lunedì 9 maggio 2011

«Sparate su chi protesta» - Mussolini: un documento inedito

Mussolini disse:
«Sparate su chi protesta»

di Pantaleone Sergi [*]
l'Unità - 7 maggio 2011


[*]  Pantaleone Sergi, giornalista, scrittore e storico, ha rintracciatonell'Archivio di Stato di Matera una direttiva finora sconosciuta.

Sparare su chi protesta. L'imperativo di Mussolini a un gruppo di neo prefetti non si prestava a equivoci. Era il dicembre 1926, la dittatura agli esordi, la lira svalutata, la stampa d'opposizione neutralizzata, le leggi fascistissime da poco in vigore, tribunali speciali e commissioni provinciali per il confino pronti all'opera per colpire ogni dissenso al neonato regime. «Vi devo dire parole chiare e precise», aveva iniziato il Duce incontrando i prefetti delle 17 nuove «province del Littorio»: «L'ordine pubblico deve essere mantenuto a qualunque costo, anche a costo di far fuoco sopra chi lo turbasse». Stesso trattamento alle gesta dello squadrismo alla Farinacci: per il Capo del fascismo e del Governo andavano represse.
  Nessun tentennamento, raccomandava: «Chi si rendesse colpevole deve essere arrestato e dovete pregare le autorità giudiziarie di procedere per direttissima e di condannare al massimo della pena». Fuoco sugli oppositori, dunque, e condanne esemplari per gli squadristi in ritardo. Il regime fascista è un regime autoritario, spiegò Mussolini, e si regge solo dando il senso della giustizia e dell'equità. Oltre che «della inviolabilità del pubblico danaro».


Una pagina fitta, 45 righe
dattilografate, un discorso del dittatore ai prefetti delle nuove province che risale al 10 dicembre 1926, «mnemostenografato» dal prof. Ottavio Dinale, presente all'incontro perché designato prefetto a Nuoro, «offerto in omaggio e in ricordo ai colleghi» e rintracciato da chi scrive nell'Archivio di Stato di Matera, rivela una direttiva del Duce finora sconosciuta e compromettente che sarà pubblicata sul prossimo numero della rivista Giornale di Storia Contemporanea diretta da Ferdinando Cordova.
   «Parole chiare e precise», quelle che Mussolini, precursore del governo del fare, pronunciò davanti ai prefetti ricordando loro che «il Prefetto, come suprema autorità dello Stato nella Provincia deve essere la spada che cala inesorabile». Con modi spicci e un discorso sincopato, almeno nella trascrizione di Dinale, Mussolini fece intendere ai prefetti che non dovevano essere tollerate proteste e manifestazioni di alcun tipo, né contro il fascismo né ad opera dello stesso fascismo, per cui diede l'ordine esplicito di sparare contro chiunque.
  Sull'autenticità del documento e sul suo contenuto non affiorano dubbi. La riunione c'è stata, sebbene Dinale la collochi al 7 e non al 10 dicembre. E chi lo ha redatto non è un personaggio qualsiasi. Dinale, ex esponente dell'ala rivoluzionaria del partito socialista transitato nel fascismo agrario delle origini, era un amico di Mussolini, che aveva conosciuto per la prima volta in Svizzera all'inizio del Novecento e del quale fu in seguito stretto collaboratore, seguace e ammiratore. Per la credibilità dell'ex sindacalista rivoluzionario di Marostica depone tutta la sua storia politica. «Per l'indiscussa fede fascista e per le benemerenze acquisite», nel 1926 fu nominato prefetto di Nuoro, nel 1928 di Potenza, nel 1930 di Salerno. E anche negli anni successivi, fino alla fine del fascismo, non smise mai di essere intimo e consigliere del Duce per il quale, tra l'altro, scrisse libri apologetici.
  Parlando di Mussolini e affascinato dal suo genio, secondo Dino Biondi, Dinale finiva col perdere il senso delle proporzioni. Arrivò a paragonarlo ad Alessandro Magno, a Giulio Cesare, a Napoleone. A conferma delle frequentazioni tra i due resta il volume dal titolo Quarant'anni di colloqui con Lui pubblicato nel 1953, sei anni prima della sua morte. È un libro di memorie che, a giudizio dello studioso più autorevole del fascismo, Emilio Gentile, il quale nel gennaio 2005 ha redatto una «perizia storica», potrebbe essere una delle fonti dei falsi diari manoscritti di Mussolini «ritrovati» del senatore pidiellino Marcello Dell'Utri.
  Amico intimo per decenni, confidente, recensore «ufficiale» degli scritti di Mussolini, insomma, Dinale ha tutti i «titoli» per essere ritenuto credibile e capace, senza ombra di dubbio, di riportare fedelmente il discorso del Duce facendolo avere poi agli altri neo-prefetti delle nuove province, la cui nascita, nel quadro di una contraddittoria organizzazione del nuovo stato totalitario, aveva tuttavia suscitato un «consenso entusiastico» nelle popolazioni interessate. Mussolini aveva preparato tutto per tempo. Il 6 dicembre, con scelta che rivendicò tutta a se stesso, fece approvare il decreto istitutivo delle 17 «province del Littorio», e convocò l'incontro con i neo prefetti per i saluti e le istruzioni tra cui quella inedita di utilizzare le armi contro coloro che avessero turbato l'ordine pubblico, e per sfruttare l'entusiasmo popolare anche in termini di consenso al regime.
  Con modi spicci e sbrigativi, raccomandò loro di raggiungere «immediatamente» la propria sede. Dovevano dare la sensazione ai cittadini che «il Governo fascista realizza». Una volta là, poi, avrebbero dovuto mandare un saluto alle popolazioni. «Breve e non retorico. Del quale io vorrò vedere il testo», aggiunse.
  Per i contenuti ciascuno si poteva regolare sulla base delle «ragioni ambientali». Certo, spiegò il Duce esemplificando, «le parole a quelli di Nuoro dovranno essere diverse da quelle ai tedeschi di Bolzano, agli sloveni di Gorizia e agli abitanti della Val d'Aosta. Questo è chiaro e preciso». L'importante era far «sentire agli abitanti delle nuove Provincie il dovere di riconoscenza che essi hanno verso il governo che ha realizzato le loro aspirazioni e che essi devono rendere tangibile con una larga partecipazione alla sottoscrizione del Prestito, una parte del quale andrà a beneficio delle Provincie di nuova istituzione. Anche questo è chiaro».
  Al Prefetto era assegnato poi il compito di provvedere con sensibilità «a tutte le miserie da soccorrere, a tutti i bisogni da soddisfare, a tutti i diritti da realizzare». Con la missione di «andare verso il popolo umile e minuto che lavora e che soffre. Anche questo è chiaro».


Col fascismo, a ogni modo
, il Prefetto aveva già acquistato più potere e più prestigio. E Mussolini nell'occasione dell'incontro lo ribadì con chiarezza: «Voi che andate nelle Provincie di nuova istituzione dovete comprendere tutta la importanza della vostra funzione».
  E ancora: «Ricordatevi che il Prefetto è la più alta autorità dello Stato nella Provincia a cui tutti devono essere subordinati; gli stessi rappresentanti gerarchici del Partito sono vostri subordinati». Non fu proprio così perché spesso i ras locali prevalsero sui prefetti, ma toccava a questi ultimi, tuttavia, rendersi garanti dell'ordine pubblico «a ogni costo», vigilare sulle amministrazioni locali, sorvegliare «tutti i manipolatori di pubblico danaro», reprimere «senza pietà» ogni forma di «profittantismo». Ne andava della tenuta del regime, avvertì, che poteva crollare «per ragioni di statica interna, indipendentemente dalla ragioni di meccanica esterna», qualora ignorasse o favorisse coloro che si approfittano del danaro pubblico, e «anche questo è chiaro». Il discorso di Mussolini ai neo-prefetti i concluse lì e «i prefetti uscirono dal Viminale e presero il treno ciascuno per la propria sede, così come si trovavano: qualcuno come il comm. Di Donato (destinato a Viterbo, ndr) senza una valigetta da toilette», scrisse Sandro Giuliani sul Popolo d'Italia. Molti degli argomenti, il Duce li avrebbe ripresi, senza il riferimento alla possibilità di sparare, in una famosa circolare a tutti i prefetti del 5 gennaio successivo. Annota Dinale in chiusura del resoconto «mnemostenografato»: «Il presidente guarda fisso negli occhi tutti i presenti, alcuni istanti di pausa e poi dice: ho finito, andate». Magari senza valigetta da toilette ma con licenza d'uccidere. Quella licenza che il «prefettissimo» Dinale utilizzò nella lotta al banditismo sardo.

1 commento:

Pasquale Pisarro ha detto...

Gran bella ricerca.