Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
sabato 18 aprile 2009
giovedì 16 aprile 2009
Bologna: un reprint della propaganda fascista e razzista
Riprendo integralmente un articolo da Repubblica.
Lo pubblico così come l'ho trovato.
Non saprei commentare.
Non saprei commentare.
Comune nella bufera, manifesto fascista per un convegno sulla violenza contro le donne
Il Comune di Bologna promuove via email un convegno sulla violenza alle donne e per farlo usa una immagine d'epoca che risale al periodo del Fascismo. Proteste ai centralini di Palazzo d'Accursio. L'assessore Milli Virgilio si scusa: "E' stato un equivoco"
[di Carlo Gulotta]
Sulla locandina che accompagna un seminario organizzato dal Comune e dalla Casa delle Donne, sul tema «Femminicidi, ginocidi e violenze sulle donne», c'è un'immagine forte. E' un manifesto che risale al Ventennio fascista e che raffigura un uomo dalla pelle scura che aggredisce una donna con la scritta «Difendila, potrebbe essere tua moglie, tua sorella, tua figlia». E in città scoppia la bufera: intasata dalle proteste la posta elettronica del vicesindaco Giuseppe Paruolo e l'associazione Orlando, che gestisce il Centro delle Donne, dice che «se il messaggio è stato frainteso, vuol dire che è un messaggio sbagliato e bisogna ritirarlo». Critiche anche in seno al Pd: per i due consiglieri comunali Emilio Lonardo e Leonardo Barcelò quella «è una locandina razzista, il Comune tolga il patrocinio», e lancia accuse persino l'Ordine dei Giornalisti. L'assessore alla Scuola e alle Politiche delle Differenze Milli Virgilio, che quel manifesto l'ha scelto per illustrare il seminario di domani alle 16,30 in Santa Cristina, è costretta a una mezza marcia indietro.
«Un errore? Non dico questo, ma se dovessi rifare daccapo, credo che ci ripenserei. Ma l'ho fatto in buona fede, per dimostrare che in sessant'anni purtroppo niente è cambiato: tutte le novità legislative sono intitolate alla sicurezza pubblica, ma in sostanza sono riservate ai migranti e alle restrizioni nei loro confronti». L'invito con la locandina "razzista" è stato spedito a centinaia di soggetti, istituzioni, associazioni e singoli. Virgilio parla di un «equivoco», e oggi scriverà una mail al Centro delle donne e a tutti quelli che hanno protestato per spiegare le sue ragioni. Anche all'ex presidente della Consulta degli immigrati. «Quel manifesto — sta scritto nel messaggio del Centro delle donne — è edito dal Nucleo Propaganda fascista del 1944 e quel che fa riflettere è che purtroppo questo "reperto storico" è tornato oggi tremendamente attuale. Per realizzare l'obiettivo di tutelare le "nostre" donne è stato scelto l'approccio contro il migrante, cioè contro il "differente", costruito come "il nemico". Bisogna rimediare ad un errore di comunicazione». Paruolo, sulla richiesta di negare il patrocinio del Comune, è prudente. «Aspettiamo, prima di trarre delle conclusioni. Ma confermo che mi è arrivata la mail di un rappresentante della Consulta degli immigrati. Non era affatto contento».
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venerdì 3 aprile 2009
Smash capitalism...
martedì 24 marzo 2009
Il Pantheon della destra repubblicana (di G. Santomassimo)
IL PANTHEON DELLA DESTRA REPUBBLICANA
Il fascismo rimesso in parentesi dal «Partito degli Italiani»*
Il fascismo rimesso in parentesi dal «Partito degli Italiani»*
di Gianpasquale Santomassimo
Fra i tre fascismi che sono al governo (il fascismo storico dei missini, il fascismo «naturale» e qualunquista degli elettori di Berlusconi, il fascismo razzista e xenofobo della Lega) soltanto il primo ha avviato da tempo - e inevitabilmente - una evoluzione e un ripensamento, che lo conducono oggi a celebrare, con lo scioglimento nel Pdl, il compiersi di una proposta politica che si lascia «alle spalle il Novecento con le sue ideologie totalitarie».
Più ancora che l'evoluzione del partito in sé, che è apparso sospeso e lacerato a mezza via tra innovazioni accettate e richiami identitari riaffioranti, ha colpito negli ultimi anni l'accelerazione del percorso personale di Gianfranco Fini, che ha teso a presentarsi come interprete di una nuova destra «moderna» e repubblicana, sempre più distante dal punto di partenza e sempre più vicina al modello di una destra europea incarnata dall'esperienza gaullista più che dalla tradizione democristiana.
Su cosa sia oggi la cultura del partito che si scioglie si sono interrogati i giornali, in tono tra il divertito e il serioso. Va detto però che molti osservatori si sono abbandonati a un assemblaggio inevitabilmente pittoresco tra dichiarazioni ufficiali, bancarelle di libri in esposizione nei congressi, «rivalutazioni» ardite di un organo negli ultimi tempi molto immaginifico quale il Secolo d'Italia. Viene fuori così un quadro dove Julius Evola si mescola a Vasco Rossi e nell'ombra sogghigna Wil Coyote. Prendiamo però la cosa sul serio, come è giusto fare, e atteniamoci al documento ufficiale, che come tutti i documenti va analizzato attentamente, di là del suo valore intrinseco.
Più ancora che l'evoluzione del partito in sé, che è apparso sospeso e lacerato a mezza via tra innovazioni accettate e richiami identitari riaffioranti, ha colpito negli ultimi anni l'accelerazione del percorso personale di Gianfranco Fini, che ha teso a presentarsi come interprete di una nuova destra «moderna» e repubblicana, sempre più distante dal punto di partenza e sempre più vicina al modello di una destra europea incarnata dall'esperienza gaullista più che dalla tradizione democristiana.
Su cosa sia oggi la cultura del partito che si scioglie si sono interrogati i giornali, in tono tra il divertito e il serioso. Va detto però che molti osservatori si sono abbandonati a un assemblaggio inevitabilmente pittoresco tra dichiarazioni ufficiali, bancarelle di libri in esposizione nei congressi, «rivalutazioni» ardite di un organo negli ultimi tempi molto immaginifico quale il Secolo d'Italia. Viene fuori così un quadro dove Julius Evola si mescola a Vasco Rossi e nell'ombra sogghigna Wil Coyote. Prendiamo però la cosa sul serio, come è giusto fare, e atteniamoci al documento ufficiale, che come tutti i documenti va analizzato attentamente, di là del suo valore intrinseco.
domenica 22 marzo 2009
Franco Fortini - Le mani di Radek
Esiste la breve documentazione cinematografica di un intervento di Lenin ad un congresso della Terza Internazionale. Tre membri della delegazione italiana – Bombacci, Graziadei e Serrati – si distinguono alle spalle di Vladimir Il’ic. Riconoscibile per la barbetta, le lenti pesanti, c’è Karl Radek. In altra inquadratura, non appena Lenin ha finito di parlare Radek gli si volge ridendo, poi sopra le carte del tavolo lancia avanti le mani.
Ho potuto confrontare due copie della medesima pellicola. Sulla seconda ha operato la censura di Stalin. Una macchia copre le facce dei nostri socialisti. In quanto a Radek, condannato nel 1938, il viso è scomparso, non le mani. Esse si agitano accanto a quelle di Lenin.
Rammento di aver veduto a Ravenna i segni d’una epurazione di quattordici secoli fa. Teodorico, goto e ariano, aveva ordinata l’esecuzione di mosaici in Sant’Apollinare Nuovo. Una trentina d’anni più tardi Giustiniano cattolico riconsacrava la chiesa a san Martino di Tours «martello degli eretici», e faceva cancellare le immagini di Teodorico e della sua corte effigiate nell’atto di uscire dal Palatium. Sostituendovi tendaggi ed elementi architettonici i mosaicisti dell'arcivescovo Agnello dimenticarono alcune tracce delle figure. La «condanna della memoria» ha lasciato contro le colonne qualche mano appesa a mezz’aria come quelle che si vedono svolazzare nelle sedute spiritiche.
Vien fatto di chiedersi se siano solo due casi di lavoro mal eseguito.
Ho potuto confrontare due copie della medesima pellicola. Sulla seconda ha operato la censura di Stalin. Una macchia copre le facce dei nostri socialisti. In quanto a Radek, condannato nel 1938, il viso è scomparso, non le mani. Esse si agitano accanto a quelle di Lenin.
Rammento di aver veduto a Ravenna i segni d’una epurazione di quattordici secoli fa. Teodorico, goto e ariano, aveva ordinata l’esecuzione di mosaici in Sant’Apollinare Nuovo. Una trentina d’anni più tardi Giustiniano cattolico riconsacrava la chiesa a san Martino di Tours «martello degli eretici», e faceva cancellare le immagini di Teodorico e della sua corte effigiate nell’atto di uscire dal Palatium. Sostituendovi tendaggi ed elementi architettonici i mosaicisti dell'arcivescovo Agnello dimenticarono alcune tracce delle figure. La «condanna della memoria» ha lasciato contro le colonne qualche mano appesa a mezz’aria come quelle che si vedono svolazzare nelle sedute spiritiche.
Vien fatto di chiedersi se siano solo due casi di lavoro mal eseguito.
Franco Fortini, Verifica dei poteri, (1965), Einaudi, Torino, 1989, p. 91
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