mercoledì 26 agosto 2009

Mari inquinati, jeep sulle coste: è il capitalismo, bellezza!

I gravi episodi di questi giorni, dai liquami a Capri all'auto anfibia a Budelli, hanno un tratto comune: l'interesse dei più ricchi

di
Giorgio Nebbia




Che cosa farebbero i titolari della ditta di espurgo pozzi neri, i cui operai sono stati sorpresi a scaricare liquami o lavaggi di fogna nel mare di Capri, se mi presentassi nelle loro private case e gli versassi in camera da letto un vaso da notte con i miei personali e privati escrementi del giorno prima ? Mi coprirebbero di botte, suppongo, e farebbero bene. Che cosa dovrei fare io, se i predetti versassero, come risulta che abbiamo fatto, gli escrementi di alcune abitazioni private nel mare che è anche mio, che è parte di "casa mia" ? L'episodio dello sversamento di liquami nel mare di Capri è la metafora di tutte le violenze ambientali, compresi l'abuso nelle costruzioni abusive, lo sbarco di un arzillo sessantenne in autobarca nella spiaggia rosa dell'isola di Budelli, eccetera. Lo sversamento di liquami che ha fatto finire agli arresti i due operai, è stato riconosciuto anche come reato di "deturpamento di bellezze naturali". E' tutta questione di "bellezza" ? Quando è sbarcata anche in Italia la contestazione ecologica, quarant'anni fa, la difesa dell'ambiente è stata praticata dai "pretori d'assalto" che sono riusciti a trovare, nelle pieghe delle leggi allora esistenti (scritte decenni prima senza pensare a particolari violazioni ecologiche, ma "solo" per la difesa del diritto alla salute umana), i motivi per colpire gli inquinatori. Per anni si è dibattuta la necessità di leggi per la difesa dell'ambiente e sono state formulate, o ereditate dalla Comunità europea, norme, ma sempre nel rispetto degli interessi privati ed economici, leggi che comunque mostravano la massima delicatezza verso ogni persona che, come scriveva Marx per gli inquinatori del suo tempo, intraprende to turn an honest penny, per guadagnarsi qualche meritato soldo; leggi poi lentamente svuotate mediante deroghe, testi unici, condoni, le uniche con cui anche la parte attenta della magistratura può operare. L'inquinamento del mare, al di là della formulazione del reato, è un crimine perché tocca un delicato e fragile insieme di rapporti ecologici che coinvolgono le catene di esseri viventi presenti nel mare - come spiega il dimenticato bel libro di Rachel Carson, Il mare intorno a noi , Einaudi, 1973 - e le alterazioni di tali equilibri ricadono, in forma diretta, sulla vita umana, di chi fa il bagno nelle acque inquinate, di chi consuma il pesce avvelenato dagli agenti inquinanti, dal carico di batteri e virus delle merde, dai prodotti petroliferi, dalle sostanze chimiche di rifiuto agricole e industriali, eccetera.

Un secondo punto riguarda i soldi. I reflui domestici o qualsiasi altro flusso di sostanze inquinanti che finiscono nel mare (limitiamoci a queste per ora) potrebbero essere trattati con adatte tecniche che fanno diminuire le sostanze inquinanti per renderle meno offensive per il mare, ma questa operazione costa dei soldi e, se venisse praticata, renderebbe più costose le merci e i servizi e, nel caso considerato, il prezzo del soggiorno a Capri. E qualcuno dei turisti magari non verrebbe a Capri e andrebbe altrove e ne soffrirebbe l'economia della città; da questo punto di vista i due inquinatori e tutti quelli come loro che fanno risparmiare i loro clienti scaricando i reflui in uno spazio che, secondo la mentalità corrente, è considerato "di nessuno", sono benemeriti difensori dell'economia, del turismo di Capri o di Ischia o quel che è.


Un terzo punto riguarda la proprietà; alcuni privati offendono e si appropriano di "beni" - il mare, i fiumi, l'aria, il suolo - che sono non "di nessuno", ma che sono miei e vostri, di ciascun lettore e cittadino italiano. Non usciremo mai dalle trappole ecologiche fino a quando la normativa ambientale non riconoscerà il mare - la "bellezza" di quello di Capri e la vita di qualsiasi mare - e tutti i beni ambientali come proprietà privata di tutti coloro che hanno il diritto di fruirne in forma pulita e non dannosa perché sono "loro", con lo stesso diritto di non vedere sporcata la propria camera da letto. Questi discorsi erano abbastanza comuni e accettati quarant'anni fa, quando l'ecologia è stata scoperta come nuova forma di violazione di diritti; allora i giuristi discussero con passione sulla classificazione dei beni ambientali: come "res nullius", di nessuno, o "res omnium" e molti conclusero giustamente che proprio "res omnium", proprietà privata di tutti, erano da considerare; col passare del tempo, a furia di furbizie e compromessi, siamo arrivati al mare di Capri di ieri l'altro o dell'Adriatico e del Tirreno o dello Jonio di tutti gli anni passati e futuri.

Un ultimo punto, infine, riguarda i rapporti di classe associati alle alterazioni dell'ambiente. Lascio stare i rapporti fra padroni e operai, i muratori che, in cambio del salario, assicurano profitti ai loro padroni nella costruzione di edifici abusivi o fuori norma, i dipendenti delle imprese che inquinano il mare o l'aria per assicurare profitti ai loro padroni, vittime e complici di reati che colpiscono nella salute loro stessi e le loro famiglie. Anche i danni dovuti agli inquinamenti hanno carattere di classe; sono le classi più povere, i miserabili che fanno un bagno domenicale in spiagge sovraffollate e in un mare pieno di merde, umane e merceologiche, a essere colpiti da malattie; i loro padroni sanno dove trovare mare meno inquinato muovendosi con le loro barche potenti e inquinanti. Per farla breve, le violazioni ambientali sono inevitabili figlie della violenza del profitto e dell'interesse privato, la quale colpisce non solo i pesci che guizzano nel mare o gli uccelli che ci rallegrano col loro canto, ma colpisce gli altri esseri umani, specialmente i più deboli e i più poveri, trascinati dagli inquinatori ricchi a diventare anche loro inquinatori. Così con la società dei consumi, i poveri sono promossi da inquinati a inquinatori di se stessi e quindi ancora più poveri. E' il capitalismo, bellezza. So bene che non è politicamente corretto parlare così, ma va pur detto. Tutto il resto è chiacchiericcio.



[da Liberazione, 26 agosto 2009]
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