giovedì 16 aprile 2009

Bologna: un reprint della propaganda fascista e razzista


Riprendo integralmente un articolo da
Repubblica.

Lo pubblico così come l'ho trovato.
Non saprei commentare.

Comune nella bufera, manifesto fascista per un convegno sulla violenza contro le donne

Il Comune di Bologna promuove via email un convegno sulla violenza alle donne e per farlo usa una immagine d'epoca che risale al periodo del Fascismo. Proteste ai centralini di Palazzo d'Accursio. L'assessore Milli Virgilio si scusa: "E' stato un equivoco"

[di Carlo Gulotta]





Sulla locandina che accompagna un seminario organizzato dal Comune e dalla Casa delle Donne, sul tema «Femminicidi, ginocidi e violenze sulle donne», c'è un'immagine forte. E' un manifesto che risale al Ventennio fascista e che raffigura un uomo dalla pelle scura che aggredisce una donna con la scritta «Difendila, potrebbe essere tua moglie, tua sorella, tua figlia». E in città scoppia la bufera: intasata dalle proteste la posta elettronica del vicesindaco Giuseppe Paruolo e l'associazione Orlando, che gestisce il Centro delle Donne, dice che «se il messaggio è stato frainteso, vuol dire che è un messaggio sbagliato e bisogna ritirarlo». Critiche anche in seno al Pd: per i due consiglieri comunali Emilio Lonardo e Leonardo Barcelò quella «è una locandina razzista, il Comune tolga il patrocinio», e lancia accuse persino l'Ordine dei Giornalisti. L'assessore alla Scuola e alle Politiche delle Differenze Milli Virgilio, che quel manifesto l'ha scelto per illustrare il seminario di domani alle 16,30 in Santa Cristina, è costretta a una mezza marcia indietro.

«Un errore? Non dico questo, ma se dovessi rifare daccapo, credo che ci ripenserei. Ma l'ho fatto in buona fede, per dimostrare che in sessant'anni purtroppo niente è cambiato: tutte le novità legislative sono intitolate alla sicurezza pubblica, ma in sostanza sono riservate ai migranti e alle restrizioni nei loro confronti». L'invito con la locandina "razzista" è stato spedito a centinaia di soggetti, istituzioni, associazioni e singoli. Virgilio parla di un «equivoco», e oggi scriverà una mail al Centro delle donne e a tutti quelli che hanno protestato per spiegare le sue ragioni. Anche all'ex presidente della Consulta degli immigrati. «Quel manifesto — sta scritto nel messaggio del Centro delle donne — è edito dal Nucleo Propaganda fascista del 1944 e quel che fa riflettere è che purtroppo questo "reperto storico" è tornato oggi tremendamente attuale. Per realizzare l'obiettivo di tutelare le "nostre" donne è stato scelto l'approccio contro il migrante, cioè contro il "differente", costruito come "il nemico". Bisogna rimediare ad un errore di comunicazione». Paruolo, sulla richiesta di negare il patrocinio del Comune, è prudente. «Aspettiamo, prima di trarre delle conclusioni. Ma confermo che mi è arrivata la mail di un rappresentante della Consulta degli immigrati. Non era affatto contento».

martedì 24 marzo 2009

Il Pantheon della destra repubblicana (di G. Santomassimo)

IL PANTHEON DELLA DESTRA REPUBBLICANA
Il fascismo rimesso in parentesi dal «Partito degli Italiani»*



di Gianpasquale Santomassimo



Fra i tre fascismi che sono al governo (il fascismo storico dei missini, il fascismo «naturale» e qualunquista degli elettori di Berlusconi, il fascismo razzista e xenofobo della Lega) soltanto il primo ha avviato da tempo - e inevitabilmente - una evoluzione e un ripensamento, che lo conducono oggi a celebrare, con lo scioglimento nel Pdl, il compiersi di una proposta politica che si lascia «alle spalle il Novecento con le sue ideologie totalitarie».
Più ancora che l'evoluzione del partito in sé, che è apparso sospeso e lacerato a mezza via tra innovazioni accettate e richiami identitari riaffioranti, ha colpito negli ultimi anni l'accelerazione del percorso personale di Gianfranco Fini, che ha teso a presentarsi come interprete di una nuova destra «moderna» e repubblicana, sempre più distante dal punto di partenza e sempre più vicina al modello di una destra europea incarnata dall'esperienza gaullista più che dalla tradizione democristiana.
Su cosa sia oggi la cultura del partito che si scioglie si sono interrogati i giornali, in tono tra il divertito e il serioso. Va detto però che molti osservatori si sono abbandonati a un assemblaggio inevitabilmente pittoresco tra dichiarazioni ufficiali, bancarelle di libri in esposizione nei congressi, «rivalutazioni» ardite di un organo negli ultimi tempi molto immaginifico quale il Secolo d'Italia. Viene fuori così un quadro dove Julius Evola si mescola a Vasco Rossi e nell'ombra sogghigna Wil Coyote. Prendiamo però la cosa sul serio, come è giusto fare, e atteniamoci al documento ufficiale, che come tutti i documenti va analizzato attentamente, di là del suo valore intrinseco.

domenica 22 marzo 2009

Franco Fortini - Le mani di Radek

Esiste la breve documentazione cinematografica di un intervento di Lenin ad un congresso della Terza Internazionale. Tre membri della delegazione italiana – Bombacci, Graziadei e Serrati – si distinguono alle spalle di Vladimir Ilic. Riconoscibile per la barbetta, le lenti pesanti, c’è Karl Radek. In altra inquadratura, non appena Lenin ha finito di parlare Radek gli si volge ridendo, poi sopra le carte del tavolo lancia avanti le mani.
Ho potuto confrontare due copie della medesima pellicola. Sulla seconda ha operato la censura di Stalin. Una macchia copre le facce dei nostri socialisti. In quanto a Radek, condannato nel 1938, il viso è sco
mparso, non le mani. Esse si agitano accanto a quelle di Lenin.

Rammento di aver veduto a Ravenna i segni duna epurazione di quattordici secoli fa. Teodorico, goto e ariano, aveva ordinata l’esecuzione di mosaici in Sant’Apollinare Nuovo. Una trentina d’anni più tardi Giustiniano cattolico riconsacrava la chiesa a san Martino di Tours «martello degli eretici», e faceva cancellare le immagini di Teodorico e della sua corte effigiate nellatto di uscire dal Palatium. Sostituendovi tendaggi ed elementi architettonici i mosaicisti dell'arcivescovo Agnello dimenticarono alcune tracce delle figure. La «condanna della memoria» ha lasciato contro le colonne qualche mano appesa a mezz’aria come quelle che si vedono svolazzare nelle sedute spiritiche.
Vien fatto di chiedersi se siano solo due casi di lavoro mal eseguito.


Franco Fortini, Verifica dei poteri, (1965), Einaudi, Torino, 1989, p. 91
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mercoledì 18 marzo 2009

La primavera delle culture antifasciste: 5 giorni di incontri alle Caserme Rosse



Il Festival Sociale che si svolgerà a Bologna dal 29 maggio al 2 giugno, avrà come sede principale il Parco delle Caserme Rosse. Pubblico di seguito ampi brani del testo della convocazione, risultato (probabilmente provvisorio) di un diffuso reticolo di incontri, scambi, riunioni etc. che cooperano alla formazione e trasformazione dell'iniziativa.


. . . Ora che, con la crisi economica, il benessere va scemando, resta solo la stupidità, l’incultura, il perbenismo, l’arroganza, il grigiore di violenze e soprusi quotidiani. La marea dello “sviluppo” si ritira e lascia solo scorie e detriti. In questo quadro, il neofascismo si manifesta con nuove forme, alcune evidenti, altre molto più subdole e mascherate, tutte aggressive e violente. Cerca di ricostruirsi una legittimità sociale, utilizzando immaginari e slogan dell’ideologia politico-istituzionale della “sicurezza” che semplifica, nasconde, mistifica, propaganda miti razzisti e istiga all’odio sociale...
La reazione della società civile diventa più difficile e complessa e, certamente, molte delle forme note dell’attivismo e della contestazione antifascista risultano superate dall’evolversi del panorama sociale. Diventa forte il bisogno di confrontare percorsi e condividere risorse e saperi con tutti coloro che sentono la necessita di opporsi ad una delle peggiori derive razziste, xenofobe e sessiste della politica e della società italiana. Portiamo nel cuore e nella mente l’impegno e il sacrificio di ieri dei nostri partigiani, i valori di giustizia sociale, di libertà ed eguaglianza che hanno animato la loro resistenza. Da qui il desiderio di rispondere, con le armi della cultura e della critica, alla violenza predicata e praticata... Sentiamo forte la necessità di non rimanere in silenzio in un clima generale di smobilitazione dei valori della Resistenza, dei diritti fondamentali dell’uomo e delle stesse basi della convivenza civile...
invitiamo fin da ora singoli, gruppi, associazioni e movimenti a collaborare alla costruzione di questo festival sociale. Un grande momento di condivisione per socializzare percorsi, condividere e confrontare idee, proposte e ris
orse; l’occasione per sperimentare nuovi linguaggi e ridisegnare immaginari collettivi; per stimolare la nascita di nuove relazioni e dotarci di una “scatola degli attrezzi” per analizzare e agire nei confronti del fascismo che minaccia il nostro tempo...
Vogliamo sperimentare un metodo nuovo già nella costruzione dell’evento, decentrato e partecipato, aperto ai contributi di quanti si riconoscono
nella cultura e nei valori dell’Antifascismo...


[leggi il testo completo in fest-antifa.net]


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Ma quel che è più importante sottolineare da subito, è che il luogo prescelto per i cinque giorni di incontri ed iniziative antifasciste, ha un'importanza storica enorme, non ancora sufficientemente conosciuta. Le Caserme Rosse sono state un grande e poco noto centro di detenzione, smistamento ed anche di eliminazione dei rastrellati. Il 27 febbraio di quest'anno, alla commemorazione di Caserme Rosse (tenuta ad un mese di distanza dal giorno della memoria, in modo da non sovrapporsi a quell'appuntamento fondamentale) sono state deposte corone di fiori su quello che ormai viene chiamato "il muro dei fucilati": un lato del muro di mattoni che perimetrano l'area in cui sono stati rinvenuti in aree circoscritte, diversi fori di proiettili, soparati ad altezza d'uomo, a distanza ravvicinata. In quell'occasione Armando Sarti, presisente della sezione ANPi Bolognina, ha reso pubblica la notizia del rinvenimento di un secondo muro, che aveva scoperto una ventina di giorni prima: il 9 febbraio. Ci ha accompagnato sul posto: è un muro di mattoni che per molti metri è crivellato di colpi, la maggior parte dei quali è concentrata in punti specifici. Zone in cui si è evidentemente sparato molto, ad altezza d'uomo, in certi punti, contro il muro... Superata l'emozione, ho cercato di documentare come potevo , ed ho fatto qualche foto con il cellulare. La meno peggiore, è questa:


Per fare il punto sullo stato delle ricerche e della ricostruzione di quanto è avvenuto a Caserme Rosse, pubblico - con la cortese autorizzazione dell'autore, che ringrazio vivamente - un testo scritto da Armando Sarti per il 65° anniversario dell'inizio delle deportazioni.


A 65 ANNI DALLE PRIME DEPORTAZIONI
DA
CASERME ROSSE
Il lager nazifascista di Bologna

Il 9 settembre 1943, già dal giorno seguente l’armistizio con gli Alleati, i tedeschi avevano occupato gran parte dell’Italia centrosettentrionale. A Roma l’8 settembre 1943 si svolsero combattimenti fra Carabinieri, militari italiani e civili da una parte, contro i tedeschi dall’altra. Questi ultimi in breve ebbero la meglio, infatti contro poche centinaia di uomini armati solo di armi leggere, i tedeschi poterono fare uso di carri armati e pezzi di artiglieria. Quegli episodi a Porta S. Paolo ed alla Magliana furono i primi atti di Resistenza. Epico è stato l’eccidio di Cefalonia, dove migliaia di soldati e di ufficiali italiani non si arresero ai tedeschi, non si fecero disarmare. Per questo Adolf Hitler diede ordine di fucilarli tutti quelli di Cefalonia: truppa, ufficiali, generali compresi. Altri coraggiosi atti di ribellione e di combattimento si svolsero a Trento, presso il ponte dei Cavalleggeri: reparti di fanteria italiani contro i tedeschi. Alcuni combattimenti si svolsero a Bologna, presso la stazione centrale fra militari italiani e tedeschi. Ma la mancanza di ordini di dettaglio e l’impreparazione portarono alla rapida sconfitta di ogni forma di resistenza ai nazisti, così i tedeschi catturarono interi reparti senza combattere ed iniziarono il rastrellamento sistematico delle vie di comunicazione sud-nord per catturare i militari italiani, anche quelli che si erano già privati della divisa. Il “tutti a casa” per molti si tradusse in “tutti al lager”. Già dal 9 settembre, a Caserme Rosse di Bologna, in via di Corticella alla Bolognina, tutta la grande caserma, in precedenza adibita a scuola allievi ufficiali, era completamente in mano ai tedeschi, come erano già in mano dei nazisti tutte le stazioni ferroviarie, le caserme, i centri di potere del Regno d’Italia (prefetture, questure, province e comuni). A Caserme Rosse iniziarono ad essere ammassati ogni giorno, a centinaia, a migliaia, uomini di tutte le armi dell’esercito, Carabinieri, uomini della marina e dell’aeronautica. Tutti questi uomini erano accomunati da un sentimento di ripulsa della guerra fascista a fianco dei tedeschi, che, da alleati, si erano prontamente trasformati in occupanti nemici, in feroci esecutori degli ordini provenienti da Berlino, dal quartier generale di Adolf Hitler. Il trattamento dei rastrellati di Caserme Rosse era disumano. Ogni atto di resistenza o tentativo di fuga o ribellione era punito con la fucilazione. Fra le camerate i nazisti passavano ed operavano delle selezioni, delle vere e proprie decimazioni. Per dare l’esempio ed intimidire gli uomini i tedeschi mettevano in fila i prigionieri, poi, passando in rivista gli uomini schierati sceglievano chi fucilare, anche senza ragiona alcuna, ma solo per alimentare il terrore. Questo avveniva prima della deportazione. Una realtà che si ripeteva nel tempo. Partiti con i vagoni bestiame i primi uomini, ne arrivavano altri, a sostituire i militari deportati in Germania e così via, per mesi, dal settembre a fine novembre-dicembre 1943. Ai tedeschi poi si affiancarono fra fine settembre e i primi di ottobre 1943 i primi uomini della repubblica di Salò. A fine 2006, sulla base di testimonianze di ex deportati e di segnalazioni di civili che sentivano sparare da fuori Caserme Rosse, è stato cercato e trovato il luogo dove venivano eseguite le fucilazioni: il “muro dei fucilati ignoti”, così abbiamo chiamato un tratto del muro di recinzione sul lato interno, a nord-est del campo. Un muro crivellato di colpi, davanti il quale è certo, che a perdere la vita è stato un numero imprecisato, ma molto alto, di prigionieri italiani. Scoperto il muro è stata avviata una ricerca delle salme delle vittime. Un primo momento di ricerca è stato presso il cimitero della Certosa di Bologna. Sono stati esaminati gli elenchi di tutti i morti dal settembre 1943 all’ottobre 1944, alla ricerca di morti ignoti o non riconosciuti. La ricerca è stata infruttuosa, perché -in effetti- sono state individuate vittime in un primo tempo sconosciute, ma risultate poi appartenenti ai fucilati del Poligono di Tiro di via Agucchi, dove un plotone di fascisti era sempre in servizio, soprattutto in servizio dei tedeschi, per servirli delle fucilazioni di partigiani ed antifascisti di cui loro avevano bisogno. Al Poligono, con una viltà infinita, i fascisti fucilarono per conto dei tedeschi -soprattutto- 270 uomini e donne, operai, contadini, preti, militari e civili, Carabinieri, austriaci e tedeschi (gente che aveva indossato la divisa nazista), tutti oppositori del regime, tutti antifascisti, nel periodo che è andato dall’8 settembre alla Liberazione. Successivamente la ricerca è stata rivolta al ritrovamento ed all’esame di immagini scattate dall’alto dai ricognitori Alleati. Gli angloamericani, ma anche i francesi, i sudafricani ed i brasiliani fotografarono Bologna, prima e dopo le decine di bormbardamenti che colpirono la città. Nel maggio scorso, all’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna è stata trovata una foto inglese della prima parte del 1944, della RAF, in cui ben si vede Caserme Rosse. Un archeologo dell’Università di Bologna, Xabier Gonzalez Muro, spagnolo di etnia Basca, con specializzazione in topografia antica ha individuato sul terreno all’interno del campo di Caserme Rosse, a poca distanza dal muro dei fucilati, un’area di circa 800 metri quadri, parallela alla recinzione del campo, a lato di via Saliceto vecchia, una serie di 16-18 scavi, lunghi 15-20 metri, larghi 2-2,5 metri ed altrettanto distanti fra loro. Sedici scavi erano già chiusi al momento dello scatto della fotografia, mentre due risultavano ancora aperti, evidentemente in attesa di altri corpi. Nell’agosto scorso il procuratore della repubblica di Bologna, dott. Luigi Persico ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio plurimo con sevizie (aggravante quest’ultima che impedisce la prescrizione del reato). Attendiamo quindi che l’inchiesta possa chiarire gli esatti contorni della tragedia di Caserme Rosse, il “lager di Bologna” come è stato chiamato nelle pubblicazioni degli scritti di don Giulio Salmi, che fu cappellano dei prigionieri fra la fine del febbraio 1944 ed i primi di ottobre dello stesso anno, qualche giorno prima del bombardamento del 12 ottobre che provocò morti e feriti in Caserme Rosse ed un totale di 400 morti in tutta Bologna. Don Giulio Salmi conteggiò in oltre 35.000 i prigionieri transitati da Caserme Rosse nel solo periodo maggio-settembre 1944. Questi erano per la massima parte civili, donne e uomini, anche partigiani rastrellati durante le stragi nazifasciste, fra cui quelle di S. Anna di Stazzema e di Marzabotto. Nel primo periodo settembre-dicembre 1943 passarono per Caserme Rosse un altissimo numero di militari, fra cui anche i Carabinieri. Venne poi l’accanimento verso le classi ‘23, ‘24 e ‘25 le ultime leve di Salò, anche per loro Caserme Rosse riservò un trattamento bestiale: anche questi uomini diventarono schiavi di Hitler, non in Germania ma in Italia, militari senza paga a fianco della organizzazione di lavori nazista Todt. Se non obbedivano prontamente agli ordini tedeschi, anche per loro era minacciata e prevista la fucilazione, pur essendo militari di Salò in divisa, comandati dai loro ufficiali italiani. Da una idea di Danilo Caracciolo e Roberto Montanari, autori e registi di documentari storici, sono già partite le riprese di un film-documentario su questa terribile storia, dal titolo “A Bologna c’era un lager... il campo di concentramento delle Caserme Rosse” che percorrerà i 13 mesi di funzionamento del più grande ed imponente campo in Italia per la selezione ed il transito di prigionieri da deportare in Germania, con una ferocissima repressione dell’opposizione, del dissenso, della Resistenza, che solo recentemente è iniziata ad emergere in tutta la sua tragica verità. Anche da Caserme Rosse, dal sacrificio degli oppositori del regime fascista sono venute, con la Resistenza e la Liberazione, le conquiste della democrazia, della libertà, della Repubblica e della Costituzione, la legge fondamentale di tutti gli italiani; una Costituzione profondamente antifascista in cui ben chiari sono i diritti ed i doveri del cittadino.
settembre 2008 - Armando Sarti

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