No agli integralismi - Libertà d'espressione |
Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
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mercoledì 18 novembre 2015
domenica 7 giugno 2015
Boris Pasternak: Essere famoso non è bello
Essere famoso non è bello,
non è questo che ci leva in alto.
Non bisogna tenere l’archivio,
trepidare per i manoscritti.
Fine del creare è dar tutto di sé,
e non lo scalpore, non il successo.
È vergognoso, non contando nulla,
diventare per tutti una leggenda.
Ma bisogna vivere senza impostura,
viver così che alla fine
ci si attiri l’amore degli spazi,
che si oda l’appello del futuro.
E bisogna lasciare lacune
nella sorte, e non fra le carte,
passi e capitoli dell’intera vita
segnando ai margini.
E immergersi nell’oscurità
e i propri passi nascondervi,
come nella nebbia si cela una contrada
e non vi si scorge più nulla.
Altri, sull’orma viva percorreranno,
palmo a palmo il tuo cammino,
non spetta a te distinguere
sconfitta da vittoria.
E neanche d’un nulla tu devi
venire meno all’uomo,
ma esser vivo, vivo e null’altro,
vivo e null’altro fino alla fine.
Boris Pasternak
_______________________________
immagini:
Boris Pasternak
Giangiacomo Feltrinelli
non è questo che ci leva in alto.
Non bisogna tenere l’archivio,
trepidare per i manoscritti.
Fine del creare è dar tutto di sé,
e non lo scalpore, non il successo.
È vergognoso, non contando nulla,
diventare per tutti una leggenda.
Ma bisogna vivere senza impostura,
viver così che alla fine
ci si attiri l’amore degli spazi,
che si oda l’appello del futuro.
E bisogna lasciare lacune
nella sorte, e non fra le carte,
passi e capitoli dell’intera vita
segnando ai margini.
E immergersi nell’oscurità
e i propri passi nascondervi,
come nella nebbia si cela una contrada
e non vi si scorge più nulla.
Altri, sull’orma viva percorreranno,
palmo a palmo il tuo cammino,
non spetta a te distinguere
sconfitta da vittoria.
E neanche d’un nulla tu devi
venire meno all’uomo,
ma esser vivo, vivo e null’altro,
vivo e null’altro fino alla fine.
Boris Pasternak
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immagini:
Boris Pasternak
Giangiacomo Feltrinelli
mercoledì 12 novembre 2014
«Filosofi animali cyborg» 19/11 Dip. di storie culture e civiltà, Unibo v. Zamboni 38
Mercoledì 19 novembre
dalle ore 15.00 alle ore 17.00Aula 1 via Zamboni 38
Il rapporto tra l'uomo e gli altri animali è diventato in questi ultimi anni tema acceso di dibattito e nodo problematico di base, confermando l'espressione testamentaria di Jacques Derrida che ci ha consegnato "la questione animale" come argomento filosofico del futuro.
Questione che arriva all' Università Di Bologna con un incontro organizzato in collaborazione tra Officine Filosofiche e la redazione di Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo (Novalogs).
se ne discuterà in un incontro aperto a tutti dal titolo «Filosofi, animali, cyborg».
martedì 8 luglio 2014
(in) memoria di William Michelini, partigiano 1922 -2014
Pubblicato il 11/giu/2014
Racconti di Resistenza dalla voce del partigiano "William" Michelini
Un film animato realizzato dalla classe 3^A deIla Scuola Secondaria di I grado "Fabrizio De André" di Bologna nell'Anno scolastico 2013-2014.
Gli studenti hanno incontrato il partigiano "William" Lino Michelini testimone diretto della battaglia di Porta Lame (Bologna) ed hanno interpretato le sue parole con il cinema di animazione.
Coordinamento didattico
Prof.ssa Maria Venticelli
Ideazione e conduzione del laboratorio di cinema di animazione:
Michela Donini e Roberto Paganelli per Associazione OTTOmani
Il progetto "perCorsi di Memoria" è ideato e gestito da Roberto Pasquali attraverso l'Associazione Interculturale Polo Interetnico A.I.P.I.
"perCorsi di Memoria" è finanziato dal Comune di Bologna, settore Area Affari istituzionali e Quartieri, nell'ambito del piano "Cittadinanza attiva" e si è realizzato nei Quartieri Porto e Saragozza.
Un grazie di cuore a "William", il partigiano Lino Michelini della 7a Brigata GAP.
Bologna, Giugno 2014
Un film animato realizzato dalla classe 3^A deIla Scuola Secondaria di I grado "Fabrizio De André" di Bologna nell'Anno scolastico 2013-2014.
Gli studenti hanno incontrato il partigiano "William" Lino Michelini testimone diretto della battaglia di Porta Lame (Bologna) ed hanno interpretato le sue parole con il cinema di animazione.
Coordinamento didattico
Prof.ssa Maria Venticelli
Ideazione e conduzione del laboratorio di cinema di animazione:
Michela Donini e Roberto Paganelli per Associazione OTTOmani
Il progetto "perCorsi di Memoria" è ideato e gestito da Roberto Pasquali attraverso l'Associazione Interculturale Polo Interetnico A.I.P.I.
"perCorsi di Memoria" è finanziato dal Comune di Bologna, settore Area Affari istituzionali e Quartieri, nell'ambito del piano "Cittadinanza attiva" e si è realizzato nei Quartieri Porto e Saragozza.
Un grazie di cuore a "William", il partigiano Lino Michelini della 7a Brigata GAP.
Bologna, Giugno 2014
_____________________________
vedi inoltre: Ciao, William
lunedì 3 marzo 2014
Walter Benjamin, «Segnalatore d’incendio»
L’idea che ci si fa
della lotta di classe può indurre in errore. Non si tratta, in essa,
di una prova di forza in cui si decida la questione di chi vince e
chi perde, né di uno scontro al cui termine al vincitore andrà bene
e allo sconfitto male. Pensare così
significa dare ai fatti un travestimento romantico. Perché la
borghesia, sia che vinca o che soccomba nella lotta, è comunque
condannata a perire dalle sue interne contraddizioni che le
riusciranno fatali nel corso del suo sviluppo. La questione è
soltanto se essa perirà per mano propria o per mano del
proletariato. Durata o fine di un’evoluzione culturale tre volte
millenaria saranno decise dalla risposta a questo punto. La storia
nulla sa dell’infinito di bassa lega simboleggiato dai due
gladiatori eternamente in lotta. Solo per scadenze fa i suoi calcoli
il vero politico. E la liquidazione della borghesia non si sarà
compiuta ad un punto quasi esattamente calcolabile (lo segnalano
inflazione e guerra chimica) tutto sarà perduto. Prima che la
scintilla raggiunga la dinamite, la miccia va tagliata. Intervento,
rischio e rapidità del politico sono una questione di tecnica, non di
cavalleria.
“Segnalatore
d’incendio” da: Walter Benjamin, Gesammelte
Schriften,
Suhrkamp,
Frankfurt a. M. 1972 trad.
it. in Walter
Benjamin, Strada
a senso unico. Scritti 1926-1927, a c. d. Giorgio Agamben, Einaudi, Torino 1983.
lunedì 10 febbraio 2014
locandine marxicce di Casapound? No grazie! Preferiamo John Heartfield
CaPa marxoide?
NO GRAZIE!
Alla barba posticcia di Marx esibita da Casapound
opponiamo la verità storica illustrata dal genio di
John Heartfield:
lunedì 3 febbraio 2014
«Walter Benjamin. Testi e commenti» Presentazione alle Moline, 6 febbraio 2014
Giovedì
6 febbraio 2014
ore
18:30
Biblioteca
“Michele Ranchetti”
Centro
Furio Jesi – Scuola di Pace del Quartiere Savena
via
Lombardia 36, Bologna
presenta
presso
Libreria
delle Moline
Tel
051262977
il
terzo numero del periodico
«L’ospite
ingrato»
Quodlibet,
2013
Walter
Benjamin
TESTI
E COMMENTI
Linguaggio,
verità, storia nell’opera di Benjamin
A
cura di
Gianfranco
Bonola
Il
volume contiene scritti di Benjamin inediti o tradotti per la prima
volta in italiano
testi
di Scholem, Jesi, Rosenzweig, Fortini, Ranchetti, Cases,
Solmi
e
saggi di Bonola, Chitussi, Härle, Peterson, Wizisla.
ne
parlano:
Gianfranco
Bonola (Univ.
di Roma Tre, curatore del volume),
Andrea
Cavalletti (Univ.
IUAV, Venezia),
Barbara
Chitussi (Univ.
di Modena e Reggio),
Saverio
Marchignoli (Univ.
di Bologna).
domenica 29 settembre 2013
Bertolt Brecht, Questo voglio dir loro
Mi chiedevo: perché parlare con loro?
Comprano il sapere per venderlo.
Vogliono sentire dove c’è sapere a buon mercato
da vendere a caro prezzo. Perché
dovrebbero voler sapere ciò che
parla contro la compra e la vendita?
Vogliono vincere,
Contro la vittoria non vogliono saper nulla.
Non vogliono essere oppressi,
vogliono opprimere.
Non vogliono il progresso,
vogliono il vantaggio.
Sono obbedienti a chiunque
prometta loro il comando.
Si sacrificano affinché
resti la pietra sacrificale.
Che devo dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, decisi.
[Das will ich sagen - Questo voglio dir loro] trad it. a c. d. Cesare Cases
in Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi Torino, 1960
Comprano il sapere per venderlo.
Vogliono sentire dove c’è sapere a buon mercato
da vendere a caro prezzo. Perché
dovrebbero voler sapere ciò che
parla contro la compra e la vendita?
Vogliono vincere,
Contro la vittoria non vogliono saper nulla.
Non vogliono essere oppressi,
vogliono opprimere.
Non vogliono il progresso,
vogliono il vantaggio.
Sono obbedienti a chiunque
prometta loro il comando.
Si sacrificano affinché
resti la pietra sacrificale.
Che devo dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, pensavo. Questo
voglio dir loro, decisi.
[Das will ich sagen - Questo voglio dir loro] trad it. a c. d. Cesare Cases
in Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi Torino, 1960
lunedì 12 agosto 2013
della ripresa degli studi marxiani nel mondo
Una geografia cangiante per il filosofo di Treviri
RIVISTE · L'ultimo numero del Ponte dedicato alla ripresa degli studi marxiani nel mond
Da Pechino a Parigi, da Brasilia a Mosca. Una raccolta
di saggi sul rinnovato interesse per Marx «Il Ponte», una delle poche
riviste militanti ancora esistenti nel nostro paese, ha dato alle stampe
un numero speciale dedicato all'attualità di Marx, curato da Roberto
Fineschi, Tommaso Redolfi Riva e Giovanni Sgro'.
Karl Marx 2013 - questo il titolo della raccolta (Il Ponte editore, pp. 288, euro 20) - si segnala come uno strumento importantissimo per comprendere l'odierna ricezione del pensiero marxiano. Il volume restituisce una mappa orientativa del marxismo globale, ripartita per aree geografiche, alcune di queste sconosciute a gran parte del dibattito italiano: possiamo leggervi, a titolo d'esempio, una sintesi dello stato degli studi marxiani in Russia (a firma di Alekcandr V. Buzgalin e Andrei I. Kolganov), una ricognizione interessante delle posizioni in campo nel marxismo accademico in Cina e del loro rapporto con la politica governativa (redatta da Hu Daping), un resoconto della riflessione su Marx prodotta in Brasile (secondo l'ottica di Joao Quartim Moraes). Non mancano le ricostruzioni del marxismo occidentale, con analisi relative alla situazione del marxismo in Giappone, Francia, Germania, Inghilterra e Italia, scritte da Sergio Cámara Izquierdo e Abelardo Mariña Flres, Guglielmo Carchedi, Frank Engster e Jan Hoff, Stéphane Haber, Reyuji Sasaki e Kohei Saito, oltre che dai tre curatori.
Tutti gli scritti, come nota Fineschi nelle pagine introduttive, dimostrano un interesse vivo per l'opera di Marx, specie in un momento storico contrassegnato dalla crisi del capitalismo e dall'inasprirsi delle lotte sociali. Alcuni motivi della tradizione marxista sembrano aver ritrovato cittadinanza nel dibattito odierno. All'interesse specificamente culturale per Marx non sembra però, almeno per il momento, accompagnarsi «un uso più esplicitamente politico del suo pensiero». E, in effetti, rileggendo le diverse ricognizioni proposte dal volume, è facile constatare come i diversi marxismi in campo risentano - come è giusto che sia - della propria appartenenza nazionale, che ovviamente ha conformato, secondo limitati aspetti e interessi, il dibattito e la discussione. Così, pare evidente constatare che almeno nei paesi europei la riflessione resta in qualche modo bloccata sul doppio crinale, spesso non convergente, di una considerazione storicistica dell'esperienza teorica-politica di Marx e di un'analisi logico-categoriale dei concetti messi in campo dalla sua opera; oppure risulta ferma allo scontro tra un marxismo dialettico, dunque sensibile a una logica della continuità tra Hegel e Marx, e un marxismo di stampo postoperaista, legato in qualche modo alle esperienze filosofiche franco-italiane.
Diverso, forse, il caso di paesi come la Cina, dove il perenne confronto con l'ortodossia ideologica del Partito si accompagna a una curiosità evidente per le sorti del marxismo occidentale più recente, che produce di certo curiose sinergie e letture inaspettate (la piega ontologico-esistenziale di certo marxismo cinese, ad esempio). E tutto ciò si colloca - nota ancora Fineschi - in un quadro storico che non può tener conto di una novità rilevante per gli studi marxiani: la pubblicazione della nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la cosiddetta seconda Mega , che ha, in alcuni casi, ribaltato molte delle acquisizioni consolidatesi in decenni di interpretazione e commento. Si pensi all'Ideologia tedesca - di cui, nel nostro poco informato paese, continuano a stamparsi edizioni «unitarie», anche di recente -, che «si è dimostrata non essere altro che una serie di articoli raccolti per un progetto di rivista poi mai realizzato e rimasti insieme, non una «opera».
La disomogeneità geografica delle ricezioni di Marx nel mondo riflette ovviamente la crisi del marxismo come strumento politico. Se ne restituisce la vitalità nei termini di approfondimento filologico e scientifico, il volume segnala però quest'inefficienza sul piano della pratica. C'è da chiedersi dunque se, in tempi di diffusione radicale della testualità e della cultura in tutti gli ambiti della realtà - con evidente svalutazione dell'una e dell'altra -, anche Marx e il marxismo siano diventati beni culturali da far rivivere solo nelle pagine di un'accademia separata dal mondo.
Esiste, forse, una deriva culturalista che rischia di rendere sterile il portato politico del marxismo, ed essa rappresenta una pericolosa forma d'integrazione nel sistema culturale del tardo capitalismo. È auspicabile, anche grazie ai nuovi strumenti bibliografici a nostra disposizione, che all'aggiornamento della teoria marxista si leghi un'autocoscienza critica della propria posizione e presenza nel mondo capitalistico: e ciò potrà essere possibile in un'ottica capace di tenere assieme le diverse realtà del marxismo, senza che queste si riducano a una sorta di corpo in frammenti incapace di ricostruire la sua originaria unità.
Karl Marx 2013 - questo il titolo della raccolta (Il Ponte editore, pp. 288, euro 20) - si segnala come uno strumento importantissimo per comprendere l'odierna ricezione del pensiero marxiano. Il volume restituisce una mappa orientativa del marxismo globale, ripartita per aree geografiche, alcune di queste sconosciute a gran parte del dibattito italiano: possiamo leggervi, a titolo d'esempio, una sintesi dello stato degli studi marxiani in Russia (a firma di Alekcandr V. Buzgalin e Andrei I. Kolganov), una ricognizione interessante delle posizioni in campo nel marxismo accademico in Cina e del loro rapporto con la politica governativa (redatta da Hu Daping), un resoconto della riflessione su Marx prodotta in Brasile (secondo l'ottica di Joao Quartim Moraes). Non mancano le ricostruzioni del marxismo occidentale, con analisi relative alla situazione del marxismo in Giappone, Francia, Germania, Inghilterra e Italia, scritte da Sergio Cámara Izquierdo e Abelardo Mariña Flres, Guglielmo Carchedi, Frank Engster e Jan Hoff, Stéphane Haber, Reyuji Sasaki e Kohei Saito, oltre che dai tre curatori.
Tutti gli scritti, come nota Fineschi nelle pagine introduttive, dimostrano un interesse vivo per l'opera di Marx, specie in un momento storico contrassegnato dalla crisi del capitalismo e dall'inasprirsi delle lotte sociali. Alcuni motivi della tradizione marxista sembrano aver ritrovato cittadinanza nel dibattito odierno. All'interesse specificamente culturale per Marx non sembra però, almeno per il momento, accompagnarsi «un uso più esplicitamente politico del suo pensiero». E, in effetti, rileggendo le diverse ricognizioni proposte dal volume, è facile constatare come i diversi marxismi in campo risentano - come è giusto che sia - della propria appartenenza nazionale, che ovviamente ha conformato, secondo limitati aspetti e interessi, il dibattito e la discussione. Così, pare evidente constatare che almeno nei paesi europei la riflessione resta in qualche modo bloccata sul doppio crinale, spesso non convergente, di una considerazione storicistica dell'esperienza teorica-politica di Marx e di un'analisi logico-categoriale dei concetti messi in campo dalla sua opera; oppure risulta ferma allo scontro tra un marxismo dialettico, dunque sensibile a una logica della continuità tra Hegel e Marx, e un marxismo di stampo postoperaista, legato in qualche modo alle esperienze filosofiche franco-italiane.
Diverso, forse, il caso di paesi come la Cina, dove il perenne confronto con l'ortodossia ideologica del Partito si accompagna a una curiosità evidente per le sorti del marxismo occidentale più recente, che produce di certo curiose sinergie e letture inaspettate (la piega ontologico-esistenziale di certo marxismo cinese, ad esempio). E tutto ciò si colloca - nota ancora Fineschi - in un quadro storico che non può tener conto di una novità rilevante per gli studi marxiani: la pubblicazione della nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la cosiddetta seconda Mega , che ha, in alcuni casi, ribaltato molte delle acquisizioni consolidatesi in decenni di interpretazione e commento. Si pensi all'Ideologia tedesca - di cui, nel nostro poco informato paese, continuano a stamparsi edizioni «unitarie», anche di recente -, che «si è dimostrata non essere altro che una serie di articoli raccolti per un progetto di rivista poi mai realizzato e rimasti insieme, non una «opera».
La disomogeneità geografica delle ricezioni di Marx nel mondo riflette ovviamente la crisi del marxismo come strumento politico. Se ne restituisce la vitalità nei termini di approfondimento filologico e scientifico, il volume segnala però quest'inefficienza sul piano della pratica. C'è da chiedersi dunque se, in tempi di diffusione radicale della testualità e della cultura in tutti gli ambiti della realtà - con evidente svalutazione dell'una e dell'altra -, anche Marx e il marxismo siano diventati beni culturali da far rivivere solo nelle pagine di un'accademia separata dal mondo.
Esiste, forse, una deriva culturalista che rischia di rendere sterile il portato politico del marxismo, ed essa rappresenta una pericolosa forma d'integrazione nel sistema culturale del tardo capitalismo. È auspicabile, anche grazie ai nuovi strumenti bibliografici a nostra disposizione, che all'aggiornamento della teoria marxista si leghi un'autocoscienza critica della propria posizione e presenza nel mondo capitalistico: e ciò potrà essere possibile in un'ottica capace di tenere assieme le diverse realtà del marxismo, senza che queste si riducano a una sorta di corpo in frammenti incapace di ricostruire la sua originaria unità.
Marco Gatto, il manifesto, 10 agosto 2013
fonte: Diritti Globali
mercoledì 24 luglio 2013
incontro: A partire da “Classe” di Andrea Cavalletti, 27 luglio - Magione (Perugia)
nel quadro del
Magione (Perugia)
Sabato 27 luglio
h. 15:30-19:00
Coordina: Andrea Brazzoduro
Dialogano:
Andrea Cavalletti, Christian De Vito,
Rudy Leonelli e Franco Milanesi
venerdì 14 giugno 2013
La radicalità, la funzione dell’intellettuale (M. Foucault)
... credo che qui si debba far
intervenire il problema della funzione dell’intellettuale. È
assolutamente vero che mi rifiuto – quando scrivo un libro – di
prendere una posizione profetica, cioè quella di dire alla gente:
ecco quello che dovete fare, e anche: questo è bene e questo non lo
è. Io dico loro: mi sembra, grosso modo, che siano andate le cose,
ma le descrivo in modo tale che le vie di attacco possibili siano
delineate. Ma con questo non forzo, non costringo nessuno ad
attaccare. Poi, è una questione che mi riguarda personalmente, se
voglio, a proposito delle prigioni, degli asili psichiatrici, di
questo o di quello, fare un certo numero di azioni; ma dico che
l’azione politica appartiene ad un tipo d’intervento del tutto
diverso da questi interventi scritti e libreschi, è un problema di
gruppi, d’impegno personale e fisico; non si è pronunciata qualche
parola, no, la radicalità è fisica, la radicalità è
dell’esistenza.
Michel Foucault
da: “Precisazioni sul potere. Risposta ad alcuni critici”
Intervista a cura di Pasquale
Pasquino, effettuata Parigi nel febbraio 1978.in aut aut, n. 167-168,
settembre-dicembre 1978.
giovedì 13 giugno 2013
L'anarchia selvaggia, di Pierre Clastres - presentazione 17/6, BO
L'idea che un gruppo umano possa vivere e convivere in assenza di istituzioni di potere appare generalmente come qualcosa di inattuale, addirittura innaturale. Ed è qui che la ricerca antropologica agisce come meccanismo di disvelamento delle credenze e dei pregiudizi. Perché il potere, inteso nella sua forma di comando/oppressione e obbedienza, non è innato nell'umanità.
Pierre Clastres, antropologo eclettico e figlio intellettuale di Claude Levi-Strauss, ci racconta di comunità che vivono in una “favola”, la cui morale piomba vigorosa e differente: i personaggi non sono il braccio dello Stato, le catene delle istituzioni, il tintinnio delle monete, ma semplici individui privi di cravatta e muniti di un concetto dell'esistente diametralmente opposto a quello della società capitalista.
La loro vita non prevede alcun Dio, Stato, servi o padroni, né l'indigenza antropomorfizzata, ma solo un benessere reale e morale partorito dal rifiuto del dominio economico e politico.
Affinché la diversità non sia vittima di stereotipi e venga incorporata all'interno di una prospettiva sociale versatile,
il Collettivo Autorganizzato Volya presenta il libro
L'anarchia selvaggia – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza re, edito da Eleuthera.
Di recentissima uscita, consiste in una raccolta di alcuni studi di Pierre Clastres che verranno presentati da Valerio Romitelli (Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà, Unibo) e Rudy Leonelli (Dipartimento di Filosofia, Unibo), con la partecipazione di
Nicola Turrini, Marco Tabacchini, Elia Verzegnassi,
che hanno presentato il libro alla Biblioteca Domaschi - spazio culturale anarchico di Verona.
Lunedì 17 giugno, ore 17,00
Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna
mercoledì 29 maggio 2013
Omaggio a Franca Rame
Franca Rame
(18 luglio 1929 – 29 maggio 2013)
Omaggio a Franca Rame - poesia Franca Rame testo e voce di Dale Zaccaria - All I Know musica voce e testo di Mara Micciché
[Caricato in data 28/ott/2011]
[Caricato in data 28/ott/2011]
"Pensando agli avvenimenti di cui è stracolma la mia vita, sempre più mi convinco che le decisioni importanti che siamo costretti a prendere, i rischi e le situazioni tragiche che ci troviamo ad affrontare, abbiano sì a che vedere con la casualità, ma nella gran quantità dei casi tutto è dovuto a noi, al nostro carattere che si produce giorno per giorno in conseguenza di conflitti , cose imparate per caso e soprattutto acquisite con fatica e determinazione."
Franca Rame
lunedì 27 maggio 2013
I «Quaderni» al microscopio
L’opera
di Gramsci all’esame dell’Istituto per il restauro
Al
centro dell’indagine la questione della numerazione dei volumi e le
incongruenze rilevate dagli storici
di Eleonora Lattanzi, l'Unità, 27.05.2013
Il
13 maggio 2013 l’Istituto per il restauro e la conservazione del
patrimonio archivistico e librario (Icprcpal) ha concluso le analisi
svolte sui manoscritti di 4 dei Quaderni
del carcere di Antonio
Gramsci. Le indagini, riguardanti i quaderni 12 (XXIX), D 13 (XXXI) e
29 (XXI), erano state richieste dalla Fondazione Istituto Gramsci nel
luglio 2012 allo scopo di chiarire le incongruenze presenti nella
numerazione data ai Quaderni
dalla cognata Tatiana Schucht.
In seguito alla morte del
dirigente comunista nell’aprile del 1937, Tatiana, prima di inviare
i quaderni a Mosca, li numerò
apponendovi delle etichette. Non tutti i quaderni risultano però
etichettati, mentre su alcuni furono applicate etichette di fattura
diversa. Inoltre, sulla copertina di 3 quaderni, dal XXIX al XXXI, le
etichette attualmente visibili furono sovrapposte da Tatiana a
etichette applicate da lei stessa.
Anche
in ragione di queste incongruenze, nel volume I
due carceri di Gramsci
(Donzelli 2011), il prof. Lo Piparo ha avanzato dei dubbi circa la
reale consistenza del lascito gramsciano, ipotizzando l’esistenza
di un ulteriore quaderno oltre ai 33 conosciuti, occultato dopo la
consegna a Togliatti, avvenuta nell’aprile 1945, forse a causa di
un suo contenuto «scomodo». Nel giugno 2012 egli quindi propose
dalle pagine del Corriere
della sera
l’istituzione di una commissione di studiosi finalizzata ad
analizzare i manoscritti e la documentazione relativa alla
trasmissione dei Quaderni.
La
proposta venne accolta da dalla Fondazione Istituto Gramsci che
chiamò a far parte del gruppo di lavoro Luciano Canfora, Giuseppe
Cospito, Gianni Francioni, Fabio Frosini, Franco Lo Piparo e Giuseppe
Vacca. In una prima riunione furono esposti i termini della questione
e vennero fornite ai membri del gruppo di lavoro alcune lettere delle
sorelle Schucht; ad
essa fece seguito una seconda riunione, svoltasi il 20 settembre
2012, nella quale furono esaminati gli originali dei Quaderni.
Nel
corso degli incontri e in un nuovo volume (L’enigma
del quaderno, Donzelli,
2013), il prof. Lo Piparo ha avanzato l’ipotesi che la presenza di
doppie etichette su alcuni quaderni fosse dovuta all’intenzione di
Tatiana di «lasciare
traccia» del quaderno mancante. A tal proposito, ha sostenuto che
«le etichette in chiaro usate da Tatiana si fermano a XXXI. Sotto
l’etichetta XXIX si legge l’etichetta XXXII»; pertanto, ha
aggiunto: «non mi stupirei se sotto l’etichetta in chiaro XXX ci
fosse l’etichetta XXXIIII e, coperta dall’etichetta XXXI
trovassimo l’etichetta XXXIV» (pag. 124).
sabato 25 maggio 2013
Dei predicatori di morte [Von den Predigern des Todes]
Vi
sono predicatori di morte: e la terra è piena di gente cui bisogna
predicare di abbandonare la vita.
Piena
è la terra di superflui, corrotta la vita dai troppi.
Possano
costoro con gli allettamenti della “vita eterna” essere tolti da
questa vita! …
Friedrich Nietzsche
Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen
trad it. Così
parlò
Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, a c. di G. Colli e
M. Montinari, Adelphi Edizioni
giovedì 23 maggio 2013
Étienne Balibar: Lezione gramsciana 2013, Bologna 23 maggio h. 17 (reminder)
Europa, nazioni:
il popolo mancante e la crisi di legittimità
giovedì 23 maggio
ore 17.00
Sala convegni
Fondazione Gramsci via Mentana 2
Bologna
Lezione di
Étienne Balibar
Discussants
Nadia Urbinati, Columbia University
Sandro Mezzadra, Università di Bologna
Nadia Urbinati, Columbia University
Sandro Mezzadra, Università di Bologna
____________
more info: qui
sabato 11 maggio 2013
sabato 4 maggio 2013
Pierre Macherey: L’utopie ou l’attention au détail
L’utopie ou l’attention au détail di laviedesidees
L’utopie n’est pas faite pour être réalisée, mais pour éduquer notre
regard. En critiquant ses dérives, les contre-utopistes ont fait œuvre
salutaire, mais ils nous ont aussi détournés de ce qui fait son intérêt
premier : une plus grande attention à notre quotidien. C’est pour cela
que l’utopie, aujourd’hui, nous manque.
martedì 30 aprile 2013
Il rogo dei libri
Bertolt Brecht
Il rogo dei libri
Quando il regime ordinò che in
pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per
ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta
scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei
meglio – l'elenco
studiando degli inceneriti, sgomento,
che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse
al suo scrittoio, alato d'ira,e scrisse
ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo,
bruciatemi!
Questo torto non fatemelo! Non
lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l'ho sempre, nei libri
miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi
comando:
bruciatemi!
giovedì 21 marzo 2013
Robert Castel, cinquante ans de pugnacité sociologique
Robert Castel 1933 - 2013
Directeur d’études à l’Ecole des hautes études en sciences sociales
(EHESS), Robert Castel, né à Brest en 1933, est mort à Paris, mardi 12
mars, des suites d’un cancer. A juste distance entre Michel Foucault et
Pierre Bourdieu, dont il était l’ami, non sans bataille, son œuvre
voulait être un diagnostic du temps présent.
Robert Castel, c’était d’abord une silhouette courbée sur sa
cigarette, un regard caché sous ses longs sourcils, une présence
discrète qui jaugeait longuement son interlocuteur. Il y avait chez lui
quelque chose du vieux marin, légèrement méfiant, qui se manifestait par
des silences, regard de travers, par une blague pour détendre le
sérieux du milieu académique. Car ça le faisait rire, la pose des
sociologues ou des historiens. Il devait alors penser à son certificat
d’étude, passé à Brest, ou à sa mère lui disant : « A la maison, on
manquera jamais de rien, il y aura toujours du vin. » Sous le manteau,
il aimait brandir son diplôme d’ajusteur mécanicien, son orientation
forcée dans une école technique, la rencontre d’un professeur de
mathématique, surnommé Buchenwald, ancien rescapé du camp, qui le somma
de quitter le collège fipour faire de la philosophie à Rennes.
…..
La fréquentation de Michel Foucault marque alors ses analyses
transversales, notamment par cette démarche généalogique que l’on peut
suivre dans Le psychanalysme, l’ordre psychanalytique et le pouvoir (Maspero, 1973) ; L’ordre psychiatrique (Minuit, 1977) ; La société psychiatrique avancée : le modèle américain (avec Françoise Castel et Anne Lovell, Grasset, 1979) ; La gestion des risques
(Minuit, 1981). Le traitement et la prise en charge des malades
mentaux sont violemment passés au crible de la critique. Du coup, il
entretenait un rapport assez particulier avec la sociologie,
réintroduisant le passé « avec ses problèmes qui ne sont jamais dépassés ».
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