«Le printemps est contre le fascisme et le racisme»
21 aprile 2007
ore 13
Ai Giardini di P.ta Saragozza: Pranzo sociale lanciato dal Coordinamento Studentesco Cittadino, con materiali di controinformazione.
ore 16.30
Presso l’Istituto Parri, via S. Isaia 18
l’Assemblea Permanente Antifascista di Bologna organizza il convegno:
«Azione culturale e azione militante per contrastare autoritarismo, razzismo, fascismo».
Intervengono: Luca Alessandrini, Mario Coglitore, Rudy Leonelli, Mauro Raspanti, Armando Sarti, Walter Siri.
22 aprile 2007
ore 16
Piazza dell’Unità: il Coordinamento Migranti di Bologna indice un presidio-manifestazione contro le leggi razziste e segregazioniste varate dai governi di ogni colore per impedire la libera circolazione delle persone. Banchetti, musica, interventi.
23 aprile 2007
ore 20
Circolo Iqbal Masih, via della Barca 23/4: CENA di autofinanziamento e RIUNIONE GENERALE dell’Assemblea Antifascista Permanente di Bologna.
24 aprile 2007
ore 16
Piazza dell’Unità: «Re/esistenze», giornata antifascista organizzata da XM24 e dall’Assemblea Permanente Antifascista di Bologna. Banchetti, musica, interventi, animazione, cori, con lo spettacolo del gruppo teatrale dell’AAP.
25 aprile 2007
ore 17
Centro civico di via Faenza 4 (angolo via Arno): presentazione del DVD prodotto da A-Rivista Anarchica: «A forza di essere vento: lo sterminio nazista degli Zingari». Banchetti, musica, animazione, cori, buffet.
Organizzano:
- AAP (Assembea Antifascista Permanente),
- Circolo anarchico “Berneri”,
- Coordinamento Migranti di Bologna e provincia,
- Coordinamento Studentesco Cittadino,
- VAG61,
- XM24
[vedi UN: Memoria resistente]
Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
mercoledì 18 aprile 2007
mercoledì 21 marzo 2007
Il Grande Dialogo
Dopo la battuta in cerchio gli accerchianti invitano gli accerchiati a un colloquio. Si cerca il Nuovo Inizio. Il Grande Dialogo. Invece delle pubbliche bastonate il tè dietro porte imbottite. Lo scopo dell'esercitazione è dichiarato insieme all'invito: le pecore bianche devono essere separate da quelle nere, si deve spezzare la solidarietà
Hans Magnus Enzensberger, Palaver
Ho recepito la scelta di organizzare a Bologna un convegno legato al ‘77 come un'implicita sollecitazione ad affrontare problemi che hanno un'importanza strategica in questa città, ma non soltanto per questa città. Per questo vorrei partire da questioni emerse sul piano locale, cercando poi di intravedere almeno il profilo di problematiche più estese. L’attenzione alla dimensione microfisica dei poteri e degli affrontamenti non va confusa con un angusto “localismo”, ma può fornire un punto di attacco per una riflessione in termini di strategie.
La rilevanza di Bologna nel ‘77 è nota, ma questa stessa notorietà comporta semplificazioni e scarsa problematizzazione: la “storia” diventa fruibile e si banalizza... Come contrastare questi reiterati tentativi di normalizzazione? Credo che non si tratti di istituirsi come memoria, testimoniare una “verità” del movimento che andrebbe restaurata, ripristinata nella sua originaria autenticità: il rischio della sterilità o della produzione di miraggi è fin troppo evidente. E’ forse più interessante rovesciare la prospettiva e chiedersi che cosa c’è in gioco nelle operazioni di riscrittura, direttamente sollecitate o benevolmente accolte da quelle stesse istituzioni che avevano estirpato e cancellato il movimento in quegli anni.
La peculiarità della situazione bolognese introduce un punto di vista asimmetrico sulle questioni discusse oggi, una sorta di eccezione che può forse aiutare a riformulare i problemi, o almeno a mostrarne aspetti meno evidenti.
venerdì 9 marzo 2007
Nadine Fresco: Fabrication d’un antisémite
La volontà di sapere che anima questa ricerca viene da lontano. Nel 1980 Nadine Fresco scriveva: “Conoscere Rassinier è indispensabile se si vogliono capire il funzionamento e le differenti correnti del pensiero revisionista” (“Les redresseurs de morts. Chambres à gaz: la bonne nouvelle. Comment on révise l'histoire”, Les Temps modernes, juin 1980, pp. 2164-2165).
In rapporto a tutti i lavori precedenti – anche i più importanti e utili – sul padre fondatore del negazionismo, il libro di Fresco opera uno spostamento decisivo, aggredendo direttamente il cuore della questione: tutti hanno incontrato come ostacolo invalicabile e si sono limitati a riprodurre, intatto e intangibile, il mistero, il segreto, o l’enigma Rassinier. Superare le colonne d'Ercole è necessario e possibile: “forse –osserva sobriamente l'autrice – c’è mistero laddove non c’è storia” (p. 67).
Se la monografia di Florent Brayard, Comment l’idée vint à M. Rassinier (Paris, Fayard, 1997, da me recensita in Altreragioni, n. 7, 1998) descriveva la fabbrica della negazione e, concentrando la propria attenzione su Rassinier autore “revisionista”, concludeva restituendo anch’essa il mistero di Rassinier, Fabrication d’un antisémite sonda il territorio fin qui sostanzialmente inesplorato della sua genealogia, la fabbricazione del fabbricante. “Ma come qualcuno diventa antisemita? Questa biografia di Rassinier analizza la fabbricazione di un antisemita in particolare… Rassinier prima di Rassinier. L’antisemita prima del negazionista. L’uomo prima dell’antisemita” (p. 69).
martedì 6 marzo 2007
Il Picchio (marzo '84)
La recente riapertura del Centro di documentazione Il Picchio coincide con una specificazione dell’attività ormai decennale di questo circolo-libreria nel settore delle comunicazioni.
Questa "riduzione" dell'indirizzo del Centro è operata a vantaggio della precisione, della puntualità e della completezza della sua iniziativa, che non è mai stata una semplice attività di vendita del libro, essendo da sempre affiancata dalla ricerca culturale e dalla produzione editoriale. Una produzione su piccola scala, che ha scelto di non mettere al primo posto le esigenze del mercato rispetto alla chiarezza e al rigore degli orientamenti.
Al nuovo Picchio potranno essere trovate, come sempre, quelle riviste e quelle pubblicazioni che i normali circuiti di distribuzione censurano o tralasciano.
Il settore libreria comprenderà nel modo più vasto i testi riguardanti la comunicazione e le sue molteplici relazioni (dalla linguistica alla semiologia, dall'informatica ai mass media).
Il circolo svilupperà e approfondirà queste tematiche con seminari, incontri, e momenti di dibattito che avranno inizio ad aprile.
Una parte di questi incontri, che si svilupperà nell'arco dell'intero anno, sarà condotta da intellettuali e docenti cittadini: Carlo Doglio, Roberto Roversi, Vincenzo de Santis.
Un'altra serie di incontri avrà come filo conduttore la "crisi dell’esperimento bianco", del dominio culturale e militare occidentale a livello planetario.
Questa serie prevede tre raggruppamenti tematici: Esoterismo, modernità e postmodernità; Il sapiente e il guerriero; Mito, memoria, narrazione. Ciascuno di questi temi verrà affrontato in un ciclo di conferenze, introdotte da singoli relatori.
L'attività editoriale del Picchio consisterà nella costruzione di un video-archivio che metterà a disposizione del pubblico la documentazione il più possibile fedele di questi incontri.
Il Centro proporrà anche alcune serate di "teatro minimo”, presentando gruppi teatrali composti da poche persone e spettacoli le cui caratteristiche "da camera” non si adattano alle dimensioni "normali" dei circuiti teatrali.
L'attività di produzione del Picchio prevede inoltre, per settembre, la pubblicazione di un'ampia e articolata bibliografia ragionata sui problemi delta comunicazione.
Rudy Leonelli, 1984
in
Metro’, anno I, n. 5, 30 marzo 1984
martedì 27 febbraio 2007
Maurice Blanchot: Michel Foucault come io l'immagino
Maurice Blanchot
Michel Foucault come io l’immagino, Genova, Costa & Nolan 1988 [Michel Foucault tel que je l’imagine, Montpellier, Fata Morgana 1986]
1. L’immagine non è, in Blanchot, confortata dalla credenza nel “profondo di un sogno felice che l’arte troppo spesso autorizza”.
“Vivere un avvenimento in immagine – citiamo ancora, e necessariamente a lungo, da Lo spazio letterario – non vuol dire disimpegnarsi da questo avvenimento, disinteressarsene, come vorrebbero la versione estetica dell’immagine e l’ideale sereno dell’arte classica, ma vuol dire non più impegnarvisi con una decisione libera: vuoi dire lasciarsi prendere, passare dalla regione del reale, in cui ci teniamo a distanza dalle cose per meglio disporne, a quest’altra regione in cui la distanza ci tiene, questa distanza è allora profondità non viva, indisponibile, lontananza inapprezzabile divenuta come la potenza suprema e ultima delle cose ... Vivere un avvenimento in immagine, non vuol dire avere di questo avvenimento una immagine, e neppure conferirgli la gratuità dell’immaginano. L’avvenimento, in questo caso, avviene veramente; e tuttavia avviene ‘veramente’? Ciò che accade ci afferra, come ci afferrerebbe l’immagine, vale a dire ci priva, di esso e di noi, ci tiene al di fuori, fa di questo di fuori una presenza in cui ‘Io’ non ‘si’ riconosce”.
L’evocazione straniante dell’incontro anonimo e aleatorio con Foucault nel ’68, che apre Michel Foucault come io l'immagino, presenta quel carattere di esteriorità irriducibile dell’avvenimento, che costituisce un luogo cruciale dell’opera (sia “critica”, sia letteraria”) di Blanchot. “Non è una finzione benché non sia capace di pronunciare a proposito di tutto ciò la parola verità. Gli è successo qualcosa, e non può dire che sia vero, né il contrario. Più tardi, pensò che l’avvenimento consistesse in questa maniera di non essere né vero, né falso” (L'attesa, l’oblio). E ancora, ne La comunità inconfessabile (a proposito di Acéphale): “Coloro che vi hanno partecipato non sono sicuri di avervi avuto parte”.
“Vivere un avvenimento in immagine – citiamo ancora, e necessariamente a lungo, da Lo spazio letterario – non vuol dire disimpegnarsi da questo avvenimento, disinteressarsene, come vorrebbero la versione estetica dell’immagine e l’ideale sereno dell’arte classica, ma vuol dire non più impegnarvisi con una decisione libera: vuoi dire lasciarsi prendere, passare dalla regione del reale, in cui ci teniamo a distanza dalle cose per meglio disporne, a quest’altra regione in cui la distanza ci tiene, questa distanza è allora profondità non viva, indisponibile, lontananza inapprezzabile divenuta come la potenza suprema e ultima delle cose ... Vivere un avvenimento in immagine, non vuol dire avere di questo avvenimento una immagine, e neppure conferirgli la gratuità dell’immaginano. L’avvenimento, in questo caso, avviene veramente; e tuttavia avviene ‘veramente’? Ciò che accade ci afferra, come ci afferrerebbe l’immagine, vale a dire ci priva, di esso e di noi, ci tiene al di fuori, fa di questo di fuori una presenza in cui ‘Io’ non ‘si’ riconosce”.
L’evocazione straniante dell’incontro anonimo e aleatorio con Foucault nel ’68, che apre Michel Foucault come io l'immagino, presenta quel carattere di esteriorità irriducibile dell’avvenimento, che costituisce un luogo cruciale dell’opera (sia “critica”, sia letteraria”) di Blanchot. “Non è una finzione benché non sia capace di pronunciare a proposito di tutto ciò la parola verità. Gli è successo qualcosa, e non può dire che sia vero, né il contrario. Più tardi, pensò che l’avvenimento consistesse in questa maniera di non essere né vero, né falso” (L'attesa, l’oblio). E ancora, ne La comunità inconfessabile (a proposito di Acéphale): “Coloro che vi hanno partecipato non sono sicuri di avervi avuto parte”.
2. “Esprimere soltanto quello che non può esserlo. Lasciarlo inespresso” (L‘attesa, l’oblio).
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