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I bolscevichi nel 1917 scoprono nello Smolny dov’era rappresentato il popolo: in cucina
Bertolt Brecht
Quando, passata la rivoluzione di Febbraio, il moto delle masse s’era interrotto,
la guerra ancora continuava. Senza terra i contadini,
angariati e affamati gli operai nelle fabbriche.
Ma i soviet, eletti da tutti, rappresentavano i pochi. E mentre ogni cosa
rimaneva uguale all’antico e nulla cambiava forma,
i bolscevichi come malfattori s’aggiravano per i soviet
insistendo nel chiedere che i fucili si volgessero contro il vero nemico del proletariato: i padroni.
E quali traditori erano considerati e tenuti per controrivoluzionari,
emissari di canaglie e malandrini. Lenin, il loro capo
tacciato di spia venduta, si nascondeva in un granaio.
Ovunque guardassero, non c’era
sguardo che non si abbassasse, li accoglieva il silenzio.
Sotto altre bandiere vedevano marciare le masse.
Gonfiava il petto la borghesia dei generali e dei bottegai
e perduta appariva la causa dei bolscevichi.
Eppure in quel tempo il loro lavoro proseguiva come al solito:
la canea non li spaventava e neppure l’aperta defezione
di coloro per cui si battevano. Ma anzi
sempre di nuovo
con sempre rinnovato slancio s’impegnavano
per la causa degli infimi.
Ma, come essi stessi ci narrano, un fatto li colpì:
che nel distribuire i cibi, zuppa di cavoli e tè,
il dispensiere del comitato esecutivo – un soldato – ai bolscevichi
dava tè più caldo e panini meglio imbottiti
che a chiunque altro, e nel porger ad essi il cibo
fingeva di non guardarli. Allora capirono: quell’uomo
simpatizzava con loro, pur dissimulandolo
davanti ai suoi superiori, e del pari visibilmente
tutto il personale di fatica dello Smolny,
guardiani, corrieri e sentinelle, propendeva per loro.
E vedendo questo dissero:«la nostra causa è vinta per metà».
Giacché la minima reazione di quella gente,
accento e sguardo, ma anche il loro silenzio e volger d’occhi,
per essi aveva importanza. E di costoro
essere detti amici era la meta più alta.
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Bertolt Brecht, Die Bolschewiki entdecken in Sommer 1917 im Smolny, wo das Volk vertreten war: in der Küche (1932), trad. it di E. Castellani
La mattina del cinque di agosto
si muovevano le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì.
Sotto l'acqua che cadeva a rovescio
grandinavano le palle nemiche;
su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:
O Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza;
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu
O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letti di lana,
schernitori di noi carne umana,
questa guerra ci insegna a punir.
Voi chiamate il campo d'onore
questa terra di là dei confini;
qui si muore gridando: assassini!
maledetti sarete un dì.
Cara moglie, che tu non mi senti
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini,
che io muoio col suo nome nel cuor.
[Traditori signori ufficiali
che la guerra l'avete voluta,
scannatori di carne venduta,
e rovina della gioventù]
O Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza;
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu.