mercoledì 1 ottobre 2008

Didala Ghilarducci: Lettera aperta a Spike Lee

9 novembre 2007 (a: Anpi Barona, Milano)

Cari amici di Milano permettetemi di farvi conoscere quello che ho scritto al regista americano circa le scene girate da lui a sant'Anna di Stazzema per un film sulla Buffalo. Come forse saprete anche dalla stampa c'è il dubbio che per "esigenze di copione" il regista abbia creato nella sceneggiatura qualche aggiustamento alla ricostruzione storica della strage ormai appurata anche dal tribunale militare, riprendendo suggestioni che in qualche modo attribuivano alla presenza di partigiani in paese la spinta a compiere il criminale gesto del massacro di tanti innocenti.Un saluto da amica.

Didala Ghilarducci, segretaria Anpi di Viareggio.




Lettera aperta
al regista Spike Lee

Gentile regista, mi chiamo Didala Ghilarducci. Sono una vecchia partigiana. Mio marito, Chittò, fu ucciso dai nazisti sui monti versiliesi alcune settimane dopo la strage di Sant'Anna di Stazzema, in quel terribile agosto del '44. Mi sono risolta a scriverle perché quello che leggo sui giornali a proposito del film che lei sta girando mi fa sentire il cuore pesante come un macigno. Pare infatti che nel film si avvalori la falsa tesi che la strage venga compiuta a causa della ricerca di partigiani presenti in paese. E' una falsa tesi che i detrattori della Resistenza hanno sempre sostenuto per dare ai partigiani la colpa di quella strage.Tutte queste voci che si rincorrono sul contenuto delle scene girate a Sant'Anna, se possono poco turbare lei, danno agli uomini ed alle donne della Resistenza italiana una dolorosa inquietudine.So che lei è un grande regista, so che nei sui film è riuscito sempre a raccontare drammi, dolori ed oppressioni che ci hanno emozionato ed hanno fatto crescere la coscienza civile anche qui in Europa. Di questo soprattutto le sono grata. Ho lottato una vita per la democrazia, i diritti civili e la libertà che non posso non trovarmi accanto a chi combatte e denuncia ingiustizie e sopraffazioni.Proprio per questo vorrei essere altrettanto brava da poterle non solo spiegare, ma farle sentire in qualche modo, perché ogni finzione, ogni aggiustamento di quanto avvenuto a Sant'Anna di Stazzema mi pare, ci pare, inaccettabile. Quando le persone, una comunità, hanno vissuto un lutto così profondo e traumatico, comprenderà che conservino sul tema una sensibilità esasperata dal dolore che brucia ancora la carne a distanza di sessant'anni. Nel raccontare la sua storia, una storia importante non solo per il suo Paese, lei ha scelto di fermarsi su quella piccola piazza davanti alla chiesa, a Sant'Anna. Una piazza che io, come altri, ho visto nel suo orrore reale ed inenarrabile nel '44. Il vento può aver portato tra i boschi e verso il mare la cenere di quel rogo, ma l'angoscia, il pianto e il sangue restano aggrumati là e resteranno là nel tempo e nelle nostre coscienze di uomini e donne. Se lei, gentile regista, si soffermerà in questo pensiero allora capirà come non sia possibile in quella piazza raccontare un'altra morte. Non lo possiamo fare per le vittime, non lo possiamo fare per quei ragazzi e quelle ragazze della Resistenza rimasti sui monti insieme a loro a ricordarci per sempre l'orrore della guerra e il prezzo altissimo della libertà. Se togliamo loro la storia, allora li priviamo del senso della loro morte. E questo non è possibile in quella piazza. In un'altra ricostruita altrove, ma non lì. Non riesco ad immaginare che per raccontare una storia di diritti e di persone si finisca per sottrarre la propria storia ad altre vittime.Ecco, gentile regista, le ho aperto il cuore nella speranza che in qualche modo da lei possa giungere una risposta che ci faccia comprendere che il senso del faticoso cammino di impegno civile, di riconciliazione che come comunità e persone abbiamo ricercato e percorso in questi sessant'anni, non sarà disperso.
Didala Ghilarducci


[dal sito ANPI Barona]

Anpi: "Il film di di Spike Lee è un falso storico e una grave offesa alla Resistenza"

Il film di Spike Lee “Miracolo a Sant’Anna” indica come causa della strage del 12 agosto ’44 il tradimento di un partigiano, che guida in paese le SS per consentire la cattura del suo comandante. La libertà di espressione e la creatività artistica sono diritti sacrosanti, ma non possono sconfinare nella menzogna e nel falso storico, per di più dopo la sentenza del Tribunale Militare di La Spezia che ha stabilito che la strage fu un’operazione pianificata a tavolino per colpire la popolazione, senza alcuna responsabilità del movimento partigiano, confermando, così, anche i risultati della ricerca storica.


La fedele ricostruzione del massacro proprio sul luogo dove avvenne, com’è quella effettuata da un regista di indubbia e meritata fama come Spike Lee, finirà per indurre gran parte degli spettatori a ritenere veritiera la vicenda cinematografica, che, invece, è una pura fantasia e una colossale falsità storica.
Sconcertante l’indifferenza con cui il problema è stato affrontato da soggetti, che, a vario titolo, dovrebbero essere sensibili a queste tematiche e che hanno dato prova di un antifascismo di maniera, ipocrita e superficiale, addirittura più interessato al “ritorno di immagine” che alla verità.
Grave è il comportamento del Sindaco di Stazzema Michele Silicani, che ha accolto a “scatola chiusa” il progetto del film, definendolo un’importante occasione per la conoscenza degli eventi e per la promozione turistica e, addirittura, un omaggio al sacrificio dei partigiani.
Disarmante quello dell’Associazione Martiri di Sant’Anna e del Comitato per le Onoranze (a quest’ultimo è affidato, per legge, il compito di valorizzare il patrimonio storico e morale della Lotta di Liberazione) che con il loro “assordante silenzio” hanno avallato l’offesa recata alla Resistenza. Pericolosa la superficialità di enti e Stato che hanno sostenuto, magari anche economicamente, il film, attirati dal miraggio del grande regista.
Lo ripetiamo l’ANPI non ce l’ha con Spike Lee che può dire e fare ciò che vuole, ma ce l’ha con un antifascismo istituzionale e di facciata che è pronto a sacrificare anche la verità sia per vanità, sia per presunti vantaggi che ne verrebbero al territorio, sacrificando la coerenza a vantaggio dell’apparenza e dell’utile.
Fare dei distinguo su un film dedicato a Sant’Anna e denunciare che attraverso esso passa con grande clamore mediatico l’avallo ad una valutazione revisionista della Antifascismo non vuol dire essere vecchi o tanto meno veteri, anzi all’opposto significa avere coscienza e lucidità del grave momento che sta attraversando la nostra società, proprio nel vedere venir meno valori fondamentali che sostanziano la democrazia. Esiste infatti nel nostro paese un clima sociale, politico e culturale che guida le forze al governo del paese, per il quale non si avverte nelle sostanza una distinzione reale e profonda fra i valori del ventennio fascista e quelli democratici
BASTA CON LE ACCUSE FALSE E TENDENZIOSE AI PARTIGIANI E CON LE OFFESE ALLA MEMORIA DEI CADUTI DELLA RESISTENZA
Sezioni A.N.P.I. di Pietrasanta, Massa, Carrara

lunedì 29 settembre 2008

Triangoli rossi a Marzabotto: "Fascismo pericolo attuale"


Nei lager nazisti, i prigionieri politici erano contrassegnati da un triangolo rosso.

Dopo la Liberazione, quel marchio un tempo imposto è divenuto per gli ex deportati politici un simbolo della memoria, un segno della continuità di una lotta
.



Il XVI congresso dell'Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) che si è svolto a Marzabotto il 26-27 settembre non ha avuto le prime pagine nei quotidiani, né paginoni di interviste. In breve (a differenza - ad esempio - del pensiero di una Donna Assunta, che disserta nei giornali e in TV sui più disparati argomenti di politica e costume e varie amenità) la voce dei deportati politici, oggi, in Italia, non sembra fare notizia.

Eppure, pare proprio che a Marzabotto, in questi giorni, i triangoli rossi non siano mancati.


E diversi intervenuti al congresso hanno detto cose che meritano di essere conosciute e non vengono divulgate dai "grandi" media.
Ma, lasciando questa specie di "Repubblica di Salotto" mediatica e i suoi "bei nomi", cerchiamo un po' nella cronaca locale, troviamo - a pagina IV dell'Unità-Bologna del 27 settembre - oltre ad una testimonianza di Osvaldo Corazza, ex deportato a Mauthausen, troviamo alcune dichiarazioni degli intervenuti: Gianfranco Maris (presidente nazionale dell'Aned, confermato con voto unanime al Cogresso), Enzo Collotti, e Moni Ovadia.

giovedì 25 settembre 2008

Marzabotto ricorda l'eccidio e non crede all' "antifascismo" di Fini


A 64 anni dall'eccidio nazifascista, Walter Cardi, presidente dei familiari delle vittime della strage, diffida dell'antifascismo dichiarato da Fini - che vorrebbe fare da garante di un partito i cui uomini collocati in posti s
trategici (La Russa, Alemanno...) nei giorni scorsi hanno tentato di legittimare la Repubblica di Salò.
Come riferisce un articolo dell'Unità - Bologna , Cardi (10 familiari uccisi nell'eccidio) ha dichiarato che è difficile credere alle dichiarazioni di Fini, in quanto la sua "è solo un'apertura che fa a con obiettivi politici, per legittimarsi c
ome uomo di governo. La realtà è che nessuno di loro ha mostrato pentimento, nessuno di loro è mai venuto a chiederci scusa [...] Noi come familiari non potremo mai condividere alcuna forma di revisionismo, e su queste vicende c'è una verità acclarata dalla magistratura. e in An non c'è mai stata una discussione sul fascismo" [l'Unità - Bologna , 26/9/08, p. 1].


___________________________

A molti di noi, 29 settembre non ricorda tanto il titolo di una celebre canzone di Mogol-Battisti: è in primo luogo la data di inizio, nel 1944, di una delle più grandi e atroci stragi di civili perpetrate dai nazisti, con il supporto attivo (e informativo) dei cosiddetti "ragazzi" di Salò.
E le parole di Walter Cardi sono perfettamente comprensibili, cosi come si comprende il perché di questa sua presa di posizione proprio nel giorno della presentazione del vasto programma delle celebrazioni che si svolgeranno a partire dal 29 settembre, pubblicato nel sito dell'Associazione vittime degli eccidi nazifascisti nei comuni di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe -1943-1944. Il programma prevede il 4 Ottobre, due iniziative di rilevante carattere storico, politico e simbolico: l'intitolazione di un parco di Marzabotto a Peppino Impastato e il gemellaggio dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi con il comune di Sant'Anna di Stazzema (in provincia di Lucca).

E la lunga striscia di sangue lasciata delle stragi di civili perpetrate dai nazisti (e dai loro complici "locali") conduce proprio da Sant'Anna di Stazzema a Marzabotto.

Al termine questo breve percorso a ritroso nel tempo, ci ritroviamo nel pieno grigiore della "nostra" attualità e, nel punto più grigio del
le quotidiane notti e nebbie, ci imbattiamo di nuovo in Alleanza Nazionale: il partito che, per bocca di Fini, sarebbe divenuto "antifascista".
In questi giorni, un'esponente di AN, Manuela Clerici, presidentessa della Versilia Viareggio Congressi, secondo diverse testimonianze, avrebbe ordinato di rimuovere la lapide che ricorda i 650 morti della strage di Sant'Anna di Stazzema, incontrando la resistenza dei lavoratori, che si sono
rifiutati di eseguire l'ordine [nella foto tratta da un articolo pubblicato da Cani sciolti, la lapide da cui sono state asportete tre borchie, che una dipendente dichiara di aver visto sulla scrivania della burocrate di AN].
Altre notizie (continuamente
aggiornate sugli sviluppi del caso di Viareggio) sono pubblicate da Officina21, (che ho conosciuto grazie alla segnalazione di Samanta in un commento al mio post sulla soppressione Via Gramsci a Cento di Ferrara).

_______________

... una scheda.


A integrazione del programma delle celebrazioni, linkato più sopra, traggo dal programma più dettagliato inviatomi dall'Associazione Familiari delle Vittime degli eccidi nazifascisti di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe, riproduco questa scheda:


Domenica 5 ottobre, ore 16
 Monte Sole - Scuola di pace


Presentazione dello spettacolo
Soluzione finale
Tratto da “In quelle tenebre” di Gitta SerenyConsulenza drammaturgica di Giovanna GuaitoliCon Roberta Biagiarelli e Filippo PlancherProduzione SS9teatro





Soluzione finale è la messa in scena dell’intervista di Gitta Sereny a Franz Stangl, sovrintendente di polizia dell’istituto di eutanasia dal 1940 al 1942, tratta d a In quelle tenebre della stessa autrice.
Franz Stangl fu comandante di Treblinka nel 1942-43. Nei mesi di aprile e giugno del 1971 acconsentì a farsi intervistare da Gitta Sereny per conto del Daily Telegraph Magazine nel carcere giudiziario di Dusseldorf dove era in attesa della sentenza di appello contro la condanna all’ergastolo. Sessantatre anni, alto, ben piantato, rilassato e controllato insieme, in prigione da quattro anni, trascorsi per quasi tutto il tempo in isolamento, poiché il Direttore del carcere temeva ritorsioni degli altri prigionieri nei suoi confronti. Era stato arrestato in Brasile dove viveva tranquillamente con la sua famiglia. Il lungo racconto ‘In quelle tenebre’ raccoglie integralmente lintervista condotta dalla giornalista di origine viennese all’uomo di cui Simon Wiesenthal, il “cacciatore dei nazisti” diceva: “Se non avessi fatto altro nella mia vita che quello di catturare quest’uomo malvagio, non sarei vissuto invano”. Da questa drammatica testimonianza il regista Franco Brambilla ha tratto un dialogo denso e serrato, su una scena volutamente essenziale, che ricostruisce l’intera vicenda di Franz Stangl e dei tragici avvenimenti di cui fu artefice e protagonista, eventi e fatti circo stanziati che rivivono nelle domande incalzanti di Gitta Sereny e nelle sue dolenti riflessioni.
Franz Stangl morì per un attacco di cuore diciannove ore dopo la fine dell’intervista.
_______________________

Un appuntamento domenica 5 ottobre a Marzabotto


Alcuni compagni dell’AAP (Assemblea Antifascista Permanente) Bologna si troveranno poco prima delle 10.30 presso il Sacrario


L'unico treno utile da Bologna è alle ore 9.01

sabato 20 settembre 2008

Via Gramsci? Piazza pulita! La controrivoluzione toponomastica dalla par condicio alla caccia agli spettri

Cento cancella Gramsci dalle strade

« Dopo il tentativo di intitolare una via al gerarca fascista Igino Ghisellini [*], ora il centrodestra centese ci riprova dall’altra parte. Niente vie che richiamino al comunismo tout court. È passato in consiglio comunale un ordine del giorno della Lega che inibisce la denominazione di strade e piazze di Cento a persone che fanno riferimento al comunismo. In base a questa delibera rischia di sparire l’unica via di Cento che ricadrebbe in tale “casistica”, cioè via Gramsci» [da estense.com, 17/9/08].

« La giunta di centrodestra - riferisce il manifesto del 20/9, p. 4 - vieta "l'inserimento di persone che fanno riferimento al comunismo". Peccato che l'unica a rientrare in questa categoria sia la piccola via Gramsci, che a breve verrà cancellata dalle mappe ferrraresi. "Nella Costituzione manca una condanna del comunismo. Non vorrei una via intitolata a Ciano, ma neanche un a Lenin". Il parallelismo è di Gianluca Panzacchi, uno dei due Consiglieri del Carroccio che ha presentato il testo approvato da Lega, AN e Alleanza per Cento, lista civica di destra
».



Come avrebbe potuto la Costituzione italiana (scritta, come sappiamo, dai partiti che aveano combattuto vittoriosamente il nazifafascismo, dunque anche dal Pci che nella Resistenza aveva svolto un ruolo decisivo) includere una condanna del comunismo, il signor Panzacchi ha dimenticato di spiegarlo, emozionato, forse, per l'importanza "storica" della sua iniziativa che (se non fosse per l'increscioso fatto che si iscrive nel solco del programma del regime fascista di far tacere ed eliminare Gramsci) potrebbe forse apparire "originale".

Correva un tempo il detto "siamo nani sulle spalle dei giganti". Nell'epoca novella della "fine delle ideologie", assistiamo allo spettacolo di nani - o delle truppe di un nano - che i giganti li vorrebbero demolire, inavvertiti del rischio di restare schiacciati dalla modesta e inoffensiva lapide che ricorda un gigante

...e, chissà perché, in questa situazione, mi è tornata in mente una stranissima canzone:




Quello lì (compagno Gramsci)
di Claudio Lolli

Il giorno che arrivò in città fresco dalla Sardegna, per fare l'università c'aveva già lui la faccia di chi c'insegna, aveva già la sua strana testa grossa e l'aria di uno che ha freddo fin nelle ossa.

Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non sarebbe andato avanti molto.

Che tipo strano e riservato, che aria da sbandato. E non sempre una gobba porta fortuna e oggi si vede che non mi ero sbagliato. E poi di sardi qui ce n'è già abbastanza, dissi a quel pazzo che gli affittò la stanza.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto mai molta strada.

Era capace di star dei giorni chiuso nella sua stanza, forse a studiare non so a che fare, io non gli ho dato mai troppa importanza. Certo non era allegro come goliardo, ma non ci dimentichiamo che era gobbo e sardo.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non avrebbe fatto una bella fine.

Cosa facesse oltre a studiare, non l'ho saputo mai. Ma avevo capito che fin dall'nizio che quello lì andava in cerca di guai, avevo capito che era un socialista, quelli li riconosco a prima vista.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, avrebbe avuto quello che meritava.

Dopo un po' d'anni e chi ci pensava, ho appreso con sgomento, che quello lì, quel sardo lì, era finito eletto in parlamento, vabbene che il parlamento non conta niente, però non è proprio il posto per certa gente.
E soprattutto quello lì, io lo sapevo quello lì, che avrebbe cercato di farla franca.

Ma ieri ho saputo, che finalmente, si son decisi a farlo, l'han messo dentro, avrà vent'anni, abbiam risparmiato il tempo di ammazzarlo, perchè è malato ed è una cosa vera, che non uscirà vivo dalla galera.
Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, non poteva finire altro che così.

______


[*] Il gerarca Ghisellini - come ricorda en. ml. nell'articolo del manifesto sopra ricordato -, morì in un'imboscata nel '43, "per vendicarne l'uccisione vennero fucilati 11 antifascisti. La magistratura ha dimostrato che la morte di Ghisellini avvenne per una faida interna al fascismo ferrarese".


________________________________________

Per le ("retrattili") avances di "par condicio" viaria, vedi:

Almirante, per esempio

e

Strade pericolose (di Franco Bergoglio)