Occorre distruggere il pregiudizio molto diffuso che la filosofia sia un alcunché di molto difficile per il fatto che essa è l’attività intellettuale propria di una determinata categoria di scienziati specialisti o di filosofi professionali e sistematici. Occorre pertanto dimostrare preliminarmente che tutti gli uomini sono «filosofi», definendo i limiti e i caratteri di questa «filosofia spontanea», propria di « tutto il mondo », e cioè della filosofia che è contenuta: I) nel linguaggio stesso, che è un insieme di nozioni e di concetti determinati e non già e solo di parole grammaticalmente vuote di contenuto; 2) nel senso comune e buon senso; 3) nella religione popolare e anche quindi in tutto il sistema di credenze, superstizioni,opinioni, modi di vedere e di operare che si affacciano in quello che generalmente si chiama «folklore».
Avendo dimostrato che tutti sono filosofi, sia pure a modo loro, inconsapevolmente, perché anche solo nella minima manifestazione intellettuale, il «linguaggio», è contenuta una determinata concezione del mondo, si passa al secondo momento, al momento della critica e della consapevolezza, cioè alla quistione: è preferibile «pensare» senza averne consapevolezza critica, in modo disgregato e occasionale, cioè «partecipare» a una concezione del mondo «imposta» meccanicamente dall’ambiente esterno, e cioè da uno dei tanti gruppi sociali nei quali ognuno è automaticamente coinvolto fin dalla sua entrata nel mondo cosciente (e che può essere il proprio villaggio o la provincia, può avere origine nella parrocchia e nell’« attività intellettuale» del curato o del vecchione patriarcale la cui «saggezza» detta legge, nella donnetta che ha ereditato la sapienza delle streghe o nel piccolo intellettuale inacidito nella propria stupidaggine e impotenza a operare) o è preferibile elaborare la propria concezione del mondo consapevolmente e criticamente e quindi, in connessione con tale lavorio del proprio cervello, scegliere la propria sfera di attività, partecipare attivamente alla storia del mondo, essere guida di se stessi e non già accettare passivamente e supinamente dall’esterno l’impronta alla propria personalità?
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Antonio Gramsci
in Quaderno 11, XVIII, 1932-1933 [Introduzione allo studio della filosofia],
“Appunti per una introduzione e un avviamento allo studio della filosofia e della storia della cultura”, § 12. Quaderni del carcere, a c. d. V. Gerratana, Einaudi, Torino, (1975, 1977),
cVenerdì 9 ottobre h 19.30 Circolo anarchico Camillo Berneri Piazza di Porta Santo Stefano, 1
h 19.30Aperitivo h 21.00Proiezione di: “Come un uomo sulla terra” di Riccardo Biadene, Andrea Segre, Dagmawi Ymer
Un film sulle brutalità con cui la Libia controlla i flussi migratori su richiesta e grazie ai finanziamenti e alla connivenza di Italia ed Europa. “Respingere i migranti in Libia è come se i pompieri riportassero dentro ad un incendio le vittime dell’incendio stesso” La deriva razzista del Governo Italiano che prosegue con la politica disumana dei respingimenti in Libia, che applica le norme autoritarie del Pacchetto sicurezza, che rinchiude in gabbia esseri umani “irregolari”, che fomenta la paura e l’insicurezza economica, non dovrebbe lasciarci indifferenti. Cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perché tutti fingono di non saperlo?
C’è gente che dice, certe volte, di non poter dare un giudizio a proposito di questo o di quest’altro perché non hanno studiato filosofia. È un’irritante assurdità, perché si presuppone che la filosofia sia una qualche scienza. E si parla di essa un po’ come della medicina – Ma una cosa si può dire: chi non ha mai compiuto una ricerca di carattere filosofico, come ad esempio quasi tutti i matematici, non è provvisto degli organi visivi adatti a una ricerca o a una prova del genere. Un po’ come chi non è abituato a cercare nel bosco fiori, bacche o erbe non ne trova affatto, perché il suo occhio non è affinato e non sa in quali punti particolari deve cercarli. Così, l’inesperto in filosofia passa davanti a tutti i punti dove si celano sotto l’erba delle difficoltà, mentre l’esperto si ferma proprio lì e sente che una difficoltà c’è, anche se non l’ha ancora vista. – E non ci si deve meravigliare quando veniamo a sapere quanto a lungo anche l’esperto, che pure si accorge che una difficoltà c’è, deve cercare per trovarla. Quando una cosa è ben nascosta, è difficile trovarla.
Ludwig Wittgenstein,1937
Ludwig Wittgenstein, Vermischte Bemerkungen, a c. d. G. H. von Wright con la collaborazione di H. Nyman, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1977; trad. it. a c. d. M. Ranchetti, Pensieri diversi, Adelphi, Milano, 1980