Scritti critici. Saggi, articoli e recensioni di filosofia, politica e storia del presente
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martedì 26 maggio 2015
domenica 17 maggio 2015
[Gorizia] sab 23 mag h.15: manifestazione antifascista
Riceviamo e condividiamo:
Sabato 23 maggio i fascisti di CasaPound saranno in corteo nazionale (!) a Gorizia con lo slogan «risorgi combatti vinci» per ricordare in modo orrido il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia.
Le
antifasciste e gli antifascisti rispondono con la mobilitazione di una
manifestazione promossa dall’Osservatorio Regionale Antifascista del
Friuli Venezia Giulia
e dunque
SABATO 23 MAGGIO 2015
MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA a GORIZIA
con concentramento in Piazzale della Stazione Ferroviaria
alle ORE 15.00
MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA a GORIZIA
con concentramento in Piazzale della Stazione Ferroviaria
alle ORE 15.00
lunedì 11 maggio 2015
venerdì 30 gennaio 2015
La vera natura di CasaPound
Saverio Ferrari - il manifesto - 21/01/2015
CasaPound Cremona, la sezione dell’organizzazione nell’ambito lombardo probabilmente più consistente, fin dalla sua nascita nel maggio 2013, seguendo una regola interna che a ogni sede corrisponda un’intestazione propria, si è scelta il nome di «Stoccafisso». Apparentemente un gioco. Nella città che fu del Ras Roberto Farinacci, gran organizzatore di squadracce, questo particolare è tutt’altro che innocuo. La storia racconta che sul finire del «biennio rosso», quando i fascisti della bassa val Padana si videro recapitare da alcune prefetture il divieto di detenere i manganelli, ricorsero all’uso di pezzi di baccalà, stecche dure lunghe più di un metro e mezzo da utilizzare come bastoni. Da qui la scelta del nome, indicativo della natura di CasaPound, che ispirandosi al primo movimento fascista, quello degli esordi, esalta ostentatamente l’epopea delle aggressioni ai dirigenti e ai militanti socialisti e comunisti come degli assalti alle sedi delle camere del lavoro e delle leghe contadine. L’attacco preordinato di domenica sera al centro sociale Dordoni di Cremona, non a caso, è stato condotto seguendo gli antichi insegnamenti, concentrando gruppi di picchiatori, anche provenienti da altre città (Parma e Brescia), per colpire in forte superiorità numerica, senza problemi.
Più volte CasaPound ha anche «mimato» in cortei per le vie di Roma le «spedizioni punitive» del 1920–1921 sfilando su camion scoperti con a bordo militanti agghindati con tanto di Fez. Le stesse denominazioni con cui ha marchiato i propri punti di ritrovo o i propri siti di riferimento, dalla libreria La Testa di Ferro (in ricordo del giornale fondato nel 1919 da Gabriele D’annunzio al tempo dell’impresa fiumana) al forum internet Vivamafarka (dal romanzo-scandalo di Marinetti del 1909, Mafarka il futurista, sottoposto in quegli anni a processo per oltraggio al pudore, in cui si decantavano le gesta immaginarie di un re nero che amava la guerra e odiava le donne), dicono di questa identificazione.
Non siamo di fronte a semplici suggestioni culturali. Dalle sue fila, analizzando i fatti accaduti, solo negli ultimi tre anni, provengono Gianluca Casseri che a Firenze nel dicembre 2011 ha assassinato a colpi di pistola due ambulanti senegalesi, ferendone gravemente un terzo, e Giovanni Ceniti, ex responsabile di Casa Pound Novara, uno dei killer di Silvio Fanella ucciso a Roma nell’estate scorsa. Un’organizzazione che la Cassazione, il 27 settembre 2013, nell’ambito di un procedimento a Napoli contro il suoi dirigenti locali ha giudicato «ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema».
Prima dell’aggressione di Cremona, solo qualche settimana fa, a fine dicembre, se ne era verificata un’altra, con le stesse modalità, a Magliano Romano, dove una ventina di squadristi di Casa Pound con i passamontagna, armati di spranghe e bastoni, avevano aggredito i tifosi dell’Ardita, un club di supporter della squadra romana di calcio del quartiere San Paolo. Sette i feriti, con fratture, escoriazioni ed ecchimosi.
L’incredibile impunità di cui gode Casa Pound è sotto gli occhi di tutti. È tempo di porre il problema.
lunedì 10 febbraio 2014
locandine marxicce di Casapound? No grazie! Preferiamo John Heartfield
CaPa marxoide?
NO GRAZIE!
Alla barba posticcia di Marx esibita da Casapound
opponiamo la verità storica illustrata dal genio di
John Heartfield:
mercoledì 4 dicembre 2013
CaPa & Alba Dorata
Casa Pound, dal Cavaliere ad Alba Dorata
di Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena
da MicroMega online(4 dicembre 2013)
Venerdì scorso i Fascisti del Terzo Millennio hanno ospitato nel loro quartier generale i neonazisti greci, un'evidente svolta a destra: l'intento è unire tutti i movimenti nazionalisti europei. Il guru di tale svolta pare l'evergreen Adinolfi il quale contro la crisi economica propone da tempo una "nuova alchimia movimentista peronista".
Né svastiche né celtiche. Nessuna testa rasata. L’immaginario naziskin assente. Come i saluti romani: i camerati tra loro si limitano a stringersi l’avambraccio destro nel saluto del legionario. Tanti giovani di Blocco Studentesco, ben vestiti e più figli di una borghesia annoiata che fascisti di borgata. Pochi giornalisti, Casa Pound non è più sulla cresta dell’onda. Le ultime batoste subite in diverse tornate elettorali ne hanno sancito un’evidente marginalità politica. Eppure venerdì scorso ospitavano i greci più temuti del Continente: i rappresentanti del movimento di estrema destra, ma la stampa ellenica non esita a chiamarli esplicitamente neonazisti, di Alba Dorata, venuti appositamente in Italia per confrontarsi con i “fascisti del Terzo Millennio”. Un evento annunciato da migliaia di manifesti su tutti i muri della Capitale.
Centocinquanta le persone accorse nel cuore del quartiere multietnico dell’Esquilino per l’iniziativa. Lo staff comunicazione del gruppo neofascista ad accogliere i cronisti e ad accompagnarli al sesto piano del palazzone, luogo del dibattito. Ovunque camerati impettiti a controllare e scrutare facce non conosciute: disciplina e ordine, di stampo militarista, la fanno da padroni. L’ambiente è ripulito. Sui muri decine di fanzine incorniciate di Casa Pound raccontano anni di iniziative. Nulla è lasciato al caso.
Apostolos Gkletsos, ex-deputato e componente del comitato centrale di Alba Dorata, e Konstantinos Boviatsos, Radio Bandiera Nera Hellas, entrano in sala accompagnati da uno scrosciante applauso. Andrea Antonini, vicepresidente di Casa Pound Italia, introduce il dibattito. Le sue parole suonano inequivocabili: «Condividiamo il programma politico di Alba Dorata, è un’unione anche umana contro la repressione giudiziaria e di sangue». Il riferimento è agli ultimi fatti accaduti in Grecia: la magistratura conduce un’inchiesta per specifici reati criminali che ha già portato in carcere diversi esponenti di primo piano del movimento, mentre due giovani militanti sono stati uccisi da un commando rimasto senza nome, anche se è arrivata una rivendicazione firmata da uno sconosciuto gruppo di estrema sinistra.
Si ha la sensazione di assistere ad un cambio di paradigma importante per Casa Pound che implica una svolta. A destra. Estrema destra.
In Italia Alba Dorata finora aveva stretto rapporti soprattutto con Forza Nuova, mentre i Fascisti del Terzo Millennio – nel loro tentativo di rinnovare il “campo” con nuovi slogan e un immaginario a metà strada tra le sottoculture giovanili, il futurismo e Terza Posizione –, avevano prediletto altri movimenti ellenici di stampo più laico e non nazionalsocialista.
Un libro, scritto dal giornalista Dimitri Deliolanes, ripercorre la storia e l’ascesa di Alba Dorata. Per lui si tratta dell’unico partito esplicitamente neonazista presente in un parlamento nazionale dell’Unione Europea. La costruzione politico-ideologica del gruppo risale all’inizio degli anni ’80. In un editoriale del numero 5 (maggio-giugno 1981) della loro omonima rivista, si legge:
Siamo nazisti, se ciò non disturba a livello espressivo, perché nel miracolo della Rivoluzione Tedesca del 1933 abbiamo visto la Potenza che libererà l’umanità dal marciume ebraico, abbiamo visto la Potenza che ci condurrà in un nuovo rinascimento europeo, abbiamo visto la splendida rinascita degli istinti ancestrali della razza, abbiamo visto una fuga possente dall’incubo dell’uomo massa industriale verso una nuova e nello stesso tempo antica ed eterna specie d’uomo, l’uomo degli dèi e dei semidei, il puro, ingenuo e violento uomo del mito e degli istinti.
Eppure Apostolos Gkletsos precisa subito: «Non siamo nazisti, il nostro è un movimento politico e ideologico. Un movimento nazionalista e popolare». Più volte le frasi dell’ospite greco sembrano mettere in imbarazzo i militanti di Casa Pound. Come quel costante richiamo alla «razza bianca europea» o alle radici cristiane dell’Europa e alla «Grecia (che) svolge da sempre un ruolo di scudo contro l’invasione islamica: prima i persiani, ora i turchi».
venerdì 24 maggio 2013
del culto improvvisato della retorica del "martire d'Europa", o "Samurai d'Occidente"
un fallimentare "mito" di restaurazione
curiosamente privo di emuli pronti al "sacrificio"
vedi: staffetta, Religio mortis
venerdì 27 gennaio 2012
Salomè Bene: «CasaPound non usi mai più il nome di papà»
Salomè, 19 anni, e la madre Raffaella Baracchi danno mandato ai loro legali. E diffidano l'associazione di estrema destra: giù le mani dal genio pugliese
Non bastava la figlia di Pound, che li ha portati in tribunale per riprendersi il nome del padre. Quelli di Casapound cercavano una trovata per uscire dall’angolo. E hanno finito per mettersi contro anche la figlia di Carmelo Bene.
A Salomè Bene, dall’alto del suo nome e dei suoi diciannove anni, la trovata di intitolare l’occupazione di via Napoleone III all’attore di cui porta il nome, appunto, sia pure per un giorno, non è piaciuta per niente. Perciò, ieri mattina, insieme alla madre aveva diffidato CasaPound «dall’utilizzare il nome, l’immagine e le opere del Maestro Bene, invitandola a desistere da ogni iniziativa intrapresa o da intraprendere ed a rimuovere ogni elemento che associ il Maestro all'attività della Associazione». Ma siccome quelli di Casapound hanno rispedito la «diffida» al mittente, spiegando che Raffaella Baracchi, «avendolo denunciato in vita» non può «improvvisarsi depositaria della sua memoria», ha deciso che toccava a lei replicare. «Sono poco gentili a dire che mia madre non ha titolo per parlare, quelle sono vecchie storie, difficile inquadrare mio padre e i suoi rapporti d’amore in qualche schema, e loro sono gli ultimi che ne possono parlare. Io comunque sono la figlia, mi chiamo Bene e non ho piacere che quelli di Casapound utilizzino il nome di mio padre e il mio...», risponde, pacata e piccata, affidando all’Unità.
A Salomè Bene, dall’alto del suo nome e dei suoi diciannove anni, la trovata di intitolare l’occupazione di via Napoleone III all’attore di cui porta il nome, appunto, sia pure per un giorno, non è piaciuta per niente. Perciò, ieri mattina, insieme alla madre aveva diffidato CasaPound «dall’utilizzare il nome, l’immagine e le opere del Maestro Bene, invitandola a desistere da ogni iniziativa intrapresa o da intraprendere ed a rimuovere ogni elemento che associ il Maestro all'attività della Associazione». Ma siccome quelli di Casapound hanno rispedito la «diffida» al mittente, spiegando che Raffaella Baracchi, «avendolo denunciato in vita» non può «improvvisarsi depositaria della sua memoria», ha deciso che toccava a lei replicare. «Sono poco gentili a dire che mia madre non ha titolo per parlare, quelle sono vecchie storie, difficile inquadrare mio padre e i suoi rapporti d’amore in qualche schema, e loro sono gli ultimi che ne possono parlare. Io comunque sono la figlia, mi chiamo Bene e non ho piacere che quelli di Casapound utilizzino il nome di mio padre e il mio...», risponde, pacata e piccata, affidando all’Unità.
«No, non faccio l’attrice, studio Giurisprudenza però nella vita mai dire mai», si schermisce Salome. «Mio padre lo ricordo come una bambina di dieci anni. E ricordo come dopo la sua morte insulti che invece una bambina di dieci anni non meriterebbe: era mio padre, il fatto che non vivessimo insieme non vuol dire che io non gli voglia un bene dell’anima». L’opera ha imparato a conoscerla da grande: «A parte la Salomè, a cui, per forza, sono legata fin dalla nascita». Da lui, però, oltre ai diritti d’autore e di immagine, ha ereditato un «amore fortissimo» per Dante.
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