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martedì 28 giugno 2011

omaggio a Germano Nicolini, comandante Diavolo

 Al dievel

Modena City Ramblers
con il Coro delle Mondine di Novi
 


video:  ombremosse

Piazza, bella piazza: Per tornare a vivere Piazza S.Stefano - BO 29 giugno 2011

Festivalsocialedellecultureantifasciste 2011

Piazza,bella piazza

…e in città faremo una festa che non finirà mai…

Per tornare a vivere Piazza S.Stefano:
   antifascismo,  riappropriazione degli spazi pubblici,    libera espressione, socialità
.

» mercoledì  29 giugno
dalle ore 18 in poi
Piazza Santo Stefano - Bologna


 

  • Mostra fotografica sulla Resistenza a Bologna
  • Musica e banchetti informativi
  • Incontro con Germano Nicolini - Comandante Diavolo, partigiano
  • Libertà e compenso”,reading sonoro di Stefano D’Arcangelo. Con Andrea Piermattei e Stefano D’Arcangelo 
  • La Compagnia Teatrale Indipendente AttriceContro presenta:“Rosso Vivo”di e con Alessandra Magrini.  La storia di Valerio Verbano, liberamente tratta dal libro di  Carla Verbano con Alessandro Capponi: Sia folgorante la fine.
       ●  Presentazione del libro con l’autore Valerio Lazzaretti

Valerio Verbano. Ucciso da chi,come e perché


a cura del Circolo anarchico “Camillo Berneri”.





 
 

lunedì 20 giugno 2011

Gianni : "E' una questione di gusto ..."

E libereremo la nostra Bologna. In città faremo una festa che non finirà mai…

ricordando l'autore della frase scelta come esergo del
Festival sociale delle culture antifasciste 2011,
ri
produciamo la memoria  dedicata a questo giovane partigiano,
dal
Museo Virtuale della Certosa
[curata da Nazario Sauro Onofri]




Giovanni B. Palmieri, "Gianni"

Giovanni Battista Palmieri, nome di battaglia "Gianni", da Giovanni Giuseppe e Nerina Pietra; nato il 16 dicembre 1921 a Bologna; ivi residente nel 1943. Studente in Medicina all'università di Bologna. Richiamato alle armi nel 1941, frequentò la scuola allievi ufficiali degli alpini di Aosta, dove la vita era talmente monotona che, in una lettera alia madre, arrivò a scrivere "Io invidio di cuore quelli fra noi che hanno il diritto di andare al fronte: almeno loro faranno dei sacrifici forse molto piu grandi di questi, ma avranno anche delle soddisfazioni". Fu congedato prima di ricevere i gradi per cui potè riprendere gli studi e dimostrare le sue grandi doti intellettuali. Tutti i suoi insegnanti gli preconizzarono una brillante carriera professionale. Quando venne nuovamente chiamato alle armi dalla RSI, nella primavera 1944, non si presentò e venne dichiarato disertore. Per le insistenti preghiere della famiglia non potè aggregarsi subito, com'era suo desiderio, a una formazione partigiana. "Gianni - ha scritto il padre - non si sarebbe mai lasciato prendere dai nazisti e neppure dai repubblichini: piuttosto si sarebbe dato alla macchia". Nel periodo in cui fu sfollato a Monte San Pietro non collaborò, ma ebbe contatti con la brigata Stella rossa Lupo, e forse si sarebbe aggregato a quella formazione, se nel frattempo gli eventi bellici non avessero mutato la situazione per cui si nascose, provvisoriamente, a Bologna nell'abitazione di un amico di famiglia e quindi nei sotterranei dell'Istituto del radio all'ospedale Sant'Orsola, del quale suo padre era direttore. Per questo motivo potè seguire da vicino la vicenda che portò alla razzia, da parte dei tedeschi, di metà della dotazione di radio dell'istituto. Dopo la consegna del radio a Mario Bastia il 27 luglio 1944, decise di non seguire il padre a Firenze, ma di restare. Resistendo alle implorazioni del padre, scelse di non partire. Il 24 luglio fu ospitato nell'abitazione di Gino Onofri, alla quale facevano capo le staffette che tenevano il collegamento tra la città e le brigate Giustizia e Libertà che operavano sull'Appennino tosco-emiliano. Per l'arresto di una staffetta non potè raggiungere nè la Iª brigata Giustizia e Libertà Montagna, che operava nell'Alta Valle del Reno, nè la 2ª brigata Jacchia Giustizia e Libertà, operante nella valle del Sillaro e comandata da Gilberto Remondini, suo compagno di studi. II 29 luglio lasciò Bologna con Romeo Giordano diretto a Imola per aggregarsi alla 36ª brigata Bianconcini Garibaldi nell'Alta Valle del Santerno. Entrò a far parte del servizio sanitario della brigata diretto da Giordano, pur partecipando attivamente a tutti i combattimenti che la formazione sostenne nell'estate-autunno. In uno di questi, verso la metà di settembre, restò ferito a un piede e dovette fare ricorso alle cure di un agricoltore che molti anni prima aveva seguito, ma non concluso gli studi in medicina. II 15 settembre la brigata venne divisa in 4 battaglioni, in vista di quella che si riteneva l'imminente insurrezione partigiana. Alcuni reparti avrebbero dovuto dirigersi verso Imola, altri verso Bologna e altri ancora a sud per andare incontro alle truppe alleate. Fu aggregato al battaglione di Guerrino De Giovanni, con destinazione Bologna. Il 26 settembre, durante una sosta in una casa colonica a Cà di Guzzo in localita Belvedere (Castel del Rio) il battaglione, passato il giorno prima sotto il comando di Umberto Gaudenzi, venne circondato da paracadutisti e SS tedeschi. Dopo aver resistito per tutta la notte, infliggendo gravi perdite al nemico, la mattina del 28 i superstiti riuscirono, sia pure a costo di dure perdite, ad aprirsi un varco e a mettersi in salvo. Quando venne invitato a lasciare la posizione e a tentare la sortita, rispose: "Il mio combattimento è qui, fra i miei feriti e io non li abbandono fintanto che ne vedo uno respirare". Quando i tedeschi riuscirono a penetrare nella casa colonica, quasi completamente smantellata dai mortai, gli fecero curare i loro feriti. Poi lo invitarono a raggiungere il comando della brigata per proporre uno scambio: avrebbero risparmiato i civili trovati nella casa, se una ventina di partigiani si fossero consegnati. Si recò in una casa colonica, distante un paio d'ore a piedi, dove sino al giorno prima aveva avuto sede il comando della brigata, ma la trovò vuota. Quando tornò a Cà di Guzzo, vide i corpi inanimati dei partigiani feriti e dei civili. Erano stati uccisi con un colpo alla nuca da un maresciallo delle SS. Solo le donne erano state risparmiate. II giorno stesso, anche perchè le artiglierie alleate avevano cominciato a battere la posizione, i tedeschi abbandonarono Cà di Guzzo. Lo portarono con loro, forse per continuare a fargli curare i feriti. Alcuni giorni dopo, quando gli alleati liberarono la zona, il suo cadavere venne trovato in un bosco, in località Le Piane a pochi chilometri di distanza. Si ritiene che sia stato torturato e ucciso il 30 settembre 1944. Pochi giorni prima, quando la brigata era stata divisa, quasi presagisse la sorte che lo attendeva, aveva sentito l'esigenza di salutare Luciano Bergonzini - con il quale aveva stretto una fraterna amicizia - consegnandogli questa lettera che resta il suo testamento spirituale. "Caro Luciano, mi e parsa giusta la decisione del comandante Bob di dividere la Brigata in quattro battaglioni d'assalto e di passare all'offensiva su Bologna e Imola. Penso, però, e la cosa mi addolora, che non tutti ci ritroveremo dopo la battaglia. E' inutile illudersi: sarà dura, molto dura e i fatti ci metteranno ancora una volta alla prova. Al di là di queste montagne, si dice, c'è la libertà Io personalmente ne dubito. Sarebbe meglio dire che vi sarà la libertà se noi sapremo esserne i portatori e se riusciremo a trasferire nelle città e in tutto il paese i principii di lealtà e di amicizia che qui abbiamo saputo istituire e difendere. E poi, te lo dico con tutta franchezza, io ho paura che questa nostra libertà si disperda nei compromessi e nelle lotte politiche non sempre pulite: le notizie che a tal proposito si hanno dal sud mi intristiscono; mi sembra che si rimettano i destini della libertà nelle mani di coloro che al fascismo non hanno opposto che una ben miserevole resistenza! So che tu sei fiducioso ed ottimista. Discutevo di queste cose con Bergami* e anche lui, da bravo comunista, vedeva tutto un avvenire di civiltà e di pulizia: avremmo dovuto riparlarne ancora; ma poi, come tu sai, il mortaio gli ha squarciato la testa proprio alla fine della battaglia della Bastia. Non lo dimenticherò mai. Ma ora ci sono i problemi dell'immediato domani e converrà pensare a quelli. Ritorneremo all'attacco, questo è l'importante. E libereremo la nostra Bologna. In citta faremo una festa che non finirà mai e cacceremo via di torno gli attesisti e i vili. Quelli che non hanno preso posizione sono i veri e permanenti nemici della libertà: basterà un niente per farli ridiventare fascisti. So che molti miei amici di ieri saranno fra questi e la cosa mi avvilisce. II tempo stringe. Anch'io avrò la mia arma: una fiammante rivoltella tedesca che Giorgio, il nostro mitragliere, ha recuperato dopo uno scontro nella strada. Mi aveva offerto anche un paio di scarpe tedesche quasi nuove, ma io le ho rifiutate. E' una questione di gusto: non voglio pestare questa terra con le scarpe tedesche! Preferisco continuare con i miei vecchi, e una volta elegantissimi scarponi di Aosta, anche se ormai fanno acqua di sopra e di sotto. Ci rivedremo? Lo spero tanto. E ora, caro Luciano, ti abbraccio. I primi si sono gia avviati e cantano ancora quell'inno anarchico che a me piace tanto e che so che ti irrita. Addio. Gianni". Riconosciuto partigiano dal 20 aprile 1944 al 30 settembre 1944. Il suo nome e stato dato a una strada di Bologna e a un plotone di ex partigiani delle brigate 36ª e 62ª che, dopo il passaggio del fronte, si erano arruolati nel gruppo Legnano. In località Croda da Lago di Cortina d'Ampezzo gli è stato intestato un rifugio alpino del CAI. L'università di Bologna gli ha conferito la laurea honoris causa in medicina. Gli è stata concessa la medaglia d'oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: "Studente universitario del 6° anno di medicina, volontariamente si arruolo nella 36ª Brigata Garibaldina, assumendo la direzione del servizio sanitario. Durante tre giorni di aspri combattimenti contro soverchianti forze tedesche, si prodigò incessantemente ed amorevolmente per curare i feriti, e quando il proprio reparto riuscì a sganciarsi dall'accerchiamento nemico, non volle abbandonare il suo posto e, quale apostolo di conforto, conscio della fine che l'attendeva, restò presso i feriti affidati alle sue cure. Ma il nemico sopraggiunto non rispettò la sublime altezza della sua missione e barbaramente lo trucidò. Esempio fulgido di spirito del dovere e di eroica generosità." Cà di Guzzo (Romagna), 30 settembre 1944.

sabato 21 maggio 2011

Stalingrado

Stalingrado
 Stormy Six
[1975]






Fame e macerie sotto i mortai
Come l'acciaio resiste la città
Strade di Stalingrado di sangue siete lastricate
Ride una donna di granito su mille barricate

Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa
D'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città

L'orchestra fa ballare gli ufficiali nei caffè
l'inverno mette il gelo nelle ossa
ma dentro le prigioni l'aria brucia come se
cantasse il coro dell'armata rossa

La radio al buio e sette operai
sette bicchieri che brindano a Lenin
e Stalingrado arriva nella cascina e nel fienile
vola un berretto un uomo ride e prepara il suo fucile

Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa
D'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città

lunedì 25 aprile 2011

[BO] Per il 25 aprile un corteo unitario e plurale

 Liberazione.

Dall’assemblea pubblica di mercoledì sera, partecipata da numerose e diverse realtà antifasciste bolognesi, arriva la chiamata per il corteo del 25 aprile che, come l’anno scorso, attraverserà la città da Piazza dell’Unità al Pratello dando voce a tutte le realtà che giorno dopo giorno lottano a Bologna. Leggi il resoconto su Zic.
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By staffetta  aprile 8, 2016

mercoledì 23 marzo 2011

23 marzo 1944, via Rasella: una legittima azione di guerra

la resistenza romana
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Via Rasella
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23 marzo 1944 - Alle 15,30 Carlo Borsani, cieco di guerra, medaglia d'oro, celebra, nel salone di un palazzo in via Veneto, la nascita del fascismo, avvenuta 25 anni prima a Milano, in piazza San Sepolcro. E' una giornata senza nuvole, con il sole splendente. In mattinata i gerarchi e le autorità germaniche avevano assistito alla messa nella chiesa di Santa Maria della Pietà e deposto corone alle lapidi dei caduti fascisti in Campidoglio e al Verano. Borsani ha cominciato da poco a parlare quando, alle 15.52, si interrompe a causa del forte boato che rompe l'aria. Una forte carica di tritolo è esplosa a poca distanza, in via Rasella, davanti al palazzo Tittoni, mentre vi transitava a piedi una compagnia del I battaglione del Reggimento Polizei SS Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, in assetto di guerra, con mitragliatrici montate su carrelli in testa e in coda alla colonna. Subito dopo, due squadre dei GAP Centrali, una di sette uomini l'altra di sei, al comando di Carlo Salinari (Spartaco) e Franco Calamandrei (Cola), lanciano a mano bombe da mortaio leggero Brixia, modificate per esplodere per accensione della miccia, e sparano con armi leggere. A far brillare la mina collocata in un carrettino metallico da spazzino era stato lo studente in medicina Rosario Bentivegna, con la copertura di un'altra giovane studentessa, Carla Capponi.

lunedì 14 marzo 2011

"sono la Mamma di Valerio Verbano, ucciso a Roma il 22 febbraio 1980". Un messaggio

... ci scegliamo un compagno: non per noi, ma per qualcosa che è in noi, e al tempo stesso fuori di noi e ha bisogno del nostro venir meno a noi stessi per attraversare una linea che noi non raggiungeremo.
Maurice Blanchot, L'ultimo a parlare



Premessa
Nel corso di uno scambio di comunicazioni nato di recente in internet, Carla Verbano mi aveva scritto di salutarle Bologna, la città in cui, dopo la nascita, ha a lungo vissuto.
Incoraggiato dalla sua non comune disponibilità al confronto, le avevo risposto francamente che Bologna oggi è  meno bella di quella che aveva lasciato negli anni Sessanta: meno servizi, meno socialità e socievolezza ... E – come se non bastasse – fatta oggetto negli ultimi anni di reiterati  (e fin qui fallimentari) tentativi (o tentazioni) di replicare o scimmiottare in forma “nuova” l’obbrobrioso copione di una Bologna culla del fascismo  [vedi Luigi Fabbri, parte 1  e 2].

E, con la stessa consapevolezza di rivolgermi a chi è in grado di capire certe cose – che tanti non intendono – le ho ricordato che proprio in questi giorni di marzo, a Bologna, c’erano in programma almeno due iniziative, concentrate ciascuna su uno degli assi  assi fondamentali del contesto storico-politico in cui si è impegnato Valerio, fino alla fine.

- 11 e 12 marzo: il convegno La parola scritta. Verità resistenti verso Genova 2011 : sull'asse delle esperienze dei movimenti, delle lotte, a partire dagli anni Settanta (e in particolare dal ’77) ad oggi;
- 13 marzo: la giornata di studi “Già l’ora s’avvicina della più giusta guerra”,  sull'asse dell'antifascismo, dagli anni Venti alla specificità della situazione presente.

Nell’imminenza di quegli appuntamenti, ho proposto a Carla – se poteva interessarla, aveva tempo e se la sentiva – di inviare un saluto a chi, a Bologna, considera l’uccisione di Valerio una ferita aperta. Come  quella di Francesco Lorusso. O di Carlo  Giuliani ...

Ma il tempo è volato, e il 12 marzo ho nuovamente scritto a Carla per dirle che, se voleva scrivere e trasmettermi entro sera anche soltanto un breve e semplice messaggio di saluto alla giornata antifascista del giorno 13, lo avrei proposto volentieri alla lettura.

Ho ricevuto il messaggio di Carla in serata, e il mattino seguente l’ho proposto alla giornata di studi antifascisti di leggerlo, (corredandolo con la lettura della scheda del sito Reti invisibili dedicata a “Valerio Verbano) .
E’ stato accolto con  intensa attenzione ed  emozione.

venerdì 11 marzo 2011

“Già l’ora s’avvicina della più giusta guerra” - Giornata di Studi - 13 marzo [BO]













Domenica 13 marzo, presso il Circolo anarchico Camillo Berneri, Piazza di Porta S. Stefano 1, Bologna, si terrà una giornata di riflessione sull’antifascismo anarchico e libertario per ragionare insieme su declinazioni, percorsi, prospettive di un antifascismo che rifiuti a un tempo le logiche dell’autorità statale, della delega, delle discriminazioni e dello sfruttamento.

“Già l’ora s’avvicina della più giusta guerra”
L’antifascismo anarchico 1921-2011

 
Giornata di studi
Domenica 13 marzo 2011



La giornata intende dare conto di varie ricerche sul movimento anarchico e il suo apporto all’antifascismo, coprendo un arco cronologico ampio e arrivando fino all’oggi. L’approfondimento e la comprensione di alcune dinamiche storiche del passato saranno così una possibilità di auto-formarsi, al di là di e al di fuori di una istituzione, quella universitaria, sempre più a pezzi e asservita alle logiche di potere e di mercato. Studenti e studentesse, operai e operaie, precari e precarie socializzeranno i risultati delle proprie ricerche con l’intento di offrire nuovi elementi di interpretazione del passato e chiavi di lettura di un presente se non totalitario sicuramente oppressivo.



Inizio lavori ore 10:30



- Il 25 aprile non è una ricorrenza, ora e sempre resistenza! Contro ogni fascismo
  Giorgio, Nodo Sociale Antifascista

–  Gli Arditi del Popolo 1921-1922: la prima opposizione armata al fascismo
  Andrea Staid, autore del libro Gli Arditi del Popolo, Circolo dei Malfattori Milano

- Il fuoriuscitismo: l’esilio degli antifascisti nella Francia negli anni Venti
  Toni, redazione locale di Umanità Nova, settimanale anarchico

- La Resistenza sconosciuta: gli anarchici nella lotta di liberazione
  Marabbo, archivio popolare Antonio Rubbi, Medicina

Pranzo a buffet



- Dopoguerra e ricostruzione: l’antifascismo a Bologna
  Dawit S., ANPI Savena


- Fra strategia della tensione e antifascismo militante: gli anni ’70 e il caso Marini
  Jacopo F., Circolo Berneri

- L’incomparabile antifascismo
   Rudy Leonelli, Nodo Sociale Antifascista, incidenze

A seguire aperitivo libertario


[con il patrocinio del Nodo Sociale Antifascista]

venerdì 4 febbraio 2011

«Compagno»

Dobbiamo confessare che  non siamo stati sorpresi dalla  notizia che il Paese ormai noto al grande pubblico per il  ruolo svolto dal popolare letto di Putin (repentinamente giunto al top delle cronache italiane e internazionali), "ha cancellato dal suo vocabolario il termine tovarish [compagno], la parola più pronunciata [in Russia] per quasi 80 anni ...".

Perché,  per noi (è un'altra storia), il termine compagno/a, non va perdendo  senso, ma - al contrario - riesce a ritrovarlo, a rinnovarlo:


 Mario Rigoni Stern
Perché dovete chiamarmi compagno
lettera all'Anpi, gennaio 2007


Cari Compagni,
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “
cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane.
Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.

È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano lo stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme.

Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.

Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere
e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.


All’erta Compagni!

Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza.

Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite.

Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
e Resistenza sempre.

Vostro
Mario Rigoni Stern
 
_____________________________________
da:  Patria indipendente (Anpi), 27 luglio 2008

martedì 21 settembre 2010

Italo Calvino: «Da noi, niente va perduto ...» [da Militant]

Venticinque anni fa moriva Italo Calvino [Santiago de la Vegas, 15 settembre 1923 - Siena, 19 settembre 1985] uno dei più grandi scrittori italiani del 900. Recentemente ci siamo riletti Il sentiero dei nidi di ragno, il suo bellissimo romanzo sulla lotta partigiana vista attraverso gli occhi di Pin, un ragazzino che quasi per caso (o forse no) si trova a militare dalla parte giusta, dalla parte della storia. Ne riproponiamo un passo ...

Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qui si risolve qualcosa, là si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta ad uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. ma allora c’è la storia.C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur senza saperlo, noi per redimercene, loro per rimanerne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta al riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.


sabato 29 maggio 2010

R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista


Sabato 29 maggio, ore 16.00

Renato Busarello, Luki Massa e Vincenza Perilli
presentano il libro
R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista
(Ombre corte, Verona, 2010 )
a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi
Saranno presenti le curatrici


In un contesto in cui la ricerca storica europea appare ancora fortemente condizionata da istanze maschili-bianche e le reti accademiche non sembrano certo distinguersi nell'investire sensibilità ed energie sulla storia dei soggetti "altri", quali le lesbiche sono indubbiamente, i lavori qui presentati assumono sicuramente una rilevanza particolare nel panorama storiografico.
Frutto di un lavoro corale sulle poche fonti e testimonianze di cui ancora si dispone, il volume si avvale dei contributi di alcune note storiche del lesbismo che si occupano di esistenze e resistenze lesbiche nell'Europa dei nazifascismi, includendo anche il franchismo spagnolo. La barra che si è scelto di apporre su "r/esistenze" sta infatti a indicare come per le lesbiche la stessa esistenza possa essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), ancor più in periodi di forzata "normalizzazione" di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei del Novecento. Ma la "resistenza" che trova spazio in questo libro è anche quella di lesbiche politicamente consapevoli, che fronteggiarono e combatterono con determinazione e coraggio le dittature di Mussolini, di Hitler e di Franco.
Nel volume vengono inoltre affrontate anche le questioni, spesso rimosse, relative alla "zona grigia" della sopravvivenza durante l'internamento e ai rapporti fra "asociali" e "politiche" nei Lager.

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venerdì 28 maggio 2010

I tedeschi che si opposero al nazismo: una mostra al Festival delle culture antifasciste


Ha inizio oggi a Bologna il Festival sociale delle culture antifasciste 2010: un evento autonomo e autogestito, promosso da centri sociali, collettivi, associazioni, singoli che hanno a cuore la difesa dei valori dell'antifascismo. Come la prima edizione (2009), il Festival 2010 è caratterizzato da una programmazione di eventi culturali, presentazioni di libri e film, spettacoli teatrali e musicali, tavoli di discussioni, e momenti assembleari.

Già in questa prima giornata, il programma delle iniziative - consultabile online per data, per temi o per tipologie - è talmente ricco che spesso si ha l'imbarazzo della scelta.

Per questo, oltre a ricordare la presentazione (oggi,
h. 17-19) del formidabile libro di Luigi Fabbri, La controrivoluzione preventiva - al quale incidenze ha dedicato numerosi post -, tra i tanti eventi di notevole interesse, desidero salutare il Festival segnalando una mostra a mio avviso imperdibile:

I tedeschi che si opposero al nazismo

Nella mostra si ricordano i ragazzi antinazisti della “Rosa Bianca”, il padre gesuita Rupert Mayer che proteggeva gli omosessuali ricercati dai nazisti e altri antinazisti.

Mostra fotografica permanente e materiale documentario a cura del CIPES – Centro di Iniziativa Politica e Sociale (Milano)

Oggi, ven. 28 maggio, dalle h. 15


Informazioni sulla "Rosa Bianca"

La Rosa Bianca è il nome di un gruppo di studenti tedeschi che pagarono con la vita la loro opposizione al regime nazista. La Weiße Rose era composta da Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf, tutti poco più che ventenni, cui si unì successivamente il professor Kurt Huber ...

LA RESISTENZA ANTINAZISTA IN GERMANIA
Lezione di Enrico Peyretti

Della resistenza al nazismo interna alla Germania, in genere ne sappiamo poco. «Non si può dire che la resistenza tedesca (...) abbia (...) finora suscitato grande interesse fra il pubblico colto, in Italia come in quasi tutto il mondo (...). In questa opera di rimozione ha certamente pesato, specialmente nei primi anni del dopoguerra, il cliché della "colpa collettiva". (...) Questo schema nefando (...) escludeva per definizione l'esistenza di un' "altra Germania". Oggi una storiografia più avvertita e critica sta scoprendo il fenomeno resistenziale, nelle sue diverse stratificazioni e componenti» .
Forse ne sanno ancora meno i tedeschi stessi: un sondaggio serio eseguito nella Repubblica Federale Tedesca nell’aprile 1970 rilevava che, tra i 16 e i 29 anni di età, il 47% non era in grado di citare alcun fatto relativo all’attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Nel 1984, 14 anni dopo, questo dato era salito al 63%! Nel gruppo di età 16-19 anni, fra coloro che sapevano qualcosa del 20 luglio, solo il 14% nel 1970 e la metà, il 7%, nel 1984, era in grado di riferire correttamente nomi di preti, pastori, sindacalisti, socialisti, comunisti, che avevano preso parte alla resistenza ...

Leggi i testi completi qui
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lunedì 1 marzo 2010

Bologna: un altro sfregio alla memoria dei partigiani

Nel corso della notte, alla Bolognina, la corona d'alloro che decorava la lapide in memoria di due partigiani assassinati dai fascisti nel luglio 1944 - Bruno Monterumici e Vasco Mattioli - è stata asportata e ridotta in pezzi.



[testo della lapide]
"Nel sanguinoso travaglio popolare
del secondo Risorgimento italiano
balzati dalle cellule clandestine
sono morti sapendo di morire
nella consapevole dura scelta
del sacrificio dell'onore e della dignità
Bruno Monterumici e Vasco Mattioli
8 settembre 1943 - 21 aprile 1945"



Questo sfregio si inserisce in un clima - favorito dal pernicioso "sdoganamento" del fascismo e della sua apologia - in cui si intensificano i tentativi (istituzionali e/o "militanti) di "riabilitare", legittimare e, per così dire, "abbellire" le imprese fasciste, affiancati da una recrudescenza delle aggressioni fasciste e razziste.
E da atti di squadrismo simbolico, che trovano una delle loro forme principali nell'oltraggio, nell'asportazione, distruzione e/o danneggiamento delle tracce di memoria in onore della Resistenza.

* * *

In memoria di Bruno Monterumici e Vasco Mattioli


[foto di: Incidenze]
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per un precedente in Bolognina, vedi archivio blog AAP:
1 maggio 2007
La nostra risposta


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post correlati:
"vi si sfaccia la casa..."

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giovedì 11 febbraio 2010

Il cuore nel pozzo: un "classico" del revisionismo di Stato

A fronte dei tentativi di imposizione del revisionismo di Stato, intensificati in questi giorni nelle celebrazioni del "giorno del ricordo", e culminate nell'ennesima trasmissione da parte della RAI dello sceneggiato "Il cuore del pozzo", riprendiamo un interessante video che opera uno smontaggio critico di questa fiction.


domenica 4 ottobre 2009

Ludwig Wittgenstein - [un'annotazione sulla filosofia]



C’è gente che dice, certe volte, di non poter dare un giudizio a proposito di questo o di quest’altro perché non hanno studiato filosofia. È un’irritante assurdità, perché si presuppone che la filosofia sia una qualche scienza. E si parla di essa un po’ come della medicina – Ma una cosa si può dire: chi non ha mai compiuto una ricerca di carattere filosofico, come ad esempio quasi tutti i matematici, non è provvisto degli organi visivi adatti a una ricerca o a una prova del genere. Un po’ come chi non è abituato a cercare nel bosco fiori, bacche o erbe non ne trova affatto, perché il suo occhio non è affinato e non sa in quali punti particolari deve cercarli. Così, l’inesperto in filosofia passa davanti a tutti i punti dove si celano sotto l’erba delle difficoltà, mentre l’esperto si ferma proprio lì e sente che una difficoltà c’è, anche se non l’ha ancora vista. – E non ci si deve meravigliare quando veniamo a sapere quanto a lungo anche l’esperto, che pure si accorge che una difficoltà c’è, deve cercare per trovarla. Quando una cosa è ben nascosta, è difficile trovarla.

Ludwig Wittgenstein, 1937


Ludwig Wittgenstein, Vermischte Bemerkungen, a c. d. G. H. von Wright
con la collaborazione di H. Nyman, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1977;
trad. it. a c. d. M. Ranchetti, Pensieri diversi, Adelphi, Milano, 1980

martedì 14 luglio 2009

Leo Ferré: L'affiche rouge


Leo Ferré

24 agosto 1916 - 14 luglio 1993

L'affiche rouge
testo di Louis Aragon




Vous n'aviez réclamé la gloire ni les larmes
Ni l'orgue ni la prière aux agonisants.
Onze ans déjà que cela passe vite onze ans
Vous vous étiez servi simplement de vos armes
La mort n'éblouit pas les yeux des Partisans

Vous aviez vos portraits sur les murs de nos villes
Noirs de barbe et de nuit hirsutes menaçants
L'affiche qui semblait une tache de sang
Parce qu'à prononcer vos noms sont difficiles
Y cherchait un effet de peur sur les passants
Nul ne semblait vous voir Français de préférence
Les gens allaient sans yeux pour vous le jour durant
Mais à l'heure du couvre-feu des doigts errants
Avaient écrit sous vos photos MORTS POUR LA FRANCE
Et les mornes matins en étaient différents
Tout avait la couleur uniforme du givre
A la fin février pour vos derniers moments
Et c'est alors que l'un de vous dit calmement
Bonheur à tous Bonheur à ceux qui vont survivre
Je meurs sans haine en moi pour le peuple allemand
Adieu la peine et le plaisir Adieu les roses,
Adieu la vie adieu la lumière et le vent
Marie-toi sois heureuse et pense à moi souvent
Toi qui va demeurer dans la beauté des choses
Quand tout sera fini plus tard en Erivan
Un grand soleil d'hiver éclaire la colline
Que la nature est belle et que le coeur me fend
La justice viendra sur nos pas triomphants
Ma Mélinée ô mon amour mon orpheline
Et je te dis de vivre et d'avoir un enfant
Ils étaient vingt et trois quand les fusils fleurirent
Vingt et trois qui donnaient leur coeur avant le temps
Vingt et trois étrangers et nos frères pourtant
Vingt et trois amoureux de vivre à en mourir
Vingt et trois qui criaient La France en s'abattant

 
Louis Aragon, Le Roman Inachevé, Gallimard, Paris 1955
Musique de Léo Ferré, 1959

martedì 9 giugno 2009

Alcide Cervi - e d'improvviso il canto dell'Internazionale




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Una mattina viene una staffetta a dirci che un aviatore americano è sceso col paracadute in campagna, verso Rio Saliceto. Aldo e altri partono subito con la staffetta e lo trovano l’americano. Stava in mezzo al paracadute bianco come in un letto matrimoniale e perdeva sangue da una gamba. Quando vede i nostri pensa che siano fascisti e mostra la ferita, che lo fa gridare, ma i miei dicono, partigiani, e allora l’americano ride contento. Lo prendono a braccia, avvoltolano il paracadute e con la macchina tornano a casa.
L’americano è un tipo a suo modo, bacia Genoveffa come sua mamma, quando vede il letto comodo e pulito che lo aspetta, riesce a gridacchiare urrà e ci si sdraia. I figli gli mettono la gamba sulla spalliera e Ferdinando, che aveva organizzato una infermeria, pulisce la ferita e la fascia con la tela migliore, quella che filava la madre. Poi a pranzo gli portano il pollo lesso, per rimetterlo s che è magro, e lui mangia la carne e sputa la pelle. – Ah – dice con la pelle fra le dita e fa un ghignaccio con la bocca e indica lo stomaco. Non gli piace la pelle al putino, e io mi arrabbio perché il pollo era come oro, allora, e nessuno di noi ne mangiava. Eppure pollo ne ebbe poi sempre, e Genoveffa ne faceva comprare, quando non potevamo ammazzare i nostri. Ma la pelle non ha imparato mai a mangiarla, così la toglievamo e la mangiavamo noi. Il ragazzo rifaceva sangue e si cambiava giorno per giorni nel viso, così si alzò presto, voleva cominciare a impalare l’italiano. Veniva giù in cucina e con le donne chiedeva come si chiama questo e quello, così metteva insieme le parole e faceva discorsi buffi. Aveva capito che eravamo comunisti ma faceva finta di niente, chissà prima cosa pensava lui che fossero i comunisti. Poi venne da noi anche un russi, pure lui in cerca di imparare qualche parola d’italiano, e l’americano qualche parola di russo, e il russo qualche parola di americano. Il russo lavorava molto nei campi e quando passava qualcuno nella strada si nascondeva dietro le siepi. Poi vennero neozelandesi e canadesi, c’erano tutti gli alleati. Una sera dopo cena, ci mettiamo a cantare canzoni ognuna del proprio paese e d’improvviso viene fuori il canto dell’Internazionale. La sapevano tutti e la cantavano nella loro lingua, ma quella sera c’era una lingua sola e un cuore solo: l’Internazionale.

Alcide Cervi, I miei sette figli; a cura di Renato Nicolai,
Editori Riuniti, IX edizione – marzo 1956, p. 69-70


lunedì 1 giugno 2009

Festival culture antifasciste : sul corteo di oggi - un documento da Armando Sarti (presidente ANPI Bolognina)

Sulla serenità e il carattere produttivo ed aperto degli incontri che si svolgono al Festival delle culture antifasciste in corso dal 29 maggio al 2 giugno al parco delle Caserme Rosse di Bologna (quartiere Bolognina) ieri è planata l'ombra di un articolo di particolare rozzezza.
Mi riferisco al pezzo pubblicato ieri sulle pagine bolognesi del quotidiano la Repubblica, a firma Eleonora Capelli, dal titolo: "I centri sociali alla festa antifascista - l'Anpi si divide".
Per dare un'idea del pezzo cito le prime righe:
"I ragazzi dei centri sociali e i 'nonni' dell'Anpi: la strana coppia che 'scavalca' i partiti al Festival sociale delle culture antifasciste in corso alle Caserme Rosse divide l'Associazione nazionale partigiani d'Italia ... "
E più oltre il brano viene al sodo, per mezzo di questa frase breve ma eloquente:
"Comunque, quelli delle Caserme Rosse sono giovani troppo radicali per il Pd".
E il segretario bolognese del Pd, De Maria (del resto molto più giovane di me e tant* altri che - oltre a molt* giovani - alle Caserme Rosse ci vanno e partecipano al Festival), rincara la dose...
Ma stendiamo un pietoso velo. Non intendo annoiare ulteriormente chi legge, ricopiando questa prosa, di cui si sarà già colto il succo.

Oggi, visto il polverone giornalistico scagliato sul Festival, ho interpellato Armando Sarti, presidente dell'Anpi Bolognina, il quale mi ha trasmesso alcuni documenti relativi al Festival, autorizzandomi a pubblicare quel che volevo.
Ho scelto il documento relativo alla manifestazione di oggi. Che pubblico integralmente di seguito:


A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Sezione Bolognina - Via Corticella 145 - 40129 Bologna
Bologna, 27 maggio 2009
Al Signor Questore di Bologna
Al Signor Sindaco di Bologna
Al Signor Presidente del Q.re Navile
All’Ufficio Traffico Comune di Bologna
Al Comando Polizia Munic.le di Bologna
Alla Polizia Municipale Reparto Navile
All’U.R.P. Q.re Navile Via Tibaldi 17
e p.c. Al Signor Presidente Atc
Oggetto: LUNEDI’ 1° GIUGNO 2009 ORGANIZZAZIONE DI UN CORTEO DI BANDE MUSICALI, NELL’AMBITO DEL “FESTIVAL SOCIALE DELLE CULTURE ANTIFASCISTE” - MEETING DI MAGGIO A CASERME ROSSE, IN PROGRAMMA DAL 29/5 AL 2/6/2009.- INTEGRAZIONE RICHIESTA DEL 17/05/09.
La presente viene inviata quale integrazione alla richiesta in precedenza trasmessa datata 17 c.m. per chiedere l’autorizzazione all’organizzazione, nell’ambito del “Meeting di maggio” che si terrà a Caserme Rosse, via Corticella 147 - Bologna, dal 29 c.m. al 2 giugno p.v., di un corteo di bande musicali nella giornata di lunedì 1° giugno.
Per ridurre i disagi al traffico la partenza non avverrà più da Caserme Rosse, come in precedenza indicato, ma da piazza dell’Unità (dell’Unità d’Italia e luogo della battaglia della Bolognina del 15 novembre 1944), con concentramento alle ore 15, musica e lettura di poesie, partenza alle ore 15,30 in direzione centro città, percorrendo via Matteotti e via dell’Indipendenza.

Il corteo (di 70 musicanti - formato da 7 gruppi, provenienti anche dall’estero - e di circa 200 persone, dato presunto) giungerà in piazza Nettuno alle ore 17 circa per la deposizione di alcune corone di alloro al Sacrario delle Vittime della Resistenza, alle lapidi a ricordo dei deportati militari e civili nei lager nazisti, alla lapide che ricorda l’assassinio del giovinetto Anteo Zamboni, vittima innocente del fascismo, alla lapide che ricorda la Brigata Partigiana Garibaldi in Iugoslavia ed infine - nel primo cortile di Palazzo D’Accursio- alla lapide che ricorda le vittime dell’assalto fascista all’istituzione Comune ed alla Sala del Consiglio comunale del 21 novembre del 1920, assalto che provocò 10 morti ed almeno 50 feriti. Secondo nuove interpretazioni storiche è in quell’atto - di assalto al Comune - il momento di nascita del regime e della dittatura fascista e non già nella marcia su Roma dell’ottobre 1922.

sabato 30 maggio 2009

"Il sangue dei vincitori " presentazione 30 maggio - Fest antifa BO



Massimo Storchi


Il sangue dei vincitori



Saggio sui crimini fascisti e i processi del dopoguerra (1945-46)
Rastrellamenti, deportazioni, fucilazioni, torture. I venti mesi di sangue della Repubblica di Salò lasciarono una striscia di dolore e rancore che trovò come primo drammatico esito la giustizia sommaria dei giorni della liberazione e poi i processi istruiti a carico dei maggiori criminali fascisti. Utilizzando per la prima volta gli atti della Corte di Assise Straordinaria di Reggio Emilia si ripercorrono i drammatici giorni della feroce repressione antipartigiana e il tentativo fallito di dare giustizia alle centinaia di vittime della repressione dei corpi armati di Salò, al servizio dell'occupante tedesco.

presentazione
30 maggio ore 15 
 parco delle caserme rosse 
bologna




 discutono con l'autore:

 Fabrizio Billi (dell'Archivio MarcoPezzi)

e


  Rudy Leonelli