Dobbiamo confessare che non siamo stati sorpresi dalla notizia che il Paese ormai noto al grande pubblico per il ruolo svolto dal popolare letto di Putin (repentinamente giunto al top delle cronache italiane e internazionali), "ha cancellato dal suo vocabolario il termine tovarish [compagno], la parola più pronunciata [in Russia] per quasi 80 anni ...".
Perché, per noi (è un'altra storia), il termine compagno/a, non va perdendo senso, ma - al contrario - riesce a ritrovarlo, a rinnovarlo:
Perché, per noi (è un'altra storia), il termine compagno/a, non va perdendo senso, ma - al contrario - riesce a ritrovarlo, a rinnovarlo:
Mario Rigoni Stern
Perché dovete chiamarmi compagno
lettera all'Anpi, gennaio 2007
Cari Compagni,
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane.
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane.
Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano lo stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere
e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano lo stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere
e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza.
Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite.
Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza.
Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite.
Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.
Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
e Resistenza sempre.
Vostro
Mario Rigoni Stern_____________________________________
da: Patria indipendente (Anpi), 27 luglio 2008
3 commenti:
Buongiorno! Proprio oggi anche io ho fatto una piccola riflessione su un termine che va molto in voga di questi tempi ma piegato ad un'accezione volgarizzata e snaturata rispetto al senso originale...
E alla fine mi è balenata l'ipotesi di un nuovo dizionario, per ridare alle parole il significato che interessa a noi, nella prospettiva di indirizzare linguisticamente, e di rimando culturalmente, un qualche cambiamento sociale almeno in parte in una direzione che sentiamo più vicina a noi che non ci riconosciamo nei modelli mediatici e politici che ci vengono propinati da almeno 20 anni... Un dizionario di resistenza linguistico-culturale, dove già ci sarebbe stato da nobilitare la parola 'resistenza', per cominciare, e magari anche estenderla e approfondirla. Vedo ora che tu stesso avevi cominciato qualcosa del genere ;-)
Verificate queste involontarie connessioni con te, in merito alla tua riflessione di oggi sul termine 'compagno', devo dire che quanto scritto da Rigoni Stern, semplicissimo, mi ha davvero commosso.Personalmente no amo questa parola per designare chi mi si accompagna perché la nozione di 'compagno' (sia come amico/a, sia come persona con la quale si ha una relazione) reca in sé la potenziale estensione per la durata dell'intera vita, mentre le mie relazioni sono molto più intermitttenti, casuali, temporanee pur se profonde. Così come il fatto che se ne fosse appropriata la sinistra, a me che ho un'attitudine profondamente libertaria e anarcoide dava già i brividi e mi ha sempre reso inaccettabile farne un uso in prima persona per designare chi percorre un pezzo di vita al mio fianco.
Nonostante tutto ciò, questo pezzo di Rigoni Stern sulla condivisione del pane mi ha commosso - perché è qualcosa che posso capire e prima ancora 'sentire'. E per questo pur se distante in parte da te, ti sono per altri versi vicina, e con te condivido questa sorta di Resistenza (ancorché culturale) in cui ci stiamo impegnando.
Un abbraccio, 'compagno'.
Mi scuso se ti rispondo tardi. Non mi riferisco all'orario - una caratteristica secondo positiva di Internet è che se spedisci un messaggio, un commento, un email anche in piena notte, non disturbi perché chi riceve lo legge nel momento che preferisce), ma ai giorni trascorsi.
Ero un po' indaffarato, ma soprattutto volevo pensarci su un po'. Amo la franchezza, dunque apprezzo la tua esigenza-scelta di puntualizzare punti comuni e punti di distanza, o differenza.
E sulla resistenza linguistico-culturale, è vero: anch'io, a mio modo, ci provo, per es. con l' "enciclopedia della neolingua"...
Ma vengo al termine compagno/a: non sono sicuro che "compagn*" indichi necessariamente una comporti necessariamente potenziale estensione per la durata dell'intera vita. A volte, mi sembra, può significare nella sfera delle relazioni amorose o affettive, un legame non sigillato da matrimonio, fidanzamento e simili.
C'è una fluidità del senso delle parole.
E il temine "compagno" in senso politico ha assunto in diverse periodi di "istituzionalizzazione" (fino alla statalizzazione, alla burocratizzazione) un valore prescrittivo e/o un senso che non esito a definire soffocante, schiacciante.
Ma ci sono state altre esperienze, come ricorda Rigioni Stern nella lotta partigiana o, in tempi (cronologicamente) non remoti (anni 60-70) ha avuto fasi in cui funzionava come una parola "fresca", "viva"... e - certo - altre in cui era una sorta di feticcio.
Quanto a me, nel corso degli anni e secondo le situazioni, ho oscillato, usando il termine ora in senso ironico (e autoironico), altre in senso positivo (ma senza farne un rito obbligato), se vuoi, tranquillo e senza troppa enfasi.
Insomma, vedo davvero un senso e un uso "mobile", vario,molteplice, non meno intermittente delle relazioni affettive, amicali, etc.
Grazie per la risposta - che anche io leggo in ritardo - e felice di trovare questa corrispondenza/sintonia nelle tue parole.
La tua "Enciclopedia della neolingua", poi, sappi che mi sta dando molto da pensare...
Intanto un abbraccio, a presto :-)
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