intervista di Filippo Fiorini - Santiago del Cile
il manifesto 2013.09.05
40 anni fa, lo
scrittore era nelle forze di sicurezza socialiste che difesero Santiago
dal golpe di Pinochet. «Quel giorno la mia gioventù finì violentemente. E
da allora il Cile non è più uscito dalla dittatura»
Quarant'anni fa iniziò la dittatura
militare in Cile. Possiamo dire che oggi tutto quello che prese il
potere in quel momento è stato superato, o ci sono ancora dei resti del
sistema nei posti di comando del paese e della società civile?Nessuno
che conosca la storia può sostenere che tutto ciò sia stato superato. A
partire dall'11 settembre '73 in Cile è stata installata una feroce
dittatura che ha eliminato qualsiasi tradizione democratica. Per quanto
imperfetta, la democrazia cilena aveva pur sempre distinto il paese come
un esempio in tutto il continente americano. Inoltre, è stato imposto
un modello economico ben preciso. Il Cile è stato il primo luogo in cui
sono state messe in pratica le politiche neo-liberali teorizzate da
Friedman e dalla Scuola di Chicago. Un esperimento che per poter
funzionare aveva bisogno di una nazione governata da un despota, senza
alcuna opposizione, senza partiti politici, senza sindacati, senza
organizzazioni sociali e con un sistema dei media completamente
asservito alla dittatura e al suo programma economico. Uno stato si
governa attraverso l'ordinamento dettato dalla propria Costituzione e
oggi, a quarant'anni di distanza dal golpe, il Cile ha ancora la stessa
Costituzione che approvò la dittatura. Una carta che ha permesso
l'esistenza non solo di una tirannia politica, ma anche di una tirannia
economica, che emargina la maggioranza delle persone, che privatizza la
sanità e l'educazione, che regala le risorse nazionali all'avidità delle
multinazionali e lo fa impunemente, al di sopra di qualsiasi meccanismo
di controllo statale, sia sul bilancio delle risorse, che sul bilancio
fiscale. Ogni paese cambia, perché il mondo è in movimento, ma in Cile
il movimento è stato circolare, ritornando inevitabilmente alla legalità
imposta dalla dittatura.
I media cileni e diverse personalità pubbliche nazionali hanno usato frequentemente nelle ultime settimane la parola «perdono». Crede che le vittime della dittatura di Pinochet siano pronte a perdonare? La società è arrivata a una riconciliazione?Il perdono è una categoria morale, si perdona o meno solamente dopo che il colpevole ha chiesto scusa. In Cile sono stati commessi crimini di stato, in nome dello stato, uno stato che però non ha mai chiesto scusa a nessuno, tanto meno alle sue vittime. Neanche chi fu direttamente responsabile, ovvero i militari e i civili che misero in piedi la dittatura, ha mai chiesto scusa a chicchessia. Stiamo parlando di più di 3mila desaparecidos e i loro famigliari, delle centinaia di migliaia di persone torturate, delle migliaia che furono obbligate all'esilio, dei milioni che rimasero esclusi dal sistema quando il disegno economico della dittatura ha liquidato l'industria nazionale e quando il «libero mercato» ha sostituito tutto il sistema produttivo con le merci importate. Per nulla di tutto questo si è mai chiesto scusa. La società cilena non si è riconciliata perché solo una società malata potrebbe riappacificarsi con coloro che eliminarono un modo di essere, di vivere e avere un progetto di vita.
I media cileni e diverse personalità pubbliche nazionali hanno usato frequentemente nelle ultime settimane la parola «perdono». Crede che le vittime della dittatura di Pinochet siano pronte a perdonare? La società è arrivata a una riconciliazione?Il perdono è una categoria morale, si perdona o meno solamente dopo che il colpevole ha chiesto scusa. In Cile sono stati commessi crimini di stato, in nome dello stato, uno stato che però non ha mai chiesto scusa a nessuno, tanto meno alle sue vittime. Neanche chi fu direttamente responsabile, ovvero i militari e i civili che misero in piedi la dittatura, ha mai chiesto scusa a chicchessia. Stiamo parlando di più di 3mila desaparecidos e i loro famigliari, delle centinaia di migliaia di persone torturate, delle migliaia che furono obbligate all'esilio, dei milioni che rimasero esclusi dal sistema quando il disegno economico della dittatura ha liquidato l'industria nazionale e quando il «libero mercato» ha sostituito tutto il sistema produttivo con le merci importate. Per nulla di tutto questo si è mai chiesto scusa. La società cilena non si è riconciliata perché solo una società malata potrebbe riappacificarsi con coloro che eliminarono un modo di essere, di vivere e avere un progetto di vita.