Ricetta (immorale) per il golpe perfetto
La teoria di Moisés Naìm sul Sole 24 Ore indica ingredienti e istruzioni per un moderno colpo di stato. Sembra l'Italia
di Lorenzo ColuccinI, Liberazione, 7 agosto 2009
Sarà per la storia personale dell’autore; sarà perché d’estate la letteratura “nera” trova spazio sui giornali; sarà forse anche per sposare la causa del “capitalismo autoritario” (definizione del filosofo e studioso di psicoanalisi sloveno Slavoj Zizek), che Moisés Naìm, sul Sole 24 Ore del 28 luglio scorso, ha firmato un articolo dal titolo “Così ti cucino un colpo di Stato”.
L’autore, esperto conoscitore di politica internazionale, in punta di penna, ha stilato un elenco degli ingredienti che occorrono per la preparazione di “un golpe ad alta digeribilità”.Scopo di quella “missiva” uscita sul prestigioso quotidiano «fornire istruzioni» per «preparare colpi di stato che non dipendano, almeno nella fase iniziale, dall’uso delle forze armate». Del resto si sa, un colpo di stato manu militari, oggi giorno, risulterebbe indigesto a molti. La palese manifestazione della violazione dei principi democratici con gli assalti al palazzo, come fu per quello della “Moneda” nel ’73 in Cile, non è più conveniente, prima di tutto per il Paese stesso e per la sua economia, che in questo modo verrebbe esclusa dal capitalismo globalizzato. Meglio dunque fare affidamento «più sugli avvocati che sui tenenti colonnello»; meglio puntare «sulle riforme costituzionali e sui referendum». Il fine? Il medesimo che in un golpe: «Un leader autocratico che, mantenendo le apparenze democratiche, conserva il potere a tempo indefinito e fa quello che vuole».
Il nostro rinomato “chef ” non si perita quindi nel fornire un elenco degli ingredienti necessari per la preparazione di cotanto agognato colpo di stato: milioni di poveri; una robusta dose di disuguaglianza sociale; ingiustizia giuridica diffusa; partiti politici molto screditati; discriminazioni
razziali; corruzione in gran quantità; una borghesia apatica e disillusa nei confronti della democrazia; parlamento, magistratura e forze armate lasciate “marinare a lungo” così da “ammorbidirle”; media e televisioni controllate dal padrone; un’opinione pubblica distratta e anestetizzata; squadracce al soldo della causa pronte a spaccare il cranio agli ultimi rimasti che non si ravvedono (il nostro le chiama “Brigate d’intervento popolari”, poche ma “buone”); infine, e non meno importante, come in ogni regime autoritario che si rispetti, ci vuole un nemico esterno, una concreta minaccia che rischia di distruggere la nazione, la sua coesione.
Naìm suggerisce la Cia, o un Paese vicino, ma si può andare anche sul classico gli ebrei, oppure gli immigrati - basta che ci sia un’entità esterna ritenuta pericolosa così da cementificare l’opinione pubblica, anestetizzata ma impaurita, risolutanquindi nel cedere pieni poteri al leader autocratico che difenderà la Nazione senza mai indietreggiare.
Che gran piatto succulento, che acquolina… Ma chi è questo cuoco così padrone delle dinamiche culinarie,sociali e politiche internazionali da dispensare, con animo generoso, una ricetta così allettante? Moisés Naìm è un ex ministro del governo venezuelano del socialdemocratico Carlos Andres Perez, un presidente così avvertito che non si risparmiò nell’applicare alla virgola i diktat draconiani del Fondo Monetario Internazionale, in modo così ossequioso che Caracas nel 1989 fu teatro di una rivolta per mano dei ceti popolari esasperati. Naìm, nonostante questo, rimane uno chef ineguagliato, tanto che fu premiato per la sua lungimiranza in campo neoliberista con la chiamata nell’entourage di Bush figlio. Il nostro cultore del fondamentalismo economico più spinto ha fatto anche parte del vertice della Banca Mondiale. Oggi dirige la rivista Foreign Policy, sovvenzionata da Carnegie Endowment for International Peace. Tra i finanziatori di questo organismo troviamo Bp Usa, Exxon Mobil, la Fundación Ford, General Motors. Naìm, però, fa parte anche del National Endwment for Democracy, altro organismo internazionale che riceve cospicui finanziamenti da parte del Congresso degli Stati Uniti, indicato da tutti come il braccio esecutivo nella destabilizzazione e nelle manipolazioni elettorali in tutti quei Paesi la cui politica è sgradita agli Usa.
Le ricette del cuoco modello sono state così applicate, con successo, in Serbia, Georgia, Bolivia, Ucraina, Venezuela, Kenia, Nicaragua ecc., tutte nazioni che sono state sconvolte da guerre civili, rivolte armate, crolli economici, dittature palesi o vestite con abiti democratici. Una volta, infatti, che si hanno tutti gli ingredienti, lontano dalle desuete dinamiche militaresche, il golpe moderno è di facile e veloce preparazione: creare conflitto sociale a tavolino in modo aggressivo; aizzare scontri ideologici e fisici tra le diverse classi; arrivare al potere tramite elezioni “democratiche” (queste non vanno mai eliminate). Poi, con ogni mezzo, vincere sempre alle successive («Mai lasciare il potere – dice l’autore – Le elezioni non servono mica a questo»); sostituire magistrati, parlamentari e generali poco fedeli e poco inclini a sposare il progetto del presidente. Fatto questo, quindi, non resta che passare alle modifiche costituzionali, così da introdurre nuove norme poco comprensibili che consentano, però, al presidente di concentrare nelle proprie mani tutto il potere e che garantiscano a tempo indeterminato la sua rielezione; screditare e rendere ininfluente l’opposizione; infine lasciare che qualche organo di stampa, piccolo però e con pochi lettori o ascoltatori, critichi l’operato del governo, per dar prova che la libertà di stampa non è minacciata. Et voilà signori, il golpe ad alta digeribilità è servito.
Che invidia però per quei Paesi che già si gustano queste prelibatezze! A loro questa pietanza così succulenta e a noi italiani mai niente di buono… Eppure la nostra cucina è apprezzata in tutto il mondo: siamo sicuri che anche nel nostro Bel Paese non si possa fare altrettanto? L’unica cosa da fare è vedere se disponiamo già di tutti gli ingredienti necessari. Vediamo…: «Milioni di poveri››, secondo i dati oggi ce ne sono 8, non sembrano pochi; una «robusta dose di disuguaglianza sociale e giuridica », sì, questa ce l’abbiamo; «corruzione in gran quantità», la esportiamo; «elite politiche ed economiche compiacenti ed una borghesia apatica », direi che sono sotto gli occhi di tutti; «parlamento, magistratura e forze armate da far marinare a lungo », se riuscissimo a sradicare qualche ultimo arcigno nostalgico delle minestre democratiche così insipide, forse potremmo farcela definitivamente; «un nemico esterno», beh questo sì (ah - gli immigrati - la minaccia estrema!); le «brigate d’intervento “popolari” ben addestrare per spaccare la testa» ce l’abbiamo, vedi il ddl sulla sicurezza con le ronde; l’opinione pubblica è già anestetizzata e i media controllati. Beh, sì, gli ingredienti, in Italia, possiamo dire di averli tutti…
Per quanto riguarda la preparazione siamo già avanti: il conflitto sociale cresce e il manganello arriva; le elezioni “democratiche” ci sono ancora ma vince sempre il medesimo politico; i partiti politici si screditano anche da soli, proponendo deboli alchimie combinatorie; alcuni vertici della magistratura a volte vanno a cena con il presidente del Consiglio, quelli delle forze armate, talvolta, più hanno fedine penali dubbie più ricevono riconoscimenti; qualche piccolo giornale e qualche ininfluente emittente radiotelevisiva che si scaglia contro il potere conserva ancora il suo posto; per quanto riguarda infine la Costituzione, in attesa di riformarla ancora di più, non la si osserva minimamente.
Evviva, forse anche l’Italia allora potrà entrare nel novero delle nazioni fortunate! Il tempo necessario per la cottura - manca solo quello - e poi… buon appetito a tutti!
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* l'immagine è tratta da Marginalia