giovedì 13 novembre 2014

notarella sul vano espediente del "Pugno duro" e/o "Muso duro" invocato dal sindaco di Bologna

 


03/06/14 - Scuola, Merola a muso duro con Sel e sindacati: "Basta   ...

 30/06/14 - Merola invoca il pugno duro sulle manifestazioni 

 12/11/14 - Anche Merola vuole chiudere l’Aula C. La difesa degli attivisti

                                                                                             
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fotomontaggio
da: entilocali.usb.it

mercoledì 12 novembre 2014

«Filosofi animali cyborg» 19/11 Dip. di storie culture e civiltà, Unibo v. Zamboni 38

Mercoledì 19 novembre
dalle ore 15.00 alle ore 17.00
 Aula 1 via Zamboni 38

Il rapporto tra l'uomo e gli altri animali è diventato in questi ultimi anni tema acceso di dibattito e nodo problematico di base, confermando l'espressione testamentaria di Jacques Derrida che ci ha consegnato "la questione animale" come argomento filosofico del futuro.

Questione che arriva all' Università Di Bologna con un incontro organizzato in collaborazione tra Officine Filosofiche e la redazione di Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo (Novalogs). 


se ne discuterà in un incontro aperto a tutti dal titolo «Filosofi, animali, cyborg».

lunedì 10 novembre 2014

Étienne Balibar : « Pour les résistants de Kobané »

Francine Bajande
    Francine   Bajande

 Par Étienne Bailbar, philosophe
Francine Bajande
par Étienne Balibar, philosophe

Francine Bajande
par Étienne Balibar, philosophe
Francine Bajande
par Étienne Balibar, philosophe
«Alors que la situation évolue d’heure en heure, il semble que le pire puisse être évité : une répétition de Varsovie, écrasée par les nazis sous les yeux de l’Armée rouge attendant de tirer les marrons du feu… Les Américains ont fini par se coordonner avec les combattants au sol et même la Turquie semble avoir été contrainte d’entrouvrir la frontière, permettant à des renforts d’arriver. Espérons que la ville soit sauvée, arrêtant l’avancée islamiste.Dans le peu de place dont je dispose, avec les informations qui sont les miennes, je voudrais insister sur deux points. D’une part, à cheval sur la frontière, se développent des formes de solidarité, d’autogestion et d’autodétermination qui confèrent à la résistance, non seulement la signification d’une lutte nationaliste, mais celle d’une expérimentation démocratique. Cela rompt avec les traditions du PKK (et du PYD) auxquelles les gouvernements occidentaux consacrent toujours la plus grande partie de leurs commentaires. Ensuite, cette résistance commence à retentir dans toute la région, des étudiants iraniens jusqu’aux associations de femmes turco-kurdes. Cela voudrait dire que des choses capitales sont en germe à Kobané. Une politique de civilité qui cherche à retenir toute la région sur la pente de l’ext exterminisme, dont tant de massacres et d’interventions ont préparé les conditions. Et des acteurs qui perturbent le jeu des tyrannies, des fanatismes, des populismes et des impérialismes. Cet espoir est bien ténu, mais il est vital. »

                                                 l'Humanité, 22, Octobre, 2014

Torino, lettera aperta a Gramellini - U Velto

Egregio dr. Gramellini, mi lasci dire che il suo commento di sabato 25 ottobre alla notizia dello “sdoppiamento” della linea di autobus n. 69 nel Comune di Borgaro mi ha proprio sconcertato. E per più di un motivo.



In primo luogo perché lei afferma che il provvedimento preso dal sindaco . Proprio così ha detto: . Ma come ricorda? Non lo ricorda per nulla:è proprio apartheid, bello e buono apartheid! Cioè esattamente l’opposto delle integrazione che lei afferma essere l’unica soluzione possibile del problema. Peccato però che essa richieda tempo,lei lamenta. E quindi, nelle more, poiché non ci si può limitare a e ,va bene istituire una “navetta”, che faccia la spola, senza fermate intermedie,tra il campo nomadi e il capolineae farci viaggiare i Rom e solo i Rom,riservando la linea 69 solo ai non Rom, cioè ai gagé, abolendo la fermata del 69.
Ma si rende conto che così l’apartheid è completa? I Rom, che già sono segregati nel , vengono segregati anche sui mezzi pubblici di trasporto! Perché non è vero, dr. Gramellini, che . Invece sono proprio tutti eguali: sono brutti, malsani, degradati, dei veri e propri luoghi di segregazione etnica dove vengono rinchiuse a forza le comunità di una minoranza linguistica, a cui, dopo averla ricoperta con cumuli di prevenzioni e pregiudizi, non vengono riconosciuti nemmeno i diritti elementari, quali il rispetto della dignità personale, il diritto ad abitare civilmente, a procurarsi di che vivere con un lavoro normale. Non vivono di espedienti per scelta, ma per necessità. Nessuno infatti dà lavoro a un maschio Rom; e ad una donna Rom non si affida nemmeno la pulizia delle scale di un piccolo condominio.
Non rispettano le leggi? Assai spesso è vero, come per ogni sottoproletariato: è arduo infatti rispettarle se non si può vivere che di espedienti. Ma quante volte si attribuiscono ai Rom colpe e comportamenti che non sono loro e quante volte si ingigantiscono fatti senza dubbio riprovevoli e si trasformano singoli episodi in prassi generalizzate. A riprova, lei stesso cita l’episodio di un padre che a Borgaro smarrisce un bambino ed accusa i Rom di averlo rapito; io gliene potrei citare tanti altri a dimostrazione di quanto frequente e grave sia la propalazione di notizie false a carico dei Rom; mi limito a due: il pogrom della Continassa e l’uccisione a Roma nel 2008 della signora Reggiani, che, attribuita ad un Rom, dette la stura a una violenta campagna mediatica antizigana; l’uccisore, però,un tal Mailat, Rom non era.

E veniamo alla vicenda che ha motivato lo “sdoppiamento” della linea 69. In quel che lei ha raccontato senza dubbio c’è del vero, comportamenti insopportabili ed inaccettabili da parte dei Rom certamente ci sono stati. Ma da come lei l’ha riferita si potrebbe pensare che tutti i giorni i Rom, saliti sull’autobus 69, sputassero in faccia ai vecchi e bruciassero e tagliassero i capelli alle ragazze. Le sembra verosimile? Lo ha verificato? E per quanto tempo sarebbe durata questa storia?
Per l’esperienza che ho di un mondo che frequento abbastanza, penso che la contrapposizione tra i due fronti si sia andata costruendo progressivamente e che la tensione tra i due, innescata chissà da quale episodio, sia andata via via crescendo insieme ai gesti di intolleranza e di offesa, senza che nessuno sia intervenuto per gestire una situazione sempre più pesante. Fin quando è esplosa in modo eclatante. Quanto meno ci sono state inerzia ed incuria da parte di chi ha tra i suoi compiti istituzionali quello di darsi carico della coesione sociale, specialmente quando e dove ci sono sacche di disagio grave.

Su di un punto però sono d’accordo con lei: per . Verissimo. Infatti,occorrerebbe anzitutto che fossero le istituzioni per prime a rientrare nel rispetto delle norme e della legalità, eliminando i campi nomadi (la cui ill
egittimità è stata solennemente sancita da sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione) ma non semplicemente abbattendoli e lasciando all’addiaccio chi in qualche modo vi aveva trovato rifugio. E poi occorrerebbe un’opera intelligente e sistematica di avvicinamento tra gagé e Rom, perché si conoscano e si riconoscano reciprocamente, superino diffidenze e sospetti, scoprano l’infondatezza di pregiudizi e prevenzioni o per lo meno li ridimensionino.

E’ questo che avrebbero dovuto fare, anche prima, il sindaco e l’ assessore di Borgaro e che lei, in mancanza, avrebbe dovuto consigliare loro, e non solo a loro, commentando la vicenda. Questo ci si aspetta dai media, in particolare da una trasmissione come Che tempo che fa e da chi, come lei, vi svolge un ruolo di maitre à penser.
                                      di Nino Lisi, Cittadinanza e Minoranze


                                                                
                                      

mercoledì 29 ottobre 2014

Con la rivoluzione libertaria del Rojava! - [BO] Sab 01/11

rojavasolidarity

Corteo sabato 1 novembre ore 16
piazza XX settembre, Bologna

Oggi la dura crisi economica su grande scala alimenta nuovamente i venti di guerra e le tentazioni autoritarie, integraliste o totalitarie degli Stati e dei ceti dirigenti che li governano.
Ne è un esempio fra tanti il cosiddetto «Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria» o ISIS che fin dal 2007 ha condotto attacchi violenti e indiscriminati contro civili iracheni e attualmente conduce una guerra di espansione per ricostruire un presunto «Califfato islamico» su base religiosa, con il favore di emirati e monarchie del petrolio.
Dal 15 settembre l’ISIS sta assediando Kobanê, città al centro della regione siriana del Rojava, e ha provocato un esodo di 160 mila profughi in maggioranza kurdi e migliaia di morti.
In Siria la regione autonoma del Rojava è uno dei pochi raggi di luce a emergere dalla tragedia della Rivoluzione siriana. Dopo aver scacciato gli agenti del regime di Assad nel 2011, nonostante l’ostilità di quasi tutti i suoi vicini, il Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma si è configurato come un considerevole esperimento socialista e libertario. Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e c’è un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia «YJA Star» (l’«Unione delle donne libere»), che ha condotto una larga parte delle operazioni di combattimento contro le forze integraliste dello «Stato Islamico».
Questa rivoluzione rischia di essere cancellata anche grazie al terrificante silenzio mediatico e politico nel quale è caduta questa battaglia di libertà. Da settimane la popolazione di Kobanê sta cercando di resistere in ogni modo, usando armi leggere contro gli attacchi dei fascisti dell’ISIS ben armati ed equipaggiati dai profitti del petrolio.
La cosiddetta coalizione internazionale per combattere l’ISIS non ha aiutato la resistenza kurda in modo efficace né è intervenuta dinanzi al genocidio in atto a Kobanê. Anzi, tra i supposti coalizzati ci sono inquietanti ambiguità: Turchia, Qatar e Arabia Saudita, in chiave anti-sciita, hanno dato supporto finanziario e militare alle prime attività dei fascisti dello Stato Islamico, favorendone l’ascesa. Ankara ha anche altre responsabilità: è tra i primi acquirenti del petrolio estratto dai pozzi conquistati dall’Isis, e blocca da settimane al confine i combattenti provenienti dal Kurdistan turco, impedendo l’arrivo dei rinforzi nel Rojava.
Pertanto raccogliamo l’appello delle e dei combattenti kurdi a manifestare il primo novembre in solidarietà con Kobanê e con la rivoluzione libertaria del Rojava.
Per donazioni in sostegno al popolo di Kobanê e per la difesa di un progetto di emancipazione per la società in Medio Oriente invitiamo a usare questo IBAN predisposto dagli anarcosindacalisti tedeschi:

Destinatario: PM
Parola chiave “Rojava”
NR: 506155858
BLZ: 76010085
IBAN: DE70760100850506155858
BIC: PBNKDEFF

Ovunque Kobanê, ovunque resistenza!
Circolo Anarchico Berneri Nodo Sociale Antifascista Spazio Pubblico Autogestito XM24
 

Leggi anche:
– L’appello internazionale Save Kobane
– I comunicati della Comunità Curda dell’Emilia Romagna e di Tpo – Ya Basta – Làbas_
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