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martedì 26 maggio 2015
lunedì 10 novembre 2014
Torino, lettera aperta a Gramellini - U Velto
Egregio dr. Gramellini, mi lasci dire
che il suo commento di sabato 25 ottobre alla notizia dello
“sdoppiamento” della linea di autobus n. 69 nel Comune di Borgaro
mi ha proprio sconcertato. E per più di un motivo.
In primo luogo perché lei afferma che
il provvedimento preso dal sindaco .
Proprio così ha detto: . Ma come ricorda? Non lo
ricorda per nulla:è proprio apartheid, bello e buono apartheid! Cioè
esattamente l’opposto delle integrazione che lei afferma essere
l’unica soluzione possibile del problema. Peccato però che essa
richieda tempo,lei lamenta. E quindi, nelle more, poiché non ci si
può limitare a e ,va bene istituire una “navetta”, che
faccia la spola, senza fermate intermedie,tra il campo nomadi e il
capolineae farci viaggiare i Rom e solo i Rom,riservando la linea 69
solo ai non Rom, cioè ai gagé, abolendo la fermata del 69.
Ma si rende conto che così l’apartheid
è completa? I Rom, che già sono segregati nel ,
vengono segregati anche sui mezzi pubblici di trasporto! Perché non
è vero, dr. Gramellini, che .
Invece sono proprio tutti eguali: sono brutti, malsani, degradati,
dei veri e propri luoghi di segregazione etnica dove vengono
rinchiuse a forza le comunità di una minoranza linguistica, a cui,
dopo averla ricoperta con cumuli di prevenzioni e pregiudizi, non
vengono riconosciuti nemmeno i diritti elementari, quali il rispetto
della dignità personale, il diritto ad abitare civilmente, a
procurarsi di che vivere con un lavoro normale. Non vivono di
espedienti per scelta, ma per necessità. Nessuno infatti dà lavoro
a un maschio Rom; e ad una donna Rom non si affida nemmeno la pulizia
delle scale di un piccolo condominio.
Non rispettano le leggi? Assai spesso è
vero, come per ogni sottoproletariato: è arduo infatti rispettarle
se non si può vivere che di espedienti. Ma quante volte si
attribuiscono ai Rom colpe e comportamenti che non sono loro e quante
volte si ingigantiscono fatti senza dubbio riprovevoli e si
trasformano singoli episodi in prassi generalizzate. A riprova, lei
stesso cita l’episodio di un padre che a Borgaro smarrisce un
bambino ed accusa i Rom di averlo rapito; io gliene potrei citare
tanti altri a dimostrazione di quanto frequente e grave sia la
propalazione di notizie false a carico dei Rom; mi limito a due: il
pogrom della Continassa e l’uccisione a Roma nel 2008 della signora
Reggiani, che, attribuita ad un Rom, dette la stura a una violenta
campagna mediatica antizigana; l’uccisore, però,un tal Mailat, Rom
non era.
E veniamo alla vicenda che ha motivato
lo “sdoppiamento” della linea 69. In quel che lei ha raccontato
senza dubbio c’è del vero, comportamenti insopportabili ed
inaccettabili da parte dei Rom certamente ci sono stati. Ma da come
lei l’ha riferita si potrebbe pensare che tutti i giorni i Rom,
saliti sull’autobus 69, sputassero in faccia ai vecchi e
bruciassero e tagliassero i capelli alle ragazze. Le sembra
verosimile? Lo ha verificato? E per quanto tempo sarebbe durata
questa storia?
Per l’esperienza che ho di un mondo
che frequento abbastanza, penso che la contrapposizione tra i due
fronti si sia andata costruendo progressivamente e che la tensione
tra i due, innescata chissà da quale episodio, sia andata via via
crescendo insieme ai gesti di intolleranza e di offesa, senza che
nessuno sia intervenuto per gestire una situazione sempre più
pesante. Fin quando è esplosa in modo eclatante. Quanto meno ci sono
state inerzia ed incuria da parte di chi ha tra i suoi compiti
istituzionali quello di darsi carico della coesione sociale,
specialmente quando e dove ci sono sacche di disagio grave.
Su di un punto però sono d’accordo
con lei: per . Verissimo. Infatti,occorrerebbe
anzitutto che fossero le istituzioni per prime a rientrare nel
rispetto delle norme e della legalità, eliminando i campi nomadi (la
cui ill
egittimità è stata solennemente sancita da sentenze del
Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione) ma non semplicemente
abbattendoli e lasciando all’addiaccio chi in qualche modo vi aveva
trovato rifugio. E poi occorrerebbe un’opera intelligente e
sistematica di avvicinamento tra gagé e Rom, perché si conoscano e
si riconoscano reciprocamente, superino diffidenze e sospetti,
scoprano l’infondatezza di pregiudizi e prevenzioni o per lo meno
li ridimensionino.
E’ questo che avrebbero dovuto fare,
anche prima, il sindaco e l’ assessore di Borgaro e che lei, in
mancanza, avrebbe dovuto consigliare loro, e non solo a loro,
commentando la vicenda. Questo ci si aspetta dai media, in
particolare da una trasmissione come Che tempo che fa e da chi, come
lei, vi svolge un ruolo di maitre à penser.
di Nino Lisi, Cittadinanza e Minoranze
da: U velto
di Nino Lisi, Cittadinanza e Minoranze
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