Il giudice democratico
A Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro
che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti
venne anche un oste italiano. Si era preparato seriamente
ma a disagio per la sua ignoranza della nuova lingua
durante l’esame alla domanda:
che cosa dice l’ottavo emendamento? rispose esitando:
1492.
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale,
fu respinto. Ritornato
dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi
ma ancora a disagio per l’ignoranza della nuova lingua,
gli posero la domanda: chi fu
il generale che vinse la guerra civile? La sua risposta
fu: 1492 (con voce alta e cordiale). Mandato via
di nuovo e ritornato una terza volta,
alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente?
rispose di nuovo: 1492. Orbene
il giudice, che aveva simpatia per l’uomo, capì che non poteva
imparare la nuova lingua, si informò sul modo
come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora
alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda:
quando
fu scoperta l’America? e in base alla risposta esatta,
1492, l’uomo ottenne la cittadinanza.
Der demokratische Richter
In Los Angeles von der Richter, der die Leute examiniert
Die sich bemühen, Bürger der Vereinigten Staaten zu werden
Kam auch ein italienischer Gastwirt. Nach ernsthafter Vorbereitung
Leider behindert durch seine Unkenntnis der neuen Sprache
Antwortete er im Examen auf die Frage:
Was bedeutet das 8. Amendement? zögernd:
1492. Da das Gesetz die Kenntnis der Landessprache dem Bewerber vorschreibt
Wurde er abgewiesen. Wiederkommend
Nach drei Monaten, verbracht mit weiteren Studien
Freilich immer noch behindert durch die Unkenntnis der neuen Sprache
Bekam er diesmal die Frage vorgelegt: Wer
War der General, der im Bürgerkriege siegte? Seine Antwort war:
1492 (laut und freundlich erteilt.) Wieder weggeschickt
Und ein drittes Mal wiederkommend, beantwortete er
Eine dritte Frage: Für wie viele Jahre wird der Präsident gewählt?
Wieder mit: 1492. Nun
Erkannte der Richter, dem Mann gefiel, daß er die neue Sprache
Nicht lernen konnte, erkundigte sich
Wie er lebte, und erfuhr: schwer arbeitend. Und so
Legte ihm der Richter beim vierten Erscheinen die Frage vor:
Wann
Wurde Amerika entdeckt? Und auf Grund seiner richtigen Antwort
1492, erhielt er die Bürgerschaft.
[trad. it. di R. Fertonani]
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3 commenti:
Bella questa poesia di Brecht che (scusa l’ignoranza) non conoscevo.
In effetti, in essa il Nostro affronta da par suo il problema dell’integrazione fra le varie culture… quel che troppo spesso si risolve in dis-integrazione.
Rileggendo la poesia, pensavo a quanto sia importante accogliere l’altro: deve però trattarsi di un’accoglienza effettiva, reale e che non sfoci in inutili buonismi. Pensavo al problema dei DIRITTI e quanto occorra cogliere il proprium di ogni cultura.
Posso infatti riconoscermi come uomo solo se riconosco come tale anche l’altro da me, altrimenti esiste solo bellum omnes inter omnes… che è annientamento di me e dell’altro.
Al contempo, pensavo a quanto questi discorsi, di cui c’è un maledettissimo bisogno, discorsi che forse a noi di sinistra (diciamo pure la “tremenda” parola, a noi comunisti) sembrano ovvi, non lo sono per niente… in un mondo dominato da liberismi, neofascismi, integralismi etnici e religiosi.
Sempre più mi convinco di quanto la lotta per la giustizia e l’uguaglianza necessiti dell’unione di tutti coloro che soffrono e sono sfruttati.
Oggi più che mai, dobbiamo spezzare le catene.
Riccardo U.
Caro riccardo, mi fa piacere che apprezzi, anche perché questa è davvero una poesia di Bertolt Brecht. A differenza, ad esempio, del testo che circola quasi ovunque in rete: "prima di tutto [vennero a prendere gli zingari ...]" e che gli viene comunemente ed erroneamente attribuito, mentre in realtà non è suo, ma risale invece al pastore luterano Martin Niemöller.
Ma, lasciando le leggende virtuali, che persistono nella ripetizione inerte, malgrado diverse puntualizzazioni che si possono trovare nella rete stessa.
Niente di male se non conoscevi la poesia "Il giudice democratico": non è questione di ignoranza (che nel senso di non-conoscenza, è comunque molto meglio di certe presunte conoscenze): Brecht ha scritto tanto, e anch'io non l'ho mica letto tutto!
Ma certe cose, scritti, teatro o poesia, le rileggo, ci ritorno. Piacere della lettura, ma anche gusto della "meditazione".
Nel clima di razzismo e xenofobia che sta montando in Italia, ho ritrovato, come per caso (ma chissà se è per caso) "Il giudice democratico" in una antologia di poesie, edizione Einaudi (la foto che ho pubblicato è la stessa che figura nella copertina dell'edizione che uso). Non ricordo di essermi in precedenza particolarmente soffermato su quella poesia.
Ma il giorno è venuto è venuto in cui ti sembra scritta proprio per l'oggi. E' scritta da uno che ha conosciuto (e combattuto, e criticato) razzismo, esilio, miseria: grandi costanti che arrivano fino ad oggi. Inevitabile che sia ancora (o di nuovo) "tagliente" nel presente.
Mi ha colpito anche, in quella poesia, che a ricordare le condizioni di un emigrato italiano sia un autore tedesco, poliglotta e internazionalista: non uno che difende il "suo" "popolo", ma uno solidale con i migranti del mondo, non necessariamente della sua "nazione" o "nazionalità". Sembra (o meglio sembrava) banale, giusto, legittimo, almeno a noi. Ma quanti oggi in Italia la pensano e si comportano così? Niente è scontato, niente è garantito, niente è "conquistato" per sempre.
Niente, come scrivi, è ovvio.
Hallo.
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