PREMESSA: Questa mattina, in Piazza dell’Unità a Bologna, è stato commemorato il 63° anniversario della battaglia della Bolognina. Un’iniziativa vivificata, in particolare, dell’incontro tra un protagonista di quella battaglia, il partigiano Renato Romagnoli, “Italiano”, e studenti e insegnanti del quartiere Navile.
Nel corso del suo intervento, Armando Sarti, presidente dell’ANPI Bolognina, ha letto il testo che gli fu trasmesso da Enzo Biagi nel 2000, in risposta alla sua richiesta di scrivere un brano destinato a trasmettere la memoria storica agli studenti delle scuole bolognesi.
Ringrazio Armando Sarti per avermi autorizzato a pubblicare qui quest’incisivo testo di Biagi che, circolato sinora in fotocopie o in opuscoli a diffusione limitata, possiamo considerare inedito:
Tempo fa una vecchia lettera del giovane professor Norberto Bobbio al duce ha suscitato uno scambio di idee ed insulti. Una supplica giovanile, per poter sopravvivere. Poi una vita anche politicamente esemplare.
È vero che i nostri atti ci seguono, ma va detto che in quei tempi anche gli intellettuali, come scrisse Alvaro, indossavano una livrea.
Il duce allora non ha molti oppositori, quando, nel 1934, si vota, dieci milioni di schede sono a favore,e soltanto quindicimila le contrarie.
Quando, ai professori universitari, viene chiesto l’impegno di “formare cittadini operosi e devoti alla patria e al regime fascista” su milleduecentonovantacinque solo tredici rispondono di no.
Tra questi, Francesco Ruffini ed Edoardo Ruffini-Avondo, Giorgio Levi Dalla Vida, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Vito Volterra. Restano invece in cattedra Jemolo, Calogero, Calamandrei, Einaudi, De Ruggiero, Marchesi, Chabod, Omodeo, anche se quel gesto, come scrive A. Galante-Garrone, “fu sentito da loro come un cedimenti, un compromesso mortificante”.
Tra quelli che dissero “no” dunque, un grande chirurgo romagnolo, Nigrisoli, il cui nome tornò molti anni dopo nelle cronache, ahimè, giudiziarie, perché ebbe per protagonista di una vicenda amorosa un suo nipote, anche lui medico.
Nigrisoli, si direbbe oggi, era un laico, e diceva: “Se guariscono è merito del Signore, e se muoiono è colpa del professore”.
Quando decise di non consentire alle richieste del fascismo, e venne costretto a lasciare la cattedra e l’ospedale, decine di malati lo scongiurarono di operarli: lavorò giorno e notte.
Spesso non voleva compensi, e a un giovanotto, dimesso un giorno d’inverno, che doveva affrontare una lunga convalescenza, e non aveva il cappotto, diede il suo e alla madre dei soldi: “Ha bisogno di bistecche” disse.
È giusto onorare la sua memoria.
Enzo Biagi
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