È uscita, a cura dell'Assemblea Antifascista Permanente di Bologna, la riedizione de La controrivoluzione preventiva di Luigi Fabbri (Edizioni Zero in Condotta, Milano). Pubblicato per la prima volta nel 1922, con il sottotitolo editoriale "Saggio di un anarchico sul fascismo", il libro è riproposto ora con un'ampia introduzione.
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Nel 1922 Luigi Fabbri compiva quarantacinque anni, era maestro elementare a Bologna e militante anarchico da oltre vent'anni. Aveva subìto per questo intimidazioni e bastonature e la sua riflessione sul fascismo è anzitutto quella di un testimone che ha visto una città «rossa» come Bologna diventare in pochi mesi la «culla» della reazione antiproletaria.
Dinanzi a un fenomeno nuovo e difficile da interpretare, La controrivoluzione preventiva delinea il formarsi di una cultura reazionaria di massa promossa dallo Stato e dalla borghesia «con la triplice azione combinata della violenza illegale fascista, della repressione legale governativa e della pressione economica derivante dalla disoccupazione». Per Fabbri le violenze fasciste non sono un evento isolato, ma una funzione primaria della «controrivoluzione preventiva» attraverso cui la borghesia aggrediva le conquiste operaie e le libertà sociali.
La tesi di quel saggio, riproposto ora a cura dell'Assemblea Antifascista Permanente di Bologna, ebbe fin da subito larga risonanza e contribuì al formarsi di una coscienza antifascista rivoluzionaria: il concetto di «controrivoluzione preventiva» attraversa infatti per intero la storia intellettuale del Novecento fino a Marcuse e Debord e può fornirci ancora oggi una chiave di lettura degli avvenimenti attuali.
Dinanzi a un fenomeno nuovo e difficile da interpretare, La controrivoluzione preventiva delinea il formarsi di una cultura reazionaria di massa promossa dallo Stato e dalla borghesia «con la triplice azione combinata della violenza illegale fascista, della repressione legale governativa e della pressione economica derivante dalla disoccupazione». Per Fabbri le violenze fasciste non sono un evento isolato, ma una funzione primaria della «controrivoluzione preventiva» attraverso cui la borghesia aggrediva le conquiste operaie e le libertà sociali.
La tesi di quel saggio, riproposto ora a cura dell'Assemblea Antifascista Permanente di Bologna, ebbe fin da subito larga risonanza e contribuì al formarsi di una coscienza antifascista rivoluzionaria: il concetto di «controrivoluzione preventiva» attraversa infatti per intero la storia intellettuale del Novecento fino a Marcuse e Debord e può fornirci ancora oggi una chiave di lettura degli avvenimenti attuali.
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