciarli senza curarsi della loro coerenza, o praticare una sorta di nomadismo identitario, cambiando di 'visione del mondo' come di camicia"[1].
Le pretesecamere a gas hitleriane e il preteso genocidio degli ebrei formano una sola e medesima menzogna storica, che ha aperto la via ad una gigantesca truffa politico-finanziaria, i cui principali beneficiari sono lo stato d'Israele e il sionismo internazionale, e le cui principali vittime sono il popolo tedesco, ma non i suoi dirigenti, il popolo palestinese tutto intero e, infine, le giovani generazioni ebraiche che la religione dell'Olocausto chiude sempre di più in un ghetto psicologico e morale".
martedì 1 maggio 2007
G : Gramsci, Antonio (aggiornamento)
d e l l a
n e o l i n g u a
Gramsci, Antonio
…
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti."
sabato 28 aprile 2007
mercoledì 18 aprile 2007
Bologna: aprile antifascista e antirazzista
21 aprile 2007
ore 13
Ai Giardini di P.ta Saragozza: Pranzo sociale lanciato dal Coordinamento Studentesco Cittadino, con materiali di controinformazione.
ore 16.30
Presso l’Istituto Parri, via S. Isaia 18
l’Assemblea Permanente Antifascista di Bologna organizza il convegno:
«Azione culturale e azione militante per contrastare autoritarismo, razzismo, fascismo».
Intervengono: Luca Alessandrini, Mario Coglitore, Rudy Leonelli, Mauro Raspanti, Armando Sarti, Walter Siri.
22 aprile 2007
ore 16
Piazza dell’Unità: il Coordinamento Migranti di Bologna indice un presidio-manifestazione contro le leggi razziste e segregazioniste varate dai governi di ogni colore per impedire la libera circolazione delle persone. Banchetti, musica, interventi.
23 aprile 2007
ore 20
Circolo Iqbal Masih, via della Barca 23/4: CENA di autofinanziamento e RIUNIONE GENERALE dell’Assemblea Antifascista Permanente di Bologna.
24 aprile 2007
ore 16
Piazza dell’Unità: «Re/esistenze», giornata antifascista organizzata da XM24 e dall’Assemblea Permanente Antifascista di Bologna. Banchetti, musica, interventi, animazione, cori, con lo spettacolo del gruppo teatrale dell’AAP.
25 aprile 2007
ore 17
Centro civico di via Faenza 4 (angolo via Arno): presentazione del DVD prodotto da A-Rivista Anarchica: «A forza di essere vento: lo sterminio nazista degli Zingari». Banchetti, musica, animazione, cori, buffet.
Organizzano:
- AAP (Assembea Antifascista Permanente),
- Circolo anarchico “Berneri”,
- Coordinamento Migranti di Bologna e provincia,
- Coordinamento Studentesco Cittadino,
- VAG61,
- XM24
[vedi UN: Memoria resistente]
mercoledì 21 marzo 2007
Il Grande Dialogo
Hans Magnus Enzensberger, Palaver
venerdì 9 marzo 2007
Nadine Fresco: Fabrication d’un antisémite
martedì 6 marzo 2007
Il Picchio (marzo '84)
martedì 27 febbraio 2007
Maurice Blanchot: Michel Foucault come io l'immagino
“Vivere un avvenimento in immagine – citiamo ancora, e necessariamente a lungo, da Lo spazio letterario – non vuol dire disimpegnarsi da questo avvenimento, disinteressarsene, come vorrebbero la versione estetica dell’immagine e l’ideale sereno dell’arte classica, ma vuol dire non più impegnarvisi con una decisione libera: vuoi dire lasciarsi prendere, passare dalla regione del reale, in cui ci teniamo a distanza dalle cose per meglio disporne, a quest’altra regione in cui la distanza ci tiene, questa distanza è allora profondità non viva, indisponibile, lontananza inapprezzabile divenuta come la potenza suprema e ultima delle cose ... Vivere un avvenimento in immagine, non vuol dire avere di questo avvenimento una immagine, e neppure conferirgli la gratuità dell’immaginano. L’avvenimento, in questo caso, avviene veramente; e tuttavia avviene ‘veramente’? Ciò che accade ci afferra, come ci afferrerebbe l’immagine, vale a dire ci priva, di esso e di noi, ci tiene al di fuori, fa di questo di fuori una presenza in cui ‘Io’ non ‘si’ riconosce”.
L’evocazione straniante dell’incontro anonimo e aleatorio con Foucault nel ’68, che apre Michel Foucault come io l'immagino, presenta quel carattere di esteriorità irriducibile dell’avvenimento, che costituisce un luogo cruciale dell’opera (sia “critica”, sia letteraria”) di Blanchot. “Non è una finzione benché non sia capace di pronunciare a proposito di tutto ciò la parola verità. Gli è successo qualcosa, e non può dire che sia vero, né il contrario. Più tardi, pensò che l’avvenimento consistesse in questa maniera di non essere né vero, né falso” (L'attesa, l’oblio). E ancora, ne La comunità inconfessabile (a proposito di Acéphale): “Coloro che vi hanno partecipato non sono sicuri di avervi avuto parte”.
2. “Esprimere soltanto quello che non può esserlo. Lasciarlo inespresso” (L‘attesa, l’oblio).
domenica 25 febbraio 2007
Dedicato a Elio Xerri. Bologna, Marzo 2007
[Ricevo e volentieri pubblico. Ho inserito alcuni link nel testo del comunicato originale; ne sono dunque l'unico artefice e responsabile, rml].
Una mostra, tanti eventi, per ricordare un caro compagno, un amico, una libreria, una via, una città, un mondo e un modo.
Nello spazio di Modo Infoshop in via Mascarella 24 e 26, sarà allestita, dal 4 al 22 marzo 2007 LA MOSTRA Ambient/Azione - Il Picchio: Elio racconta foto, video, interviste, conferenze, performance, edizioni e arte della Libreria Editrice Il Picchio, del Centro di Documentazione Anarchica e dell’attività di Elio dal 1975 al 2006.
Aperto a metà degli anni '70, "Il Picchio", si collegava ai "cento fiori" delle librerie di movimento in cui tutta la stampa antagonista e rivoluzionaria trovava ampia diffusione.
Al Picchio si camminava sulla parte selvaggia, si percepiva il cambiamento e tutto era possibile.
Con Primo Moroni ** e tanti altri compagni e compagne che avevano condiviso lo stesso impegno e lo stesso progetto, Elio aveva dato vita alla "Punti Rossi", una rete di distribuzione autonoma dai circuiti commerciali che permetteva alla stampa del movimento rivoluzionario di circolare liberamente senza soggiacere alle regole del mercato e spesso eludendo il controllo poliziesco.
La storia di Elio, l’anima del Picchio, è la storia di un uomo esuberante e riservato, poco incline ai compromessi, di un compagno che ha sempre vissuto per affermare libertà, solidarietà, giustizia sociale.
Gli accadde anche di dover assistere l'agonia di Francesco Lorusso ** , il compagno di Lotta Continua che venne ucciso, con un colpo alla schiena, dai carabinieri l'11 marzo del 1977 in quella via Mascarella dove il Picchio era il primo posto in cui un compagno in difficoltà sarebbe andato a chiedere aiuto.
I suoi 62 anni di vita sono stati troppo pochi per contenere l'umanità che Elio esprimeva. Pochi per lui, pochi per noi che gli abbiamo voluto bene.
Nelle tre settimane della mostra saranno riproposte proiezioni di conferenze e interviste svolte durante l’attività del Picchio, moltissime foto della libreria, foto delle manifestazioni, manifesti, edizioni editoriali della casa editrice Il Picchio; una accattivante colonna sonora accompagnerà la mostra per tutta la sua durata, non mancheranno eventi di convivialità al vino rosso e delle visite guidate nel percorso della storia che ha attraversato quel luogo e visto partecipi quelle persone.
http://www.libreriailpicchio
http://www.circoloberneri
mercoledì 21 febbraio 2007
lunedì 19 febbraio 2007
E. Balibar - I. Wallertsein: Razza nazione classe
[Race nation classe. Les identités ambiguës, Paris, La Découverte, 1988]
Nell’ambito dei movimenti italiani l’attenzione per questo lavoro è antecedente alla traduzione integrale del libro: nel 1989 il n. 3/4 di Notebook aveva proposto due saggi di Balibar compresi in questo volume di confronto incontro con Wallerstein.
È di indubbia rilevanza il fatto che questa discussione di portata internazionale sui nessi tra alcuni nuclei problematici di dirompente attualità venga a prodursi all’incrocio tra due distinte, e correlate, esperienze critiche del marxismo, il cui carattere “non ortodosso” ha specifiche connotazioni: tensione permanente, in Balibar, a dissociare “gli elementi di analisi teorica e quelli di ideologia millenarista amalgamati nell’unità contraddittoria del marxismo” (p. 187); distinzione, in Wallerstein, di un Marx studioso di differenti sistemi storici, in rottura con i presupposti antropologici del pensiero liberale borghese, da un Marx universalista, implicato in una lettura “progressiva” del ruolo storico del capitalismo, nel quadro di un modello evolutivo-lineare di “crescita” dei modi di produzione (pp. 137-139).
Etienne Balibar, nell’intervento alla presentazione dell’edizione italiana del libro [“Identità ambigue”, in Autonomia, n. 49, maggio 1991, da cui citiamo ampiamente] ha sottolineato i due “sensi complementari” in cui è proposta la nozione di identità ambigua.
Il primo – “più sociologico, o meglio strutturale” – è relativo al permanente processo di costruzione e distruzione delle identità di razza, nazione e classe nel quadro dei rapporti gerarchici che definiscono l’economia mondo capitalistica e che comportano “una tensione obiettiva permanente tra universalismo e particolarismo, vale a dire che nessuna di queste identità, fra di loro opposte, può esser considerata naturale [...] Tutte sono per necessità delle identità incompiute”; e “gli apparati, le istituzioni che lavorano a fissare l’una o l’altra di queste identità [...] devono operare in permanenza, produrre un effetto di riduzione della complessità, che non può essere che provvisorio, anche se in certi casi dura a lungo, ma che naturalmente deve rappresentarsi come eterno in termini naturalisti e naturaleggianti”.
Il secondo senso — “più politico” — concerne “l’ambivalenza intrinseca di ogni affermazione discorsiva o pratica dell’identità”. In ragione di questa ambiguità, la valenza di rottura o di integrazione sistemica di ogni specifica “spinta identitaria” è decisa congiunturalmente. “Ma sulla congiuntura pesa sempre il posto definito dalla struttura mondiale”.
In un contesto internazionale investito da radicali mutazioni, che ribaltano posizioni storicamente consolidate — “Mentre l’Europa ha esportato per tre secoli nel mondo intero i suoi modelli politici e le conseguenze degli affrontamenti tra le sue nazioni e i suoi ‘blocchi’, essa diviene ora il luogo in cui si cristallizzano i problemi sociali del mondo intero” [Balibar, “La Communauté européenne vue du dessous”, in Le monde diplomatique, febbraio 1991] – un compito maggiore della nostra epoca sarà quello di “sviluppare delle categorie teoriche e politiche per analizzare, diagnosticare e trattare collettivamente l’ambivalenza dei movimenti culturali di oggi” [in Autonomia, cit.].
Il libro, che ha il suo fulcro nella “questione scottante: qual è la peculiarità del razzismo contemporaneo?” (p. 13), su cui è concentrata l’attenzione di queste rapide note, ha come punto di attacco quello che Taguieff ha chiamato l’effetto di ritorsione del nuovo razzismo differenzialista, che non procede più dal postulato di una differenza biologica tra le “razze”, ma prende alla lettera le premesse del culturalismo antropologico – che era stato uno dei pilastri della critica al colonialismo, al razzismo e all’etnocentrismo europei – in un investimento politico di segno inverso, incentrato sulla difesa delle “identità” culturali nella loro supposta intangibilità (ciò che non esclude la possibilità di riprendere e “spostare di un gradino il biologismo”.
L’analisi estremamente complessa e puntuale di Balibar, oltre a questo primo effetto di ritorsione (operante una “destabilizzazione delle difese dell’antirazzismo tradizionale”), focalizza un secondo effetto “più subdolo e quindi più efficace”: in modo circolare, il differenzialismo si propone come “spiegazione” dei comportamenti razzisti, “naturalizza non l’appartenenza ad una razza, ma il comportamento razzista”. Questo “metarazzismo”, o “razzismo di seconda posizione”, può così “presentarsi come vero antirazzismo e quindi come vero umanesimo” (pp. 33-37.
Si coglie bene, in questa prospettiva — oltre alla ragione principale della difficoltà di criticare il nuovo razzismo culturalista [cfr. pp. 31 e 70] — l’importanza della discussione sull'universalismo.
“L’universalismo e il razzismo possono sembrare a prima vista strani compagni, se non addirittura concetti praticamente antitetici: l’uno aperto, l’altro chiuso; l’uno tendente all’eguaglianza, l’altro alla polarizzazione; l’uno votato al discorso razionale, l’altro intriso di pregiudizio. Tuttavia, il fatto che abbiano camminato tenendosi per mano, che si siano diffusi e abbiano prevalso in concomitanza con l’evoluzione del capitalismo storico, dovrebbe suggerirci di guardare più da vicino ai modi con cui queste due dottrine hanno potuto convivere”. Questo brano de Il capitalismo storico [(1983), Einaudi, 1985, p. 71] di Immanuel Wallerstein pone il problema, in prossimità del paragrafo dedicato a “L’ambivalenza dei movimenti antisistemici” che, nella sua stessa formulazione, sembra preludere a questa discussione delle identità ambigue.
Nel secondo capitolo di Razza nazione classe, Wallerstein considera la coppia terminologica in base alla sua funzionalità all’economia mondo capitalistica: universalismo (tendenza alla mercificazione illimitata, meritocrazia) e razzismo (“etnicizzazione” della forza-lavoro, minimizzazione dei costi politici ed economici del suo sfruttamento), intrattengono un rapporto complementare, e di reciproca compensazione contro la tendenza agli estremi del termine opposto (il quadro è naturalmente più complesso di questa telegrafica sintesi, e occorre in ogni caso ricordare che l’autore non prefigura un equilibrio statico, ma un andamento “a zig-zag” di crescente ampiezza e instabilità).
Raccogliendo la sfida dell’attuale “razzismo universalistico” Balibar cerca invece di “pensare a un’unità ancora più profonda tra i due lati”: “Ciò di cui si tratta è il ‘legame interno’ che si è stabilito tra le nozioni di umanità, di specie umana, di progresso culturale dell’umanità, e i ‘pregiudizi’ antropologici riguardanti le razze o le basi naturali della schiavitù. È la nozione stessa di razza, il cui significato moderno comincia a delinearsi nel periodo dei Lumi – questa grande fioritura dell’universalismo – e la modifica non accidentalmente, esteriormente alla sua ‘essenza’, ma intrinsecamente» [“Razzismo: un altro universalismo” in Problemi del socialismo, n. 2, 1991, pp. 39 e 37].
Da un lato, “l’universalismo, quando cessa di essere una semplice parola, una filosofia possibile, per diventare un sistema di concetti espliciti, non può non includere al centro di se stesso il suo contrario. Impossibile definire il logos senza farlo dipendere da una gerarchia antropologica e ontologica, anche nel filosofo più ‘laico’” (ivi, p. 38).
Dall’altro “qualsiasi razzismo teorico si riferisce ad universali antropologici [...] In tutti questi universali scopriamo l’insistenza di un’unica ‘questione’: quella della differenza tra umanità e animalità, il cui carattere problematico è riutilizzato per interpretare i conflitti della società e della storia” (Razza nazione classe, p. 68).
Suggerendo di pensare la relazione di razzismo e universalismo nei termini degli hegeliani contrari determinati – “il che fa sì appunto che ciascuno di essi modifichi l’altro ‘dall’interno’” [in Problemi..., cit. p. 39] – Balibar turberà probabilmente le anime belle della cultura europea; ma la posta in gioco di questa provocazione è la costituzione di un’intelligenza collettiva adeguata alla provocazione del tempo.
Un tempo in cui, comunque, questa ricerca rimarrà un passaggio decisivo per le esperienze e i percorsi di un effettivo antirazzismo.
rudy m. leonelli, 1991
in: Invarianti. Per descrivere le trasformazioni,
anno V, n, 17-18, Estate-Autunno 1991.
Testo selezionato dalla rubrica "Recensioni" del sito di Edizioni Associate
Feedback: ateismo scetticismo e religione, Kilombo, Newstin