giovedì 16 settembre 2010

Gilles Deleuze - «A che serve la filosofia?»


Allorché qualcuno domanda a che serve la filosofia, dobbiamo rispondere in modo aggressivo, poiché la domanda vuole essere ironica e mordace. La filosofia non serve né lo Stato né la Chiesa, che hanno altre preoccupazioni. Non serve ad alcuna potenza costituita. Una filosofia che non turba e non contraria nessuno non è una filosofia. Essa serve a far danno alla stoltezza, facendone qualcosa di turpe. Essa ha la sola funzione di denunciare la bassezza del pensiero in tutte le sue forme.
Gilles Deleuze
Nietzsche et la philosophie, Presses Universitaires de France, Paris 1962
tr. it. di S. Tassinari, Nietzsche e la filosofia, Colportage, Firenze 1978
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3 commenti:

Nicenow ha detto...

"La filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale si rimane tale e quale". Me lo citava spesso mio fratello al tempo del suo 3° liceo, mentre io da profano ne leggevo la meraviglia che imprigiona (in seguito). E' stata spinta sempre così in alto la filosofia che non si è più vista come uno strumento nelle mani di un homo faber intellectualis. Quello che molti filosofi di professione non hanno compreso di Nietzsche è proprio quel dargli il peso di uno strumento con il quale erompere nell'esistenza per farsi largo senza pensare troppo a poveri, negletti o bandiere ma per affermare se stessi. Una filosofia che passi per il proprio corpo ed attraverso di esso. Solo dopo essa può "trascinare" altri, come dice Deleuze e come ricorda Diogene "Che cosa mai ha da mostrare di grande, se da tanto tempo insegna la filosofia e non ha ancora turbato nessuno?’”.

rudy ha detto...

Anch'io vedo in filigrana nel testo di Deleuze il brano delle Considerazioni inattuali. III, di Nietzsche: Schophenauer come educatore. Cito più estesamente:
“Ma, allora, se pensatori del genere sono pericolosi è ben chiaro il motivo per cui i nostri pensatori accademici sono innocui; perché i loro pensieri crescono così pacificamente nella tradizione, proprio soltanto come un albero ha portato i suoi frutti; essi non incutono terrore, essi non scardinano e di tutto il loro affaccendarsi si potrebbe dire ciò che Diogene, dal canto suo, obiettò una volta che gli facevano le lodi di un filosofo: ‘Che cosa mai ha da mostrare di grande, se da tanto tempo insegna la filosofia e non ha ancora turbato nessuno?’”.

Anonimo ha detto...

«Spinoza è l'ateo, l'abominevole. Non può praticamente più pubblicare. Scrive delle lettere. Non voleva fare il prof. Nel Trattato politico immagina il professorato come un'attività di volontariato (bénévole) e che, ben più, bisognerebbe pagare per insegnare. I professori insegnerebbero a rischio della loro fortuna e reputazione. Questo sarebbe un vero prof. pubblico. Spinoza è in rapporto con un grande gruppo collegiale, invia loro l'Etica man mano che la scrive, e loro si spiegano l'un l'altro i testi di Spinoza, e scrivono a Spinoza che risponde. Sono delle persone molto intelligenti. Questa corrispondenza è essenziale. Ha il suo piccolo giro. Se la cava grazie alla protezione dei fratelli De Witt poiché è denunciato dappertutto» [http://www.webdeleuze.com/php/texte.php?cle=16&groupe=Spinoza&langue=4]