L’idea che il marxismo propaghi semplicemente
il soddisfacimento della fame, della sete e del soddisfacimento
dell’impulso sessuale dell’individuo non si confuta certo
affermando che in verità esso è più fine, nobile, profondo,
interiore. Giacché l’indignazione, la solidarietà, l’abnegazione
sono «materialistiche» quanto la fame; la lotta per il
miglioramento della sorte dell’umanità implica egoismo e
altruismo, fame e amore come elementi naturali di serie causali. È
ovvio: la teoria materialistica non possiede alcun motivo logico
probante per il sacrificio della vita. Essa non inculca né con la
Bibbia né con il bastone, alla solidarietà e alla consapevolezza
della necessità della rivoluzione non sostituisce nessuna «filosofia
pratica», nessuna motivazione del sacrificio. Piuttosto è essa
stessa il contrario di ogni morale «idealistica» di questo genere.
Essa libera dalle illusioni, svela la realtà e spiega l’accadere.
Non dispone di argomenti logici che provino l’esistenza di valori
«superiori», ma certamente neppure di argomenti contro il fatto che
mettendo in gioco la propria vita uno contribuisca a realizzare
valori «inferiori», ossia un’esistenza sopportabile per tutti.
L’«idealismo» comincia proprio dove questo comportamento non si
accontenta di una spiegazione naturale di se stesso, e afferra invece
la stampella dei valori «oggettivi», dei doveri «assoluti» o di
una qualunque altra copertura e «canonizzazione» ideale, ossia dove
il rivoluzionamento della società vien fatto dipendere dalla
metafisica – invece che dagli uomini.
Max Horkheimer, Dämmerung
trad it. di Giorgio Backhaus. Crepuscolo: appunti presi in Germania 1926-1931, Einaudi, Torino 1977