domenica 16 giugno 2013

Repetita iuvant


Étienne Balibar:

L’aspect le plus «foucaldien» de l’œuvre de Marx

L’aspetto più  «foucaultiano» dell’opera di Marx

trad. dal francese  di Rudy M. Leonelli

 

C'è ... certo conversione locale della violenza in forme sociali più «avanzate» dello sfruttamento – più «civilizzate», ed eventualmente più «produttive». Ma ciò avviene di fatto al prezzo del suo spostamento o della sua delocalizzazione. D’altra parte, è su questo soggetto che Marx propone un'analisi delle lotte di classe come un rapporto di forza evolutivo che possiamo retrospettivamente considerare come l’aspetto più «foucaultiano» della  sua opera [*]: il «potere» in effetti non vi figura come un termine univoco, riferito ad un'istanza che verrebbe dall’esterno a costringere il processo sociale, ma piuttosto come il rapporto stesso, vale a dire dire il risultato complesso e instabile del conflitto che si dispiega nel tempo tra disciplina e resistenza, tecniche di sfruttamento della forza  lavoro  umana (che Marx chiama «metodi di estrazione del pluslavoro»  [Mehrwert (fr. surtravail)] che sono anche, in un certo senso, delle «tecniche di governo», e lotte individuali o collettive che incarnano una forma di libertà sin dalle loro manifestazioni  più elementari (e non soltanto preparano  una liberazione «finale») ... 
 
da: E. Balibar, Violence et civilité. Welleck Library Lectures et autres essais de philosophie politique, Paris, Galilée 2010, p. 133,  «Deuxième conférence. Une violence “inconvertible”? Essai de topique». 


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[*]  Foucault stesso l'ha riconosciuto. Vedi in particolare il suo riferimento al «Libro II del Capitale» in  «Les mailles du pouvoir» [1981], Dits et écrits, Gallimard, 1994, t. IV, p.186-187). Questo «lapsus calami» di Foucault è sfortunatamente perpetuato da molti dei  de suoi commentatori: si tratta in realtà del tomo II dell’edizione di Marx  correntemente utilizzatoall'epoca in Francia (Le Capital in 8 volumi, Éditions Sociales, 1960), dunque verosimilmente del capitolo del Libro I su «la manifattura», che  è anche una delle fonti essenziali in Sorvegliare e  et punire. Questo errore  è stato rettificato e spiegato da Rudy M. Leonelli in «Fonti marxiane in Foucault», in  «Altreragioni», n° 9, 1999.

sabato 15 giugno 2013

Sandro Mezzadra su P. Macherey, Il soggetto produttivo. Da Foucault a Marx




 Il soggetto produttivo.
 Da Foucault a Marx
 di Pierre Macherey
ed. ombre corte

Sandro Mezzadra
Quella potenza umana ridotta a merce
da: il manifesto,13 giugno 2013

Per organizzare il lavoro si producono «norme», che regolano comportamenti, ma anche limiti e resistenze
«Marx per me non esiste», dichiarò Michel Foucault in un dialogo del 1976 con la redazione della rivista Hérodote. E aggiungeva: «voglio dire questa specie d'entità che s'è costruita attorno a un nome proprio, e che si riferisce ora a un certo individuo, ora alla totalità di quel che ha scritto, ora a un immenso processo storico che deriva da lui». C'è qui una chiave per intendere il rapporto intrattenuto da Foucault con Marx, tema che continua a essere al centro di molti studi e dibattiti (si veda ad esempio il bel libro curato da Rudy Leonelli, Foucault-Marx. Paralleli e paradossi, Bulzoni, 2010): la radicale distanza di Foucault dal marxismo, inteso come compatto edificio dogmatico, si accompagnava in lui alla diffidenza nei confronti di ogni tentativo di «accademicizzare» Marx, di ridurlo a un «autore» come un altro. Quest'ultima è un'operazione certo legittima, continuava Foucault nell'intervista del 1976, ma equivale a «misconoscere la rottura che lo stesso Marx ha prodotto». Quella rottura nel cui solco Foucault ha continuato per molti versi a pensare - non senza produrre ulteriori rotture, che lo hanno spesso condotto lontano da Marx.

venerdì 14 giugno 2013

La radicalità, la funzione dell’intellettuale (M. Foucault)



 ... credo che qui si debba far intervenire il problema della funzione dell’intellettuale. È assolutamente vero che mi rifiuto – quando scrivo un libro – di prendere una posizione profetica, cioè quella di dire alla gente: ecco quello che dovete fare, e anche: questo è bene e questo non lo è. Io dico loro: mi sembra, grosso modo, che siano andate le cose, ma le descrivo in modo tale che le vie di attacco possibili siano delineate. Ma con questo non forzo, non costringo nessuno ad attaccare. Poi, è una questione che mi riguarda personalmente, se voglio, a proposito delle prigioni, degli asili psichiatrici, di questo o di quello, fare un certo numero di azioni; ma dico che l’azione politica appartiene ad un tipo d’intervento del tutto diverso da questi interventi scritti e libreschi, è un problema di gruppi, d’impegno personale e fisico; non si è pronunciata qualche parola, no, la radicalità è fisica, la radicalità è dell’esistenza.
Michel Foucault 
 


da: “Precisazioni sul potere. Risposta ad alcuni critici”
Intervista a cura di Pasquale Pasquino, effettuata Parigi nel febbraio 1978.in aut aut, n. 167-168, settembre-dicembre 1978.


giovedì 13 giugno 2013

L'anarchia selvaggia, di Pierre Clastres - presentazione 17/6, BO


http://nogods-nomasters.com/prestashop/268-large_default/a-sociedade-contra-o-estado-pierre-clastres.jpgNel discorso comune e in quello accademico, con poche eccezioni, viene continuamente rimarcata la convinzione che una società di liber* ed eguali sia sempre più inattuabile o addirittura impossibile. L'utopia, che precisamente significa “qualcosa che non ha luogo” e non “qualcosa di irrealizzabile”, è sepolta sotto i cumuli di macerie dell'etnocentrismo.

L'idea che un gruppo umano possa vivere e convivere in assenza di istituzioni di potere appare generalmente come qualcosa di inattuale, addirittura innaturale. Ed è qui che la ricerca antropologica agisce come meccanismo di disvelamento delle credenze e dei pregiudizi. Perché il potere, inteso nella sua forma di comando/oppressione e obbedienza, non è innato nell'umanità.

Pierre Clastres, antropologo eclettico e figlio intellettuale di Claude Levi-Strauss, ci racconta di comunità che vivono in una “favola”, la cui morale piomba vigorosa e differente: i personaggi non sono il braccio dello Stato, le catene delle istituzioni, il tintinnio delle monete, ma semplici individui privi di cravatta e muniti di un concetto dell'esistente diametralmente opposto a quello della società capitalista.

La loro vita non prevede alcun Dio, Stato, servi o padroni, né l'indigenza antropomorfizzata, ma solo un benessere reale e morale partorito dal rifiuto del dominio economico e politico.


Affinché la diversità non sia vittima di stereotipi e venga incorporata all'interno di una prospettiva sociale versatile,

il Collettivo Autorganizzato Volya presenta il libro 
L'anarchia selvaggia – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza re, edito da Eleuthera.


Di recentissima uscita, consiste in una raccolta di alcuni studi di Pierre Clastres che verranno presentati da Valerio Romitelli (Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà, Unibo) e Rudy Leonelli (Dipartimento di Filosofia, Unibo), con la partecipazione
di
 Nicola Turrini, Marco Tabacchini, Elia Verzegnassi,
 che hanno presentato il libro alla Biblioteca Domaschi - spazio     culturale anarchico di Verona.

      
      Lunedì 17 giugno, ore 17,00
     Facoltà di Scienze Politiche
      Strada Maggiore 45, Bologna




Collettivo autorganizzato Volya