NEWSLETTER CSA VITTORIA-Milano
via Friuli ang. Muratori 43
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ore 21.00 Csa Vittoria L’IMPERO VIRTUALE COLONIZZAZIONE DELL’IMMAGINARIO E CONTROLLO SOCIALE
Alcune aziende che quindici anni fa non esistevano, come Google e
Facebook, oggi costituiscono la nuova e potente oligarchia planetaria
del capitalismo digitale. Internet ne rappresenta l’intelaiatura, e i
suoi utenti, vale a dire circa tre miliardi di persone, la forza lavoro
utilizzata. Le nuove tecnologie digitali fanno ormai parte della nostra
vita quotidiana, le portiamo addosso e controllano tutti gli ambienti
della vita sociale, dai luoghi di lavoro ai templi del consumo. Questo
libro propone una riflessione sui dispositivi attraverso i quali questa
oligarchia e queste tecnologie catturano e colonizzano il nostro
immaginario a fini di profitto economico e di controllo sociale. E mette
in luce il risvolto di tutto ciò, ovvero l’emergere di una nuova e
impercepita sudditanza di quel popolo virtuale che, riversando
ingenuamente messaggi, fotografie, selfie, ansie e desideri su
piattaforme e social-network, contribuisce con le sue stesse pratiche a
rafforzare il dominio del nuovo impero. Non conosciamo ancora le
conseguenze sui tempi lunghi di questo ulteriore passaggio del modo di
produzione capitalistico. Chiara invece appare la necessità di
immaginare pratiche di decolonizzazione personale e collettiva per
istituire nei luoghi ordinari della vita varchi di liberazione.
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Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
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venerdì 26 giugno 2015
Renato Curcio: "L'impero virtuale" Presentazione: Giovedì 25 giugno 2015 ore 21.00 Csa Vittoria Milano
domenica 14 giugno 2015
sabato 23 maggio 2015
I devastatori del «Carlino» e l’Aula C
Per venticinque anni l’Aula C antifascista è stata un luogo aperto e plurale di confronto, di dibattiti, di pranzi autogestiti, di feste, di ironia e fratellanza, di presentazioni di libri, di cineforum, di mobilitazioni sociali e civili, di presa di coscienza di un mondo reale ben diverso dai racconti istituzionalizzati. Dal 1989 almeno due generazioni di attivisti l’hanno attraversata e, in quell’auletta, abbiamo tutte e tutti imparato qualcosa.Tutti sanno che la campagna di criminalizzazione condotta caparbiamente dal «Resto del Carlino» era un vezzo immotivato di giornalisti mediocri, servili e vendicativi.Tanti studenti lo hanno dichiarato a Radio Città del Capo e qualcuno ha affermato che era il «minimo» fare qualche scritta:
«Il
sequestro dell’aula è stato immotivato, non era cambiato niente
rispetto agli anni passati. Ciò che è cambiato riguarda la forte volontà
politica di criminalizzare lo spazio, fomentata dai giornali. L’aula è
stata attraversata sempre da persone diverse. Non c’erano buoni motivi
per sgomberarla».
Ma
il «Resto del Carlino» subito grida alla devastazione. Non che abbia
molte persone disponibili alla sua opera di propaganda. Un giorno
intervista tal prof.ssa Egeria Di Nallo, docente a Scienze Politiche,
che dichiara che «gli anarchici dell’Aula C sono feccia». Poi il giorno
dopo il «Carlino» intervista anche la figlia della Di Nallo, prof.
Francesca Rescigno, che insegna anch’essa – guarda caso! – a Scienze
Politiche… e dice intrepida: «Pensiamo alla Siria: ci scandalizziamo per
i monumenti distrutti e poi però quando imbrattano in nostri palazzi
nessuno apre bocca».
by Nodo sociale antifascista - BO
by Nodo sociale antifascista - BO
giovedì 30 aprile 2015
O Gorizia tu sei maledetta
La mattina del cinque d'agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì
giovedì 9 aprile 2015
L'eresia bolognese - Documenti di una generazione ribelle (1967 - 1990)
Documenti di una generazione ribelle
a cura di Paolo Brunetti
EDIZIONI ANDROMEDA
EDIZIONI ANDROMEDA
Eresia bolognese perché a Bologna s'infranse per la prima volta, in modo sociale e largamente diffuso, l'ordine consacrato della virtù del lavoro salariato come orizzonte di vita . . . a vita. il movimento movimento del rifiuto del lavoro risale ai tempi biblici Adamo nel giardino dell'Eden, non lavorava), ma le lotte dei due secoli passati si erano scontrate con l'insufficiente sviluppo delle forze produttive. il grande progresso economico seguito alla Seconda Guerra Mondiale e i lunghi anni dal lungo dopoguerra avevano posto all'ordine del futuro il superamento della costrizione al lavoro. affermare tutto questo nella città capitale nella città capitale del comunismo euro-occidentale, fondato sull'ideologia del lavoro, fu un'autentica eresia portata avanti dal gruppo bolognese di Potere Operaio . . .
Se la nostra è stata un'eresia, di fronte alla catastrofe sociale cui ha portato il partito del lavoro la medesima eresia è oggi diventata il Sol dell'avvenire.
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Contenuti speciali allegati:
(DVD con oltre 2000 pagine più numerosi video)
(DVD con oltre 2000 pagine più numerosi video)
lunedì 16 marzo 2015
Igor Pelgreffi. Slavoj Žižek presentazione giovedì 26 marzo, h.19 Modo Infoshop BO
Se potessimo osservare dall’esterno le nostre vite, con ogni
probabilità oggi le vedremmo percorse da due tensioni divergenti: una
verso il globale e una verso il frammento. Il nostro tempo è
global-frammentario, e il nostro mondo non è altro che la forma del
tempo. I nostri corpi si trovano a vivere, per lo più, sospesi fra la
grande sfera e il punto, fra l’iper-relazione e la solitudine. Ora, come
elaborare una filosofia capace di rispondere a queste alterazioni nelle
omeostasi che per secoli hanno accompagnato lo svolgersi delle nostre
esistenze singolari e collettive? Come contrastare filosoficamente le
narcosi singolari e collettive in cui le cosiddette società avanzate
sembrano destinate a vivere (cioè a spegnersi)? Tutti percepiamo che
global-frammentario è anche una struttura storico-materiale ed economica
che ci condiziona nel profondo. E, dunque, come pensare
una reale alternativa al modello di vita capitalistico? Come prendere
consapevolezza delle strutture nascoste che ci pre-determinano? Detto in
termini generali: quali sono, oggi, le condizioni di possibilità di
una critica dell’ideologia?
Queste domande marcano i motivi di fondo della riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi public character del teatro culturale odierno, provocatore esperto, deciso anti-capitalista, «sfacciatamente marxista»1. Žižek, costantemente e su ogni cosa, critica le posizioni della Left, proponendo categorie inattuali, fra cui quella di lotta di classe. Un ciarlatano per alcuni, un nuovo maître à penser per altri. Ma Žižek non è uno che si limita a scrivere o a tenere conferenze. Lo troviamo agitarsi fra i manifestanti di Occupy Wall Street o serafico co-protagonista di una clamorosa video-intervista con Julian Assange, così come seduto sul water mentre disquisisce su Psycho di Hitchcock, per così dire, “dall’interno”.
Žižek è quasi ovunque, sovra-esposto negli spazi pubblico-mediali in cui si aggira senza sosta col suo look trasandato, gesticolante nervosamente e con la fronte sudata. Ricorda Socrate, col suo girovagare proto-flâneuristico per la polis: ambedue condividono quella medesima capacità magica, in fondo geniale, di compiere uno scatto immotivato dal vagare insensato alla precisione della domanda spiazzante. Come se la domanda filosofica dovesse essere preceduta, oggi, da una modalità antropologica, da un attraversamento concreto degli spazi e dei tempi storico-sociali. E dalla mancanza di senso del girovagare. Sarà un caso, ma c’è qualcosa, nella barba e nello sguardo di Žižek, che fa pensare a Socrate. Critica dell’ideologia significa partire, ogni volta, ponendo il mondo in questione: perché le cose stanno così come stanno? Dunque non come sono: non è una domanda ontologica, sul loro essere, ma su come esse sono state predisposte, su quali strutture le predeterminano. Questa sembra essere la domanda di Žižek. Tuttavia si potrebbe ugualmente sostenere che quella di Žižek sia una riflessione intorno alla nostra soggettività, alla sua origine pulsionale, ai suoi desideri, auto-inganni e fantasmi costitutivi; ed anche questa potrebbe essere una buona definizione. Si potrebbe, del resto, cercare il nocciolo della filosofia di Žižek nell’idea che la scissione sia più fondamentale dell’unità, che l’auto-lacerazione animi tutto ciò che esiste (le cose, l’io, le relazioni, le rappresentazioni), in quanto è la contraddizione (e non l’essere o il divenire) il cuore della materia e della storia. Ed anche questa potrebbe essere una buona definizione.
Le tre domande indicano gli assi centrali del pensiero di Žižek, cioè Marx (critica dell’ideologia), Lacan (problema del soggetto e dell’ordine simbolico) e Hegel (contraddizione). Per chi ama le formule, ciò permetterebbe di caratterizzare la filosofia di Žižek come un materialismo dialettico psicoanalitico. Marx, Lacan e Hegel rappresentano gli assi x, y e z di un vero e proprio sistema di riferimento cartesiano, che definisce quale sia lo spazio logico del discours žižekiano. In questo libro tenterò di darne conto. Ma per fare ciò occorre presupporre una quarta dimensione.
La quarta dimensione è quella dello stile.
via Mascarella 24/b - BO
Queste domande marcano i motivi di fondo della riflessione di Slavoj Žižek, fra i più discussi public character del teatro culturale odierno, provocatore esperto, deciso anti-capitalista, «sfacciatamente marxista»1. Žižek, costantemente e su ogni cosa, critica le posizioni della Left, proponendo categorie inattuali, fra cui quella di lotta di classe. Un ciarlatano per alcuni, un nuovo maître à penser per altri. Ma Žižek non è uno che si limita a scrivere o a tenere conferenze. Lo troviamo agitarsi fra i manifestanti di Occupy Wall Street o serafico co-protagonista di una clamorosa video-intervista con Julian Assange, così come seduto sul water mentre disquisisce su Psycho di Hitchcock, per così dire, “dall’interno”.
Žižek è quasi ovunque, sovra-esposto negli spazi pubblico-mediali in cui si aggira senza sosta col suo look trasandato, gesticolante nervosamente e con la fronte sudata. Ricorda Socrate, col suo girovagare proto-flâneuristico per la polis: ambedue condividono quella medesima capacità magica, in fondo geniale, di compiere uno scatto immotivato dal vagare insensato alla precisione della domanda spiazzante. Come se la domanda filosofica dovesse essere preceduta, oggi, da una modalità antropologica, da un attraversamento concreto degli spazi e dei tempi storico-sociali. E dalla mancanza di senso del girovagare. Sarà un caso, ma c’è qualcosa, nella barba e nello sguardo di Žižek, che fa pensare a Socrate. Critica dell’ideologia significa partire, ogni volta, ponendo il mondo in questione: perché le cose stanno così come stanno? Dunque non come sono: non è una domanda ontologica, sul loro essere, ma su come esse sono state predisposte, su quali strutture le predeterminano. Questa sembra essere la domanda di Žižek. Tuttavia si potrebbe ugualmente sostenere che quella di Žižek sia una riflessione intorno alla nostra soggettività, alla sua origine pulsionale, ai suoi desideri, auto-inganni e fantasmi costitutivi; ed anche questa potrebbe essere una buona definizione. Si potrebbe, del resto, cercare il nocciolo della filosofia di Žižek nell’idea che la scissione sia più fondamentale dell’unità, che l’auto-lacerazione animi tutto ciò che esiste (le cose, l’io, le relazioni, le rappresentazioni), in quanto è la contraddizione (e non l’essere o il divenire) il cuore della materia e della storia. Ed anche questa potrebbe essere una buona definizione.
Le tre domande indicano gli assi centrali del pensiero di Žižek, cioè Marx (critica dell’ideologia), Lacan (problema del soggetto e dell’ordine simbolico) e Hegel (contraddizione). Per chi ama le formule, ciò permetterebbe di caratterizzare la filosofia di Žižek come un materialismo dialettico psicoanalitico. Marx, Lacan e Hegel rappresentano gli assi x, y e z di un vero e proprio sistema di riferimento cartesiano, che definisce quale sia lo spazio logico del discours žižekiano. In questo libro tenterò di darne conto. Ma per fare ciò occorre presupporre una quarta dimensione.
La quarta dimensione è quella dello stile.
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